Gay & Bisex
L'attr giovine 3 le prove
di Ettoreschi
02.07.2009 |
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"Avvertivo i tessuti urlare per la tensione cui venivano sottoposti, ma potevo tornare indietro, sostare, fare movimenti circolari, e fu così che conquistai..."
In amministrazione mi diedero tutti i riferimenti e cominciai a compilare le carte per il contratto a tempo determinato e a firmare una montagna di liberatorie. Chiesi dove potevo trovare un posto per dormire e mi venne indicata una pensione lì vicino. Mi recai e trovai una solida matrona che la governava, bella robusta, oltre i cinquant’anni ma comunque non “sfasciata”, con i capelli brizzolati corti. Mi sottopose ad un interrogatorio serrato, da dove venivo, cosa facevo e compagnia cantante. Alla fine grugnì, forse per indicare che avevo superato l’esame, e quindi passò a mostrarmi la pensione. Forse il termine “pensione” era molto aulico perché in realtà si trattava di un paio di appartamenti allo stesso piano uniti tra di loro e ristrutturati in modo da ospitare sia la cucina e il salotto dove mi aveva ricevuto la signora Adele, sia la sua camera da letto con un piccolo bagnetto privato che altre quattro stanze e due bagni in comune per gli ospiti. Mi fece vedere le ultime due stanze libere che si trovavano all’altra parte della “pensione”, le indicai la prima che mi sembrava più grande e parlammo di prezzi e condizioni di pagamento. Dopo aver attentamente letto il contratto che avevo appena firmato, mi chiese un anticipo contenuto e il saldo dei due mesi alla fine del primo mese. Saltando qualche pasto e senza fare troppi bagordi potevo farcela. Prima di completare l’accordo essa mi fissò negli occhi e mi disse “Mi raccomando! Non cercare di trasformare questa casa in un bordello perché altrimenti ti ritrovi fuori in un battibaleno!”. Una stretta di mano suggellò l’accordo e mi avviai verso casa degli zii per ritirare la mia roba e salutare sentendo gli ironici occhi neri della donna seguirmi fino a che non scomparii dalla sua vista.Trovai la zia Gisella a casa e rimase stupita che fossi riuscito ad avere il posto anche se provvisoriamente, cominciò a guardarmi con occhio diverso e con un po’ più di stima e rispetto. Raccolsi le mie cose e mi preparai a salutare. Ero riconoscente per il loro piccolo ma fondamentale aiuto, reso ancora più importante dal fatto che non avevano molte possibilità economiche, e trasferii tutta la mia gratitudine in un forte abbraccio. Rimanemmo d’accordo di sentirci e me ne tornai dalla signora Adele. Era quasi sera quando tornai per sistemare le mie poche cose e incrociai la padrona di casa. Essa mi guardò con occhio ironico e mi informò “Guarda che ho affittato anche l’ultima stanza” fece una pausa sapiente e poi “Ad un tuo collega, uno che deve fare Giulietta! Pensa un po’ te un uomo che fa la donna! Non c’è più religione!” e così dicendo se ne andò sculettando civettuola e contenta del bel temporale che aveva scatenato nel mio animo. Quindi era stato confermato anche l’altro attor giovine! Accidenti, per un attimo avevo pensato di avercela fatta. Avevo accettato tutte le sue avances, mi ero sottoposto ai suoi desideri sessuali (scacciai dalla mente il fatto che mi era piaciuto) e mi ritrovavo esattamente come prima! Era quasi ora di cena e la curiosità mi divorava: dovevo sapere chi era il mio avversario! Bussai alla porta della camera a fianco della mia “Sì?” “Posso entrare?” chiesi socchiudendo la porta “Certo” mi rispose e così feci rimanendo di stucco. Davanti a me c’era un ragazzo alto come me, capelli biondi e occhi azzurri. Pelle bianchissima e delicata, più magro di me e con un bel culetto pronunciato.
