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La lunga notte in Autogrill


di ettoreschi
27.03.2008    |    36.714    |    4 8.7
"“Sta zitto e rilassati non voglio farti male e non voglio i tuoi soldi!” La sua risposta mi inquietò lo stesso in modo inconscio che non riuscivo a mettere a..."
“Maledizione! Anche questa ci voleva!”. Il cartello luminoso annunciava code e autostrada bloccata a 5 chilometri da dove mi trovavo causa incidente. Non c’erano uscite prima di dodici chilometri ed erano quasi le ventidue e mancavano ancora centoventi chilometri prima di giungere a casa, al mio mini appartamento da single.

Compare l’insegna di un’area di servizio, mi rendo conto che ho fame e forse quello è il posto migliore per aspettare che si risolva l’incidente e si possa ripartire. Metto la freccia e parcheggio la mia utilitaria. Scendo e l’ondata di caldo mi investe anche se il sole è già sceso. Entro al bar, un’occhiata ai pochi panini rimasti, ordino qualcosa da masticare e una birra. Cerco un tavolino libero, non ce ne sono. L’unico con un po’ di spazio libero e senza molte cartacce è occupato da un ragazzone grande e grosso con la barba. Mi avvicino e con lo sguardo e la parola chiedo spazio. Un sorriso simpatico mi invita ad accomodarmi. Comincio a sbocconcellare e mi guardo in giro. C’è la solita fauna che si trova in Autogrill: camionisti stranieri, vacanzieri in anticipo, rappresentanti distrutti da una settimana di giri, manager ancora in tiro che non hanno ancora smesso la loro maschera. Guardo il mio compagno di tavolino. Potrebbe essere un camionista sicuramente non è un manager, avrà una trentina d’anni, 1,85 di altezza ed un bel torace. Ora che lo guardo bene mi accorgo che la corporatura è robusta ma non è grasso come invece mi era sembrato prima. Io invece con il mio metro e settanta sono tutto nervi e niente muscoli o ciccia.

Si sente un rombo di un’auto potente che arriva e parcheggia giusto fuori della porta di ingresso: è una Porche. Dopo pochi istanti entra una coppia che sembra uscita da qualche film commedia americano. Lei è una bionda ossigenata alta come me ma che alloggia su trampoli alti almeno quindici centimetri. Ha una minigonna ascellare che mette in vista le sue mutandine rosse. Un corpetto bianco la stringe e spinge in alto un seno non abbondante. Un trucco pesante completa il quadro. Il suo partner sembra un narciso: pantaloni firmati, cintura firmata, scarpe griffate, camicia sbottonata e firmata, occhiali da sole di marca. “Quello avrà anche il culo firmato!” Una voce simpatica commenta il suo ingresso. Mi volto e rivolgo un sorriso complice al mio compagno di tavolo. La biondina comincia a parlare con voce acuta e petulante “Cicci mi prendi le caramelle al mentolo. Cicci ricordati le sigarette, quelle ultra leggere, Cicci di qui, Cicci di là”. Il sunnominato Cicci sembra neanche cagarla ma prende le caramelle, le sigarette e tutto quello che la bionda ha chiesto, estrae un fascio di banconote da 50 euro, paga e si avvia verso l’auto. La caricatura di donna, sculettando dall’alto dei trampoli cinguetta con la sua voce “Cicci sei un amore!”. Mentre la porta si chiude sento venire dal mio compagno di tavolo una vocina in falsetto che “Cicci caro sei proprio un coglione!”. Scoppiamo a ridere.
Ci presentiamo “Ciao sono Marco” gli dico porgendogli la mano. Una stretta forte ma non violenta viene accompagnata da un “Io mi chiamo Andrea” e da un sorriso che a guardarlo mette subito allegria. Parliamo un po’ di noi: gli dico che sono un programmatore bloccato da un cliente rompicoglioni che non ha voluto lasciarmi andare di venerdì pomeriggio ad un’ora decente ma ha voluto che rimanessi lì finché non gli avevo sistemato tutti gli errori del programma. Questo spiega il mio ritardo, la mia incazzatura, la mia sfiga.
