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Gay & Bisex

L'attor giovine 4 Delusione


di Ettoreschi
02.07.2009    |    6.372    |    0 7.6
"Tocca ad Andrea stavolta” “Ah” Avevo così rivelato come stessimo frequentando la stessa persona..."
La signora Adele mi squadrò da capo a piedi quando arrivai al mio appartamento, ma fu così accorta da non commentare bensì mi informò solo che Andrea era tornato dalla Liguria dove era andato a trovare i suoi. La ringraziai, salutai ma mi fiondai in stanza dove, senza nemmeno mangiare, mi ritrovai a letto a ripensare a queste ultime giornate. Ero un coacervo di sentimenti e di pensieri. Mi erano piaciute le sedute di sesso, l’intimità che avevo provato con l’uomo Max, ma ero stato profondamente ferito dalla sua durezza, quasi dal desiderio di farmi violenza che aveva esercitato l’ultima volta. Un pensiero mi attraversò la mente: che l’atteggiamento di Max fosse premeditato e che lui volesse semplicemente mettermi alla prova. Poi invece pensai che tutto era nato dal mio desiderio di incularlo e che dopo aveva avuto questo desiderio di vendetta. Eppure gli era piaciuto: avevo ancora nelle orecchie il suo “Dai, spaccami il culo, porco!”. Con tali nubi nella mente lentamente scivolai nel sonno. L’indomani ero pronto a tutto e mi ero ancora una volta fatto forza con la mia determinazione. Mi dicevo –dai non puoi pensare che basta farsi scopare qualche volta per guadagnare un posto al sole!- e così ero giunto alla decisione che, qualunque fosse l’atteggiamento di Max, io dovevo cercare comunque di intessere relazioni con tutti gli altri della compagnia. Male non faceva sia che Max mi volesse sia che mi lasciasse a spasso.
Capii fin dall’inizio che non era la mia settimana. Max sembrava quasi infastidito quando si rivolgeva a me e provava prevalentemente con Andrea, lasciando che fosse Goffredo a sostituirlo quando era il mio turno. All’inizio fu un colpo, ma poi ripensai a quanto avevo determinato da solo durante la notte e decisi di fregarmene. Alla pausa di pranzo, ignorando che Max si chiudesse in camerino con Andrea, mi misi assieme al gruppo degli altri e cercai di legare con tutti. Fu quando ce ne ritornammo in teatro che Fernando mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio “Non ti preoccupare: è il suo modo di tenere le persone sulle spine sempre presenti e decise” Lo guardai riconoscente anche se non riuscii a trattenermi dal confessare “Si però io l’altro giorno l’ho inculato e non vorrei che sia una vendetta!” “Beh, non è che gli piaccia molto farsi inculare però è tendenzialmente un uomo aperto” Confesso che essermi potuto sfogare con Fernando mi diede serenità e mi portò a riacquistare il mio caratteristico buon umore e la mia solarità. Anche Max se ne accorse e mi guardò con una strana espressione mista di stupore, ammirazione, determinazione che non riuscii ad interpretare. Anche se non era un personaggio importante, non appena ne avevo l’occasione, mi rivolgevo con parole simpatiche e scherzose ad Osvaldo, il tutto fare che godeva della fiducia incondizionata da parte di Max su tutti gli aspetti pratici. Lui mi guardava con i suoi occhietti furbi e poi mi rispondeva con uno spirito ed un umorismo tipico di Trastevere.
Il giovedì successe un fatto importante. Quando venne il momento di andare a riposare Fernando mi chiese di accompagnarlo in camerino. Notai che aveva chiuso a chiave la porta e aspettai con curiosità il prosieguo. “Vieni attor giovine!” e così dicendo mi attirò a se. Una ridda di pensieri –oddio adesso mi vuole inculare anche lui! Ma mi era sembrato più sul passivo!- che furono spazzati via dalla delicatezza con cui mi baciò. Un bacio dolce dove le nostre lingue duettarono a lungo, poi si staccò e, leccandomi il lobo, mi sussurrò “Ho tanta voglia di assaggiare un uomo!” Quelle parole furono come un segnale: ci ritrovammo nudi in pochi istanti abbracciati a baciarci e a palparci a vicenda. Aveva un bel corpo, forse un po’ esile ma ben proporzionato. Il suo uccello era liscio, solcato solo da qualche rara venuzza. Ci lanciammo in un 69 superbo. Lui di lingua era veramente bravo! Cercavo di stare al suo passo e al tempo stesso cominciavo a frugare nel suo intestino con un dito umido di saliva. Pochi minuti e riuscii a raddoppiare il numero di ospiti che martellavano le sue viscere. Ma ero sopraffatto dalla sua idrovora che inghiottiva il mio uccello pulsante e poi lo risputava coperto di saliva per poi inghiottirlo nuovamente: stavo quasi dimenticandomi di dare a lui piacere visto che il mio stava avvicinandosi al culmine. “Vengo Fernando!” Gli urlai con voce roca ma, contrariamente a quello che mi aspettavo, impugnò più saldamente l’asta alla base e non mollò la bocca dal suo “fiero pasto” fino a quando non gli inondai il cavo orale con il mio liquido biancastro.