(Cazzo! Pensai tra me e me questo è proprio un osso duro. Se avessi dovuto scegliere solo da un punto di vista estetico non avrei avuto dubbi: era lui Giulietta!). Mi presentai e lui anche, dicendo di essere Andrea e di venire da un piccolo paesino dell’entroterra ligure. Sapevamo entrambi di essere “avversari” per il posto di lavoro e per le nostre aspirazioni, ma nessuno dei due riusciva ad “attaccare” l’altro: eravamo per certi versi così simili! Alla fine mi arrischiai a sondare l’argomento che più mi incuriosiva (e mi inquietava) e gli chiesi “Come ti sembra sia andata l’audizione? Max ti è sembrato contento?” Fu un attimo ma vidi una luce di paura e di vergogna attraversargli il viso ma poi venire dominata dal mestiere e allora capii: anche lui era stato sottoposto all’esame “approfondito” da parte del nostro regista. Non potei trattenermi e dopo gli dissi “Anche il mio provino è andato bene anche se devo dire che Max mi è sembrato veramente un porco!” La mia sincerità fece breccia in Andrea il cui viso si illuminò per la consolazione di avere trovato chi aveva condiviso con lui le stese brutte (o belle o nuove o entrambe) esperienze. Andammo a mangiarci un panino lì vicino e continuammo a conoscerci senza però tornare più sull’argomento che ci aveva turbato.
L’indomani a teatro facemmo conoscenza con tutta la troupe: c’erano oltre a Max coloro che interpretavano le parti principali:
-Goffredo, un attore alto e robusto che era il primo sostituto di Max con cui però non doveva esserci del buon sangue perché un paio di volte litigarono su delle puttanate;
-Fernando, un trentenne che era stato anni prima l’attore giovine e quindi aveva interpretato Giulietta nell’allestimento scandalo;
-Luca, tarchiatello e non molto alto, ma al contempo parecchio simpatico e solare;
-Alfredo, candidato a interpretare Paride;
-Enzo, perfetto per la parte di Frate Lorenzo;
-e per finire Giovanni un bel quarantenne con una barbetta ben curata.
A farci spesso compagnia c’era inoltre Osvaldo il tecnico e tuttofare del teatro che risolveva ogni tipo di problema tecnico si dovesse presentare. A seguire altri attori frutto delle selezioni per l’attor giovine che dovevano fare da corredo e completamento con le piccole parti previste dal dramma.
Max cominciò per prima cosa a spiegarci cosa voleva mettere in scena, quali principi ispiratori, quali scelte registiche. Ci fu discussione, soprattutto da parte dei più esperti. Io e Andrea restammo sostanzialmente zitti. Max spiegò poi che, visto che la tournée sarebbe durata a lungo, ognuno di noi doveva imparare almeno tre parti molto bene in modo da girarci se ci fossero state necessità di sostituzioni per malattia o altro. Inoltre Max aveva studiato la regia in modo che, anche quando dovevano esserci più persone in scena, non ce ne fossero mai troppi. La parte di Giulietta non venne assegnata e quindi la imparammo sia Andrea che io. Dovemmo inoltre studiare anche le parti di Tebaldo e della nutrice. Si lavorava duramente e con pochissime pause: Max era proprio ossessionato dal lavoro. Ebbi modo di vedere come lui e Goffredo finissero per scontrarsi, forse anche a causa del loro carattere deciso. Durante la settimana si decise anche come fare la scena del “matrimonio” che sarebbe stata il clou dello scandalo. Ci furono discussioni, anche feroci, tra Max e Goffredo su come essa si dovesse sviluppare. Io e Andrea venimmo coinvolti in prove e simulazioni il che a volte creava delle eccitazioni imbarazzanti. Ma i due sembravano non accorgersene e continuavano a discutere. Alla fine la scena si sarebbe svolta con Romeo, in piedi davanti a Giulietta, che le sollevava la gonna mostrandone il culo e depositandola, dopo averla baciata a lungo, sopra una chaise longue, dove avrebbe sfoderato il suo randello e avrebbe simulato una scopata che non sarebbe durata più di due minuti. Il tutto mentre in un altro angolo del palcoscenico i Capuleti e i Montecchi continuavano a cercare occasioni per combattere, strenuamente ostacolati dalla nutrice e dal frate.
