Gay & Bisex
L'estate di Gianni - 6 Lella e Stefano
di Ettoreschi
21.10.2008 |
11.300 |
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"Oramai aveva un campionario incredibile di motivi e scuse per farlo e ne condivise un bel po’ con il nuovo compagno di avventure..."
Dopo l’intensa avventura che lo aveva legato profondamente a Carlo, Gianni si ritrovò ancora una volta solo, ma questa volta era proprio deciso a tornare ad assaggiare una bella figa anche perché pensava che con un altro uomo il paragone con il suo stallone precedente sarebbe stato deleterio.Girava alla ricerca di prede da adescare o quanto meno per provarci. La sera andò alla spiaggia dove aveva conosciuto Michele ma non c’era niente da fare. Vide sua sorella sempre vicina alla morettina della volta precedente e questa volta decise di approfondire il sospetto visto che se esso era infondato avrebbe potuto provarci. “Ciao sei qui a sentire i ragazzi o per ballare” Vide Elisa diventare rossa paonazza e l’altra guardare in giro senza fissarlo e capì ben prima che la imbarazzata risposta della sorella lo raggiungesse “No siamo con la mia amica qui per ascoltare e magari vedere se troviamo qualche amico della spiaggia (ovviamente della loro)”. “Beh ciao e buon divertimento!” disse fissandola per bene in viso con un sorriso sardonico sul volto fino a che essa, sempre arrossendo, non girò la testa verso il gruppo di ballerini.
-Hai capito la sorellina! Anche lei ha qualcosa da nascondere. Bene, buono a sapersi, che magari qualche volta posso liberarmi di lei!- Ma questo non lo aiutò nel suo scopo, anzi lo lasciò con ancora meno chance di successo. Prese a passeggiare allora per la strada principale, piena di luminarie, di bar e ritrovi e con tutti i negozi aperti fino a tardi. Fu passando davanti ad un negozio di abbigliamento che fu attratto da un coloratissimo pareo in vetrina. Si fermò a fissarlo e gli venne il desiderio di comprarlo perché, dopo aver provato anche il travestimento con Carlo, l’idea di camminare con qualcosa che ricordava una gonna non gli dispiaceva affatto. Prima di entrare sbirciò dentro il negozio. C’era solo una commessa appoggiata al banco con la faccia cavallina annoiata. Non era per niente bella di viso ma, memore di quello che gli aveva insegnato Ermanno “Guarda bene le brutte perché spesso sono fatte bene ed è anche più facile scoparle!”, indugiò con lo sguardo sulle forme della ragazza. Sebbene la struttura fosse robusta, aveva una certa qual proporzione. Cosce robuste, culo pronunciato, seni sodi e proporzionati al resto del corpo. Decise di provarci.
“Buonasera. Mi scusi ma ero venuto per due cose.” “Mi dica” “La prima è che volevo provare quel pareo in vetrina e la seconda, ma forse la più importante, era che volevo sapere come mai una ragazza così carina è qui da sola mentre tutta la città è fuori a divertirsi” e la fissò sorridente anche quando una smorfia di gradimento non riuscì a rendere bello il viso. Vide che lo sguardo della ragazza lo stava radiografando e, dopo un attento esame rispose “Per il pareo non c’è problema glielo prendo e lo può provare nella cabina lì dietro. Per quanto riguarda la seconda cosa, beh sono dipendente e devo lavorare anche se mi piacerebbe tanto essere fuori a divertirmi magari con un bel ragazzo come te” Si avviò verso uno scaffale ancheggiando e prese da esso un pareo uguale a quello in vetrina. Girandosi a porgerlo gli disse “Per vedere bene l’effetto che fa dovresti mettere in costume o mutande” Gianni capì che era una scusa per poter valutare le sue “credenziali” e decise di stare al gioco. Sempre sorridendo e guardandola con uno sguardo carico di desiderio (anche se la vista del suo viso non induceva a questo) prese il pareo ed entrò in cabina. Si preparò per bene e decise di giocare duro indossando il pareo tutto nudo.