Mi aveva procurato un orgasmo di fuoco lavorando quasi esclusivamente di lingua e labbra: era proprio bravo! Per un attimo pensai che forse non sarei mai riuscito ad eguagliarlo –ma che cazzo pensi?-, poi riuscii a concentrarmi nuovamente sul suo piacere segandolo e al tempo stesso leccandogli la cappella e trapanandogli il buco del culo con le mie dita. Con voce roca mi chiese “Vuoi che ti sborri in bocca?” Io rimasi un attimo a pensare poi “Ho paura che mi vada per traverso!” “Allora ti spiego io come fare. Quando ti dico che sto per venire tieni in bocca solo la cappella e continua a segarmi il cazzo e il culo, così riesci a controllare i miei schizzi. Comunque se non vuoi non importa” Mugolai qualcosa infilandomi nuovamente in bocca il suo arnese e ripresi a menarlo e a ciucciare. Ci volle poco a riportarlo sull’orlo del piacere e mi avvisò “Sborro Giulio, ah!” feci come mi aveva detto e mi ritrovai il cavo orale pieno del suo liquido asprigno. Me lo rigirai per la bocca, lo spalmai sulla sua asta che stava diminuendo di consistenza poi mi decisi e cominciai a deglutire. Non era il massimo ma non era nemmeno così schifoso come temevo. Mi eccitò di più quando Fernando mi baciò con la sua bocca ancora insaporita dal mio sperma. Rimanemmo così vicini uno all’altro e, come due vecchie amiche, parlammo di quello che era successo. Gli dichiarai la mia ammirazione per la sua bravura e lui mi diede alcuni suggerimenti. Continuammo una mezz’ora con la sua lezione poi ci rendemmo conto che era ora di rivestirci e tornare alle prove.
Il venerdì pomeriggio ero curioso di vedere se ad Andrea toccava la stessa sorte che mi era capitata la settimana prima o se la lunga frequentazione durante le pause pranzo avesse affievolito le pulsioni sessuali. Ci fece restare entrambi. Si mise a leggere per un paio di minuti, giusto il tempo che uscissero tutti gli altri, poi “Beh Giulio in effetti tu puoi andare via perché per i pezzi che voglio provare mi basta Andrea” “Buon fine settimana allora!” esclamai un po’ ironico, mi girai e con calma, mi avviai all’uscita. Confesso che ero un invidioso di Andrea e avrei fatto carte false per trovarmi al suo posto ma poi riemerse la convinzione che stesse mettendoci alla prova e così andai senza neanche girarmi una volta.
Quella sera mi cucinai qualcosa a casa e la signora Adele mi guardò sorpresa “Non passi fuori il week end?” “No. Tocca ad Andrea stavolta” “Ah” Avevo così rivelato come stessimo frequentando la stessa persona. “Deve essere un po’ porco e un po’ carogna il vostro regista!” Rimasi di stucco che avesse capito tutto “Ma come ha fatto … “ “Giulio caro mio, ho qualche anno più di te e ne ho visto tanti passare per queste stanze e io guardo e sto zitta, ma certe cose le capisco perché, anche se siete attori, quando siete qua non recitate mica e i vostri visi la raccontano lunga!” Mi venne da ridere “Ma guarda te! E io che speravo di farla franca!” Anche lei scoppiò in una risata e confesso che la trovai simpatica. Mi disse “Dai mettiti sul divano che così ti sfoghi un po’ e intanto ti massaggio” feci come mi aveva detto e, voltandole le spalle, lasciai che le sue mani robuste e forti cominciassero ad accarezzare con maestria e leggerezza le mie tempie. Scesero poi sulle spalle e intanto io cominciavo il mio racconto e più parlavo e più mi sentivo leggero e le sue osservazioni erano estremamente pertinenti. Ragionammo sui motivi del comportamento di Max e lei fu decisa e categorica “Sarà anche vero che vuole tenervi sulla corda, ma secondo me lui sotto sotto è passivo e ha paura di confessarlo a se stesso prima che agli altri. Vedrai che quando capirà questo diventerà quasi umano!”