All’ora di pranzo facevamo una pausa di un paio d’ore, chi chiudendosi nel camerino, chi andando a mangiare insieme ad altri in un bar vicino. Durante una di queste pause, eravamo io e Andrea assieme a Luca e Fernando, e stavamo sbocconcellando un panino quando Luca se ne uscì con un “Beh quest’anno ci va bene con ben due attori giovani! Vero Fernando?” “Beh anche l’altra volta durante le prove eravamo in due a fare gli attori giovani. Comunque per tutta la tournee io ero con Max” Chiesi “Ma cosa significa essere attori giovani?” Luca prima se ne uscì con una risata poi disse “Beh devi sapere che Max ha ripristinato una usanza che era diffusa proprio ai tempi di Shakespeare e cioè l’attore giovine funge da quello che sulle navi si chiama mozzo di culo, ossia è la persona che si deve prestare a sollazzare gli altri della troupe quando avvertono un bisogno … sessuale!” “Mi stai prendendo per il culo?” gli faccio ma qui interviene Fernando “No dice il vero anche se Max mantiene una sorta di jus primae noctis sull’attore giovane” “Ma quindi tu la volta scorsa … eri l’attore giovane e … allora …” non riuscivo a completare il mio pensiero perché avevo paura di offenderlo o di metterlo in imbarazzo. Ci pensò lui con un sorriso a togliermi dall’imbarazzante situazione “Sì facevo fino in fondo il ruolo di attor giovine, anche se ho passato quasi tutto il tempo con Max” e dicendo così gli uscì un sospiro come di nostalgia. “Ma uno può anche rifiutarsi?” chiesi incredulo “Beh è quello che ha fatto il mio concorrente al posto di attor giovine e Max l’ha cacciato!” Sia io che Andrea evitammo di approfondire ulteriormente l’argomento ma quando tornammo alla sera commentammo entrambi un po’ preoccupati “Ma quello che hanno detto è che ci devono trattare come puttane e anche gratis? Cazzo è proprio dura la gavetta dell’attore!”.
Il venerdì sera, alla fine della prima stancante settimana di lavoro, Max mi ferma in teatro con la scusa di farmi riprovare un passaggio. Nel frattempo lascia pur liberi tutti gli altri. Lavoriamo ancora un quarto d’ora poi mi dice “Bene possiamo smettere per questa settimana. Ricordati di portarti il copione e di imparare bene tutte le parti. Che ne dici di una pizza?” Rimasi interdetto: niente faceva presagire che Max avesse intenzione di avere rapporti più approfonditi con me dopo una settimana di sostanziale distacco. Ovviamente acconsentii. Lui mi propose, ma in effetti era un ordine “Andiamo a casa mia e ce la facciamo mandare” Ci avviammo con la sua coupé verso il quartiere di Monteverde dove mi condusse nell’attico di un vecchio palazzo di pochi piani. Così come l’esterno richiamava una architettura dei primi novecento, così l’interno era un misto, con molto buon gusto, di oggetti e mobili antichi e arredamento moderno. Il tutto creava un’atmosfera molto calda e personale che indubbiamente mi piaceva anche se l’uso dei colori nero e rosso mi creava qualche inquietudine (ero forse entrato nell’antro del diavolo?). Mi invitò a farmi una bella doccia mentre lui ordinava le pizze e mi resi conto di essere venuto via con l’abito di scena senza ricambi. Quando glielo dissi Max rise e “Ma se ti ho già visto nudo! Vuoi fare la verginella?” In effetti era proprio così ma “In realtà era per il freddo!” “Già d’estate fa molto freddo! Comunque ti darò un accappatoio” Bene il compromesso era accettabile. Mi feci una rapida doccia in un bellissimo bagno pieno di marmi e grande come una stanza. Quando uscii, dopo essermi asciugato i capelli, lo trovai che stava ritirando le pizze consegnate a domicilio vestito con un accappatoio di seta nero.
