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Gay & Bisex

L'attor giovine 8 Successo!


di Ettoreschi
09.07.2009    |    5.990    |    0 5.5
"Ero agitato ma poi pensai che ero un attore e non dovevo preoccuparmi, ma invece entrare nel mio personaggio..."
Ogni lunedì andavamo spesso io e Max a feste in locali gay o a casa di amici suoi e con lui avevamo convenuto che la caccia era aperta e ognuno poteva rimorchiare chi voleva bastava avvisare se tornavamo assieme oppure no. Era la nostra serata di libertà. Una delle prime serate di licenza ci trovammo ad un ricevimento da un conoscente del mio amante. Con sorpresa trovai anche Matteo che era in compagnia del suo produttore che se lo portava dietro come volesse far vedere a tutti un trofeo. Lo abbracciai e gli chiesi, quando il suo anfitrione lo lasciò libero per un attimo, come andasse “Bene, mi compra di tutto e mi regala parecchie cose. Mi ha anche chiesto di lavorare con lui” “E’ stato positivo allora quello che ti ho insegnato a fare! Però se vuoi un consiglio, goditela finché dura perché sappi che prima o poi finisce perché gente come lui è sempre alla ricerca di un cazzo o più grosso o che lo inculi diversamente. Cerca di fare la tua carriera lavorativa indipendente da lui e vedi di farti dare soldi o gioielli e non solo vestiti! Accidenti mi sento tanto la tenutaria di un bordello che da consigli alla novizia!” Scoppiammo a ridere e ci lasciammo con un abbraccio complice. Passavo da un gruppetto all’altro e venivo riconosciuto quasi sempre: oramai ero noto per vari motivi: il ruolo di Giulietta scandalosa e la relazione con Max. Ad un certo punto mi girai andando a sbattere contro una montagna bianca “Scusami!” e alzai gli occhi rimanendo così folgorato da aprire la bocca per la sorpresa. Dinanzi a me c’era un negro, bello come Denzel Washington, alto un metro e novanta, vestito completamente di bianco come Richard Gere nel film “Ufficiale e Gentiluomo”. Con un sorriso bianchissimo mi rispose “Oh non è niente! Posso presentarmi? Sono Jack e faccio l’addetto militare all’ambasciata americana” e mi allungò la mano. Alla sua stretta vigorosa e maschia risposi con un sorriso “Io sono Giulio e faccio l’attore” “Ah sì e dove reciti?” “In Romeo e Giulietta al teatro …” “Ma sono stato a vederlo, che parti interpreti?” “Beh io sono Giulietta … Ti è piaciuto come ho recitato?” Mi guardò con sorpresa “Accidenti non ti avevo riconosciuto. Sei stato proprio bravo e convincente, soprattutto quando facevi l’amore con Romeo!” “A tutti piace quella scena “ “E a te piace anche fuori del teatro …?” Era un sondaggio o cosa? Decisi di scegliere la strada della trasparenza “Sì mi piace fare sia Giulietta che Romeo. Se tu recitassi cosa ti piacerebbe fare?” “Tutti preferiscono la mia interpretazione di Romeo …!” Lo rimirai nel fisico “Beh credo che tu possa recitare bene anche come Giulietta …” “Magari dopo che ho fatto Romeo” “Allora ci vuole tanto tempo …” “Vuoi venire nel mio appartamento vicino all’ambasciata con me? Solo che ti devi fermare fino a domattina perché non ti riporto a casa …” Bene, il contratto era stabilito e le parti chiare e senza sorprese, avvisai Max che sarei tornato l’indomani, mi fissò sorpreso dal divano dove palpava l’interno cosce di un ragazzo di origine orientale, ma mi diede cenno di andare e spiò per capire con chi andavo via.
