Gay & Bisex
Il Novizio 4
di honeybear
23.08.2018 |
16.936 |
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"La mano che mungeva l’uccello frenò leggermente l’avanzata..."
I giorni che seguirono la partenza della mia famiglia furono emotivamente difficili.Ripensai spesso a quanto successo e in genere, purtroppo, ciò avveniva nei momenti di riposo, quindi a letto o sotto la doccia: il ricordo della sensuale sconcezza dell’amplesso consumato con mio fratello e mio padre zittiva, sovrastandolo regolarmente, il mio rigore morale. Così le mie mani, invece di congiungersi in preghiera e chiedere perdono per gli atti impuri commessi, mi denudavano velocemente e, scivolando ad accarezzare il mio pube, placavano l’erezione del bastone che svettava tra i lucidi filamenti scuri. Le dita sudice di sborra venivano pulite da una lingua bramosa di bere quel seme caldo. Che anelava ad averne anche di non mio.
Sporadicamente ed in maniera furtiva era Gabriele, colui il quale aveva condiviso con me l’altrettanto incredibile esperienza dell’ascugatoio, a dissetarmi: “Se dovessero scoprirci… - bisbigliai queste parole levandomi per un attimo dalla sua cappella, fradicia di umori - …Chissà cosa ci farebbero…”
“N… Nooonnn preoccuparteneeehhh… – posò la mano sulla nuca spingendomi nuovamente in direzione della sua prugna viola - …Oraaahhh sbrigati a finire il lavorooohhh… Mmmm…”
La mia lingua volteggiava intorno al prepuzio sorbendone le gocce di liquido prespermatico mescolandole alla mia saliva per ottenerne un cocktail viscoso dal sapore acre, mentre il forsennato shakerare della testa segnava la dirittura d’arrivo della pompa: “Mmmm… Vengo… Vengooohhh…” i fiotti bollenti mi colpirono in pieno viso. Leccai tutto quel che mi riuscì. Al resto pensò lui, ricambiando così il favore del pompino che mi aveva regalato a sua volta.
Nemmeno il susseguirsi di confessioni e relative penitenze portarono giovamento al mio spirito. Fratel Ettore, la mia guida spirituale nonché complice di quanto avvenuto nell’asciugatoio con Gabriele, stante le mie insistenze e i dubbi che regolarmente sollevavo in merito ai fatti avvenuti, non mi offriva adeguati spunti per riflettere sulla sconvenienza di quegli atti impuri e giungere così ad un effettiva espiazione della colpa… Ammesso che di colpa si potesse parlare.
E così i miei giorni seguitarono a passare dilaniati, da un lato dallo schiacciante senso di colpa che mi affliggeva, dall’altro dal libertinaggio in cui indugiavo. Avevo bisogno di ritrovare la pace e l’equilibrio interiori che mi avrebbero riportato sulla strada che avevo scelto.
Fu in quello stato d’animo che bussai alla porta dell’ufficio del Priore la sera in cui mi convocò. La giornata lavorativa era stata particolarmente pesante e il caldo di quei giorni non aiutava a rasserenare animo e corpo.
“Avanti! – indugiai – Avanti!” ripeté la voce grave che mi aveva eccitato nelle docce la sera del mio arrivo.
Non era certo con lo spirito curioso e ispirato del primo giorno che varcai la soglia della stanza avvolta dalla penombra, illuminata dalla lampada del piccolo salottino usato per accogliere in modo informale gli ospiti in visita. La cupa atmosfera sembrava dilatare oltremisura il volume dello spazio: mi convinsi che si trattava certamente di una proiezione del peso che mi portavo dentro.
Inciampai vacillando, credo contro un inginocchiatoio o qualcosa di simile. Non vi diedi molto peso perché ciò che mi sorprese fu constatare che non ero il solo a trovarmi lì: in una delle due poltrone accostate sedeva Fratel Ettore. Imperscrutabile nel viso, mi fissava allo stesso modo degli occhi verdi e penetranti del Priore che stava nell’altra.
Mi inchiodai davanti a quello che mi parve un preludio al Tribunale dell’Inquisizione.
“Non essere imbarazzato – il Priore provò a mettermi a mio agio – si tratta di un incontro, diciamo così… Informale…”
Il mio sguardo si fece diffidente e dubbioso al contempo.
“Tra non molto concluderai il noviziato. – proseguì – Sai che il passo successivo è quello dell’Impegno Solenne ovvero la promessa di vivere il resto della tua vita monastica in Castità e Obbedienza”.
“Sì Signore…” mormorai: la mia mente lavorava in modo febbrile immaginando dove avrebbe portato la conversazione.