Tanto per cambiare il mio era sul rosso. Ci sedemmo ad un tavolo di cristallo apparecchiato con tovaglioli di stuoia a far da tovaglia. Divorammo in un battibaleno la pizza e, una volta sparecchiato, mi fece accomodare sul divano di pelle. Accese il lettore di CD e mise una musica soffusa e dolce, abbassò le luci e si sedette di fianco a me. Cominciammo a parlare in tono calmo e confidenziale. Max ad un certo punto prese ad accarezzarmi il petto e a stuzzicare i capezzoli piccolini. Lo lascio fare anche perché comincio ad avvertire dei sommovimenti al basso ventre. Lui mi accarezza e si avvicina con il viso al mio. Ci baciamo dolcemente e lasciamo che la libidine lentamente cresca. Avverto il suo profumo di bagno schiuma e di shampoo e mi ci tuffo cominciando a leccargli il collo e le orecchie. Non ho mai fatto preliminari con un uomo ma vado “a naso” come se fosse una donna. Comincio ad accarezzarlo anch’io e dopo qualche minuto ci ritroviamo nudi entrambi e avvinghiati l’uno all’altro. Che strana sensazione stringere un corpo caldo e non sentire le tette ma il suo desiderio caldo e pulsante proprio di fronte al mio e che con il mio si struscia. Mi prende per mano e mi conduce in camera da letto. Le lenzuola sono nere di raso, solo stare nudi sotto di loro è motivo di eccitazione che si aggiunge a quella che reciprocamente ci stiamo donando. Finiamo per metterci a 69 e a inghiottire i nostri uccelli. E’ una sensazione cui non mi sono ancora abituato quella di sentire il suo fallo turgido dentro la mia bocca, scorrergli la lingua lungo tutte le venature, risucchiare la sua cappella e contemporaneamente godere delle medesime attenzioni. Contemporaneamente lo palpeggio dappertutto, con una mano impugno il suo pene, e con l’altra scorro lungo il solco.
L’odore che sale dal suo buco, un misto di sapone e di maschio mi eccita da morire e comincio a leccarglielo con la lingua come mai mi era capitato prima. Max sembra gradire sulle prime, poi bruscamente riprende in mano la situazione e comincia a prepararmi per una penetrazione lubrificandomi il condotto con una pomata misteriosamente comparsa sul comodino. Capisco che vuole essere il maschio e lo lascio fare, godendo delle attenzioni che mi riversa. Quando arriva ad infilarmi e poi a stantuffarmi tre dita, comincio a gocciolare dal mio attrezzo. Pochi attimi poi mi infila un cuscino sotto il fondo schiena, sistema le mie caviglie sulle sue spalle e si posiziona con il suo cazzo palpitante all’imbocco del suo paradiso e, temo, del mio inferno. E’ vero mi ha già deflorato il culo, ma confesso di non essere ancora così esperto e navigato da affrontare una sodomizzazione a cuor leggero. Un respiro profondo, cerco di rilassare i muscoli e … lui entra con tutta la cappella. Un dolore sordo attraversa il mio cervello ma è meno intenso di quanto temevo, è più una pulsazione sorda che nasce dai tessuti dilatati e che lentamente si affievolisce. Come avesse un’antenna posizionata nelle mie terminazioni nervose, non appena si attenua il dolore, Max, che aveva passato il tempo a dedicarsi a baciare il mio collo e le mie tettine, affonda ulteriormente nelle mie viscere. Ora sento perfettamente il disegno delle vene e le nervature importanti della sua verga che avverto pulsare calda e bella dura nel mio intestino.