Jack aveva l’auto poco distante. Vi salimmo. Dopo nemmeno dieci minuti, nel corso dei quali cercammo di familiarizzare, arrivammo ad un piccolo condominio costruito nel primo dopoguerra. Parcheggiata l’auto vi entrammo e percorremmo il corridoio fino all’ascensore. Incrociammo che usciva dall’ascensore un paio di maschioni neri di pelle ma non in divisa che scambiarono un paio di battute con Jack “Hi!” “Hi! Are you fucking?” “Yes, white ass” “can we also together?” “May be tomorrow evening …” La porta si richiuse e con essa svanì anche la paura che per un attimo mi aveva attanagliato: in che rischio mi ero cacciato? Se Jack, che non conoscevo affatto, avesse accettato l’offerta degli amici, mi sarei ritrovato con tre cazzi da soddisfare e non uno solo e ben messo! Lo ringraziai e fui ancora una volta abbacinato dal suo sorriso bianchissimo (o era solo per contrasto con la pelle?). Una volta chiusa la porta non ebbi nemmeno il tempo di vedere l’appartamento perché Jack mi spinse contro il muro e cominciò a limonare iniziando a spogliarmi. Ricambiai ben volentieri e dopo neanche due minuti eravamo nudi come vermi che ci scambiavamo le lingue e litri di saliva mentre i nostri uccelli cominciavano un duello di cappa e spada che non sappiamo quale risultato avrebbe prodotto. Accarezzavo la pelle delicata come seta di Jack e contemporaneamente lui faceva lo stesso con me, soffermandosi presto però sulle mie natiche. Anch’io palpai voglioso le sue chiappe scultoree ma non indugiai solo su esse bensì percorsi ogni centimetro di pelle attardandomi su tutti i suoi punti erogeni. Finalmente staccammo le bocche e lui ne approfittò per condurmi nella camera da letto e gettarmi sulle coltri per poi posizionarsi sopra di me a 69. Mi ritrovai così con un bellissimo cannolo di cioccolato che danzava davanti agli occhi: lo impugnai e lo portai alla bocca. Un afrore di maschio forte e acre che non avevo mai sentito prima mi fece comprendere che eravamo di razze diverse, ma in quel momento non contava, importava solo quello che avremmo fatto insieme e il piacere che ci saremmo concessi a vicenda. Succhiai a lungo la cappella, girandole attorno con la lingua, indugiando sul buco dell’uretra, e poi ritornando a percorrerne i confini nodosi. Provai a infilare di più quella mazza che sentivo crescere sempre di più e indurirsi ad ogni istante che passava, e cominciai allora a leccare anche le prime vene che irroravano l’attrezzo. Lo tirai fuori e mi dedicai a insalivare per bene con la mia lingua tutta l’asta, soffermandomi sulle nodosità generose e le innumerevoli venuzze. Alla fine le dimensioni del bellissimo batacchio nero, sormontato da un glande appena più rosato e chiaro, erano notevoli ma non eccezionali, ripensai per un attimo alla mazza di Goffredo che avevo leccato solo una volta e mi resi conto che essa era addirittura più grossa di quella del mio amico nero.
