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Gay & Bisex

L'estate coi cugini [Parte 1]


di alchest
18.09.2019    |    20.015    |    12 9.5
"Misi le mani attorno al suo addome, e lasciai che quella fresca aria di mare mi carezzasse il viso per tutto il tempo..."
Ciao a tutti, mi presento: mi sono iscritto scrivendo racconti qualche anno fa e ho poi mollato. Avevo delle abitudini, come dare molto romanticismo alle storie, scrivere in diverse parti e cominciare con questa frase: Ogni racconto ha del vero e parte di fantasia, ma non dirò quali. Spero di non aver perso il tocco e buona lettura!


Forse era il rumore forte del canto delle cicale a coprire le mie urla, o forse semplicemente il fatto di essere nei pressi di un capanno abbandonato lontano da casa, ma ogni volta che succedeva nessuno veniva ad aiutarmi. Per carità, non succedeva nulla di grave, classici giochetti tra bambini. Però ne ero sempre io la vittima. E ne ero stanco.
Ogni estate si andava in una casa al mare molto grande che ospitava tre famiglie: la mia, quella della sorella di mia madre e quella di amici di famiglia. Io avevo 5 anni quando cominciammo questa abitudine, 5 anni quando conobbi Andrea e Tommaso, i miei cugini, e Filippo, il figlio di amici. Io, di cinque anni, ero il piu piccolo. Infatti loro tre, compagni di classe, ne avevano già otto. Passavamo assieme tutto il mese di agosto, solitamente, in questa bellissima campagna a pochi passi dal mare della mia terra sicula. Ah sì, c'era anche Peter, nove anni, mio fratello. Un cretino. Era quello che odiavo piu di tutti. Soprattutto era quello che doveva difendermi, ma che invece si divertiva a guardarli prendermi in giro. Perché era ormai ricorrente andare a giocare tutti assieme e finire col vessare me solo perché ero il piu piccolo. Si divertivano a giocare a farmi contare a nascondino e sparire per ore lasciandomi a piangere. O dicendomi che poco piu avanti avevano visto un gattino per poi invece trovarmi a cadere rovinosamente giu da una strada interrotta. La peggiore fu quella volta che, con gli occhi chiusi per la conta, riaprendoli mi lanciarono nella maglietta un topo morto. Mia madre mi trovava sempre a piangere ogni sera, con o senza di loro, e io non perdevo occasione per dirlo ai loro genitori. Ma loro mi rispondevano con un 'Sono bambini come te, stanno giocando.' . No, non stavano giocando, erano cattivi. Non c'era bisogno di farmi dispetti per divertirsi. La parte piu brutta era che non potevo farci nulla. Anche volendo, quando non andavo a giocare con loro e stavo a casa a guardare la tv o fare i compiti, me li trovavo la sera a cena a prendermi in giro chiamandomi femminuccia o a tirarmi calci da sotto il tavolo. Era un incubo. Fu così per molto tempo, fino ai loro 15 anni, pubertà avanzata. Quell anno successe una cosa: oltre ad essere cambiata la loro voce, ad avere i primi baffetti e a puzzare di sudore, erano sempre piu fisici. Gli scherzi erano diventati toccarmi il culo o mettermi in ginocchio in mezzo a loro. Una volta, mentre leggevo un libro all'ombra di un albero, si avvicinò Tommaso, si piegò davanti a me poggiandosi sul libro e, tirandosi giu i pantaloni mi smollò il suo uccello duro sul libro dicendo 'Hey femminuccia, me lo dai un bacino?'. Quello era il culmine, non ne potevo piu. Mentre sentivo gli altri ridacchiare come delle cornacchie, Tommaso mi prese per i capelli e mi spinse a terra, continuando a ridere urlando sempre piu. Mi alzai in piedi, con la rabbia in volto e urlai 'ORA BASTA! LO DIRO' AI TUOI GENITORI!'. Per la prima volta Peter si fece avanti dicendomi 'Tu prova a fare la spia e ti ammazzo Sir Todd'. Mi rimisi seduto, amareggiato. Non era giusto. Che divertimento poteva esserci nel prendersela così tanto con uno piu piccolo? Minacciare addirittura di ammazzarmi l'iguana? Basta, da quel giorno non li avrei piu ascoltati. Me ne andai tutti i giorni in spiaggia e, quando eravamo a casa, andavo assieme a loro e poi mi allontanavo per i fatti miei. Ebbi un pò di tregua.