Trascorrono alcuni minuti dove Max si dedica ad un giochetto di togli e metti che “snerva” ulteriormente il mio buchetto. Oramai lo sento come stanco e sfibrato, privo della volontà di opporsi ai colpi del mio violatore, mentre, all’interno delle viscere cresce un desiderio di essere percorso sempre più intensamente dal suo randello. Mi lascio andare e che faccia di me quello che vuole! Lui capisce che ho ceduto e allora affonda con forza nelle mie intimità ogni colpo sempre più a fondo e ogni volta uscendo quasi completamente dal buco del culo. Pochi minuti poi si ferma, estrae completamente il suo cazzo e mi fa mettere a pecorina sul bordo del letto. Il suo uccello riprende la posizione che aveva faticosamente conquistato e riprende a stantuffare nelle mie budella. Sento la sua mano che mi afferra il cazzo, oramai tutto bagnato, e comincia a menarlo. Continuo ad avere dei corto circuiti ad ogni colpo che mi sferra mentre un calore prorompente mi sale dal basso ventre. Voglio solo godere e gli chiedo di darmi finalmente requie con urla rese roche dal piacere che sale sempre più prepotentemente. Anche lui, con la voce rotta dallo sforzo e dal desiderio, mi incita “Dai, godi bello, non è quello che volevi? Non è questo che eri disposto a fare per la tua carriera? Un bel cazzo nel tuo culetto! Eccolo è tutto per te e ti sta sfondando!” Sono parole di una persona sull’orlo del piacere e allora lascio che ogni remora sparisca e mi getto nelle braccia della goduria che sento salire dal profondo delle viscere, su, fino al cervello. “Sì, dai spaccami il culo! Ancora, dai Max! Oh si!” Sto cominciando ad eiaculare quando avverto il cazzo che mi sta trapanando gli intestini irrigidirsi e poi scaricare il frutto del desiderio con quattro o cinque schizzi copiosi.
Siamo entrambi senza fiato, spompati e io anche sfiancato. Quando i tessuti si ricompongono mi giro verso il mio profanatore, lo abbraccio e lo bacio languidamente riconoscente per l’esperienza profonda che mi ha regalato. Scivoliamo così dalle braccia del piacere senza continuità nelle braccia di Morfeo per un sonno riparatore. E’ bello la mattina dopo risvegliarsi lentamente avvolti nella seta, prendere coscienza del calore della persona vicino a noi, riappropriarsi della consapevolezza piena del proprio corpo centimetro dopo centimetro giù fino ai tessuti che sono stati violati e che ora sono lì a pulsare sordamente per le ammaccature provate. Mi stiracchio intimamente felice e mi accoccolo vicino al mio mentore. Anche lui si sta godendo questo risveglio appagante e mi circonda con le sue braccia attirandomi a se e baciandomi. Continuiamo con le coccole fino a che i nostri uccelli non ci informano prepotentemente che sono pronti a tutto. Guardo negli occhi Max per capire se ha voglia di possedermi ancora. Lui mi sorride con il suo sguardo penetrante e, venendo a leccarmi il lobo dell’orecchio, mi sussurra “Alziamoci, altrimenti il tuo culetto corre il rischio di sfondarsi a tal punto che poi non riesci più a camminare decentemente e poi non riuscirai nemmeno a concentrarti sulla tua parte!”.