Uscì dalla cabina e fece alla ragazza che lo aspettava fuori “Come ti sembra che mi stia?” Lei lo guardò con uno sguardo attento e interessato, attese che lui terminasse un giro per mostrarsi da tutte le angolature, quindi si avvicinò con fare professionale e dicendo “Forse va sistemato meglio” Gli si mise a contatto e con le mani fece finta di sistemare diversamente il pareo. In realtà aveva preso coscienza che il ragazzo era nudo e che aveva un consistente attributo nascosto in mezzo alle gambe. “Mi sembra che vada proprio bene!” E così dicendo lo guardò passandosi la lingua in tondo sulle labbra. “Visto che va bene potrei ringraziarti invitandoti a prendere qualcosa” “Grazie, ma stasera ho turno fino a tardi e a casa mi aspettano. Se vuoi domani sera ho la serata libera e ci possiamo vedere dopo cena alle 21.” Fissarono il posto di ritrovo e si presentarono. La ragazza si chiamava Gabriella ma tutti la chiamavano Lella. Rimasero d’accordo in questo modo.
Gianni comunque cercò anche durante il giorno dopo se poteva trovare qualcuna nella spiaggia dei nudisti ma le donne erano tutte accoppiate e quindi niente da fare. Di Lella non le piaceva il viso, una specie di Camilla Parker in peggio, ed i capelli castani non erano nemmeno acconciati in modo da nascondere questa sua caratteristica somatica, ma doveva riconoscere che Ermanno gliel’aveva raccontata giusta: il corpo della ragazza era ben tornito e già pregustava il contatto con la pelle e le forme procaci della donna. La sera si preparò per bene ed arrivò puntuale all’appuntamento già rassegnato ad aspettare il quarto d’ora accademico, ma fu smentito da Lella che comparve dopo pochi istanti (forse si era nascosta ad attendere il suo arrivo). Nel suo peregrinare per il paese Gianni aveva scoperto un posto non distante dalla spiaggia attrezzata, dalla parte opposta di dove i ragazzi si trovavano a cantare e ballare, con una piccola montagnola ricoperta di cespugli e di tamerici e proprio qui, dopo aver preso un gelato, che i due giovani si avviarono parlando del più e del meno. Fu così che venne a sapere che Lella aveva quasi 23 anni e durante l’inverno studiava all’università di Genova e faceva questo lavoro per pagarsi gli studi. Si dimostrò leggermente infastidita che avesse solo diciottenni, ma, forse anche per la scarsa abbondanza di spasimanti, dovette fare buon viso a cattivo gioco.
Una volta addentratisi in mezzo ai cespugli e trovato un posto riparato dagli occhi e dalle orecchie, con il sottofondo del rumore del mare poco distante, Gianni tirò fuori da dove l’aveva nascosto il pareo acquistato il giorno prima e lo stese per terra con gesto cavalleresco. “Si accomodi o mia regina sul modesto mantello che questo umile cavaliere le mette a disposizione!” Lella ridendo si accomodò per terra e così facendo mise in mostra le belle cosce tornite. “Posso dirti che hai delle belle gambe? E che il resto che ho visto di te non mi dispiace per niente!” “Ma cosa dici? Non vedi che sono grassocce?” “Voi donne sempre a cercare la perfezione! A me le tue gambe piacciono e mi piacerebbe ancora di più poterle accarezzare … Posso?” “Come riesco a dirti di no?” e così dicendo porse il volto equino verso il ragazzo. Egli decise che chiudere gli occhi era forse la strategia migliore per rompere il ghiaccio, e così facendo le circondò con il braccio le spalle e la attirò definitivamente a sé sigillando con un lungo bacio la disponibilità a farle toccare con mano quanto lui apprezzasse il suo corpo. Nel contempo l’altra mano aveva cominciato a carezzare le gambe nude.
Non passò molto tempo che Gianni cominciò a percepire la sottile presenza dell’afrore tipico di una donna eccitata e questo lo fece scaldare ancora di più. Iniziò a spogliare la ragazza gettandosi appena possibile sulle tette sode e consistenti. Perse un quarto d’ora abbondante a cospargere di saliva quelle meravigliose colline calde, a succhiare e mordere i bottoncini duri che dominavano le areole brune. La ragazza cominciava a gradire visibilmente con mugolii e sospiri profondi e lo esternava afferrando il randello sempre più duro del ragazzo con una mano e segandolo lentamente. Oramai erano nudi tutti e due Gianni cominciò a rivolgere le sue attenzioni orali alla montagnola oltre il boschetto di peli neri che sovrastavano il pube. Pose la testa fra le due monumentali colonne e insinuò la lingua nella fessura già umida di umori e poi cominciò a leccarle il clitoride provocando una tangibile lubrificazione. Infilò poi due dita nella passera godendo della sensazione di calore umido che essa emanava e cominciò ad andare su e giù. Non pensava di essere così bravo ma nel giro di pochissimi minuti la ragazza venne trattenendo a stento i rochi gemiti con cui la goduria le riempiva la bocca. “fammi godere!” La implorò e lei lo accolse nel suo grembo. Ah la sensazione di calda accoglienza che ne ricevette lo ripagò della fatica di avere fatto la corte ad una ragazza particolarmente bruttina! Si accomodò per bene a fondo e godette completamente della sensazione di pieno possesso che gli veniva, poi cominciò il suo lento avanti e indietro.