Jack intanto, dopo aver assaggiato con piacere il mio arnese, si era dedicato al mio buchino. Aveva allargato le chiappe e ficcato la bocca nel mezzo cominciando a leccare e succhiare causandomi mancamenti continui da come questo trattamento mi stava ammorbidendo lo sfintere. Mai mi ero sentito così desiderato oralmente nel mio buco del culo, mai l’avevo sentito così risucchiato, quasi mi si volesse mangiare l’intestino dopo averlo estratto dall’orifizio. Era una sensazione straordinaria che faceva aumentare in me il desiderio di dare pace al piacevole formicolio che cominciava a invadere tutto il canale posteriore. “Oh Jack, dai , sbattimelo dentro!” mi uscì spontaneo e il mio amico non si fece attendere. Scelse di lasciarmi disteso di schiena e infilarmi alla missionaria. Quando la cappella forzò il baluardo a protezione delle mie intimità ebbi un colpo al cuore perché mi sentii trafitto. In fondo ero stato lubrificato esclusivamente dalla saliva e l’apertura era stata preparata solo dalla lingua e non da un lavorio adeguato di dita o di altri strumenti consoni. Lui se ne accorse e rimase lì senza forzare dedicandosi a leccarmi invece i capezzoli, mordicchiandomeli così intensamente che sembrava li volesse strappare dal mio petto. Questo mi distrasse così che quando mi sentii pronto fui io stesso a cercare di contrarre i muscoli per favorire l’ulteriore penetrazione. In pochi istanti fui riempito completamente dal mio bel cannolo di cioccolato e assaporai la sensazione per alcuni istanti, quindi fu Jack che prese la situazione in mano e cominciò a condurre la danza seguendo la musica che gli correva nel cervello. Era un amante molto capace e a questo si aggiungeva l’eccitazione di vedere la mazza scura sparire dentro il mio culo rosato. Lui alternava violente galoppate con lente e profonde stoccate, capiva quando arrivavo al culmine e aspettava, cambiava ritmo e bersaglio così da prolungare dolcemente l’attesa del culmine parossistico. E quanto più questa spasmodica aspettativa cresceva, tanto più aumentava il desiderio di farsi sbattere con violenza fino a sprofondare nella libidine più laida e maiala. Quello che mi sovrastava era un bronzo di Riace nero, muscoloso ma non palestrato, bello da guardare e da assaporare dentro il proprio culo. Lui volle cambiare e mi fece mettere a pecorina, fece danzare un po’ la cappella all’ingresso del paradiso, poi lentamente la reinfilò riempiendomi nuovamente con quel suo bastone di carne calda e fremente.
Mi afferrò i fianchi e prese a pompare con sempre maggiore frequenza e intensità. A volte cambiava volutamente il ritmo ma non come prima, si avvertiva chiaramente che anche lui cominciava ad essere abbacinato dalla vicinanza al traguardo a lungo inseguito. Fu così che me ne venni mentre Jack continuava a squartarmi gli intestini con la sua mazza colorata. Non passò mezzo minuto che le mie contrazioni anali ebbero ragione del martello pneumatico che mi stava sfondando il culo costringendolo a cospargere di bianca panna il gustoso cannolo di cioccolato. Eravamo ansanti e felici entrambi, ma passarono vari minuti prima che il suo membro riprendesse dimensioni più consone e scivolasse fuori dal mio culo. Ci stendemmo vicini e ci baciammo, dolcemente questa volta. Alla fine gli sussurrai “Beh come Romeo sei stato molto capace e prestante. Dopo dovrai essere una Giulietta altrettanto brava!” Un bacio suggellò questo patto per il futuro che però venne rimandato all’indomani. Quando mi affacciai dalle tenebre del sonno nel chiaro del mondo avevo l’uccello duro come il marmo e percepii immediatamente la presenza del corpo caldo di Jack al mio fianco. Mi girai verso di lui che mi voltava le spalle e cominciai a carezzarlo sofficemente scorrendo le mani delicatamente sopra la sua pelle di seta. Mugolò qualcosa ma il risveglio in lui fu completo quando cominciai a far scorrere la mano vorace tra le sue chiappe alla ricerca della pelle grinzosa intorno al buchino. Misi il volto nell’incavo della spalla e iniziai a leccare, baciare, mordicchiare quella massa di muscoli rivestiti da una pelle scura che mi eccitava viepiù. Ravanai alla ricerca del mio tubetto miracoloso e quindi mi dedicai alla lubrificazione sistematica del favoloso ingresso nel “misterioso mondo di Jack”. Oramai ero provetto e la mia abilità spesso era tale che il malcapitato (o ben capitato) era lui stesso a implorarmi di porre termine al lento lavorio che snervava completamente le barriere di difesa e di dare soddisfazione al prurito che si era impadronito delle pareti intestinali. Jack non mi stava supplicando di impalarlo ma mugolava come un gatto che fa le fusa e aveva l’uccello che sgocciolava come un rubinetto che perde. Lo girai di schiena perché volevo vedere il suo volto quando lo avrei infilato. Mise le caviglie sulle mie spalle e con le mani cercò di allargare il possibile le chiappe. Sostai all’ingresso premendo quel tanto che bastava per farmi sentire alle terminazioni sfinteriche e tenere sotto pressione i muscoli fino a quando essi non avessero il segnale di via libera. Jack fece un respiro profondo e … la cappella scivolò dentro risucchiata fino alla base della stessa. Sostai quel tanto che serviva ai tessuti ad abituarsi al nuovo intruso poi spinsi ancora e ancora fino a che la base del mio cazzo rosato non fu completamente avvolta e stretta dall’anello sfinterico perso in quell’immensità nera e l’asta non venne accolta nell’umido antro delle meraviglie.