Facemmo la colazione nudi nella sua grande cucina, poi, lavati e sbarbati, ce ne andammo in giro in centro. Qualche negozio ma soprattutto librerie. All’una un panino al volo e poi ancora vasche a cercare chissà cosa. Max sfogliava vorace molti libri e alla fine ne comprò una mezza decina. Era metà pomeriggio che ritornammo nel suo appartamento. Io ero al settimo cielo, stavo frequentando un mito del teatro e, forse, con la mia disponibilità sessuale, potevo aspirare a una porta spalancata su una fulgida carriera. “Mettiti pure nudo” mi disse quando fummo nel salotto e facendo così se ne sparì in camera, da cui ritornò qualche minuto dopo, nudo anche lui come un verme, con un paio di cuscini sotto il braccio e nell’altra mano l’immancabile pomata lubrificante. Ci stendemmo sul tappeto e cominciò a baciarmi su tutto il corpo. Indugiò sul buchino, poi passò alle palle, infine si imboccò il mio uccello. Io cercai di contraccambiare cercando di mettermi a 69 ma lui mi fermò “Adesso aspetta che ti mostro come si fa un signor bocchino, ma attento! Un attimo prima di venire mi devi avvertire che dobbiamo fermarci!” Era un comando e io obbedii lasciando il mio corpo languidamente indifeso dagli assalti della sua lingua e delle sue mani. Era veramente un maestro con la lingua! Io seguivo tutti i percorsi che faceva e cercavo anche di capire, tra le vampate di piacere che salivano dal basso ventre, come facesse perché non dubitavo che mi sarebbe toccato ricambiare: cominciavo a conoscere la bestia!
Mi portò con una lentezza esasperante a salire lentamente tutti i gradini della scala del piacere fino all’ultimo scalino, oltre il quale c’era il vuoto dell’orgasmo, e sul quale mi trovavo con la punta del mio uccello leccata sapientemente mentre una mano impugnava la base e due dita mi ravanavano il culo. “Basta Max. Basta che mi fai impazzire”. Si fermò e mi disse “Ora ricambia, ma guarda che mi aspetto un trattamento super!”. Dimenticai allora il mio basso ventre e mi concentrai sul suo corpo. Quel modo di fare mi costringe a prendere coscienza della bellezza del suo corpo, della proporzione degli arti, della muscolatura. Quando il mio naso si infila nel solco vengo travolto dall’afrore che proviene dalle sue intimità e questo mi scatena ancora di più. Ora sono assatanato, mi godo con la bocca tutto il suo bel biscottone, mentre le mani palpano, frugano e poi iniziano a violare il buchetto. Confesso che gustarmi il suo uccello comincia a piacermi, provo a ripetere quello che lui ha fatto a me mentre la lingua copre ogni millimetro del suo attrezzo e mi ritorna tutti i contorni delle vene, delle nervature, della pelle, del prepuzio, del frenulo. Ora il suo uccello è ben insalivato e io lo stringo forte alla base mentre le mie due dita, ben lubrificate, stanno facendo su e giù per il buchetto. Lo sento mugolare di piacere e questo raddoppia i miei sforzi fino a che non lo sento implorare di fermarmi.
Ci prendiamo una pausa e ceniamo con qualcosa di già pronto in frigo. Ne approfitto per chiedere a Max la storia dell’attore giovine. Lui serenamente mi risponde “Certo che è così e se ci pensi è una grande occasione di formazione per il giovane, in quanto gli permette di compenetrare le varie personalità ed acquisire quindi una sensibilità maggiore. Perché, non vuoi farlo?” E formulando questa domanda mi scrutò inarcando leggermente il sopracciglio. Risposi sinceramente “Vedi Max, per me fare sesso con un uomo è una cosa cui non ero preparato. Tu mi fai stare molto bene, mi piace stare con te e spero che a te io possa piacere, ma tra questo e pensare di passare di letto in letto come una cavalletta è una idea per la quale devo spendere un po’ di tempo per accettarla e farla mia. E’ come una parte inattesa e non sono ancora capace di recitare a soggetto” Ero sincero e Max lo percepì perché l’espressione del suo viso si stemperò in un sorriso di dolce comprensione e, accarezzandomi il viso, mi sussurrò “Allora devi fare molta pratica” Mi prese l’incavo del collo e mi avvicinò al suo viso per baciarmi teneramente. Io con un sospiro mi abbandonai nuovamente alle sue sapienti istruzioni.