Lella doveva avere una carica di arretrati lunga da soddisfare perché cominciò a dimenarsi sotto i colpi sempre più insistenti e profondi del ragazzo. Si afferrarono come bestie scatenate a brancicare ora le tette e i capezzoli, ora le chiappe, ora la schiena, ora le spalle e condendo il tutto con mugolii e rantoli sempre più intensi. Come più intensa si faceva la galoppata con cui Gianni stava sfondando la topa della ragazza. Bastarono pochi minuti e vennero entrambi scaricando la loro repressa voglia nell’atto con il partner. Riconoscente Lella accarezzò la testa Gianni, il quale si sentì sciogliere sia dal piacere carnale che aveva provato sia dal gesto dolce cui era stato fatto oggetto. Si rifugiò allora tra le sue braccia a godere, circondato dalle calde forme della donna, della sensazione di piacevole appagamento che aveva ricercato con tanta determinazione. Quando cominciarono a rivestirsi parlarono ancora un poco ma emergeva sempre più chiaramente, dai discorsi, dai silenzi, dal tono, che la loro non era una storia destinata a durare, certo se qualche volta c’era l’opportunità, magari quando Lella aveva la serata libera, potevano ancora vedersi e scopare liberando così la libido repressa, ma la differenza di età pesava.
Gianni rifletteva tornando a casa su come le donne siano selettive molto più degli uomini, o riuscivano a essere contente di sé e pronte a godersi la vita come Vanda, altrimenti necessariamente dovevano legare all’atto sessuale anche altri significati. I maschi invece, preferivano pensare a godere appena possibile senza farsi tante fisime e se usciva qualcosa dopo ci avrebbero pensato. Almeno questo era quello che pensava il nostro protagonista infilandosi sotto le coperte. Passò la settimana alla disperata ricerca di rimorchio ma non ebbe fortuna. Domenica sera, i suoi erano già partiti per casa, se ne uscì a fare un giro per il paese. Niente di niente, alla fine si dovette accontentare di prendersi un bel cono gelato e si sedette sul muretto davanti ai tavolini all’aperto di un bar. Guardò distrattamente gli avventori alla ricerca di una probabile preda ma l’unico che lo colpì fu un uomo fra i trenta e i quaranta, una leggera barba, i capelli ricci castani, un volto piacevole e abbronzato come chi passa molto tempo al sole. Sarò stato alto circa 1 metro e 70 e comunque non era di corporatura grassa, al massimo avrò avuto solo qualche chilo sopra il peso forma. Stava leccando il proprio cono gelato fissandolo.
Allora anche Gianni, come preso da un trip, iniziò anche lui a leccare il cono come se fosse un uccello e a fissare negli occhi l’uomo con la barba. Questi posò con nonchalance la mano sul pacco a darsi una sistemata, e altrettanto fece Gianni. Ora il collegamento era stato stabilito bisognava andare a fondo. L’uomo si rivolse a lui e lo invitò a sedersi al suo tavolino. Si presentarono, lui era Stefano, arrivato proprio oggi nel corso del suo viaggio a tappe. “Ah non stai fermo in un posto! E dove trovi posto che siamo in agosto?” L’altro lo guardò sorridendo con una dentatura bianchissima “Ho la barca, dormo giù al porto.” Vedendo l’espressione stupita del giovane aggiunse “Vuoi venire a vederla anche se è scuro? Magari poi domani facciamo un giro se ti piace …” Si fissarono negli occhi “Sì, vengo adesso” Oramai era tutto chiaro e l’avventura poteva cominciare.
