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Gay & Bisex

Era giovedì sera...


di honeybear
11.11.2018    |    11.481    |    7 8.8
"“Che mi dici di questo?” chiede leccandosi la punta del dito e perforandomi il buco vincendo la debole resistenza della mia libidinosa rosellina..."
È giovedì sera. Di nuovo…
Siamo a casa io e lui. Da soli… La mamma è fuori per il suo corso di decoupage, mio fratello maggiore agli allenamenti.
E io, solo con papà. Di nuovo.
La cena è stata silenziosamente imbarazzante: forte era il senso di disagio che si respirava. Non osavo guardarlo: avevo paura che volesse parlare di giovedì scorso...
Stessa situazione…
Soli in casa. Lui affaccendato nel suo studio. Io, nella mia stanza, a farmi esplodere il cervello in compagnia dell’esame di fisica che stavo preparando. Era piuttosto tardi quando scesi in cucina a fare uno spuntino.
Le luci erano spente in tutta la casa: ero certo che papà fosse andato a letto. Mi preparai un sandwich e me ne tornai in stanza. Mi scaraventai sul letto dedicandomi alla lettura del mio manga preferito: fanculo l’università!
Puntuale come la Svizzera, arrivò il cuoricino della buonanotte di Giulia: era ora di andare a dormire. Le risposi.
La casa era avvolta dal silenzio: niente musica a tutto volume e nemmeno risate, chiacchiere o il noioso sottofondo della TV al piano di sotto.
Solo un lieve fruscio. Pensai fosse il vento: forse papà si era dimenticato di chiudere qualche finestra.
Praticamente in slip, andai a controllare.
Appena fuori nel corridoio il buio era pallidamente rischiarato da una luce fioca proveniente dalla camera dei miei. Esattamente il punto da cui mi sembrò provenire il ronzio che avrebbe disturbato il mio sonno ristoratore.
Fu la curiosità a spingermi davanti alla porta socchiusa. E a guardarci attraverso.
Le dita della mano sinistra di papà si muovevano sinuose lungo l’asta bagnata. Cingendola con dolcezza risalivano dai peli della radice fino alla prugna in cima. Si soffermavano un istante a giocare con il frenulo per raggiungere veloci il piccolo orifizio in cima e raccoglierne il liquido giallastro e filamentoso che usciva copioso usandolo come lubrificante per il lungo bastone. La fede nuziale scintillava al pari della spessa vena che si attorcigliava attorno al notevole diametro della nerchia.
“Aaahhh…” lo sentii gemere ad occhi chiusi. Le cosce spalancate e tese al pari dell’addome contratto. I piedi sollevati.
Ad un ritmo regolare infatti, la mano destra spingeva avanti indietro qualcosa nell’ano peloso.
Il suo piacere stava per esplodere quando aprì gli occhi. E lo fece nell’istante in cui, con tutta la mia goffaggine, spalancai la porta per schiantarmi sul parquet della stanza.
Accese la luce.
Estrasse dal culo il dildo con cui si stava impalando. Era nero, di lattice credo. E grosso. Più grosso del suo già ragguardevole uccello.
“Mi dispiace…” sibilai avvampando. Mi rialzai incespicando una volta di più negli slip che mi ero calato per masturbarmi insieme a lui.
L’imbarazzo nella stanza era palpabile.
Guardai la chiazza lattiginosa con cui avevo imbrattato il prezioso legno e corsi in camera a nascondere la testa sotto il cuscino.
I giorni successivi trascorsero come se nulla fosse accaduto. Non so se per la paura, da parte di papà, che io potessi in qualche modo sputtanarlo davanti a mia madre e mio fratello, o forse perché quello che aveva paura di essere sputtanato ero io…
Non ci fu praticamente più modo di rimanere soli. Almeno fino a stasera…
In silenzio ripuliamo la cucina prima di sparire ognuno alla vista dell’altro.
Chiuso in camera, più che concentrarmi sulla preparazione del cazzo di esame di fisica di domani, il pensiero torna martellante a sette giorni prima. E la mano si fa strada nelle mutande afferrando un cazzo duro come il marmo…
Mi spoglio alla velocità della luce e scompaio nella doccia. L’acqua calda che scorre non si porta via né i pensieri né il desiderio…
Finisco di asciugarmi e abbandono l’accappatoio al suo destino.
Nudo mi sdraio sul letto e spengo la luce.
Inconsciamente ho assunto la sua posizione.
Lascio che la mia mano mi scappelli e che, mentre chiudo gli occhi, parta dolcemente.
Non ho un dildo per cui mi faccio strada tra le mie guance pelose con le dita della mano libera. Cerco il buchetto. Ci giro intorno con il medio umido e piano piano lascio entrare una falange.
“Aaaahhh…” mi eccito all’idea che ora ci possa essere lui dietro quella soglia a spiarmi…
Ma non è la fuori.
Sento la sua mano forte afferrare la mia asta dura… Glielo lascio fare.
Quando apro gli occhi incontro mi perdo nell’azzurro dei suoi. Le labbra carnose incorniciate da un filo di barba si chinano sulle mie. La lingua chiede di entrare nella mia gola. Glielo concedo, mentre il lavoro di mano si fa più veloce.