Lui invece è un camionista che deve fare la pausa sindacale prima di ripartire. Mi racconta dell’incidente (i camionisti hanno una rete di informazioni capillare che li tiene aggiornati su quanto succede meglio di Onda Verde).
Quando abbiamo finito i panini e di bere Andrea mi fa sempre scherzando “Sai Cicci ora io vado a far fare acqua all’uccellino!” Ridendo mi accorgo che anch’io sono con la vescica piena e lo accompagno.
Ci avviciniamo agli orinatoi e ci posizioniamo vicini l’un l’altro; ci scarichiamo con un sospiro di sollievo e sento Andrea scherzare ancora “Cicci me lo dai? Cicci cosa fai mi scopi col preservativo firmato! Ah noi uomini siamo proprio dei coglioni se ci facciamo comandare da certe troie!” “Hai proprio ragione quella lì era una becca cazzi della madonna che si teneva il suo uccello firmato solo per i soldi e lo si capiva lontano un miglio. Ma lui non sembra accorgersene!” gli rispondo. Con una scrollata andiamo ai lavandini e Andrea mi fa “Ma tu come conti di passare le prossime due ore aspettando che rimuovano l’incidente?”
“Sai che non ci ho pensato. In auto non ho voglia. Nel bar bisogna stare in piedi e comincia arrivare sempre più gente a causa dell’incidente. Tu cosa proponi?”.
“In camion ho un impianto super e la collezione degli U2. Hai mai provato a guidare un TIR?” “No! Ma non ho la patente per i camion!” “Lo immagino però qui fuori puoi provare a portarlo fino al parcheggio dei TIR.” Lo seguii un po’ emozionato perché non avevo mai guidato un bestione come quello che mi si presentò di fronte. Andrea salì e mi fece posto alla guida. Inserì le chiavi nel cruscotto e mi indicò i comandi e quello che dovevo fare per muoverci. Mi indicò poi il posto dove voleva che parcheggiassi il suo automezzo. Accesi il motore e sentire il rombo del motore vibrare sotto il mio culo e trovarmi lì in cima con il volante in mano mi diede una sensazione di potere inimmaginabile. Andrea mi disse con un sorriso “E’ bello vero? Mi stupisco ma ancora adesso ogni volta che accendo è una sensazione bellissima!”. Ingranai la marcia e pian pianino mi diressi verso il fondo del parcheggio. Anche la guida e il fatto di dominare un bestione enorme dava un piacere immenso. Arrivati in fondo al parcheggio, spensi il motore. Andrea chiuse le porte “E’ l’abitudine: ci sono molti ladri in giro. Hai mai visto l’interno di un TIR?” “No. Ma so che avete un sacco di comodità.” Ridendo tirò la tenda alle nostre spalle e mi indicò la sua alcova “Cosa te ne pare come posto per rimorchiare?” “Bello! Ma la luce del sole non ti disturba?” “Ah Ah Guarda come faccio” E cominciò ad armeggiare con una cordicella doppia e dopo un po’ delle tendine cominciarono a scorrere oscurando i vetri della cabina. Andrea accese una luce azzurra di cortesia e fece partire una compilation degli U2.
Mentre la musica mi invadeva le orecchie mi lasciai andare contro lo schienale chiudendo gli occhi e lasciando che la stanchezza scendesse lentamente a prendere i muscoli tesi della schiena. Ruotai la testa per cercare di sciogliere la tensione del lavoro e della guida. La voce di Andrea mi raggiunse carezzevole “Accidenti se sei stanco! Ti faccio un massaggio alla schiena così puoi provare le comodità del mio bisonte della strada!”. Più per cortesia che per effettiva necessità dissi debolmente”No grazie non disturbarti” “Nessun disturbo. Anzi è un piacere. Tu non sai i miracoli che può fare un buon massaggio.” Mi fece togliere le scarpe e mi fece sedere sul bordo del suo letto da una piazza e mezza che sovrastava dietro i sedili. Andrea ricoprì il lettone con un telo mentre io mi tolsi la camicia, quindi, prima di stendermi a faccia in giù, Andrea mi fece slacciare la cintura e sbottonare il bottone in alto dei pantaloni. Mi sembrò una richiesta eccessiva ma non ne ravvisai secondi fini e lo accontentai. Andrea si inginocchiò di fianco a me e le sue manone cominciarono a toccare e carezzare i muscoli della schiena. Ci sapeva veramente fare. Alternava carezze con pressioni e piccoli pizzichi. Sentivo la tensione della giornata allentarsi e allontanarsi al ritmo delle sue delicate e forti pressioni.