E la strana coppia si diresse verso il porticciolo del paese, il più anziano accompagnato dal ragazzone che lo sovrastava in statura, peso e corporatura. Giunsero ad una barca , a vela di meno di 10 metri e con due cabine di cui una matrimoniale. E fu proprio quando Stefano lo portò a vedere la cabina da letto più grande che i due, costretti a toccarsi dalle dimensioni del natante, si voltarono l’uno verso l’altro e cominciarono a baciarsi. Gianni aveva capito di essere particolarmente portato verso i giochi con bocca e lingua, ma dovette riconoscere che Stefano gli poteva ancora insegnare molto. E la riprova di ciò la ebbe quando finirono nudi sopra il letto e cominciarono un focoso 69. L’abilità di Stefano con la lingua era tale che c’erano momenti nei quali a Gianni sembrava di essere leccato da due estremità orali diverse tanta era la frenesia con la quale veniva gustato il suo corpo. Un altro elemento di scoperta piacevole era costituito dall’essere carezzato anche dalla soffice sua barba proprio nelle parti intime. Si dedicò allora alla conoscenza del cazzo e del culo dell’uomo. Si riempì le nari degli afrori che esso emanava, un misto di bagno schiuma e salmastro che lo faceva eccitare ancora di più. Quasi in contemporanea cominciarono a infilarsi le dita nei rispettivi buchi, abbondantemente insalivati, e a pompare dolcemente.
Fu un rapporto molto dolce, anche se pieno di voglia, dove ognuno godette del corpo dell’altro e ne ricevette in cambio pieno appagamento. Gustarono i loro semi e poi se li scambiarono con un lungo bacio. Terminato il momento del sesso venne il momento delle parole e dei piani per il futuro, visto quanto era stato appagante il loro accoppiamento. Si misero d’accordo per stare fuori in barca il giorno dopo. La mattina dopo, con tutto il suo armamentario e il pareo comprato da Lella, Gianni per la prima volta disertò la “sua” spiaggia e si recò al pontile. Visto che era ospitato comprò un paio di brioche per farne omaggio al proprio ospite. Cominciò quel giorno una nuova esperienza che non aveva niente a che fare con il sesso, ma che anzi lo avrebbe avvicinato ancora di più al mare. Sotto le indicazioni di Stefano, prese a dare una mano a tirare sartie, raccogliere le corde e controllare le vele. Quando il vento gonfiò le vele tese della piccola barca inclinandola, fu come se un mondo sconosciuto si aprisse davanti a lui. Chiese di poter provare a guidare e Stefano aspettò che fossero al largo, lontani da altre imbarcazioni, per consegnargli il timone e una quantità incredibile di istruzioni. Non aveva ancora provato l’ebbrezza di guidare un auto, ma questo era decisamente meglio. Ogni volta che riusciva a cogliere la brezza e consentiva allo scafo di solcare le acque sempre più profonde del mar Ligure, per Gianni era una sensazione di entusiasmo quasi infantile. Stefano si era sistemato alle sue spalle e impugnava il timone con le mani sopra le sue.
Così facendo finiva per strusciarsi contro le terga del ragazzo, che però in quel momento non mostrò di accorgersene. Fu solo quando furono al largo abbastanza distante dalla riva che Gianni fu conscio della posizione e soprattutto del principio di erezione che si stava sviluppando alle sue spalle. Si sbarazzarono dei costumi mentre la barca continuava a solcare l’azzurra distesa piatta. Ora l’eccitazione era ben più evidente in entrambi. Stefano ammainò le vele con l’aiuto di Gianni poi si gettarono l’uno nelle braccia dell’altro. Lo skipper era infoiato come un cinghiale e si tuffò subito sul culo del ragazzo cominciando a leccarlo. Gianni oppose una debole difesa poi cedette le armi e si accontentò di segare lentamente l’uccello di marmo del partner. Questi intanto gli stava lubrificando il condotto con due dita ricoperte di crema. Quando sia i mugolii del giovane che la consistenza dei tessuti che stava pastrugnando, gli indicarono che era pronto, inforcò le gambe ponendosele sulle spalle e si posizionò per la penetrazione. Gianni si accorse che, anche se era oramai più di una settimana che non si faceva visitare da un bell’uccello, il suo culo restava ancora molto ricettivo. Il cazzo di Stefano era normale come dimensioni, con una cappella piccola rispetto alla base ed era inoltre incurvato verso il basso. Questo fatto fece solleticare nervi che era un po’ che non erano stati toccati, e fu così che sentì crescere il piacere anale.