Un giorno, nell'estate dei miei 16 anni, stavo come sempre leggendo un libro poggiato ad un albero agli inizi della boscaglia. L'aria era leggera, il canto delle cicale sempre fortissimo e finalmente ero solo con i miei pensieri e nessun altro. Fino a quel momento. Quando si fece strada qualcuno tra i rami sul terreno facendomi percepire il suo arrivo. 'Non loro, ti prego' pensai. 'Quindi è qui che ti nascondi, ora.' Deglutii così forte da farmi male alla gola. Mi avevano trovato. Fissai dritto davanti a me, cercando di calmarmi. Mi si avvicinò e mi disse 'Fai finta di non ascoltare? Guarda che vengo in pace!'. Mi girai e vidi Alberto,18 anni, il fratello maggiore di Filippo. 'Che ci fai tu qui?' gli chiesi. Non si aveva mai traccia di lui, spariva sempre dopo i pasti e a tavola non parlava quasi mai. Abbozzava un sorriso ogni volta che i nostri genitori dicevano qualche cazzata o ogni volta che mi rispondevano 'stanno solo giocando'. 'Oggi mi hai rubato il posto, sai?' mi disse. Mi prese per mano, mi fece tirare su e mi portò a pochi passi da lì, a guardare il panorama. 'Da qui c'è sempre un venticello fresco e si sente il profumo del mare. Amo questo posto, non l'avevo mai condiviso con nessuno. Ma a quanto pare oggi lo condividerò con te.' mi disse sorridendo. Era così bello con quei capelli castani al vento, che non riuscii nemmeno a rispondergli mentre lo guardavo. Rimanemmo tutto il pomeriggio in silenzio a leggere, poi verso le 18 si alzò dicendomi che era ora di tornare a casa per la cena. Lui in effetti era solito aiutare a cucinare, quindi rincasava spesso prima di noi. 'Va bene, allora ci vediamo a casa' gli dissi. 'Non vieni con me?' 'Sei in bici, anche correndo morirei dopo poco senza fiato.' Ridacchiò, mi prese per mano avvicinandosi alla bici, ci salì e mi fece cenno sul sellino per invitarmi a salire. 'Sei sicuro? Il peso sarebbe notevole' gli dissi, già in pensiero per lui. 'Se te lo dico è perché voglio farlo, no?' Arrossii. Salii sulla bici e mi feci portare a casa da lui. Misi le mani attorno al suo addome, e lasciai che quella fresca aria di mare mi carezzasse il viso per tutto il tempo. Non disse una parola, pedalava lento e sentivo i suoi addominali in tensione ad ogni pedalata. Eccola la mia prima vera erezione. Non quelle spontanee, che nemmeno sai come sono arrivate. Ma la prima vera erezione da eccitazione. Mamma mia quanto era bello toccarlo. La storia si ripeteva ogni pomeriggio, ormai. Mi feci anche lasciare la bici dai miei genitori per evitare di farlo affaticare ogni giorno ma, dopo il primo giorno che la usai, tornai in cortile per prenderla e trovai le gomme bucate. Quando lo dissi ad Alberto mi guardò e fece un mezzo sorriso. Quel pomeriggio, in mezzo al bosco, mentre leggevamo i nostri libri, mi addormentai e caddi con la testa sulla sua spalla. Sulla botta mi svegliai, chiedendogli scusa. 'Non c'è problema, non ti servono scuse per appoggiarti a me, se vuoi.' mi disse. Arrossendo mi tirai subito indietro 'Macché! Non ho bisogno di inventare scuse per nulla,io!' gli dissi. 'Va bene, perfetto, niente scuse. Allora io non inventerò scuse per volerti baciare. Lo farò e basta.' mi rispose. 'Scusa in che s-' venni interrotto dalle sue labbra, morbide e carnose, che cominciarono a baciare le mie sempre di piu, fino ad introdurre anche la lingua. Io, che non sapevo minimamente come si baciasse una persona, mi lasciai guidare da lui, con la mano sul mio mento a carezzarmi. La sua lingua era così umida che la saliva mi usciva dalla bocca. Prese a mordermi il labbro, dolcemente, assaggiando le mie labbra. Mi venne istintivo mettergli le mani sull addome, ma sta volta scavai subito sotto la maglietta, tastando quegli addominali che ogni giorno mi faceva sentire pedalando verso casa. Era un ragazzo bello grosso, con spalle larghe, cosce muscolose. Tutto l'opposto di me, che avevo ancora i lineamenti morbidi da liceale in pubertà. Si mise in ginocchio, baciandomi dall'alto e tirandomi la testa indietro, con delle carezze. Ero così eccitato che la mutanda mi stava per esplodere, sentivo pulsare tutto là sotto e non sapevo nemmeno perché. 