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Gay & Bisex

Dopo il cinema


di honeybear
27.11.2016    |    24.932    |    6 9.4
"Non è la sua mano a sfiorarmi il mento..."
“Tesoro, sono un po’ preoccupata…”
“Non devi cara!”
“Ma sono le undici passate e Giacomo è ancora fuori…”
“E con questo? Sai perfettamente dove si trova e con chi: vedrai che il film è durato più del previsto e il papà di Laura lo sta riportando a casa in questo momento!”
“Sì ma il cellulare…”
“Niente ma! Nostro figlio sta crescendo e dobbiamo dimostrargli la fiducia che merita. Il cellulare suona libero ma lui non risponde semplicemente perché è silenziato!”

All’imbocco della stradina che, da dietro casa mia, si apre verso la campagna silenziosa timidamente rischiarata dalla luna, quella stradina che giusto nel pomeriggio ho percorso per la mia consueta ora di allenamento, sono chiuso nella macchina del padre della mia ragazza.
Mi sta baciando lungo il collo dolcemente.
La camicia sbottonata mette in evidenza il torace possente ricoperto di un folto pelo nero che si assottiglia lungo la linea degli addominali.
Sospiro e il mio sguardo si posa tra le sue gambe. Qualcosa di molto simile ad uno dei rami nodosi della piccola macchia di alberi che ci ripara da impossibili occhi indiscreti, svetta dalla cerniera dei pantaloni abbassata: è la sua asta lunga e gonfia che, al ritmo dei suoi baci, si alza e abbassa in una danza ipnotica.

Non ricordo esattamente come mi sono ritrovato in questa situazione.
Credo per gioco. O per sbaglio. O per caso…
Come d’accordo, all’uscita dal cinema Salvo doveva riaccompagnarmi a casa per primo.
Invece ha preferito lasciare Laura che accusava un forte mal di testa, davanti al cancello.
E così ci siamo ritrovati da soli a percorrere un tragitto fatto di sguardi e musica di sottofondo. Quegli occhi scuri e penetranti non mi avevano mai guardato in quel modo. O forse sì ed io non ci avevo badato più del dovuto. E la mano. La mano che, per caso, per gioco o per sbaglio era finita sul mio ginocchio…
Non gli ho detto di levarla. E lui non l’ha fatto. Anzi, incoraggiato dal mio silenzio, si è permesso di risalire fino alla mia patta e di restare lì. In attesa.
Un occhio alla strada ed uno a me.
Mi sono agitato un po’ mentre sentivo il calore della mano attraversare la stoffa dei jeans. E il mio uccello ha sussultato. Anche lui dev’essersi reso conto di quella reazione nelle mie parti intime. Mi ha sorriso. Un sorriso ancora una volta diverso dal solito.
Freccia a destra e poi l’auto si ferma nel buio della radura.
Mi volto a guardarlo. Si protende verso di me. Mi protendo verso di lui come attratto da una calamita. Le bocche si sfiorano ma subito mi ritraggo.
Non voglio restare lì. Ma nemmeno andare via.
Lui aspetta paziente accarezzandomi la nuca perché sa per certo che non voglio andarmene.
Mi sorride. L’altra mano si stacca dal volante e si accarezza il pacco. Il rumore della zip che si apre è inequivocabile. La mia mano s’insinua nella fessura scura. Il tessuto di cotone leggero nasconde qualcosa che reclama libertà.
Deglutisco. Non sono capace di fare certe cose e magari nemmeno voglio farle… Ma non riesco a resistere. Non stasera…
Risalgo maldestramente a fino a trovare l’elastico delle mutande. Lui mi guarda e mi sorride teneramente. Nuovamente si protende verso di me e, premendomi leggermente la nuca, mi forza a fare altrettanto. Le bocche si sfiorano nuovamente. Questa volta non fuggo. Schiudo le labbra e lascio che la sua lingua calda si intrecci alla mia in una vorticosa danza. Le mie mani non frugano più nel suo intimo ma accarezzano la barba curata.
Mi ritraggo e lo guardo intensamente. Ricambia lo sguardo mentre mi afferra le mani posandole sul suo petto. Sono completamente inebetito. Le faccio aderire al tessuto che copre i pettorali percependo la ruvidità del pelo che si nasconde al di sotto. Meccanicamente inizio a sbottonarla fino all’altezza della cintola. Gliela sfilo dai pantaloni e mi chino ad annusare il suo profumo.
“Baciami il petto!” il comando è dolce ma perentorio.
La mia lingua passa e ripassa in quell’intrico scuro appena rischiarato dalla luna. Lo sento gemere e sbuffare.
“I capezzoli ora… Mordili!”
Allontano leggermente i lembi aperti fino a sentire nelle mani due ciliegie dure e tese. Le strizzo leggermente per poi sfiorarle con la lingua. La lascio passare e ripassare su quel turgore che mi fa rizzare l’uccello fino a farmi male ed infine le prendo fra i denti, con la paura folle di procurargli dolore.
Le tiro leggermente.
“…Mmmmsssìììì…” lo sento biascicare mentre la sua voce si perde tra i miei capelli.
Mi lascia giocare tranquillo con il suo torace: credo voglia mettermi a mio agio. M’impegno al massimo per dargli il piacere che chiede e sono certo di stare facendo un lavoro dignitoso. Più che dignitoso a giudicare dai mugugni che emette e dalla mano che è passata ad accarezzarmi il mento.
Mi sollevo a guardare. Lui si insinua con la bocca lunga il mio collo. E torniamo al punto in cui mi ero interrotto.