Chiusi gli occhi lasciai che l’atmosfera di pace, la musica e il dolce massaggio mi rilassassero. Passarono forse dieci minuti e mi sentivo tutto sciolto e completamente rilassato quando avvertii alcuni cambiamenti e movimenti fuori sequenza da parte di Andrea. “Senti come è rilassata questa zona” Così dicendo Andrea prese la mia mano destra e la portò dietro a toccare alcune vertebre a metà della colonna vertebrale. “Senti questa che è ancora tesa” La mano sinistra fu accompagnata a sentire un gruppo di muscoli che non volevano sapere di sciogliersi poco sopra il bacino e l’attacco dei pantaloni. Fu in un baleno che Andrea scattò e il suo ginocchio inchiodò la mia mano sinistra mentre la destra veniva intrappolata da un laccio. Il laccio mi strinse il polso e venne poi fatto arrotolare più volte in modo da imprigionare anche l’altro mio braccio. “Cosa fai!” urlai e cominciai a muovermi per liberarmi ma l’altro suo ginocchio si posò sul bacino inchiodandomi senza speranza di liberazione. Come un lampo il mio cervello registrò allora tutta una serie di elementi che mi diedero paura ed angoscia per la mia sorte:
- le tendine tirate che non facevano vedere da fuori;
- la posizione lontana in fondo al parcheggio dove non c’erano molti TIR e dove comunque vigeva l’omertà di categoria;
- le portiere bloccate che impedivano accessi indesiderati dall’esterno;
- la sua forza e i suoi venti chili in più del sottoscritto facevano un solo risultato:
ero completamente in balia di Andrea e lui poteva tranquillamente farmi quello che voleva, anche uccidermi.

“Prenditi tutti i soldi! Non sono molti ma se non bastano te ne procurerò degli altri”. “Sta zitto e rilassati non voglio farti male e non voglio i tuoi soldi!” La sua risposta mi inquietò lo stesso in modo inconscio che non riuscivo a mettere a fuoco. “Ma allora cosa vuoi. Smettila che mi fa male!”. “ Stai tranquillo e rilassati. Quello che voglio è divertirmi un po’ con te e vedrai che alla fine mi ringrazierai per l’esperienza che ti farò fare. Godrai come non hai mai fatto finora!” Dicendo questo la corda che mi bloccava le mani venne agganciata sopra la mia testa e la sua mano destra si infilò sotto la mia pancia facendo scorrere la zip dei pantaloni. “Dai lasciami stare ti prego! Non farmi male!” “Rilassati e smettila di aver paura! Non sei stato bene prima quando ti massaggiavo? Come pensi che io possa divertirmi se tu sei pieno di paura?” Intanto i miei pantaloni venivano sfilati . . . “No ti prego. Non riesco a non avere paura” “Smettila di scalciare che ti fai male alle braccia!” (accidenti era proprio vero!) e anche le mutande furono sfilate fino alle caviglie. Sentii Andrea armeggiare e dai movimenti capii con terrore che si stava spogliando anche lui. Con terrore mi immaginai il culo squartato da quel maniaco robusto e cazzuto. “Nooo” Urlai e scalciai disperatamente ma il peso del camionista sulle mie cosce e il dolore che muovendomi così, mi veniva dalle braccia mi fece desistere e mi abbandonai stremato sul letto del camion. Accompagnando i suoi gesti con voce calma e suadente Andrea riprese il suo massaggio dal fondo della schiena per poi passare alla fessura fra le mie due chiappe. Ero sconvolto da una paura ancestrale, dal desiderio di ribellarmi, da un senso di spossatezza e dalla serenità che il lento e deciso movimento di Andrea sui miei muscoli lentamente mi faceva acquisire. La sua mano si fece pian piano spazio tra le mie chiappette e aggredì il forellino. Con un lento movimento circolare la pelle si distese mentre involontarie contrazioni cercavano di porre una strenua difesa della mia verginità posteriore. Andrea intanto con voce lenta e calma mi spiegava cosa stava facendo. “Adesso comincio a lubrificare l’ingresso del buchetto con una crema”(lo sentivo armeggiare e poi la sua mano unta mi accarezzò insistentemente l’anello sfinterico) “quando comincio ad entrare non opporre resistenza perché sentirai solo male, ma prima spingi e poi rilassa i tuoi muscoli rettali. Prova dai” Ancora qualche contrazione poi cerco di calmarmi e respiro a fondo, quindi spingo in fuori e poi cerco di stringere e . . . mi ritrovo la prima falange del ditone di Andrea infilata senza avvertire grande dolore.