Guardavo l’effetto cromatico di questi corpi così diversi che si stavano compenetrando ritmicamente ed erano ulteriori scariche che attraversavano il cervello. Era incredibile ma sembrava che quel culo fosse di burro e che accogliesse i colpi del mio martello pneumatico come se non avesse fatto altro da quando era stato forzato la prima volta ( e magari era proprio così). Mi sentivo accolto in quella grotta dei misteri e allora mi procurai di riempirla con il meglio di me stesso. Al contrario di Jack, che era molto bravo a cambiare ritmo quando inculava qualcuno, la mia specialità consisteva nel fermarmi dentro e muovere il bacino ruotandolo in modo da forzare ancora di più l’apertura oppure nell’indugiare in un su e giù frenetico con la sola punta a snervare ulteriormente i tessuti. Eravamo riposati e disponibili l’un l’altro e ci donammo una scopata memorabile. Il culmine fu quando Jack mi volle disteso sulla schiena con il mio attrezzo bello dritto e lui ci si infilò fino alla base. Iniziò allora una galoppata, prima lenta quasi a prendere le misure e il ritmo giusto, poi sempre più travolgente tanto che dovetti aggrapparmi alle sponde del letto per evitare di spostarmi troppo sotto la forza dei colpi che si auto infliggeva. Alla fine la violenza del suo dentro e fuori era tale che mi sembrava di essere squassato da una tremenda tempesta e fu proprio questa la sensazione che venne acuita quando schizzi di nettare bianco vennero a spargersi sul mio torace mentre i miei coglioni secernevano l’equivalente in quantità industriali così da consentirmi di giungere felicemente al mio orgasmo. Il mio amante si accasciò su di me e così rimanemmo fino a quando il mio arnese riprese le dimensioni consuete e scivolò fuori dal culo violato di Jack. Quando rientrai a casa di Max lo trovai ancora a letto con il ragazzo orientale nudo e distrutto da una notte di sesso frenetico. Mi guardò in un modo che non conoscevo e, muto, lo interrogai con gli occhi, ma lui si limitò solo a dirmi “Stasera torni a casa vestito da Giulietta perché dobbiamo fare delle prove …” Mi chiesi fra me e me che cavolo di prove bisognasse fare alla sera dopo lo spettacolo. Mah! Quello che aveva in mente mi fu chiaro nel momento in cui, lasciandomi davanti al camerino per vestirmi, mi consegnò un borsa di un negozio che non conoscevo, e disse “Qui dentro c’è come devi essere vestito quando ti vengo a prendere dopo la recita”. Una volta dentro sbirciai curioso dentro e allibito fissai un reggicalze nero con calze in tinta, perizoma e reggiseno a balconcino della stessa tonalità, una sottoveste trasparente nera come lo era un vestitino di seta che ad occhio doveva arrivarmi poco sopra le ginocchia. Il tutto comprendeva anche un paio di sandaletti neri con il tacco di 8 centimetri da allacciarsi. Beh almeno era chiaro cosa dovevo recitare stanotte! Mi truccai con la solita attenzione ma, anziché due trecce, raccolsi i capelli sempre a treccia ma con una sola coda che feci spuntare dal lato sinistro.