Non era una penetrazione forte e presente come quelle che gli procurava l’arnese di Carlo, si trattava però di qualcosa che comunque sollecitava le pareti intestinali con un piacevole movimento. Scacciò quindi il confronto con il precedente amante e si mise a godere a pieno l’introduzione di quel cazzo così regolare e curvo che gli massaggiava anche la prostata con il suo movimento frenetico di dentro e fuori. Stefano era uno cui piaceva molto uscire quasi del tutto e poi rientrare quale naturale prosecuzione del movimento ondulatorio che imprimeva al proprio bacino. Questo fatto rappresentava per certi versi un gradevole ritrovare di pratiche di cui a Gianni sembrava di aver perso il ricordo ma che, una volta riproposte, gli diedero le stesse piacevoli sensazioni di deliziosa penetrazione. Si abbandonò quindi al movimento regolare dell’uomo che con il suo pistone lo riempiva gioiosamente. Doveva essere passato un po’ di tempo dall’ultima volta che Stefano aveva fatto sesso perché non ci mise molto a venire mentre Gianni era ancora ad un passo dal paradiso ma non lo aveva ancora raggiunto. Così impugnò la base del proprio randello e con lunghi viavai della mano lo portò dove era giusto che giungesse un giovane diciottenne quale lui era.
Rimasero accasciati l’uno sull’altro, poi con un gesto d’intesa si lanciarono nudi nel profondo mare per pulirsi dei loro fluidi organici. Per Gianni fu uno shock termico affrontare la massa d’acqua che al largo era molto più fredda che a riva, soprattutto a quell’ora della mattina, ma, passati i primi attimi di blocco quasi totale, si ritrovò a godere della sensazione di essere circondato completamente dalla liquida distesa, senza poter nemmeno lontanamente toccare con i piedi il fondo. L’essere nudo aumentava a dismisura la sensazione di libertà che aveva iniziato ad apprezzare fin dal primo giorno alla spiaggia dei nudisti. Risalirono e si stesero sopra coperta ad asciugarsi, ognuno ad inseguire i propri pensieri e a rivedere, con appagamento, i momenti più gaudiosi del loro recente rapporto. Prima godettero della dolce carezza del sole sulla loro pelle, poi finalmente lasciarono che il desiderio di conoscenza reciproca prendesse il sopravvento e fu così che presero a chiacchierare amabilmente. Erano entrambi timidi e pudibondi dei propri reconditi sentimenti, ma, una volta superata la barriera, presero a confidarsi cose che forse non si erano mai detti nemmeno a se stessi.
Il giovane parlò delle sue esperienze di questa meravigliosa estate e si accorse che l’uomo lo ascoltava partecipe e anche divertito. Gli confessò anche che non voleva porsi domande o limiti, voleva solo cercare di godere, ci sarà spazio, nel corso del lungo inverno, per riflettere e fare scelte di vita, ora c’era spazio solo per gli ormoni. Stefano invece era un dirigente d’azienda, forse un po’ crudele ma sicuramente esigente, che aveva tempestose relazioni con le donne che non duravano mai più di qualche mese anche perché a lui piacevano decise e “padrone” ma poi a lungo andare non sopportava il loro impossessarsi della sua vita e regolarmente le lasciava. Oramai aveva un campionario incredibile di motivi e scuse per farlo e ne condivise un bel po’ con il nuovo compagno di avventure. Prima di mangiare decisero di fare ancora un tuffo e di nuotare mollemente cullati dal regolare respiro del mare. Erano entrambi attaccati alla scaletta con una mano quando Stefano si avvicinò a Gianni ed iniziò a baciarlo, prima dolcemente, poi con trasporto e passione. Il ragazzo percepì l’intimo desiderio del suo partner e conseguentemente avvertì una precisa reazione alle parti basse. L’uomo con un movimento del bacino mise le gambe attorno ai fianchi del giovane e avvicinò il proprio buco alla mazza del compagno. Questi la impugnò e lentamente la puntò all’ingresso delle viscere, facendole fare dei movimenti circolari che, complice anche l’acqua del mare, resero lo sfintere pronto ad accogliere il nuovo ospite. Fu Stefano che con un movimento deciso pose fine alle manovre preparatorie e cominciò ad infilarsi lo splendido scettro di marmo caldo che nel frattempo si era formato.