Il suo dito è unto di vaselina e ne approfitta dell’ingresso nel mio intestino per continuare il suo movimento circolare che ora comincia a lubrificare le pareti interne dopo aver ammorbidito la porta d’ingresso. Provo ancora sconclusionatamente a cercare di scrollarmi di dosso il camionista infoiato ma i miei tentativi non hanno alcuna speranza di scalfire la posizione dominante di Andrea ma forse servono solo a calmare il mio Io e mi lasciano stremato e abbandonato ai voleri del bruto che è sopra di me. “Dai spingi e poi rilassati” insiste come se i miei movimenti fossero così inutili da non meritare neanche uno “smettila!”. Lascio allora che i miei muscoli intestinali accolgano l’ospite subdolo che si insinua dentro di me, approfittando delle contrazioni, e poi continua la costante opera di lubrificazione. Lentamente fra le mie ansie si sta insinuando una consapevolezza diversa, il ditone nel culo non mi dispiace affatto! Anzi quando Andrea lo toglie improvvisamente per rifornirlo di vasellina mi sembra di essere svuotato e che qualcuno mi abbia privato di qualcosa che ormai consideravo parte di me stesso. Mi sento male, ma decido che i problemi morali me li porrò dopo, ora devo solo stare attento e cercare di fare come dice Andrea perché forse così non avrò male. Mi passano alla mente racconti di miei amici che parlano di dolorose inculate alle loro fidanzate, ma anche immagini di pellicole hard dove si vedono donne godere nel culo. E a me cosa spetterà? Da un lato avverto una paura ancestrale, dall’altro la calma e la serenità di Andrea stanno aprendo una breccia nella mia anima e poi . . . cazzo! Comincia a piacermi sentirmi ravanare gli intestini dal ditone di Andrea. Oramai è dentro completamente e mi sta allargando e lubrificando in modo sistematico le pareti intestinali. Quando lo toglie per un ulteriore rifornimento di vasellina, mi scappa un sospiro. Poi sento due dita appoggiarsi e la sua voce calma “Dai prova ancora a spingere e poi a rilassare. Bravo così. Quando vuoi fallo ancora così, bene!” E centimetro dopo centimetro mi faccio allargare l’ano da questi due ditoni, stringo poi spingo ed essi guadagnano terreno nella corsa a riempirmi il culo. Infine sono entrati del tutto e Andrea comincia a spingere e a ruotare cercando di allargarmi il buco ancora di più. Non credo che sia possibile ma ci riesce.