Non è la sua mano a sfiorarmi il mento. È quel randello enorme che si nascondeva nei pantaloni e che ora si libra maestoso dalla radice scura del pube peloso. In cima, il prepuzio appena scoperto, mostra sulla cappella una gocciolina chiara.
“Avvicinati con la bocca…”
“Ma io…”
“Avvicinati ho detto…” non posso che assecondare la richiesta. Le narici si riempiono del suo profumo di maschio. La punta della lingua asciuga quella goccia assaporandone il sapore dolciastro.
“Afferralo ora… Prendilo in mano! - obbedisco imbarazzato. La mia mano infatti non riesce a cingere completamente quell’arnese così spesso. Cerco di sistemarmi meglio che posso ruotandomi leggermente verso di lui e sollevandomi dal sedile – Bravo… Ed ora fammi una sega! Sai come si fa, vero?”
Certo che lo so: ho passato pomeriggi interi a menarmelo sopra ai giornalini porno piuttosto che davanti ad un film hard! Solo che non ho mai praticato la masturbazione ad un altro uomo, né tantomeno ad un aggeggio così grosso!
“Bagnalo di saliva e poi datti da fare!” eseguo e sento la sua mano scorrere lungo la schiena. Mentre gli scopro quasi completamente il glande, sento la cintola dei pantaloni allentarsi. Le dita scorrono tra i peli del mio culo: cercano affannose qualcosa. Quando la trovano iniziano a girargli intorno: è il mio buchetto che risponde alle avances contraendosi spasmodicamente.
“Mmm… Ma che bravo… - mi sussurra soddisfatto in un orecchio - …Stai facendo proprio un bel lavoro!”
Orgoglioso continuo ad accarezzare quella nerchia morbida e completamente scappellata, le cui vene pulsano calde tra le mie dita, spingendomi fino ai peli pubici che massaggio delicatamente. Anche la mia rosellina è sotto attacco ed il mio bigolo risponde facendosi tanto duro da farmi male.
È a quel punto che mi spinge contro il sedile.
“Tira fuori il tuo uccello ora. - me lo chiede sempre dolcemente ma con fermezza. Timidamente inizio a slacciarmi i pantaloni – Sfilateli completamente!” eseguo imbarazzato.
Lo guardo. I suoi occhi si muovono rapidi dal mio viso alla mia mazza. Sorride furbo. Allunga una mano per scappellarmi come se volesse segarmi ma invece gli vedo spalancare la bocca ed ingoiarsi l’intero batacchio!
Un fremito mi squarta da cima a fondo.
Se con Lucia avevamo iniziato a praticare sesso con una certa regolarità, l’essere spompinato dal padre mi stava dando un piacere senza precedenti.
La lingua di Salvo lavora instancabile la mia asta (niente in confronto alle dimensioni della sua) con una malizia ed un’abilità da non credere. Dopo aver cosparso di saliva la cappella, la stringe tra le labbra solleticandola con i denti fino a scendere ai peli sull’inguine. Sembra una locomotiva a vapore quando, sbuffando, la trattiene in gola passando e ripassandoci attorno con la lingua. Anche io non sono da meno perché faccio veramente fatica a mantenermi seduto sotto l’effetto del lavoretto: cerco di divincolarmi per avere un po’ di pace, ma il mio aguzzino non mi da tregua e all’azione della bocca aggiunge quella della mano.