Stavo proprio bene, mi ero sfogato sui miei dubbi, avevo trovato comprensione e non disprezzo, e mi piaceva essere accarezzato da lei che ora faceva scorrere le sue mani sul mio petto dentro la T-shirt e quindi aveva portato la mia nuca a posarsi sul suo seno bello prorompente. Fu questa sensazione o la consapevolezza che avevo una donna che mi accarezzava ma sentii crescere qualcosa ai piani inferiori. Se ne accorse anche Adele che mi stuzzicò “Ehi Giulio ma non te ne vorrai mica approfittare di una donna sola! Guarda che ho visto cosa sta spuntando lì sotto!” Feci finta di niente per capire quanto il gioco doveva protrarsi “E cosa mai sta spuntando?” “Eh proprio un bel funghetto! Chissà che sapore avrà mai!” “Beh potrei fartelo assaggiare ma tu in cambio cosa mi fai provare?” “Oh non ti preoccupare per quello che ti farò provare: ti piacerà più di tutti i culi che hai scopato questi giorni!”. Che strano! Non avevo mai pensato ad Adele come ad una attrazione sessuale ma adesso che il gioco era chiaro e scoperto prendevo consapevolezza che aveva un corpo niente male per l’età che dimostrava. Ci baciammo mentre le palpavo le tette ancora consistenti e belle grosse da sopra la camicetta. Sentivo i grandi capezzoli crescere e indurirsi fino a che mi fermò e mi ordino “Vieni!” Entrammo in camera sua e ci spogliammo in un attimo. Volli prima leccarle per bene le tette e i capezzoli succhiandoli con voluttà e violenza a volte. Poi lei volle prendere in bocca il mio uccello e trovai naturale infilare la mia testa fra le sue cosce maestose e leccarle la figa. Dopo un po’ avvertii che cominciava a lubrificarsi naturalmente e pensai che era il momento giusto per cambiare posizione. Lo pensava anche Adele che mi accolse in se come fossi il principe che torna a casa dalle crociate. Che strano trovarsi con l’uccello duro nel suo antro umido e pulsante che emanava un afrore inconfondibile che si avvertiva anche a quella distanza.
Assaporai a fondo la posizione di piena penetrazione e poi cominciai a stantuffare il mio pistone nel suo condotto naturale. Cambiavo ritmo, a volte facevo anche movimenti circolatori con il bacino e la sentivo rantolare con sempre maggiore intensità. Il mio uccello era oramai così duro che credevo quasi mi scoppiasse, e non vedevo l’ora di sfogare il mio desiderio, ma cercai di aspettare per vedere se potevo procuralo anche alla mia partner. Non dovetti attendere molto perché il mio arnese stava risvegliando in lei piaceri credo dimenticati. Quando sentii le sue contrazioni e la furia delle sue dita sulla mia schiena capii che potevo lanciarmi anch’io e così feci. Me ne venni copiosamente dentro di lei e lei mi strinse con le sue cosce a se quasi volesse che non uscisse più dalla sua passera. “Sei proprio bravo! Lo sai che hai talento!” Scoppiai a ridere “Beh non è che tu sia da meno!” “Eh ma io sono più stagionata, tu invece sei un giovane stallone! Dai resta a dormire con me che è tanto che non dormo con un corpo caldo al mio fianco” “Come vuoi. Ma se lo scoprono gli altri avventori a te va bene?” “Certo che no! Ma non temere sono tutti via e quindi fino a domenica pomeriggio non c’è pericolo!” “Cos’è una promessa o una minaccia?” Chiesi scherzando e la sua risata grassa mi aprì il cuore. Dormii di sasso.