“Questo vuole essere un momento di riflessione condiviso riguardo il tuo futuro in seno alla Congregazione. – incrociò le dita a sostenere il mento – Vorrei che tu esprimessi in assoluta serenità le tue perplessità o le tue paure riguardo il prosieguo del tuo Cammino di Fede”.
“A costo di sembrare banale… – cercai di farmi coraggio – Direi che sono stati mesi difficili. Non tanto per il ritmo e lo stile di vita in convento, quanto piuttosto per…”
“Avanti! – mi incoraggiò Fratel Ettore – Non esitare…”
“…Quanto piuttosto per le tentazioni!” le parole mi uscirono d’un fiato e di colpo mi sentii sollevato.
“Mmmm…- il Priore unì gli indici toccandosi il naso – Tu sei consapevole di essere il candidato di un percorso formativo, non solo umano ma soprattutto spirituale”.
Annuii convinto.
“Immagino quindi che parlando di tentazioni, tu alluda al manifestarsi di tendenze o comportamenti che possono porre seri dubbi circa la tua, chiamiamola, idoneità. – di nuovo annuii – Ti chiedo allora: vorresti indicarci quali possono essere quelle che stanno facendo vacillare le tue convinzioni?”
“È evidente l'incapacità di vivere la vita religiosa in castità. – iniziai a recitare - Non possono, per esempio, essere ammessi al seminario e agli ordini sacri, secondo le indicazioni della Santa Chiesa coloro che non giungono a…”
Non mi lasciò terminare. Gli era quindi chiaro a cosa stessi alludendo: “È dunque questo il motivo dei turbamenti che tanto stanno preoccupando anche Fratel Ettore?”
“Sì…” mi limitai a rispondere.
“E hai avuto modo di riflettere sugli episodi che ti hanno portato a vacillare? Che lezione ne hai tratto?”
Sospirai.
“Ebbene? - nonostante riuscissi a sostenere il suo sguardo, tacqui. Sentivo il calore dell’imbarazzo e dell’irritazione provata per l’incapacità di esprimermi senza trascendere, colorarmi le guance. – Ebbene!?” si limitò a ripetere.
Non risposi. Serrai i pugni dalla rabbia che stavo provando: “Io… - infine trovai le giuste parole - …Io ho difficoltà a padroneggiare alcune situazioni…”
“Capisco…” il silenzio scese sulla stanza. La calma prima della tempesta: quali erano i piani del Priore sulla mia persona?
Afferrò i braccioli della poltrona, accavallando le gambe. Con una tranquillità che mi atterrì, si limitò a rivolgersi a Fratel Ettore: “Spoglialo!”
Rimasi impietrito: dallo sgomento e dall’eccitazione per la strana situazione che si stava venendo a creare.
Il frate si alzò con calma dalla poltrona. Si pose alle mie spalle facendo aderire il suo corpo al mio: sentii la sua erezione attraverso la spessa stoffa della tonaca. Con sapiente malizia iniziò a sbottonarmi. Le dita tozze lavoravano in modo inaspettatamente agile. Mi lambì il collo pungendomi con i peli della sua barba. Un soffio delicato mi fece piegare la testa di lato. Strinsi le labbra mentre nelle parti basse si stava scatenando l’inferno: l’uccello cominciò a farsi duro. S’irrigidì completamente quando le mani forti del religioso si decisero ad aprirmi i lembi di stoffa sul petto. Accarezzarono la soffice peluria che vi stava crescendo e, quando giunsero sui capezzoli, li tormentarono a lungo: “Mmmm…” mi lasciai sfuggire un lamento mentre, incuranti della reazione provocata, continuarono a scorrere lungo la pelle liscia delle braccia finendo con il far scivolare a terra la camicia.
Il Priore ci osservava in silenzio. Immobile. Di nuovo le mani sotto il mento…
Fratel Ettore attaccò quindi la cinta per slacciarmi i pantaloni che mi calò, invitandomi a liberarmi anche di calze e scarpe. Risalì a controllare il lavoro, massaggiandomi le gambe tornite. S’insinuò nel mio intimo dal basso: tirò la bisaccia pelosa delle palle verso il basso e spinse in avanti l’uccello dolente per l’erezione prigioniera.
Rimasi in slip al loro cospetto. Il cazzo duro reclamava la sua libertà: l’effetto catastroficamente imbarazzante ricordava una tenda indiana.
“Immagino siano queste le situazioni che non riesci a padroneggiare! – ironizzò – Bene… Ritengo che siamo nella sede più opportuna per valutare fino a che punto questo problema realmente ti affligga ed assegnarti, nel caso, la giusta penitenza. Finisci di spogliarti e poi incrocia le braccia dietro la nuca!”