Inizio a gemere, accompagnando l’orgasmo con qualche grido sommesso…
“Togliti la maglietta. Voglio vederti nudo mentre godi…”
Rapidamente finisco di spogliarmi mentre, in maniera impacciata lo scorgo fare lo stesso.
Ho solo il tempo di ammirare in tutta la sua possenza il corpo muscoloso di Salvo e di realizzare il colore vermiglio della mia cappella lucida e gonfia. Il padre della mia ragazza si avventa nuovamente sul mio membro inondandolo di saliva. La mia mano preme sulla sua nuca mentre sento la lingua strofinarmi lo scroto ormai gonfio di sperma.
“Non troppo veloce… - mi sento implorare - …Così mi farai venire!”
Si blocca col mio cazzo in gola. È come se avesse ricevuto una specie di ordine recondito.
Si riversa sul sedile. Mi afferra una mano e la posa sul suo uccello in tiro e fa la stessa cosa con il mio.
Inizia una battaglia incrociata di mani che si accarezzano ovunque nell’intimo che la nudità ha reso pubblico: le dita stringono e manipolano le rispettive cappelle senza ormai più alcun pudore e ritegno. Il braccio mi fa male da tanto è indolenzito, ma non voglio certo venir meno alla possibilità di regalare al magnifico esemplare di maschio che mi sta accanto, il piacere che merita.
Le aste sono rigide. Le membra sono contratte. Ancora pochi colpi e penso che cederò al piacere che anch’io merito. La sua asta, se possibile, si fa ancora più spessa nel pugno che la stringe saldamente. Forse è arrivato il momento anche per lui.
Sì. È così.
Uno sguardo intenso ad occhi socchiusi. La mimica facciale è una smorfia che sembra di dolore ma in realtà è solo il preambolo di un godimento indicibile. Le dita si risalgono fino alle cappelle in parte rivestite dal prepuzio. Mi sento inarcare e…
…Un grido liberatorio anticipa i primi schizzi di sborra che si trasformano presto in un getto continuo e bollente che mi lambisce la bocca e disegna un sentiero sinuoso fino all'ombelico.
Salvo si accascia sul volante ansimando. Non ha ancora lasciato la mia cappella. Vuole spremerle tutto ciò che può… Fino all’ultima goccia. Fa lo stesso con la sua. Il brivido che mi regala è indicibile e me lo godo ad occhi chiusi assaporando il gusto del mio seme.
Passano alcuni istanti. I respiri e i cuori si calmano.
Lo guardo. Mi guarda.
Si guarda le mani: “Sono piene di sborra!” mi dice ridendo.
“Già…” non posso che assentire mentre osservo le mie.
“Dobbiamo darci una ripulita prima di entrare in casa!” e mentre lo dice non posso a fare a meno di guardare l’orologio sul cruscotto: quasi mezzanotte e mezza!

Quando apro la porta di casa trovo i miei ancora in salotto semi assopiti davanti alla televisione. Salvo è entrato insieme a me per rassicurarli:
“Meno male che siete arrivati: cominciavo a stare in pensiero! - attacca mia madre che finalmente può tirare un sospiro di sollievo - Ora fila a letto che è tardissimo…”
“Già, è veramente molto tardi… - le fa eco mio padre - …Ma spero ne sia valsa la pena!”
“Assolutamente sì!” e mentre accompagniamo Salvo alla porta qualcuno mi da una pacca sul culo…
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