Adele era abituata a svegliarsi presto ma avvertii il suo movimento diverso e aprii gli occhi. Avevo il cazzo in tiro e lei mi volgeva le spalle. Pensai alle tette tornite che si trovavano oltre e non resistetti. Gliele abbrancai prendendola da dietro e tirandola verso di me “Ehi mascalzone cosa fai?” “Lo sai benissimo cosa voglio farti!” “Ho santo cielo prima niente e adesso … “ Le pastrugnavo le tette ma la tiravo anche a me fino a che non riuscii ad infilare nella sua umida fessura il mio bastone caldo e pulsante. Eravamo messi in una specie di pecorina di fianco. I capezzoli si stavano gonfiando sotto le mie carezze mentre con la bocca baciavo la sua schiena mordendole delicatamente anche le spalle e i lobi degli orecchi. Sentii la sua figa liquefarsi e allora la misi nella posizione classica a pecora e mi infilai in quella figa pulsante e gocciolante di lubrificazione naturale. Mi piaceva scopare quella donna con le cosce così possenti che facevano pensare a due colonne poste a salvaguardia del santuario del sesso. E allora lasciai che i miei ormoni giovanili e la mia freschezza atletica facessero il resto e cominciai ad andare su e giù, dentro e fuori con il mio pistone che le alesava la passera. Eravamo lanciati, i nostri rantoli, i mormorii sconclusionati, le urla di possesso o di abbandono lasciavano chiaramente capire che per ognuno di noi l’apice era vicino, a portata di mano, ad un palmo, ad un centimetro, … eccolo! Urlammo il nostro piacere affannati dalla folle corsa e rimanemmo lì come se fossimo stati travolti da un treno lanciato irresistibilmente verso il termine della folle corsa. Adele si girò verso di me e, carezzandomi la testa, mi disse con un sorriso “Per fortuna sono tutti via. Ma non sognarti di dire in giro quello che abbiamo combinato!” “Ma a me era sembrata una cosa bellissima! Vorrà dire che dovrai essere sempre pronta a darmi qualcosa per tenermi la bocca chiusa … !” Fece un gesto come per volermi dare una sberla e mi gridò “Porco! Lo dico per te. Che figura ci fai se vengono a sapere che hai scopato per ben due volte una vecchietta come me?” “Beh, a me è piaciuto e non ho voglia di fermarmi a due …” Ci lasciammo con un bacio e andammo ognuno verso le nostre incombenze.
Io dovevo lavare e asciugare le mie T-shirt e le calzamaglie, andai a fare un po’ di spesa per la settimana e a fare un giro per negozi. Anche quella notte scopammo io e Adele, e anche la mattina dopo. Cercai anche di cominciare a sfrucugliare il suo buchino ma trovai resistenza e non avevo tanta voglia di insistere: ne avevo avuto abbastanza di culo in questo periodo! Quando ci lasciammo dopo averlo fatto domenica appena svegli, lei mi disse “Per fortuna tornano gli altri! Altrimenti mi procuri una cistite da viaggio di nozze!” Ci lasciammo entrambi soddisfatti, io anche perché avevo trovato una persona comprensiva, fuori del mio ambiente, cui potevo sempre rivolgermi per consigli o solo per sfogarmi. E poi, prendevo sempre più coscienza del mio corpo, delle sue capacità, delle potenzialità che potevo esprimere. Quella sera stavo preparandomi un po’ di pasta al burro quando vidi arrivare Andrea. Aveva una faccia che era tutto un programma: probabilmente Max lo aveva cacciato come aveva fatto con me. Mi ricordai di quanto avevo sofferto e non pensai neanche un istante che lui era mio “avversario” ma lo chiamai e gli chiesi “ Vuoi mangiare un po’ di pasta al burro con me?” “Ma veramente sono stanco e …” “Più che stanco mi sembri abbattuto e deluso da come ti ha trattato Max. Mi ricordi lo straccio che ero ridotto io la settimana scorsa. Credimi non ne vale la pena …” Mi rivolse un sorriso timido da cane bastonato e un barlume di riconoscenza che mi intenerì a tal punto che lo attirai a me e lo abbracciai accarezzandogli la testa. Per dieci minuti buoni si sfogò raccontando come era stato prima portato al colmo della gioia e della speranza e poi, bruscamente, fatto precipitare nelle tenebre della disperazione. Gli raccontai di come fossi giunto alla conclusione che questo rappresentava una specie di scuola dove lui, da un lato ci insegnava, dall’altra ci provocava perché voleva “forgiarci” secondo il modello che lui aveva in testa: quello di un attore che assomigliava a lui, determinato, sempre presente, che cerca sempre di migliorarsi.
