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La sveltina pasquale: padre, figlio e... lo zio Santo!


di honeybear
02.04.2018    |    34.221    |    9 8.9
"“Hai visto che ci sei riuscito a prenderlo tutto? - ridacchiò papà allungandomi un’altra sonora sculacciata mentre aumentava il ritmo della chiavata – E sembra..."
Come d’abitudine, dopo aver trascorso Pasqua con la famiglia della mia ragazza, le tradizioni familiari prevedevano che la giornata di Pasquetta si celebrasse con il classico pic-nic fuori porta riunendo la famiglia al completo: dai nonni fino all’ultimo bis-nipote della cugina Caterina!
Date le previsioni meteo incerte, si decise di andare sul sicuro e, dopo un breve conciliabolo via WazzUp, si risolse di radunarci nell’azienda agricola di zio Santo. Il prato dietro la casa era sufficientemente ampio da permettere di allestire il barbecue e l’immensa tavolata che, in caso di pioggia, avrebbe potuto ripararsi nel capannone delle macchine agricole poco distante.
Fortunatamente il sole decise di tenerci compagnia già dal mattino ed il suo caldo tepore quasi certamente, ci avrebbe accompagnato fino al tramonto.
Passai a prendere Sonia e i suoi genitori: “Cielo che imbarazzo… – esordì sua madre – Mi sembra di creare un tale disturbo!“
“Non c’è nulla di cui preoccuparsi Ida: se non si raduna un piccolo esercito, questa giornata non ha senso per la mia famiglia!”
E in effetti quando parcheggiammo l’auto nel piazzale tra la villa dello zio e il capanno, si era già radunata buona parte della mia numerosissima famiglia.
Baci, abbracci, presentazioni, complimenti, scambi di convenevoli; le generose poppe delle mie ziette al vento al pari delle cosce delle mie cuginette da poco maggiorenni credo che sconvolsero i ritmi pacati cui era abituata la famiglia di Sonia.
Zio Santo, insieme a papà e zio Gaetano, aveva già acceso il fuoco: ci venne incontro, brandendo uno spiedo, salutandoci chiassosamente come suo solido e fregandosene della reazione che poteva suscitare negli ospiti che non lo conoscevano.
Mi soffermai ad osservarlo: era da qualche tempo che non lo vedevo. Me lo ricordavo trasandato nell’aspetto come nel vestire. Tuttavia oggi, nonostante la camicia sbottonata, qualcosa in lui mi colpì positivamente: si era sistemato barba e capelli in una maniera tale da renderlo incredibilmente simile a suo fratello.
Il mio viso affondò nella peluria nera e leggermente umida che ammantava il torace possente.
Deglutii quando mi sembrò che nelle mie parti basse qualcosa si muovesse. Mi divincolai in fretta schernendolo bonariamente per il modo in cui si presentava a degli estranei.
“Sempre a pensare alle apparenze stai…” mio padre ci raggiunse. Le condizioni in cui si presentò erano le stesse di zio.
Deglutii di nuovo. Per una frazione di secondo mi ritrovai a pensare in cos’altro potessero somigliarsi i due fratelli…
“Non devi sentirti in imbarazzo! – mi rincuorò Ida – Del resto immagino che curare il fuoco della griglia comporti lavorare “
Scoppiammo tutti in una risata liberatoria e ci accomodammo a tavola dove facemmo onore alle prelibatezze cucinate dalla compagine femminile della famiglia e alla morbida carne cotta a puntino dagli zii.
“Ci vorrebbe un bel digestivo con il caffè!” commentò Abramo, il mio futuro suocero.
Detto fatto.
“Ma dov’è tuo fratello? - chiesi a mio padre sorseggiando l’amaro ghiacciato – Di punto in bianco è sparito…”
“Sai com’è fatto zio Santo: subito dopo mangiato ha bisogno della sua pennica!” in effetti non ricordo pranzo al termine del quale il parente non andasse a ronfare da qualche parte. Giurerei di averlo visto dormire pure in piedi!
“Sono finiti caffè e ammazzacaffè… Chi si offre volontario per andare a prenderli in casa?”
Mi sacrificai. Conoscevo il posto dove zia li teneva e non faticai a trovarli.
Uscendo, la mia attenzione fu attirata da una sorta di grufolio. Mi avvicinai cautamente alla porta socchiusa e sbircai all’interno.