Riprendemmo il gioco di prima e volle essere lui a portarmi sull’orlo del piacere con la sua bocca e le sue mani. Anche stavolta non volle che venissi e dopo dovetti ricambiare il piacere ricevuto. Questa volta però non attese di giungere all’apice del piacere ma, quando il suo uccello svettò duro e bel insalivato mi ordinò “Mettiti a cavalcioni di me e infilatelo tu da solo” Mi stava chiedendo di fare uno smorza candela. Pur avendo ancora il buco ben slabbrato dalle sue dita, mi sembrava impossibile poter riuscire a infilarmi quel tronco di carne calda e pulsante che avevo tenuto in bocca fino ad un secondo prima. Mi posizionai a cavalcioni, impugnai il suo randello dopo averlo lubrificato per bene, lo pregai di allargarmi le chiappe e puntai la punta incandescente all’ingresso del mio intestino. Feci per un paio di minuti un lento movimento circolare poi infine mi decisi e cominciai a calarmi sulla verga di fuoco. Era una strana sensazione quella di poter regolare da solo i tempi e l’intensità della penetrazione. Avvertivo i tessuti urlare per la tensione cui venivano sottoposti, ma potevo tornare indietro, sostare, fare movimenti circolari, e fu così che conquistai la cima e mi ritrovai completamente impalato sull’uccello del mio anfitrione. “Adesso devi fare come se fossi una donna e volessi scoparmi in quella posizione” Mi disse dopo un paio di minuti che sostavo alla fine della mia corsa. Mi sistemai per bene poi iniziai un movimento in tondo con il bacino dandomi così stille di piacere ogni volta che il suo randello si sfregava contro la mia prostata. Mi muovevo poi in avanti e indietro e così facendo l’uccello scivolava un po’ fuori per poi reinfilarsi dentro nuovamente.
Max si stava godendo la scopata ad occhi chiusi con una mano stretta alla base del mio cazzo che gocciolava in continuazione e l’altra a pizzicarmi i capezzoli. Mi accorgevo che alla fine di ogni giro mi sentivo sempre più eccitato e volevo diventare una troia, la troia del “mio” Max. Accelerai i movimenti e cominciai a incitarlo con la voce roca “Si dai, sono tuo! Sfondami, spaccami il culo!” Ma che cazzo stavo dicendo? Eppure era proprio quello che sgorgava dalle mie intimità. Avvertii l’uccello che mi deflorava diventare più rigido, il respiro di Max farsi più rantolante e frenetico, il mio ventre che mandava al cervello scariche di piacere con maggiore frequenza, e allora mi abbandonai all’orgasmo che sentivo salire. Non passarono che pochi secondi e anche Max raggiunse l’apice della goduria scaricando il suo seme nel mio intestino. Lo abbracciai, mi strinse a se e scivolammo lentamente nel sonno ristoratore.
Anche l’indomani ci svegliammo lentamente, prendendo coscienza poco per volta della presenza dell’altro e delle nostre membra. Io avevo l’uccello già in tiro e mi era venuta voglia di fare un po’ l’uomo: mi era piaciuto ricevere il bastone di Max nel culo ma adesso ero io che avevo voglia di “inzuppare il biscotto”! Dopo un bacio sulla bocca scivolai lasciando una striscia di saliva lungo tutto il suo corpo fino a giungere dalle parti del suo uccello. Cominciai a leccare e inghiottire le palle, poi passai alla cappella e quindi lo ingoiai più che potevo. Con l’altra mano intanto mi preparavo con il lubrificante a spianarmi la strada nel suo buchetto. Max stava godendo del trattamento, pensava che stessi facendo le ripetizioni della lezione imparata il giorno prima e mi lasciava fare, anche quando con tre dita nel suo culo cominciai a stantuffare per bene i suoi muscoli perineali. Feci passare un paio di minuti di questo trattamento rallentando intanto il ritmo del bocchino che gli stavo tirando. Quando lo sentii rantolare, presi il coraggio a due mani, gli presi le caviglie e le portai sulle mie spalle, lui era ancora lì che si stava chiedendo cosa stessi facendo quando sostituii le tre dita con la punta del mio uccello. “Cosa fai?” C’era forse un po’ di angoscia nelle sue parole (ma come, se lo avevamo già fatto a teatro?) “Ti desidero Max! Voglio darti solo una parte di quello che hai donato a me!” “No, dai!” “Ma cosa vuoi? Vuoi che smetta o che insista?” Ma oramai avevo preso pieno possesso del suo condotto e avvertivo le sue difese cedere lentamente sotto l’incedere dei colpi che gli stavo infierendo.