Quando finimmo la pasta mi sembrò di umore più sollevato anche se sapevo che comunque le ossa dell’anima erano tutte bastonate. Fu con una certa sorpresa che, quando ci salutammo alla porta delle nostre stanze, si avvicinò e “Non so come ringraziarti se non così “ mi prese il viso e mi baciò. Superai in un attimo la sorpresa e ricambiai il gesto di affetto. Entrando in camera pensavo che mi aveva per certi versi turbato con il suo atteggiamento e con la delicatezza che dimostrava. Capii anche che avrebbe sofferto molto in futuro per il comportamento di Max, forse più di me, proprio perché era una persona profonda. Il lunedì si svolse come avevo aspettato, con Max che sembrava ignorare Andrea e con me che ero ritornato in auge. Gli tirai un bello scherzo. Avevo capito che avrebbe voluto far valere con me la legge dell’attor giovine, ma io con una mossa a sorpresa, mi feci platealmente invitare fuori a pranzo da Luca, Fernando e Osvaldo. Questo fatto gli sconvolse i piani e lo fece incazzare terribilmente tanto che le prove del pomeriggio furono un vero inferno per tutti. Il giorno dopo per “punirmi” invitò davanti a tutti un sorpreso Andrea a pranzo, ma rimase ancora più interdetto quando guardandomi non colse la delusione, bensì un sorrisetto ironico che sembrava dire : “Hai visto che ti ho fregato!”. Uscii con gli stessi del giorno prima. Si stava creando un bel clima fra noi. Si scherzava, si cazzeggiava e si rideva. Bevemmo anche un po’ di vino a pranzo, cosa che non avveniva mai, e, fatalmente, successe che, una volta nell’antro di Osvaldo, finimmo con il fare sesso. Fu Luca il primo a chiedermi “Ma tu che sei l’attor giovine, te la sentiresti di soddisfare tre porconi come noi?” “ Beh, ci posso provare, ma sai io sto imparando e se qualcuno mi aiutasse …” Fu Fernando, a sorpresa che disse “Dai ti aiuto io e vedrai che in quattro e quattr’otto facciamo venire questi due pivelli del sesso!” La situazione aveva preso una piega inaspettata, io sapevo che dovevo “cedere” alle richieste dei miei colleghi, ma tutto sommato Fernando non era tenuto a sottoporsi a questo “sacrificio”: voleva dire che ci teneva e questo confermava l’idea che mi ero fatto di lui.
In pochi istanti fummo nudi come mamma ci aveva fatto, rimirai i corpi e soprattutto gli uccelli di Luca e Osvaldo. Erano diversi, quello di Luca tozzo, ricco di venuzze, grosso, dritto e con le nodosità ben marcate. Osvaldo aveva un uccello più scuro con la cappella rivolta all’insù e un nodo inferiore notevole tanto da sembrare la somma di tre cilindri accostati. Ci fu un attimo di imbarazzo che Fernando risolse impugnando il tronco di Luca e cominciando a baciarlo in bocca. Io non avevo molta voglia di baciare Osvaldo e allora mi accucciai a imboccare il suo uccellone. Mi succhiai per bene la cappella e cominciai un su e giù per l’asta davvero notevole. Con il ditino inumidito di saliva provavo a violare le sue intimità e rimasi sorpreso che mi lasciasse fare. Dopo qualche minuto di questo servizio ormai il suo cazzo aveva raggiunto la giusta durezza e fu Fernando che ci fece cambiare disposizione assumendo quella di un gruppo anziché due coppie. Io e lui ci mettemmo nella posizione del 69 con io a pecora e lui sulla schiena e, mentre ci leccavamo e succhiavamo le teghe oramai durissime, gli altri cominciavano a lavorarci il buco del culo per preparare la successiva penetrazione. Non so da dove, ma spuntò un tubetto di lubrificante anale e i nostri condotti ne furono riempiti per bene. Ero frastornato da questa orgia! Al piacere di succhiare l’uccello di Fernando si univa quello che lui trasmetteva al mio bastone e, su tutto, c’era il languore che cominciava a torcermi le budella che così si preparavano ad accogliere l’ospite. Fernando si spostò, togliendomi il suo cazzo dalla mia bocca famelica, ma aveva necessità di mettere le caviglie sulle spalle di Luca e di favorire il suo ingresso che avvenne subito dopo. Il mio uccello continuava ad essere oggetto delle tenere attenzione della sua bocca e, in quella posizione Osvaldo iniziò a penetrarmi. All’inizio fu dura, perché la mancanza di esercizio per oltre una settimana mi aveva fatto disabituare a questi sforzi dei tessuti, ma poi la calma di Osvaldo e, soprattutto, il lento movimento circolatorio che la sua cappella faceva al mio sfintere ne minarono le resistenze, fino a che, con un sospiro, lo accolsi nelle mie intimità più profonde.