Obbedii.
I due rimasero a contemplare il mio corpo nudo per un tempo che mi parve eterno. Non so cosa ci vedessero di nuovo dal momento che entrambi lo conoscevano piuttosto dettagliatamente…
La mazza, finalmente libera, sballonzolava al loro cospetto.
“Scappellati!” sussurrò Fratel Ettore. Un filamento sottile pendeva ora dalla rossa testa del fungo.
“Avvicinati! Qui, al mio fianco! – mi ordinò il Priore aprendo la scatola che stava ai suoi piedi: ne estrasse un oggetto in legno che rigirava tra le mani – Bene…” passò la paletta tra le mie gambe risalendo velocemente fino ai coglioni che soppesò per poi insinuarsi tra le chiappe. Strusciando a contatto dei miei peli e della pelle, il freddo legno cominciò a scaldarsi.
Con decisione mi forzò a piegarmi per sdraiarmi prono sopra le sue cosce leggermente aperte in modo che il mio pene vi s’infilasse. Lo accarezzò a lungo dondolandolo da un ginocchio all’altro, mentre passava la paletta sulle natiche e nel solco come se stesse glassando una torta. La cappella si strofinava contro il saio ruvido: ad ogni passata l’irritante prurito lasciava il posto ad un tormentoso piacere.
“Volgi lo sguardo in avanti e non distoglierlo!” incrociai gli occhi di Fratel Ettore intento a massaggiarsi il pacco.
Il primo colpo risuonò nella stanza facendo eco alla campana che, proprio in quel momento, iniziò a battere le ore.
La forza impressa mi fece sobbalzare. La mano che mungeva l’uccello frenò leggermente l’avanzata.
Provai dolore.
Il secondo colpo si abbatté sull’altra chiappa con identico effetto.
“AAAHHH!!!”
Ero scioccato: mai avrei immaginato che il trattamento riservatomi sarebbe stato di quel tipo. Mi morsi la lingua per soffocare il male provato.
Attraverso il velo di lacrime che mi offuscava la vista, riconobbi il magnifico corpo che incontrai nello stenditoio: Fratel Ettore stava spogliando anche se non ne comprendevo il motivo. Si risedette iniziando dolcemente a menarsi un cazzo duro quanto il mio e tanto mi bastava.
Le sculacciate si susseguirono scandite dai rintocchi. Il Priore lavorava con la meticolosa disciplina e la crudele ferocia di chi conosce bene il suo mestiere: ad ogni battuta la paletta massaggiava la pelle che certamente si stava arrossando ma anche ammorbidendo. E la sofferenza si confondeva nel piacere che mi stava facendo impazzire.
“Mmmm…” iniziai a mugolare sommessamente.
“Dunque siamo passati dalla sofferenza al piacere, eh!? - l’altra mano scivolava lungo l’asta vellutata e pulsante - E in poco tempo…”
“Mmmmssì… Sssììì…” risposi senza distogliere lo sguardo dall’armadio che si stava segando di fianco a me.
“E come vorresti che continuasse questo momento di inconsulta lussuria? - ancora sculacciate: il culo era in fiamme, il cazzo dolente sbrodolava copiosamente sul saio in attesa dell’esplosione finale – O dovrei chiamarlo supplizio!?”
Le campane avevano smesso di suonare.
“Vor… Vorreiiihhh… - ansimavo sudando. Ormai non avevo più limiti né freni inibitori - …Vorrei succhiare il cazzo di Fratel Ettore… Vorrei berne nuovamenteeehhh il seme caldooohhh…”
Mi fece alzare e voltare dandogli le spalle. Le mani chiuse a cucchiaio massaggiavano i cocchi bollenti regalando loro un po’ di sollievo.
“Mettiti lì! - indicò l’inginocchiatoio in cui ero inciampato: ai suoi piedi una bacinella in metallo – Appoggia i gomiti sull’alzata e piegati in avanti. Divarica le gambe e congiungi le mani!”
Il cazzo di Fratel Ettore si palesò in un baleno. L’asta enorme, immobile e scappellata, svettava in tutta la sua robustezza dal coacervo di peli scuri. La vena che risaliva verso la cappella increspava il velluto di carne che la conteneva. Un rivolo giallognolo sgorgava anche dal suo prepuzio. Guardavo il cannolo come un bambino davanti alla vetrina dei dolci, con la consapevole amarezza che non ci sarebbe stato modo di assaggiarla...