Lo spettacolo filò bene come sempre, perché oramai eravamo oliati come troupe, così, terminato il lavoro e nuovamente solo nel camerino pensai al nuovo personaggio che dovevo interpretare. Non mi struccai ma tolsi solo i costumi di scena che erano simili a quelli dell’epoca in cui era stata scritta la tragedia, cominciai la lunga vestizione e alla fine mi ritrovai a rimirare allo specchio una dark lady inquietante, ma anche arrapante, tanto che il sentirmi costretto in quegli indumenti con la seta che carezzava la pelle nei punti più sensibili, produsse un principio di erezione molto piacevole. Completai il tutto con i sandali che allacciai alla caviglia e partii sculettando. Mi sentivo veramente donna e ad ogni passo che facevo con il seno che si muoveva, il culo che ondeggiava leggiadro, entravo sempre più nel personaggio che Max aveva deciso di farmi interpretare. Poi fui folgorato e sciolsi i capelli raccogliendoli a coda di cavallo e infilandoli sotto una delle parrucche che mi avevano lasciato per la vestizione di Giulietta, ne scelsi una ovviamente nera come il carbone! Trovai il mio amante alla porta del suo camerino, mi guardò per bene girandomi attorno e controllando ogni particolare, poi, con uno sguardo soddisfatto, mi prese sottobraccio e mi fece avviare verso l’uscita. I tecnici del teatro mi osservavano incuriositi, ammirati e anche un po’ arrapati e per un attimo immaginai che avrei fatto scorrere un po’ di sborra grazie al mio abbigliamento. Salimmo in auto e, con sorpresa, vidi Max dirigersi verso un’altra direzione. “Dove andiamo Max?” “A cena da ***” citando un locale abbastanza alla moda, anche se non di alto livello, dove si mangiava bene senza svenarsi e che era diventato un po’ il punto di ritrovo di gente dello spettacolo. Mi sentii morire! Un conto è travestirsi e recitare in teatro, un'altra cosa è andare in giro conciato come una puttana! “Scherzi Max?” “Assolutamente no! D’altra parte vai in giro a farti sbattere da bei negroni e ti preoccupi di questi quattro stracci?” Allora era quello il motivo: Max era geloso di Jack. Cominciammo a litigare o meglio cominciai a litigare dicendo che non era giusto, che il lunedì era giorno di libertà, che lui si era scopato il giapponesino, sembravo proprio una moglie incazzata tanto che quando me ne resi conto terminai con il mio sproloquio nervoso. Max con un sorriso malizioso si volse verso di me e mi disse “Chi di cazzo ferisce …” Giunti al ristorante trovò parcheggio a duecento metri così dovetti sculettare per un bel po’ prima di guadagnare l’agognata sedia. Mi resi conto una volta seduto, che non ero abituato a farlo come una donna, così andai velocemente ai miei ricordi e finalmente trovai una posizione con le gambe parallele un po’ inclinate. Tutti gli avventori sembravano conoscere Max e quindi, sapendo bene quali erano i suoi gusti sessuali, mi radiografavano stupiti senza riconoscere in me (o così speravo) il giovane che lo aveva già accompagnato in quel posto ma vestito da uomo. Lui poi accentuava la curiosità di tutti facendomi la corte come se fossi veramente la donna della sua vita. Ero agitato ma poi pensai che ero un attore e non dovevo preoccuparmi, ma invece entrare nel mio personaggio. Avvicinai il viso a quello di Max e, dopo averlo elargito di un piccolo bacetto gli chiesi “Come vuoi che mi chiami stasera?” Sorrise “Giulia, e sarai la mia puttana, la mia amante, mi darai tutti i tuoi buchi e ti farai riempire e farcire come un cannolo siciliano” Mi venne un brivido “La serata si presenta veramente eccitante …” gli sussurrai con voce roca e sensuale mentre con la mano gli carezzavo noncurante l’interno della coscia. Per quanto bravo fossi, mi sentii gelare non appena uno dei paparazzi più noti della capitale entrò dalla porta e cominciò a scattare foto verso di noi. Max, pur essendosene accorto, non cercò in alcun modo di nascondersi, anzi accentuò gli atteggiamenti da innamorato e di corteggiatore. Ad un certo punto mi ribellai alla stronzaggine di Max e mi calai completamente nei panni della donna un po’ equivoca che veniva rimorchiata in un ristorante romano ormai prossimo alla chiusura. Ricambiai ogni carezza, gli mordicchiai il collo, lo baciai sul collo e anche in bocca un paio di volte. Sentivo il rumore continuo degli scatti della macchina fotografica.