I colpi che Luca sferrava nel culo di Fernando si trasmettevano attraverso la bocca del collega sul mio uccello, mentre l’attrezzo di Osvaldo mi trapanava le budella con il suo bastone turgido e tutto questo creava come un effetto domino come se ci fosse un ping pong che amplificasse ogni movimento ed era una sensazione stranissima, come se stessimo facendo sesso in quattro contemporaneamente, ed era proprio così. Ogni colpo rimbalzava da una coppia all’altra e da questa veniva ritornato amplificato e così via in un crescendo che stava per causarmi il classico corto circuito dell’orgasmo prostatico. Fu verso la fine che ci “separammo”, ogni coppia seguendo il ritmo che i componenti davano e ritenevano più consoni per soddisfare il proprio desiderio. C’erano rantolii e sospiri ma su tutto dominava la voce di Osvaldo che ci incitava “dai troie! Beccateve sti cazzi nel culo. Fateve sfonnà er culo da sti trapani umani” e via su questo tenore. Sentivo che stavo per raggiungere il culmine e mi girai verso il fianco a vedere il mio spompinatore squassato dalla frenesia di Luca. Sentivo che nonostante questo, lui continuava a darmi sollazzo e, sentendomi egoista, gli afferrai la base dell’uccello e cominciai a menarlo. Nell’arco di un minuto ce ne venimmo tutti i quattro e, una volta ancora, Fernando si sorbì il mio nettare. Quando ci abbandonammo stremati, il mio compagno di inculata, preso da un impeto di riconoscenza, si rivolse verso Luca e lo baciò in bocca. Non potei fare a meno di pensare che così si era gustato anche lui il mio sperma. Mi girai verso Osvaldo che giaceva soddisfatto al mio fianco. “Aho sei proprio bono. C’hai un culo fatto pe’ scopa’ e, me pare de vedè, un uccello de rispetto!” Così dicendomi mi accarezzò il cazzo ormai moscio. Luca fece “Beh Osvaldo sarai contento che hai goduto della legge dell’attor giovine anche tu!” e io “E’ perché io sono democratico!” Mi beccai un “Ma vaffan…!”
Max era visibilmente incazzato. Aveva intuito che mi ero concesso a Luca o a Fernando e questo sconvolgeva i suoi piani di tenere me e Andrea sulla graticola. Voleva deprimere il mio avversario dopo il week end insieme, ma io ero sfuggente e quindi voleva punire anche me e non era abituato a perdere il controllo. Decisi di osare ancora un po’. Il giorno dopo andai da Max e gli chiesi “Scusa venerdì vorrei tornare a casa dai miei per il week end. A che ora pensi di darci libera uscita così prenoto il treno e li avviso di venirmi a prendere?” Mi fissò a lungo poi un leggero sorriso gli increspò il volto quasi a significare “Ti ho sgamato fanciullo e ti preparo io un bel piattino!” poi mi rispose “Venerdì lascio liberi tutti alle 17. Tutt’al più mi fermo con Andrea a provare la sua parte di Giulietta” Era una stoccata, ma avevo scelto io di giocare sul filo del rasoio. Lo ringraziai e tornai in riga. Fino a venerdì mi fece fare sempre le parti minori riservando ad Andrea sia il ruolo di Giulietta che le sue attenzioni durante le pause pranzo. Io invece ne approfittai per tessere le mie trame di conoscenza con gli altri.