“Sei un porco!” “Si, sono un porco pazzo di te” e intanto martellavo i suoi intestini con la mia verga sempre più dura, sempre più desiderosa di sfogarsi fino in fondo. Fu quasi un urlo che mi lacerò le orecchie quello con cui Max mi chiese di farlo suo “Dai, spaccami il culo, porco!” e furono come scariche di adrenalina quelle parole perché presi a correre verso il baratro dell’orgasmo trascinandolo con me in questa ricerca del piacere. Restammo ansimanti l’uno nelle braccia dell’altro, scossi dall’intensità del piacere e aspettammo che i tessuti lentamente si ricomponessero. La mattina trascorse tranquillamente tra colazione, lettura e pranzo. Ma cominciavo ad avvertire un progressivo distacco nell’atteggiamento di Max. Dopo pranzo mi ordinò “Andiamo a letto per un piccolo riposino” Ubbidii e mi ritrovai ancora una volta nudo tra le lenzuola di seta. Si avvicinò a me con uno sguardo deciso, mi prese con le mani e mi fece mettere a pecorina. Io ero un po’ deluso perché volevo delle coccole per creare un’atmosfera di intimità tra noi due e cercare così di appianare quelle che avvertivo come crepe. Lasciai che mi lubrificasse il buco anche se fu un po’ più veloce e poi attesi con una certa apprensione la deflorazione. Fu terribile. Sembrava quasi che Max non avesse nessun riguardo che cercasse solo il suo piacere e si disinteressasse del mio benessere. Mi lamentai per il dolore ma ricevetti una risposta che mi lasciò stupito “Non mi hai ascoltato oggi quando ti ho chiesto di smettere! Eh? Questa è la tua punizione” Stringendo i denti per il dolore lasciai che un paio di lacrime scivolassero sulle mie guancie. Ma non era il dolore fisico che mi feriva, anche perché dopo aveva ripreso a muoversi con un certo rispetto dentro di me, era per la mancanza di rispetto che avvertivo nel suo comportamento.
Mi scopò fino a che non raggiunse il suo orgasmo, che comunque arrivò sempre troppo tardi per le mie membra lacerate, e, incurante del mio piacere, si staccò da me. Mi raggomitolai nel letto e attesi di sentire cosa volesse fare. Ma dopo alcuni minuti era già addormentato. Non riuscii a dormire con la mente affollata di pensieri. Quando si risvegliò mi disse “Bene. E’ ora che tu vada. Domani non ti accompagno mica a teatro e quindi stanotte te ne torni a casa” “Va bene. E, Max … “ “Che c’è?” duro, “Beh comunque grazie di tutto. Non volevo farti male” (Non gli dissi che era stato lui a fare del male a me anche perché penso lo sapesse benissimo). Borbottò qualcosa che non afferrai per bene e fu così che qualche minuto dopo mi ritrovai con calzamaglia e T-shirt a camminare alla ricerca di un autobus che mi riaccompagnasse a casa. Ero incurante degli sguardi che mi lanciavano le persone che incrociavo e quelli che erano presenti sul mezzo. Ero affranto dai pensieri e soprattutto mi stavo chiedendo se avessi definitivamente compromesso la mia ancora giovane carriera.
Di Ettoreschi [email protected]
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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