Quando finimmo di mangiare ci alzammo in piedi e allora mi aggrappai al braccio del mio cavaliere e mi strusciai contro di esso con il mio “seno” e avanzai sculettando al fianco del mio corteggiatore. Il fotografo continuava imperterrito e immaginava già i titoloni a caratteri cubitali ma soprattutto alle migliaia di euro che valeva quel servizio. Ci seguì e volle immortalarci mentre varcavamo la soglia della casa dove Max abitava. Chiusa la porta dell’appartamento Max si girò sorridendo verso di me “Mi piace la tua capacità di improvvisare e di entrare nel personaggio: hai proprio talento!” mi tirò a se e mi baciò. Quando terminò gli mordicchiai il lobo “Io invece trovo che certe volte sei veramente impossibile quando vuoi mettermi in crisi! Ma sei anche un bel montone …” “Vuol dire che ho le corna?” “No, vuol dire che hai un uccello che non teme confronti con altri …” beh era una piccola bugia ma in certi momenti aiuta! Il mio partner si stava infoiando a carezzare le mie forme coperte di seta, a scostarle e finalmente conquistare al palpo le carni tenere che si trovavano al confine tra le calze e il perizoma. Ero penetrato a tal punto nel mio personaggio che anch’io mi sentivo eccitare ,come penso facesse ogni donna, e, per un attimo, credetti anche di avere la figa gocciolante di desiderio. Non arrivammo alla camera da letto ma mi prese sul divano. Scostò il perizoma, mi stese con il culo sul bracciolo del divano e sollevò il vestito che intralciava il suo desiderio, slacciò i pantaloni, estrasse il suo pistolone già eretto e lo puntò sul mio culo. Non ero lubrificato ma anche se la pantomima della serata aveva sicuramente allentato un po’ di tensione allo sfintere e nonostante mi sentissi desideroso come fossi una sposa la notte di nozze, scelsi di frenare i bollenti spiriti del mio partner e mi inginocchiai a imboccare per bene il suo randello caldo. Lo leccai per non più di due minuti passandomi al contempo un paio di dita umide di saliva sul buco del culo, ma non riuscii a tenerlo distante dalle mie intimità di più perché come un toro infuriato mi tirò su, mi tolse il vestito lasciandomi solo con la sottoveste, sfilò invasato il perizoma togliendomi anche i sandali e si riposizionò all’imboccatura del paradiso. Pochi secondi e cominciò a spingere. Avvertii un sordo dolore ma era accettabile, rilassai i muscoli più che potevo e mi aggrappai a lui baciandolo e spogliandolo. Lui intanto mi pastrugnava le “tette”, mi palpava il culo, e nel frattempo pompava il suo cazzo dentro le mie viscere. Lo sentivo bene con le pareti dell’intestino che si dilatavano ad ogni colpo assaporando ogni singola vena del pene turgido che occupava le mie budella. Percepivo chiaramente la libidine che colpiva il mio uomo e, complici i pochi abiti rimasti, mi lasciai prendere anch’io dalla lussuria sfrenata e presi a muovermi come una femmina in calore. Cercavo ad ogni colpo che esso fosse il più profondo possibile, muovevo il bacino perché la penetrazione non cessasse mai e producesse gli effetti più piacevoli nel mio didietro. Imploravo che mi trapanasse fino a spezzarmi in due e lui urlava infoiato tutto il suo desiderio di fottermi fino a che esso non trovò il giusto coronamento quando il suo vulcano caldo non eruttò la lava biancastra e bollente. “Dormi così” Mi sussurrò all’orecchio una volta che i nostri membri avevano assunto dimensioni normali. Lo baciai dolcemente e andammo così, lui nudo, io coperto a malapena dalle mise che mi erano rimaste, verso il letto e ci infilammo sotto le lenzuola.