Nella penombra della stanza, sdraiato sul lettone in modo scomposto, riposava lo zio.
Entrai con l’intenzione di svegliarlo per invitarlo ad unirsi nuovamente alla compagnia.
Quando fui sopra di lui mi arrestai: nella mia mente si stava facendo strada un’idea incredibilmente sconveniente… Vidi le mie mani, fuori dal mio controllo cosciente, muoversi verso i lembi della camicia sbottonata per allargarli ancora di più. Le vidi accarezzare quasi con timore il tappeto scuro del petto e scendere cautamente lungo la linea dell’addome. Indossava solo gli slip e le mie dita percorsero l’enorme gonfiore protetto dalla stoffa per poi scorrere libere sul vello delle gambe.
Mi abbassai ad annusare il profumo dei suoi piedi e risalii nuovamente verso l’alto concentrandomi sul pacco gonfio.
Mi sentivo ad un passo dal varcare un confine proibito: se si fosse svegliato in quel momento, vedendomi chino sul suo ventre, quale scusa avrei potuto inventarmi?
La risposta della mia mente mi sconvolse: non ne avrei inventata nessuna ammettendo le mie intenzioni...
Un alone chiaro si stava diffondendo sul cotone. Mi chinai ad annusarlo. Lo picchiettai con la lingua: era aspro e forte. Forse c’era anche prima ma non me n’ero accorto.
Controllai di non averlo svegliato: ronfava ancora della grossa.
Mi feci coraggio e scostai lentamente l’elastico: il suo pene eretto schizzò fuori dalle mutande esibendo uno spessore ed una lunghezza che mi resero attonito.
Le mie certezze di fiero eterosessuale stavano crollando davanti a quella prelibata salsiccia: mi sentivo l’acquolina al pari del pranzo di poco prima. Iniziai ad accarezzare ritmicamente quel poco che restava imprigionato dall’intimo fino a riuscire a scappellarlo. Il mio viso si avvicinò a pochi centimetri dal glande bagnato. Iniziai a leccarlo con l’inesperienza di chi, fino a quel momento, si era limitato a godere di un simile lavoro.
Si mosse grugnendo.
Mi ritrassi spaventato. Credo che contai fino a cinque trattenendo il respiro. Tutto a posto!
Tornai a lavorarlo di lingua con maggior decisione e coraggio. Lo presi avidamente in bocca ingoiandone quanto più ne potei; istintivamente presi a spingere ritmicamente con la testa frustando il bel pezzo di carne con la punta della lingua.
Complici forse le vampate acri sprigionate dalla folta peluria inguinale che mi davano alla testa, sentii l’istinto di titillargli i capezzoli, inturgiditi dal servizietto del nipote.
Ormai mi sentivo inarrestabile e presuntuosamente abile: con le mani accarezzavo la superficie scura e villosa del suo corpo virile, senza scordarmi di dare anche una bella ravanata ai suoi grossi e pelosissimi testicoli, odorosi ancor più di tutto il resto.
Volevo di più. Volevo la sua bocca. Mi sollevai in direzione del suo viso per adagiare le mie labbra sulle sue che ancora sapevano di vino.
Ero talmente inebriato, e al tempo stesso incosciente della vera situazione che stavo davvero faticavo a ragionare. Non solo stavo limonando un altro uomo, addormentato per giunta, ma il soggetto era un mio consanguineo!
La mia parte razionale gridava allo scandalo e alla pura follia mentre la mia parte non razionale mi incitava a proseguire. Quest’ultima, per dovere di cronaca, era collocata in mezzo alle mie gambe e stava gridando dal dolore della prigionia in cui i miei boxer la costringevano!
Qualcuno biascicò delle parole.
Le mie labbra erano pesantemente premute su quelle dello zio. La sua barba mi solleticava le guance.
Sbuffò soffocando una risata. Con una manata mi allontanò da lui. Sorrise.
“Ma che bravo il mio nipotino porcellino! – mi cinse le mani intorno al collo attirandomi a lui – Finalmente hai trovato il suo zione porcellone!”
Con le sue manone iniziò a spogliarmi. Chi avrebbe mai detto che mani così rudi e forti sapessero toccare così in modo così delicato? In un attimo fui nudo sopra di lui. Cominciammo a baciarci furiosamente: la mia parte non razionale, finalmente libera, si stava prendendo la rivincita sullo stupido raziocinio!