Il continuo sfrucugliamento dell’intestino mi sta cominciando a piacere o quanto meno non è una sensazione completamente sgradevole. Le pareti dello sfintere, ultima barriera a protezione delle mie intimità più profonde, stanno lentamente cedendo giro dopo giro fino a che un languore e il desiderio di abbandonarmi e lasciarmi fare quello che verrà con fatalismo mi prende e mi sento cedere. Credo che anche Andrea percepisca il cambiamento di clima perché sento che prende qualcosa dalla mensola, avverto un rumore di plastica strappata e penso che lui sta infilandosi qualcosa con la mano sinistra: è il preservativo! “No! Ti prego! Non farmi male!” Urlo disperato. Andrea mi accarezza la guancia con la mano sinistra (avverto il tipico odore del lubrificante del preservativo) e mi dice “Tranquillo non ti ho fatto male finora”. Tira fuori quasi del tutto le dita e con l’aiuto dell’altra mano mi allarga ancora di più lo spazio tra le chiappe e l’ingresso del buco. Sento qualcosa posarsi all’interno. “Ora fai come prima, spingi e poi rilassati. Dai senza paura!” Faccio un respiro profondo e spingo come mi dice. Mi sento dilatare l’ano in modo incredibile e urlo un “Ahi!” ma il dolore sparisce subito anche perché Andrea non ha spinto oltre, solo la sua cappella è inserita oltre l’anello dello sfintere. Lascio che le spinte convulsive si calmino e con le pareti intestinali “sento” le pieghe e la conformazione dell’uccello che mi sta deflorando.
Andrea mi incoraggia e accompagna i movimenti con i suoi commenti “Dai, ancora una spinta e poi rilassati. Bravo così! Lo senti che è entrato di più. Ora contrai attorno a lui, così: lo senti dentro di te e adesso ne vuoi ancora un po’: pensi che non ci starà ma spingi e .. bravo ecco un altro po’ è entrato. Stringitelo bene perché è lui che ti darà un piacere sconosciuto” Sto ansimando, credo che non ce la farò mai a ricevere quel cazzone dentro di me. Sento le pareti del mio culo urlare “basta, non ce la facciamo più a stare così larghe!”. Ma il tempo attenua la tensione e avverto come una sfida a proseguire e così spingo, poi cerco di rilassare i muscoli, quindi stringo e aspetto che le pareti si rilassino e così via fino a che . … sento le sue palle sbattere contro le mie, e penso “Madonna ce l’ho tutto dentro”. Il culo mi si contrae ancora e Andrea mi sussurra con la voce carica di tensione erotica “Bravo ce l’hai tutto dentro! Ora goditelo bene e sentilo tutto”. Ora effettivamente lo sento, avverto il percorso di una innervatura lungo il bastone, sento il contorno della cappella, e mi sento pieno come non mi era capitato mai prima d’ora, e avverto l’ansimare di piacere di Andrea, il piacere che IO gli sto causando con il mio corpo! Con il suo bastone caldo e duro dentro il mio culo mi spinge e mi mette a pecorina, mi slaccia ora le mani (tanto cosa potrei fare se non aiutarlo a scoparmi meglio!). All’improvviso con un colpo mi tira fuori almeno metà della bega che stava ravanandomi l’intestino ed una sensazione di vuoto improvviso mi prende e istintivamente spingo per rincorrere il fuggiasco, ma lui è lì che aspetta proprio questo e mi si reinfila fino in fondo. Mi sento un colpo al cuore e mi scappa un sospiro di piacere. Cosa mi sta succedendo?
Mi sto divertendo a giocare a nascondino con il mio ospite intrigante, ed il gioco mi piace sempre di più. Sono io a dare il ritmo al su e giù dentro il mio culo e nelle orecchie mi giunge il rantolare di Andrea e mi sembra una musica beata che io sto suonando e ora voglio che questa musica tocchi l’apice e spingo e lui spinge e mi sbatte e sempre di più sempre di più fino a che un grido liberatorio mi scarica una scossa lungo la spina dorsale e mi sembra di essere scosso anch’io dall’orgasmo che avverto nel mio ospite. Lasciamo per alcuni minuti che il nostro parossismo trovi requie, che i respiri si calmino, che il suo uccello si ammosci e che le mie pareti intestinali si ricompongano. Al fine si sfila completamente da me e si distende sul lettino. Anch’io mi lascio abbandonare sul letto, giro il viso verso la sua parte e mi trovo di fronte il cazzo moscio di Andrea che lui sta pulendo con un