Gianni puntò allora i piedi sull’ultimo scalino e si aggrappò con le mani al secondo: erano così con i busti quasi fuori e con i ventri sotto il livello dell’acqua. Questa, sciabordando dolcemente, cominciò a dare il ritmo, lento, della penetrazione, sembrava quasi che Gianni non facesse alcuno sforzo ma che lasciasse il mare a spingerlo prima dentro gli intestini e quindi fuori da essi. Senza fretta godettero l’uno dell’altro e attesero che i tessuti si adattassero al nodoso attrezzo che li percorreva voglioso e sempre più rigido. Quando oramai si accorsero che la libidine cresceva sempre di più presero a incitarsi a vicenda mentre il giovane cominciava a pompare freneticamente le interiora dell’uomo con un crescendo rossiniano che portò la superficie del mare a incresparsi per moto vivace e poi a cospargersi di chiazze di liquido cremoso quando il piacere giunse al culmine e trovò appagamento. Questa volta il dopo fu caratterizzato dalle tenerezze che continuarono anche dopo che, con un piccolo rumore, l’uccello di Gianni, oramai tornato normale, si sfilò dal culo dell’uomo.
La giornata passò quasi come un sogno, senza frenesie, ma con la dolce consapevolezza di poter cercare il piacere senza restrizioni come ognuno voleva. Dopo pranzo fecero un riposino in cabina e nel pomeriggio si spompinarono a vicenda come la sera prima, con due dita piantate nel culo vicendevolmente che lo trapanavano e che seguiva il ritmo dell’altra mano alla base dell’uccello. Anche questa volta gustarono l’uno del seme dell’altro e poi se lo scambiarono con lunghi e appassionati baci. Ritornando al porto rimasero d’accordo per rivedersi l’indomani e Gianni si impegnò anche a ottenere il permesso di passare la notte in barca con lui. Con questa promessa e con un furtivo bacio sotto coperta, si lasciarono. Camminando lungo il pontile avvolto nel suo pareo il ragazzo vide passare davanti i suoi occhi famiglie reduci da una giornata al mare che si affollavano dove c’erano le docce. Era quasi all’uscita quando fu bloccato da un marcantonio alto quasi due metri, con due spalle da sembrare un armadio e una foresta di peli a coprire il petto e lo stomaco prominente, che lo apostrofò “Giovanotto non sei socio qui cosa fai?” Un po’ titubante rispose “Ma ero ospite del signor Stefano *** sulla Baby Blue …” “Ah va bene, puoi andare” E così dicendo si spostò leggermente di lato in modo da farlo passare quel tanto che bastava per strusciarsi un po’ contro il suo corpo.
Memore degli insegnamenti di Aldo, pensò che l’omone ci stava provando e sorrise pensando che non si sarebbe accorto di quanti non disdegnavano un bell’uccello o un culo soffice se non avesse fatto tutte quelle avventure e non fosse stato educato da tante persone diverse che lo avevano arricchito ognuna con il meglio delle proprie esperienze. Passarono tutta la giornata assieme in barca e fu una giornata veramente piena, in tutti i sensi. Furono fermati anche da una moto vedetta della guardia costiera. Per fortuna li videro tempestivamente e si coprirono rapidamente anche se furono oggetto di sguardi curiosi da parte dei militi. La situazione aveva risvegliato in Gianni una certa tendenza alla porcaggine, tanto che, non appena i marinai ebbero ripreso il loro navigare, si avvicinò all’amico e cominciò a carezzarlo e baciarlo. Lo fecero la prima volta in acqua e anche questa volta Stefano volle essere impalato dal caldo uccello dello studente e fottuto lentamente mentre erano cullati dal dondolio del mare, poi lasciò che l’irruenza dei diciotto anni infierisse con determinazione nelle sue viscere fino al compimento del desiderio. Nel pomeriggio invece fu lui che prese a pecorina il ragazzo questa volta con foga e pompando senza sosta e senza cambiare ritmo dal primo colpo all’ultimo.