All’improvviso un colpo di tosse!
“Ecco dove vi eravate cacciati!” la voce era calma e tranquilla. Per nulla turbata dallo spettacolo che le si era presentato… Ed era la voce di papà!
Mi sollevai atterrito… Che sputtanamento! Che vergogna…
“Se non fosse stato per Sonia, fuori starebbero ancora aspettando l’amaro…”
Puttana troia! Mentre spompinavo lo zio, la mia ragazza si è intrufolata in casa. Con il rischio di trovarmi in quella situazione sconveniente… Ma perché non mi aveva cercato?
“…Che sfortunatamente è finito, dato che non l’ha trovato… - perché mio padre dopo aver chiuso a chiave la porta della stanza si stava levando la camicia? - Così le ho detto che con un messaggio lo zio mi avvisava che andavate alla cantina a prenderlo. – E anche i pantaloni… - E dato che ci state mettendo un’infinità, vi ho raggiunti. Così nessuno ci romperà i coglioni per un po’…” si avvicinò allo zio con cui si scambiò un bacio appassionato.
Li guardai allibito: “Ma allora… Intendo… Fra di voi…”
I due scoppiarono in una fragorosa risata. Avvicinarono la mia testa alla loro unendoci in un unico bacio. Le nostre lingue vorticavano impazzite, spinte da un desiderio folle e insano.
Mi imposero di finire di spogliare entrambi, ordinandomi di leccare con cura ogni parte che scoprivo.
Senza alcun incoraggiamento, mi padre si inginocchiò e prese in bocca il cazzo di zio Santo, seduto sul letto: “Guarda come si fa… Poi toccherà a te!” diede una serie di lappate che fecero rizzare il bastone fraterno ancora di più, se solo ce ne fosse stato bisogno.
“Ora fa’ provare il ragazzo… Mentre tu gli fai sentire come succhia una vera troia! Ed io…”
Ci ritrovammo così disposti a triangolo, a ciucciare ognuno il cazzo dell’altro.
Sentivo il parente impazzire di piacere proprio come me, che intanto godevo del turgore dei suoi capezzoli bollenti.
“Adesso piegatevi in avanti!” ordinò mio padre.
Ubbidimmo ed entrambi sussultammo all’unisono quando sentimmo le dita di papà che lentamente ma con decisione si insinuavano nei nostri culi: lo zio di piacere, io un po’ meno…
“Non devi contrarti…. Rilassati… Così! Bravissimo… Guarda come fa zio… - e, per imitazione, iniziai a muovermi su e giù – Brave, così! Come due troie in calore... Mmmm…”
Era affascinante vedere come due figure così virili riuscissero a trasformarsi in cagne vogliose sotto l’effetto dell’abile tocco di mio padre; ero eccitato al di là di ogni immaginazione!
Quando lo zio decise di ricambiare il favore, fece sdraiare papà sul letto: mentre mi dedicavo a succhiargli il bigolo fradicio strappandogli gemiti di piacere, lo zio gli stimolava l’ano con le dita bagnate del suo abbondante liquido pre-spermatico offrendogli contemporaneamente i suoi baci più caldi.
“Ora mettiti a pecora -mi sussurrò papà dopo l’ennesimo bacio- Voglio scoparti il culo! E dopo lo farà anche lo zio!”
Iniziai a tremare.
“Ma…” balbettai.
“Shhh… - l’indice davanti alla bocca mi indusse al silenzio - …Andrà tutto bene, vedrai. Ti piacerà pure!”
Mi voltai verso lo zio che annuiva a sua volta.
Non mi restò che obbedire. Mi misi a quattro zampe sul letto, mentre sentii papà portare il suo membro rosso e pulsante verso il mio culetto vergine.
Giocò un poco con la cappella al buco, facendola dapprima roteare intorno al pelo. Allargò le chiappe e ci sputò in mezzo, imitato dallo zio che con la lingua sparse quanta più saliva poté tra le pieghe anali. Papà appoggiò infine la cappella e cominciò a penetrarmi.
Mi strinsi forte allo zio sbuffando come una locomotiva.
Il dolore era forte, insopportabile.