Feci fatica a prendere sonno con le mie tette ma alla fine Morfeo mi accolse tra le sue braccia. L’indomani mi risvegliai appagato e, quando mi resi conto di come ero combinato, mi venne prepotente una erezione. Mi girai verso Max che mi dava le spalle e lo abbracciai strusciandomi tutto contro il suo corpo. E lui avvertì prima le mie tette sulla sua schiena, poi il mio randello caldo contro le sue chiappe e, inaspettatamente rispetto a quanto aveva fatto la sera prima, spinse il culo verso di me. Oramai conoscevo questo movimento e la mia erezione si rafforzò ancora di più al pensiero di godere del suo antro umido. Ci stavamo eccitando entrambi perché l’uso della biancheria intima che indossavo acuiva i sensi in entrambi. Non mi aspettavo di trovare un Max così disponibile, ma dieci minuti furono sufficienti a prepararlo, tanto che fu lui stesso a mettersi a pecora aprendosi con le mani le chiappe. Lo infilzai per bene e dovetti trattenermi per evitare di eiaculare subito. Vedermi vestito come una puttana che stavo inculando il mio amante era un’immagine così forte e arrapante da farmi impazzire. Anche per lui doveva essere lo stesso, proprio perché poteva seguire la scena sullo specchio di fronte al letto. Lo sentivo mugolare frasi sconnesse ma poi esse si fecero chiare: erano implorazioni perché voleva essere sfondato tutto, avere il culo spaccato dalla sua troia. Non mi feci pregare e lo pompai, alesandogli il buco con la mia mazza, eccitandomi ad ogni colpo quando vedevo il mio cazzo circondato da biancheria femminile nera fiondarsi nelle sue intimità a riempirle completamente. Era una visione estatica che mi procurava scariche di piacere che, unendosi alla goduria dello sfregamento del membro contro le pareti sfinteriche mi stavano portando rapidamente all’orgasmo. Quando le contrazioni anali di Max rivelarono il suo raggiungimento del culmine agognato, anche la mia sborra a lungo trattenuta, se ne uscì copiosa. Poi fu solo delicatezza e dolci carezze. Qualche giorno dopo uscì un servizio su un settimanale di gossip con alcune delle foto riprese quella sera e la domanda che campeggiava era “Chi è la Dark Lady misteriosa di Max?”. Credo che se i tecnici del teatro non mi avessero visto uscire con lui quella sera vestito in quel modo, nessuno della troupe avrebbe sospettato di chi fosse la dama sconosciuta.
Ci regalammo un altro paio di serate così, ma senza fare uscite nei locali pubblici, e a queste serate di fuoco seguirono dei risvegli altrettanto libidinosi a parti invertite ma con gli stessi abiti indossati da me. Per il resto il menage stava scivolando decisamente verso la routine e, anche se avevo le mie soddisfazioni come attore attivo (e non solo passivo) nel rapporto, avvertivo che il rapporto si stava esaurendo. Fu proprio per questa ragione che cercai di riprendere i contatti con Andrea anche al di là della frequentazione professionale. Ci vedemmo un giorno a pranzo per un tramezzino e una birra. Fu come ritrovare un amico che conosci da tempo: parlammo di tutto e passammo due splendide ore al bar. Avvertivamo entrambi che la confidenza e l’intimità che il parlarci ci aveva dato avevano bisogno anche di un segno palese, esteriore, che lo ribadisse. Andrea tra le altre cose mi confessò che da quando erano cominciate le rappresentazioni, cioè passato il periodo delle prove quando quasi quotidianamente doveva subire le avances degli attori più “anziani” e concedersi come attor giovine, non scopava quasi mai se non occasionalmente con Enzo e un paio di volte con Goffredo. Rimanemmo allora d’accordo che il prossimo lunedì avremmo detto entrambi che saremmo andati alle nostre case natali e invece ci saremmo