fazzoletto di carta dopo averlo liberato del preservativo. “Non mi sembra che ti sia dispiaciuto così tanto nonostante le brutte maniere con cui ho iniziato! Ma il tuo uccello non ha ancora avuto la sua parte!” Non faccio in tempo a replicare alla sua insinuazione che mi sento la cappella circondare da una bocca calda e umida che comincia a lapparmela con insistenza. Le emozioni che ho provato e la vista del suo uccellino moscio mi fanno fare una cosa che non ho mai pensato: prima afferrò con la bocca il suo cazzo e comincio a leccarlo, poi con le mani comincio ad andare alla ricerca del suo buco del culo! Cosa mi sta succedendo? Se lui non vuole mi manda un pugnaccio che spezza in due ma continuo, quasi a voler dire che io sono pari a lui che non mi ha violentato impunemente. Con sorpresa non sento resistenza da parte sua, e quando il dito comincia a ravanare nel suo buco avverto poca resistenza come se non fossi uno dei primi ospiti ma che quella sia una via abbastanza frequentata. A conferma di ciò Andrea mi incoraggia “Bravo ma sii dolce e prendi la vaselina e il preservativo!”. Incredulo per la sua mancata reazione mi sento tornare maschio e non vedo l’ora di completare l’opera di lubrificazione. Vedo che il mio dito viene inghiottito dal caldo e umido anfratto. Ne aggiungo un altro e, dopo qualche preliminare anche questi ospiti trovano ricovero nel suo intestino. Continuo il movimento circolare e nel frattempo mi infilo il preservativo. Dopo qualche movimento rotatorio e in profondità delle mie dita spalmate di vaselina, lo faccio mettere a pecorina. Andrea accondiscende di buon grado e con le mani si spalanca le natiche per favorire il mio inserimento.
Non ci credo: sto per incularmi un uomo e che razza di omone! Il suo culo peloso e spalmato di crema è lì che aspetta di essere percorso dalla mia verga che oramai è dura come il granito. Mi punto sull’ingresso, respiro a fondo e, memore della mia paura e di quello che ho fatto, aspetto la sua prima spinta. Con un colpo la cappella si infila e aspetto che le contrazioni si calmino, dopo un po’ un’altra spinta e così, centimetro dopo centimetro avanzo nell’antro caldo e umido riempiendolo con il mio caldo desiderio. Andrea è abituato perché quello che a me era sembrato un viaggio interminabile, si risolve adesso in un paio di minuti di spinte e attese. Quando i miei coglioni sbattono contro il suo scroto mi fermo e assaporo il piacere di trovarmi dentro di lui, completamente. Mi sembra di trovarmi alla guida del TIR e di dominare e governare un essere con una potenza tremenda. Sento che anche lui mi sta “tastando” con il suo culo. Tiro indietro di metà il cazzo che è sempre più desideroso di venire e Andrea mi rincorre per non sentirsi svuotare. Comincia così un veloce dentro e fuori che mi arrapa sempre di più. Quando sento la voce di Andrea urlare roca “Si daiiiiii” non capisco più nulla, e lascio che la mia libidine si sfoghi sbattendogli il cazzo dentro e fuori, come una pompa impazzita, fino a che la calda sborra non riempie il preservativo. Con il respiro ansante ci fermiamo entrambi e, dopo che il cazzo è fuori uscito mi abbandono stremato sul lettino. E’ proprio vero ho provato delle sensazioni che non avrei mai immaginato di potermi concedere e quello che ho sentito mi sta ancora sconvolgendo la mente e l’anima. Ma ci penserò poi a rimettere ordine nella mente e nell’anima.
Sospiro e mi girò verso Andrea che è stato artefice, all’inizio violento ma anche dolce, di questa piacevole scoperta. E’ in ginocchio vicino a me, mi guarda con un sorriso, prende una mia gamba e se la porta sulla spalla, poi ripete l’operazione con l’altra. Sono stupito perché mi sento svuotato e credo che la cosa valga anche per lui ma ho dimenticato l’effetto che le mie linguate e il mio cazzo hanno fatto su di lui. Con un rumore di plastica rotta il preservativo viene infilato nuovamente sul suo cazzone di nuovo in tiro in tiro, sono lì come una vergine aperta al suo sposo. Andrea punta l’uccello sul mio buco e mi dice “Ho paura che farai tardi stasera!” Con un sospiro lo accolgo in me.
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