Uscì permettendomi di riprendere fiato. Un bacio intenso dello zio attutì il secondo affondo, lento ma inesorabile come il primo. Ed la spinta. Dolorosissima, atroce e sublime, accompagnata da una sculacciata che permise al mio buchetto di rilassarsi per accogliere più comodamente e definitivamente quella virilità così grossa e calda. Avrei urlato di dolore e piacere, se quel Sant’uomo dello zio non avesse provveduto a schiaffarmi in bocca il suo randello altrettanto voluminoso
Ero completamente preda delle loro voglie in quel momento, proprio come lo ero delle mie.
“Hai visto che ci sei riuscito a prenderlo tutto? - ridacchiò papà allungandomi un’altra sonora sculacciata mentre aumentava il ritmo della chiavata – E sembra pure che ti piaccia!”
“Mmmm… - provai a rispondergli, ma il pompino che lo zio esigeva mi fece produrre suoni inarticolati – Mfììì… È vavvevo una vovuiaaahhh…
“Zitta troia, pensa a far godere lo zio! – poi rivolgendosi a lui e strizzandogli l’occhio – Hai visto che abbiamo allargato la famiglia delle troie?!”
Per tutta risposta zio Santo continuò ad emettere quei versi animaleschi di goduria che erano divenuti la colonna sonora di quell’incredibile amplesso, mentre io non potevo che mugolare come la più troia delle checche in cui mi stavo trasformando. Il mio sfintere era letteralmente in fiamme a causa delle spinte di papà, che sembrava intenzionato a rompermi il culo come avrebbe fatto con una puttana da due soldi.
Il cazzo dello zio in gola spingeva allo stesso modo, provocandomi conati ma anche una voglia sempre maggiore di prenderlo più a fondo.
«Scambiamoci di posto forza! - ordino papà - Adesso che ho sverginato il culo del mio ragazzo, sono curioso di vedere come se la cava con la bocca… Non male direi a giudicare da quello che ho sentito, eh Santo!?” ciò detto si dettero un cinque nel momento esatto in cui, con i rispettivi piselloni, zio mi fiocinava il culo e papà la gola.
“Mmmm, sì! È proprio quello che ci voleva… - gemette mentre seguitava a spanarmi l’ano peloso mentre con le mani mungeva il mio cazzo ormai prossimo a sborrare- …Una bella orgia di cazzoni in famiglia!”
“Già… – gli sorrise soddisfatto papà guardandomi negli occhi che mi si erano inondati di lacrime a causa del doppio sforzo - …Proprio quel che ci voleva per chiudere degnamente le feste di Pasqua!”
«Sei la solita puttana sentimentale…- lo schernì lo zio protendendosi verso di lui per dargli il più voluttuoso dei baci mentre il ritmo con cui mi accelerò – E so anche cosa ci vuole per renderti feliceeehhh...” lo sentii contrarsi e sparare dentro di me un fiume di crema calda - Oh… Sìììì… - ansimò - …Tutto… Tutto dentro al buco caldo del mio nipotino!” si sfilò per un istante. Sentii gli ultimi fiotti di sborra lambirmi il perineo e poi la cappella e tutta l’asta mi violarono un’ultima volta con inaudita ferocia.
Venni spinto in avanti. Le mie labbra si persero nell’intrico dei peli neri del pube paterno. Le mie narici ne aspirarono un’ultima volta l’aroma acre che sprigionavano. Anche lui si irrigidì. Anche lui riversò tutto il suo sperma in me, nella mia gola.
“Ingoia… Ingoia tutto, troia…” riversò il capo esultante e subito si chinò per baciarmi dolcemente la nuca.
Mi rovesciarono sul lettone: papà e lo zio erano uno di fronte all’altro con le bocche aperte pronte ad accogliere il mio sperma che stava per schizzare fuori dopo una serie innumerevole di porcate a tre.
“Mmmm dai, dacci la sborra… - gemette lo zio - Vogliamo la tua sborra! Facci vedere come schizzi”
Quando sopraggiunse l’orgasmo sparai il mio seme, dritto sulle loro lingue affamate di nettare, e neanche una goccia andò sprecata.
Papà si assicurò inoltre che anche io l’assaggiassi, coinvolgendomi in un ennesimo e appassionato bacio a tre.
Eravamo tutti e tre stanchi e sudatissimi, ma il tempo del riposo sarebbe sopraggiunto più tardi.
Fu Sonia che mi vide scendere dalla macchina brandendo la bottiglia d’amaro galeotta. Mi corse incontro dandomi un bacio di una tenerezza infinita: “Mi sei mancato…”
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