Gianni si accorse che non riusciva a venire contemporaneamente al proprio partner ma che anzi, quando veniva posseduto da lui non riusciva a giungere alle vette che aveva toccato con Carlo, sembrava quasi che il suo culo avesse perso la capacità di godere autonomamente. Nuovamente raggiunse il suo apice aiutandosi con la mano a segarsi l’uccello e a consentire alle proprie palle di scaricare il liquido di cui erano pregne. Giunti al porto sistemarono la barca per la notte e si recarono alle docce in fondo al pontile. Non era un locale molto ampio, si trattava di poco più di una tettoia coperta dai lati e attrezzata con sei tubi fissi che innaffiavano i malcapitati con acqua fredda. Se volevi acqua calda dovevi mettere 1 euro in una macchinetta e allora il rubinetto della calda veniva sbloccato per pochi minuti. Erano lì che si stavano togliendo il salmastro dalla pelle quando entrò nel locale il custode con la scusa di recuperare le monete dalle macchinette. Indugiò in questa incombenza guardando le forme degli uomini che si stavano lavando ed in particolare dei due nostri amici. Con una grattatina vistosa alle palle, uscì e se ne andò. “E’ una presenza inquietante quell’uomo” esclamò Stefano.
Dormire in una barca ancorata in porto e farvi l’amore dentro furono nuove esperienze che si aggiunsero a quelle che lo studente aveva provato dall’inizio dell’estate. Toccò a lui quella notte impalare il culo di Stefano, messo a pecora pronto a ricevere il suo randello. Aveva notato che il culo dell’uomo gradiva molto essere frugato a fondo dal suo caldo arnese. E si dedicò allora a questo compito con l’entusiasmo e la forza che le tempeste ormonali gli consentivano. L’uomo mostrò di gradire molto quel feroce assalto alle sue interiora perché cominciò a mugolare la propria goduria, incitando il giovane partner a non risparmiarsi e a infierire con i colpi ancora più a fondo. Fu ascoltato e questa volta giunsero quasi assieme al coronamento che la voluttà aveva perseguito. Al termine Stefano si accoccolò tra le braccia dell’amico più giovane ma più alto e robusto e si lasciarono cadere entrambi tra le braccia di Morfeo. Al mattino Gianni si svegliò per primo e decise di arricchire con brioche calde la colazione spartana che li attendeva. Si recò al vicino fornaio, attese il suo turno e poi ne comprò un bel sacchetto. Felice ritornò verso la barca ma quando cominciò ad entrare sentì un parlare concitato. Si fece avanti prudentemente ed in silenzio mentre cominciava a sentire chiaramente la discussione che Stefano stava sostenendo con il custode del pontile.
Questi chiedeva un supplemento di tariffa perché il ragazzo aveva dormito nella barca. “Ma io pago il posto barca e non per quante persone ci stanno dentro!” Protestò il manager “Taci frocione che non sei altro! Come se non avessi visto come vi scopate tu con quel giovanotto? Vorrà dire che farò un po’ di casino e così i genitori del ragazzo lo verranno a sapere e credo che tu passerai un bel guaio!” Gianni si sentì rabbrividire e anche Stefano si rese conto che erano in una posizione molto debole e con piglio dirigenziale chiese all’omone “Quindi cosa vuoi per non rompere più i coglioni?” “Beh è un po’ che non vado in figa e ho le palle piene e vorrei tento svuotarmi nel tuo bel culetto!” Così facendo si sfilò il costume da bagno restando nudo e avvicinandosi a Stefano. Gianni sbirciava da fuori ma non aveva il coraggio di farsi vedere e pensava a come cercare di salvare l’amico ma non gli veniva niente in mente che lo esentasse anche dal rischio che i suoi lo venissero a sapere. Vide quindi l’omone peloso scostare le lenzuola che coprivano il manager rivelandone la nudità e avvicinarsi a lui. “Ma cosa vuole farmi?” Protestò mentre il culone bianco del custode si avvicinava al viso. Dai mormorii che sentiva provenire dalla bocca di Stefano, Gianni capì che adesso era impegnato in un bocchino sul membro del violentatore. Questi si mise comodo a cavalcioni del padrone della barca e cominciò a leccargli il culo per preparare la prossima penetrazione. Lo studente ebbe modo così di ammirare le consistenti forme dell’uccello che riempiva la bocca dell’amico. Forse la cappella era meno grossa di quella di Carlo ma la verga probabilmente lo superava in lunghezza: era uno spettacolo tanto che, nonostante la paura cominciava a essere eccitato.
