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Il giocattolo dello zio - Parte 2


di honeybear
02.04.2013    |    31.028    |    10 9.6
"Guardalo solamente” non potei far altro che posizionarmi di fronte a quella mazza ragguardevole ed osservarla alzarsi ed abbassarsi in base agli stimoli che il..."
Si staccò da me:
“Spogliami…”
Già, ma come avrei fatto? Non avevo ricevuto informazioni aggiuntive e la paura di fare qualcosa di sbagliato era tanta, vista la ricompensa che potevo aspettarmi!
Con cautela iniziai a fare scorrere un dito lungo il suo volto. Ne seguii i lineamenti per poi spostarmi attorno alle palpebre chiuse, al naso, alle guance ispide dove ricambiai la carezza che mi diede all’inizio di quell’incredibile avventura. Passai alla bocca ed il mio dito sparì al suo interno. Succhiò e risucchiò diverse volte facendomi aggiungere o togliere le dita rimanenti.
Prese l’altra mano e cominciò a passarsela tra gli ispidi peli della barba. La spostò poi sul petto gonfio e duro come l’acciaio. Piccole macchie disegnavano strane forme sulla stoffa bianca.
Liberamente scesi lungo i fianchi e, nella maniera più delicata possibile, afferrai la maglietta per sollevargliela mettendo così in luce quel magnifico tappeto di pelliccia scura reso lucente dalle gocce di sudore che lo imperlavano.
“Annusa…” mi ordinò.
Il mio naso si perse in quella trama corvina da cui promanava un caldo aroma di maschio.
“Lecca…”
La punta della mia lingua cominciò a punteggiare ogni centimetro di quella scultura di carne tentando di pennellare i cespugli di pelo che incontrava lungo il percorso. Addentai uno dei capezzoli tirandolo dolcemente verso di me. Lo sentii sbuffare mentre una mano mi si appoggiava sulla testa accarezzandomi: finalmente ero riuscito a fare qualcosa che lo compiacesse. E ne ero fiero!
Scesi sempre più in basso; arrivai nella zona inguinale. La sua mano che, fino a quel momento mi aveva accarezzato, mi allontanò bruscamente da lui. Quali erano le nuove regole del gioco?
Adottai la stessa tecnica della maglietta. Cominciai a sbottonargli i jeans con estrema cautela fino ad aprirli. Gli abbassai le mutande fermandone l’elastico sotto i coglioni duri e penzolanti. Il suo cazzo, teso e pulsante, si erse davanti a me in tutta la sua maestosità.
“Lascialo così!” tuonò.
“Guardalo. Guardalo solamente” non potei far altro che posizionarmi di fronte a quella mazza ragguardevole ed osservarla alzarsi ed abbassarsi in base agli stimoli che il proprietario le imprimeva.
“Avvicinati ma non toccarlo!” ci pensò lui a farlo, appoggiando, ad ogni pulsione, la cappella sul mio naso. Ardevo dal desiderio di leccare quel rubino che mi stava davanti ma gli ordini erano altri. Il piacevole supplizio durò per un istante che avrei voluto essere eterno, poi si inginocchiò per abbracciarmi.
Ci rovesciammo sul fieno in modo da rimanere uno di fronte all’altro. Il suo fare si mantenne deciso ed energico. Le sue mani ora erano libere di correre sulla mia pelle nuda e liscia insinuandosi in ogni cavità. Continuò a toccarmi dappertutto facendomi girare e rigirare sul letto di paglia dove mi aveva costretto e che, pungendomi, aggiungeva un sadico piacere a quanto stavo già provando.
Giocò con me in quel modo per diverso tempo. Le sue mani callose conoscevano ormai ogni centimetro di me: mi avevano palpeggiato i capezzoli per scivolare poi lungo i fianchi delineando le mie curve, avevano stropicciato il mio sesso ancora bagnato e appiccicoso ed avvolto con forza le mie palle in un massaggio che mi provocò una nuova erezione, si erano insinuate tra le natiche, aprendole e chiudendole come un libro consumato per concludere sfiorando l'ano che prese a stuzzicare passandogli intorno un filo di quel fieno sul quale mi rotolava.
“Bravo, contrailo… Vediamo se così è meglio…” sentivo il filo di fieno fare capolino all’interno del mio buco per poi allontanarsi repentinamente. Entrava ed usciva con la stessa regolarità con cui cercavo di controllare le contrazioni.
Il filo di fieno passò dalle mani alla bocca.
Stavo impazzendo; non sapevo come comportarmi: se avessi gridato o mugolato avrei ricevuto in cambio l’ennesima sberla. Tuttavia avevo bisogno di venire. Un disperato bisogno di venire. La cappella, oltre che pungermi, mi doleva maledettamente e non sarei riuscito a trattenere tutta quella sborra ancora a lungo.
“Zio…”
Per tutta risposta lo zio mi premette la testa contro il giaciglio schiacciandomi con tutto il peso del suo corpo sotto di lui. Pensavo di soffocare; la presa fortunatamente si allentò. Capii di dover tacere ed aspettare.
Sentii le sue mani aprirmi le gambe, intuii che si era messo in ginocchio dietro di me cominciando a masturbarsi. Un urlo animalesco accompagnò la sua eiaculazione. Il suo seme si sparse lungo tutta la mia schiena giungendo fino alle spalle, e sui glutei sudati. Il mio sudore si mischiò col nettare intenso del suo piacere mentre il suo corpo si accasciava ancora una volta sul mio bagnandolo del suo sudore.
Per un attimo interminabile sentii il suo sesso umido cercare conforto nel mio culetto vergine: rimasi immobile mentre le sue braccia possenti mi cinsero un’ultima volta per rovesciarmi sopra di lui.
Mi masturbò. Pochi, pochissimi colpi decisi e non ci fu bisogno di tapparmi la bocca: non emisi fiato mentre la calda sborra colava lungo la sua mano che prontamente leccai per ripulirla completamente.
Rimanemmo così per alcuni istanti, senza fare o dire altro.
Lo zio infine si rialzò. Uscì per andare a sciacquarsi nella cisterna di raccolta dell’acqua. Tornato nel capanno cominciò a rivestirsi mentre ero ancora immobile sul giaciglio di fieno ad ammirarlo con gli occhi socchiusi.
“È il nostro segreto” mi disse; mi alzai anch'io e poco dopo lo raggiunsi nel campo con i miei jeans e i brandelli della maglietta, trofeo di quel giorno indimenticabile.
Chissà se saremmo veramente mai stati in grado di mantenerlo quel segreto...
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