'Senti, ma...' gli chiesi 'anche il tuo pulsa così forte?'. Si mise a ridere. 'Certo, perché sono eccitato. Ti sei mai fatto una sega?' mi chiese. 'Ne parlano spesso i miei amici, ma non so nemmeno come si fa' 'Vuoi imparare?' mi chiese ancora. Gli feci solo un cenno con la testa in un disperato sì. Avevo bisogno di sapere, di consocere, ma soprattutto di soddisfare quella voglia. Mi fece poggiare all'albero, tirando giu i pantaloni e le mutande tirando fuori il mio pisello. Fece anche lui lo stesso, lasciando uscire un bel cazzo barzotto dalle mutande. 'Guarda, basta fare su e giu, non serve altro'. Cominciammo entrambi a segarci, era fantastica la sensazione. Un misto tra godimento fisico ed eccitazione mentale. Il cazzo mi pulsava ogni volta che andavo giu, ma soprattutto quando guardavo il suo. Lasciò la presa dal suo e allungò una mano verso il mio. Una mano calda, stretta e decisa, che comincilò a segarmi in un modo diverso da come facevo io. Molto piu sexy. Era tutto sexy quando si parlava di lui. 'Vuoi farlo anche con il mio?' 'Sì, certo' gli risposi, senza pensarci. Mi alzai sulle ginocchia, mettendomi davanti a lui. Mi piegai leggermente in avanti e cominciai a segarlo lentamente. Era piu grosso di prima, ormai. Era in piena eccitazione e la sua cappella gonfia era talmente grossa che la pelle faceva fatica a richiudersi. 'Prova a metterci un pò di saliva sopra' mi disse. Allora mi avvicinai, per inumidirlo un pò con la saliva. Mi tornarono in mente le parole di Tommaso, quel pomeriggio che mi buttò il cazzo sul libro: 'Perché non gli dai un bacio?'. E così feci. Mi abbassai ancora e lo baciai, a labbra chiuse, avvicinando un po di saliva sulle labbra per inumidirlo come mi aveva detto lui. 'Sai, puoi fare pratica a baciare così. Prova'
Non me lo feci ripetere. Aprii la bocca, tirai fuori la lingua e cercai di emulare i gesti che faceva lui mentre mi baciava. Arrotolavo la lingua attorno alla sua cappella come faceva con la mia lingua e mordevo dolcemente la base fino ad andare alle palle, per leccargli anche quelle. Ero in estasi. Il suo cazzo aveva un profumo buonissimo, per non parlare del gusto dolce della sua cappella turgida. Fece per alzarsi in piedi, lasciandomi in ginocchio con il suo cazzo davanti al viso. Lo guardai negli occhi, mentre ancora lo segavo, poi ripresi a baciarlo, segando su e giu, senza fermarmi. Mi prese la mano e aumentò il ritmo, mentre con l'altra mano mi carezzava i capelli. Sentivo il suo cazzo pulsare sempre piu finché non lo tirò fuori, bagnandomi le labbra di una crema dolce e bianca. Non mi feci troppe domande su cosa stava succedendo, so solo che nel mentre quella crema bianca era uscita anche dal mio cazzo regalandomi una esplosione di piacere. Scese a limonarmi ancora, ricordandomi quei dolci movimenti con la lingua su tutte le mie labbra inumidite dal suo seme. Era stato fantastico.
Anche quella sera tornammo abbracciati in bici e, consapevoli del nostro peccato alle spalle di tutti, ci scambiammo sguardi e risate per tutta la sera mentre eravamo a cena. Questa storia si ripeté per tutta l'estate. E per l'estate seguente, ancora. Fino a quando, all'età di 20 anni, lui si trasferì a Torino. Lasciandomi di nuovo solo con quei 4 bulli.
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