Mi dedicai ad approfondire la conoscenza di Enzo, un simpatico attore con un accento toscano, una bella barba e una pancetta incipiente. Con lui passai mercoledì e giovedì ad ascoltare i coloriti racconti delle sue esperienze. Facevamo battute l’un l’altro e lui aveva cominciato a fare riferimento al mio “ruolo” di attor giovine. Nella disperata ricerca di appoggi mi ritrovai a “civettare” anche con lui con un crescendo dei riferimenti sessuali nelle battute. Il secondo giorno mi accompagnò nel mio camerino. Mi spinse dentro con una mano aperta sulle mie chiappe: era chiaro come sarebbe finita. Mi appoggiai alla porta e ricevetti il suo primo benvenuto con un bacio molto pieno di saliva e di desiderio. Nel frattempo mi spogliava e io spogliavo lui. Passò a questo punto a distendermi su una panchina e prese a sforzare con le dita umide di saliva il mio buchino. Io gli passai il tubo di pomata lubrificante, che oramai non mi abbandonava mai, e presi a succhiarmi il palo che aveva in mezzo alle gambe belle possenti e che a breve mi avrebbe violato le intimità. Enzo aveva un cazzo non grossissimo ma più lungo del normale e ricco di venuzze che correvano lungo tutta l’asta. Io lo insalivavo per bene, lo succhiavo, me lo infilavo in fondo fino a che non cominciavano i primi conati. Lui oramai mi aveva aperto il buco tanto da tenerci stabilmente due dita infilate. Continuò così ancora per poco, dopo di che mi fece mettere a pecorina e si posizionò con il suo attrezzo all’imboccatura delle mie grazie. Allargai le chiappe per favorire la deflorazione, lui indugiò ancora un po’ con un movimento circolare all’apertura poi spinse e, flop la cappella scivolò dentro senza grandi fastidi (allora ce l’aveva proprio non molto grosso). Un istante di attesa poi di nuovo a fondo ed ora eccolo piantato tutto dentro il culo umido e pulsante. Non era passato neanche un minuto da quando Enzo aveva cominciato a pompare nelle mie viscere il suo pistone duro che la porta si aprì (maledizione non l’avevo chiusa a chiave!) e sull’uscio apparve Goffredo che, davanti alla scena che gli apparve davanti rimase fermo e basito. Non so cosa mi prese ma reagii come se stessi leggendo un copione e non facendomi sbattere su una panca. “Ciao, scusa ma sono occupato di dietro. Però se vuoi darmi il tuo gelato potrei dargli una leccatina” Goffredo rimase sorpreso dalla mia spregiudicatezza, ma poi un sorriso decisamente da porco increspò il suo viso e, tirandosi giù la zip, si fece avanti.
Enzo, che si era fermato al momento dell’intrusione, riprese a pompare anche se la consistenza del suo arnese era diminuita a causa della distrazione. Goffredo si posizionò davanti al mio viso e tirò fuori il suo cazzo porgendolo verso di me. Lo guardai ammirato: era un bellissimo esemplare di uccello! Grosso, non lunghissimo, ma bitorzoluto: doveva essere molto apprezzato sia nella figa che nel culo. Cominciai a leccare la punta, la insalivai, la scappellai, la inghiottii e cominciai con tutto il mio repertorio migliore. Volevo fare inconsciamente bella figura con un cazzo così maestoso e mi concentrai più su quello che avevo davanti a me che sull’attrezzo che stava ripulendo il mio condotto anale da eventuali ragnatele. Quando lo inghiottivo con la lingua percorrevo tutte le venuzze, poi lo succhiavo, quindi lo usavo come fosse un cono gelato. La mano stretta alla base intanto stava segando l’asta procurandogli, assieme al mio lavoro di bocca, i primi sospiri di piacere. Ma anch’io ero abbacinato dalla goduria che questo pompino mi procurava e attribuivo il motivo alla mazza che riempiva sovrana la mia cavità orale. Avvertivo i sospiri crescere e mi resi conto che anch’io cominciavo ad essere vicino all’orgasmo mentre il mio cazzo oramai gocciolava copiosamente. Accelerai i miei movimenti fino a che non sentii cambiare la consistenza del batacchio di Goffredo. Lui mise una mano sulla mia nuca e spinse: ebbi un attimo in cui credetti di non farcela ma poi, memore di quanto mi avevano insegnato Fernando e Max, riuscii a respirare con il naso e a infilarmelo il più possibile in bocca. Mi faceva male la mascella da quanto era grosso ma non ebbi tempo per distrarmi che tutto si susseguì in pochi istanti: Enzo venne alle mie spalle inondandomi la schiena di sperma, io ebbi il mio orgasmo e Goffredo riempì le mie tonsille con il suo liquido un po’ acidulo, un po’ dolciastro.