La mia attenzione fu distolta da qualcosa che, ancora una volta, si stava insinuando tra le terga: scorse lungo la schiena fino a scompigliare i peli del culo e ronzare intorno al mio ano che, per reazione istintiva, si contrasse. Il materiale non era legno, sembrava gommoso. E l’oggetto sferico.
“Rilassati… - lo sentii roteare a lungo intorno al forellino per lubrificarlo aiutato dagli sputi di chi mi stava dietro e dalle dita che allargavano i glutei - …Rilassa questo bel fiorellino, sennò faremo fatica a coglierlo. Ecco bravo… Così…” con un colpo deciso lo violò.
“Aaahhh…” di nuovo venni spinto in avanti. Le labbra, socchiuse per il dolore e la sorpresa, ingoiarono senza difficoltà la nerchia che evidentemente le aspettava per spegnerne il grido.
La cappella mi aveva sfondato la faringe provocandomi un conato. Mi sembrò che gli occhi schizzassero dalle orbite. I lacrimoni salati solcavano le guance.
“Mmm… Mmmmhhh… - cercai di far comprendere la mia sofferenza – “…Mmmmhhh… Mmmm…”
Fu tutto vano. Le mani di Fratel Ettore si persero tra i miei capelli afferrando saldamente il mio capo. Il suo bacino prese invece a dondolare avanti e indietro, dapprima con dolcezza e poi con sempre maggior forza e velocità.
“Non stringere troppo con le labbra…” si limitò a consigliarmi. Lasciò la presa per giocare con gli enormi capezzoli del petto irsuto latrando come una bestia in fase di monta.
Anche l’attacco al mio didietro proseguiva senza sosta: alla prima sfera ne seguirono altre tre, almeno così mi parve, con circonferenze via via crescenti. Le sentivo vorticare nello stretto canale in cui si erano fatte strada e che il Priore si divertiva a torturare. Il giocattolo veniva guidato all’interno del mio retto da direzioni diverse, a lambire la parete della prostata massaggiandola. Entrava e usciva senza sosta, cinicamente manovrato dal mio aguzzino, dilatando o chiudendo il buco ad ogni passaggio, senza che questi avesse tempo di adattarsi alle varie situazioni. Stavo impazzendo dal piacere, almeno questo era quello che mi suggeriva il cazzo in tiro. E soffocando, dato che l’enorme mazza del frate porcellone davanti non mi dava tregua e nemmeno la possibilità di prendere fiato. I lacrimoni che non smettevano di scendere dagli occhi si mischiavano al sudore che bagnava le mie braccia congiunte in quella preghiera blasfema.
Il gioco si protrasse per diverso tempo. A nulla valsero i miei nuovi, maldestri tentativi di far comprendere ai due religiosi che per me era giunto il momento di godere.
Fu il Priore a decidere quando far cessare tormento ed estasi: poche passate delle sue dita forti sull’asta fradicia dei miei umori e i fiotti di sborra uscirono incontrollati mentre le grida di piacere soffocavano in gola smorzate dalla cappella che ancora pompava.
Il liquido caldo che mi munse venne raccolto nella ciotola di metallo.
Fu a quel punto che Fratel Ettore si sfilò. Con un ruggito assordante, si svuotò sul mio viso inondandolo di latte caldo.
“Ora puoi alzarti!” il mio padre spirituale mi si avvicinò ripulendomi con la voracità di un animale. Allo stesso modo appiccicò le sue labbra alle mie per regalarmi un bacio lungo e appassionato nel quale condividemmo il seme che, incredibilmente, era riuscito a trattenere.
Si staccò sorridendomi dolcemente e sfiorandomi i capelli prima di voltarmi.
Ero sfinito, annichilito dal piacere, incapace di formulare pensiero. Caddi in ginocchio davanti al Priore ansante e madido di sudore. Istintivamente mi coprii le pudenda.
“Nessuna vergogna…” con un dito mi sollevò il mento invitandomi a guardarlo. I suoi occhi verdi emanavano una calma infinita. Mi pose davanti agli occhi la bacinella dove avevo sborrato. Al suo interno il dildo che mi aveva profanato il culo. Lo usò per rimestare ed infine avvicinarlo alla fronte su cui disegnò una croce che era anche il manico del giocattolo.
Solo in seguito avrei compreso la portata di quel gesto.
Avvicinò la ciotola alla mia bocca: “Ora bevi!” e deglutii ciò che restava.
Fu a quel punto che la stanza venne inondata di luce.
Disposti su due ali ai lati delle poltrone, sedevano tutti i confratelli che, complice la penombra, avevano assistito allo spettacolo nel più assoluto silenzio…
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