Che il custode non fosse un uomo raffinato lo si comprese presto quando terminò presto l’opera di lubrificazione e si posizionò per prendere a pecora il manager sopraffatto. Lo impalò senza grandi attenzioni e, una volta posizionato bene e trovata la posizione con l’angolatura giusta, cominciò a stantuffare il suo pistone nel condotto dell’altro. Stefano gli urlava il proprio disprezzo e gli chiedeva di smetterla mentre l’altro rispondeva ricoprendolo di insulti trattandolo come una troia che vuole solo prenderlo nel culo. Ovviamente i termini non erano così forbiti ma il concetto veniva chiaramente espresso. Fu con un certo stupore che Gianni avvertì nella voce dell’amico un cambio di tono e le invettive furono sostituite da sospiri sempre più rauchi. “Ti piace troia? Eh? Ti piace il mio bastone nel tuo culo sfondato di troia!” E continuava a pomparlo con violenti colpi. Ad un certo punto Stefano esplose nell’orgasmo schizzando le lenzuola del proprio seme caldo. Questo ebbe un effetto scatenante anche per il custode che aumentò il ritmo fino a che un rantolo sovraumano non sottolineò come anche lui fosse stato raggiunto dall’appagamento del godimento pieno. Il custode si tirò su dopo qualche istante, raggiunse il proprio costume e lo infilò, poi uscendo disse all’uomo che aveva appena violato nelle intimità più profonde “Quando vuoi farti alesare per bene il culo e godere ancora come una troia, chiamami che per te ho sempre pronto il mio cazzo!”. Gianni era nascosto nella cameretta accanto e restò in silenzio ad attendere che l’omone sparisse dalla circolazione, poi rifletté su cosa fosse meglio fare: se presentarsi a Stefano facendogli sapere che aveva assistito alla violenza ma anche alla soddisfazione che ne aveva ricavato, oppure se rientrare facendo finta di niente.
Scelse questa seconda opportunità e sbirciò dal corridoio nella loro alcova vedendo l’amico che oscenamente restava stremato con il culo proteso in fuori. Si allontanò in silenzio risalendo le scalette, poi facendo un po’ di casino come se stesse arrivando allora lo chiamò. Lo trovò che si era ricomposto velocemente aggiustandosi un asciugamani in vita. Gli si avvicinò dandogli un bacio e chiedendogli “Come va?”. C’erano due possibilità per Stefano: confessare quello che gli era successo o far finta di niente. Scelse quest’ultima e si afferrò al ragazzo rispondendo al bacio con una passione che presupponeva la disponibilità a donarsi completamente al compagno. Evidentemente l’episodio appena capitatogli aveva risvegliato sopiti desideri e comunque l’aveva lasciato ancora bramoso di godere, magari in modo diverso, più dolce, da come era avvenuto prima. E si donò pienamente al compagno, ai suoi colpi più rispettosi dei precedenti, al desiderio che cresceva sempre di più. Gianni a sentire la disponibilità dell’uomo, la tenera consistenza dei tessuti intestinali prima violati, fu travolto dalla libidine di infilarsi dove prima era entrato un altro e volle dare al partner tutta la gioia che questi si aspettava. Prese il dono delle intimità violate e le riconsegnò con sapienti e sempre più potenti colpi alla frenesia di un orgasmo pieno e atteso.
Quel giorno Stefano fu più chiuso del solito e Gianni, consapevole della causa, ne rispettò il riserbo. Dovette cedere al desiderio di penetrazione più volte, quasi l’uomo volesse con questa esibizione di potenza attiva, esorcizzare il piacere che aveva provato nell’essere sottomesso e violentato dall’omone in mattinata. Si lasciò pompare cercando di cogliere comunque il proprio piacere. Ma la giornata era per certi versi segnata e la gioia che provavano era solo fisica e sessuale, non aveva niente a che vedere con i sentimenti, quindi ne era impoverita. Rientrarono prima del solito ma Stefano non volle passare dal porto bensì si fermò su un molo esterno a depositare l’amico. “Devo continuare il mio viaggio. Non posso fermarmi qui” Fu la spiegazione che Stefano diede del fatto. Si salutarono con affetto, ma Gianni sapeva che l’uomo fuggiva dalla piena consapevolezza del proprio essere e che, se solo lo avesse assecondato, forse avrebbe potuto trovare la felicità
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