Con delicatezza mi libera il buco per far posto alla plastica lubrificata di un glande che non è il suo.
“È… È troppo…”
“Shhhh… - mi rassicura - …Ti piacerà vedrai…”
Si solleva esibendo la sua erezione.
“Vuoi toccarlo?” mi chiede accarezzando la sua mazza nella penombra.
“Sì ... Mi toccherai anche tu? Ancora?”
“Certo. – la sua voce ferma e profonda mi rassicura, mentre torna a lavorarmi l’uccello - Ti piace?”
“Sì… Molto…” afferro il suo cazzo per apprezzarne appieno durezza e dimensioni.
Ma non ha intenzione di fermarsi lì a giocare.
“Che mi dici di questo?” chiede leccandosi la punta del dito e perforandomi il buco vincendo la debole resistenza della mia libidinosa rosellina.
“Ahh… - il dolore è fastidioso, il respiro affannato. L’eccitazione al culmine. - …È… È meravigliosooohhh…”
“Sì, vero? – mi sorride papà – Con Giulia è impensabile qualcosa del genere… E il meglio arriverà tra poco…”
So a cosa allude: il dito è solo l’antipasto.
La portata principale è quel grosso affare con cui stava giocando lui e che mi ha salutato poco prima…
Da non so dove spunta un barattolo. Intinge la mano ricavandone una sostanza gelatinosa e trasparente. Me la spalma intorno al buco rendendolo liscio e morbido.
“Cosa… – il respiro si fa di nuovo affannato mentre riprende a sditalinarmi – Cosaahhh… Vuoi fare?”
“Ti farò sentire meglio di quanto tu ti sia mai sentito prima! – mi rassicura con un sorriso – Ti stimolerò a tal punto che i tuoi coglioni spareranno la tua sborra così forte da colpire il soffitto! Te li prosciugherò… Letteralmente!” ride di gusto.
La mano torna nel barattolo e questa volta accarezza il lattice nero dell’enorme dildo.
“Ora respira lentamente. E rilassati!” mi ordina prima di rovesciarsi sopra di me. Il suo culo seppellisce il mio volto impedendomi di vedere ciò che sta combinando laggiù in fondo. Il suo profumo di maschio mi riempie le narici stordendomi.
“Che… Che fai… - sono le uniche parole che riesco a pronunciare prima di essere soffocato dal randello che mi scende in gola provocandomi conati. - Cooff…”
“Respira ho detto!” l’ordine perentorio si accompagna ad una sonora sculacciata che aiuta la testa del cazzo di lattice a trapassarmi. – Non irrigidirti… Lascialo entrare…. Così… Bravo ragazzo!”
Si ferma un istante. Mi sento morire. Non so se per il senso di soffocamento o per il dolore lancinante del buco violato. Due lacrimoni mi riempiono le ciglia per staccarsi e scendere lungo le guance bollenti.
“Lascialo entrare, ho detto! Ci siamo quasi… Da bravo… - non gliene frega niente di come sto. La sua missione continua imperterrita - …Ecco …Così…” la corsa del sex toy termina quando, a suon di sberle, mi impala completamente.
Smonta dal mio viso e solo a quel punto inizia a giocare con l’attrezzo mentre si masturba: lo fa uscire quasi completamente per poi ricacciarlo dentro con forza fino a squassarmi. Lo fa ruotare, disegnando cerchi che diventano sempre più grandi.
Non posso fare altro che restare lì, puntato a malapena sui gomiti, inebetito da quanto sta accadendo.
Sorride divertito per il supplizio che mi sta infliggendo, ma credo sia perfettamente conscio del fatto che mi sto abituando ad un dolore trasformatosi ormai in un piacere irrefrenabile decretato dal mio ansimare incontrollato: il precum esce abbondante dalla cappella e cola lungo l’asta. Non riesco a credere al piacere che riesce a darmi quel cazzo cacciato nelle mie viscere.
E non credo nemmeno di resistere ancora a lungo: siamo alla fine dei giochi… L’eiaculazione è violenta. I fiotti di sborra dovrebbero effettivamente arrivare al soffitto, ma le labbra di mio padre li intercettano prima e se li bevono tutti.
Anche lui sta per venire.
Questa volta non ansima. Sbuffa e ringhia come un animale rabbioso. Riesce comunque a dominarsi sfilandomi il dildo dolcemente.
“Cazzo! - è sul mio buco che si sta richiudendo che riversa il suo piacere – Puttanaaahhh… Vengoooohhh… Ahhh, cazzo! Vengo! VENGOOOHHH!!!!“il suo corpo continua a tremare fino a che non termina di mungere tutto il latte che le sue bisacce lisce contengono. Gli spasmi lentamente cessano mentre la cappella raccoglie e spalma per bene il suo seme attorno a quel nido ancora caldo.
Ne raccoglie un po’ sulle dita. Si avvicina al mio viso mentre il suo respiro torna regolare e me lo spalma sulle labbra.
“La prossima volta ci sarò io dentro di te!” mi sussurra prima di andarsene.
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