Ero sconvolto perché, in tutte queste settimane di sesso tra uomini era la prima volta che fare un bocchino mi aveva dato un piacere quasi superiore alla stimolazione di un cazzo nel mio culo! La cosa però doveva essere reciproca perché Goffredo, infilandosi l’uccello oramai moscio nelle mutande, mi disse piacevolmente sorpreso “Cazzo sei stato proprio bravo! E’ il migliore bocchino che mi hanno fatto. Hai un futuro credimi, anche quando finirai di fare l’attor giovine!” Lo ringraziai e gli feci i complimenti per il suo arnese poi mi rivolsi anche ad Enzo e lo lodai per la trapanata che mi aveva dato (non era diplomatico mettere a confronto i due uccelli perché altrimenti poteva adombrarsi e non ne valeva la pena). Una volta ricomposti tornammo sul palcoscenico e riprendemmo le prove come se niente fosse successo. Quella notte però ripensai all’uccello di Goffredo, al bocchino che gli avevo fatto e a quanto mi era piaciuto e so solamente che mi svegliai al mattino seguente con il cazzo durissimo che ci vollero più di tre minuti prima di riuscire a pisciare! Venerdì a pranzo Fernando mi chiese di andare da lui. Pensai che avesse voglia di fare un 69 ma fui sorpreso. Voleva che lo inculassi. Si stese sulla schiena nudo nel suo camerino e si abbandonò completamente alle mie cure. Lo baciai dappertutto e, memore del trattamento che Max mi aveva riservato, insistetti su tutte le zone erogene. Poi mi decisi e cominciai a leccargli il culo fino a far distendere la pelle perineale e poi, con la lingua saettante cominciai a forzare l’apertura. Ma Fernando era abituato o comunque particolarmente ben disposto che non trovai ostacoli se non le naturali difese pronte però a lasciare posto ai violatori.
Preparai per bene e con calma il suo buco arrivando a scoparlo con tre dita ben lubrificate nel culo e continuai fino a che tra i rantoli non mi implorò di incularlo. Era ciò che aspettavo e non mi feci pregare ulteriormente. Misi le caviglie sulle spalle e lo in fiocinai nella posizione del missionario. Una volta giunto fino in fondo mi arrestai e rimasi lì fermo con la mia verga incandescente piantata nelle sue viscere doloranti e assaporai la conquista. Mi dedicai a carezzargli le tettine, gli leccai i capezzoli, i lobi delle orecchie, ci baciammo, poi ritornai alle orecchie, alle tette, ai capezzoli. Continuai così sempre fermo o applicando solamente una lenta rotazione del bacino fino a che non avvertii che era lui a muovere il bacino cercando uno sfregamento più intenso. Lo accontentai uscendo, sostando all’ingresso e poi rientrando nuovamente fino in fondo e ripetendo l’operazione fino a che non avvertii i tessuti sedere definitivamente e anzi desiderare di essere sferzati dalla mia mazza. “Dai sfondami, sfondami tutto! Dai, ti prego” Cominciai a cavalcarlo sempre più insistentemente affondando ogni colpo di più e aumentando il ritmo per quanto possibile. Ero un coacervo di sensazioni e oramai non capivo più niente, ero un treno senza freni lanciato verso il baratro e il vortice del piacere e della lussuria mi accolse a braccia aperte mentre urlavamo entrambi con voce appena soffocata per non farci scoprire dagli altri.
“Grazie Giulio! Sei stato magnifico. Mi hai ricordato Max” Fu una folgorazione e senza controllarmi gli dissi “Ma allora lo ami ancora?” Mi guardò con lo sguardo di un bambino colto con le mani nella marmellata che chiede comprensione e assoluzione. “Amore è una parola grossa, ma devo dire che mi manca tanto. Mi manca soprattutto sentirmi suo posseduto da lui. Anche se tu sei bravo a farlo dimenticare, mi rimane dentro, come il ricordo delle stagioni trascorse che appaiono ai nostri occhi sempre le più belle.” Quel pomeriggio salutai tutti e me ne andai a F., a casa a trovare i miei e soprattutto a portarmi un po’ di cambio per le settimane successive. I miei erano contentissimi e curiosi di sapere come stava andando e così per un paio di giorni tornai anch’io bambino con la mamma che mi lavava, stirava e piegava tutti gli abiti di cui avevo bisogno, mi preparava i piatti migliori che sapeva mi piacevano, mentre mio padre, anche senza dirlo apertamente, si vedeva lontano un miglio che era orgoglioso di questo suo figlio un po’ strano ma che forse si stava riscattando da una vita di merda. La domenica quando tornai nella pensione, trovai Adele che strizzandomi l’occhio mi informò che gli altri ospiti erano già tornati mentre l’unico ancora fuori era Andrea. Quella notte mi crogiolai nel pensiero se non ero stato troppo precipitoso a non volermi sottomettere ciecamente ai voleri e ai giochi perversi di Max, rivendicando quindi una mia dignità anche se lui chiaramente era il mio superiore. Non riuscii a darmi una risposta e solo verso l’una riuscii a prendere finalmente sonno.

Di Ettoreschi [email protected]
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