imboscati nell’appartamento della signora Adele. La nostra uscita non destò sospetti nei colleghi e soprattutto in Max, che, almeno a mio avviso, si stava stancando di me. Portai con me anche il costume da scena di “Giulia” la dark lady. Adele mi rivide con gioia e mi abbracciò in modo da farmi commuovere, anche perché anche quella era stata per un periodo “casa”. Ci chiudemmo in camera con un po’ di provviste e di bibite e dimenticammo il mondo oltre la porta. Furono 24 ore molto strane ed intense. Parlavamo, ridevamo, scopavamo o facevamo petting, riposavamo e poi di nuovo senza seguire uno schema ma solo quello che ci dettava il cuore o l’uccello o il culo. I momenti clou furono quando vestii Andrea come “Giulia” e scopammo così conciati e martedì mattina una volta svegli. Stavo accarezzando i capelli biondi che crescevano sempre di più fino ad avere oramai una lunghezza tale da poterli raccogliere in un piccola codina quando mi venne in mente una curiosità. “Ma, da quando siamo qui, sei mai riuscito a scopare tu qualcuno, a parte Fernando?” Incerto rispose “No” “Vorresti farlo con me?” “Perché me lo chiedi?” “Perché se sono solo io che scopo te il rapporto è sbilanciato e potrebbe non durare, dobbiamo vedere se possiamo anche scambiarci qualche volta …” “Beh, forse hai ragione … In effetti in questi tempi mi sono fatto condizionare troppo dalla scoperta che mi piace tanto il cazzo nel culo, da non pensare a come potrebbe essere il viceversa!”
Eravamo già nudi e riprendemmo il discorso tante volte fatto e terminato questa volta però a parti invertite. Come sempre si parte da un sessantanove solo che adesso è Andrea a prendersi cura particolare del mio buchino: lo insaliva, lo viola, lo lubrifica, lo profana fino a riempierlo con tre dita, gliele pompa dentro fino a che io stacco la bocca dal suo uccello durissimo e umido e lo imploro di porre fine al mio languore. Vuole prendermi guardandoci in faccia, alla missionaria. Si posiziona, punta il suo attrezzo svettante e comincia a premere dolcemente. Si vede che molte volte è stato dall’altra parte e sa bene cosa fare per rendere piacevole il momento della violazione. Io mi sto sciogliendo come il burro sulla spiaggia a ferragosto e lo accolgo tutto dentro di me, cingendolo e stringendolo con frequenti contrazioni intestinali. Ha un cazzo medio ma è un piacere sentirselo tutto dentro che ti riempie gli intestini o questa sensazione è dovuta solo al fatto che è lui, Andrea? Lui si sofferma, mi bacia, si dedica ai capezzoli e intanto, lentamente comincia il suo dentro e fuori. Arretra fino a che la cappella non si ritrova circondata dall’anello sfinterico, quindi si ricaccia nel profondo del cavo umido che gli offro. Sto sgocciolando di piacere ma la goduria non è dovuta solo al randello che sta percuotendo le mie viscere, ma anche che a farlo è una persona con cui mi lega un’amicizia che diventa più profonda ogni volta che ci frequentiamo. Lo sento diventare duro come l’acciaio e capisco che oramai è prossimo all’acume della cavalcata e allora cerco di mollare anch’io tutti i muscoli sfinterici e lo imploro di spaccarmi in due, di rompermi il culo e lui mi accontenta con gli ultimi profondi colpi. Due colpetti e anch’io espello il frutto del piacere, ansimanti ci abbracciamo. Accarezzavo i biondi capelli di Andrea e lui si era steso sopra di me. Quella scopata era stata il degno completamento di 24 ore straordinarie e aveva anche rafforzato il nostro legame perché entrambi avevamo capito che non ci usavamo solo per i nostri desideri sessuali ma volevamo costruire qualcosa di più profondo.

Di Ettoreschi [email protected]
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