Gay & Bisex
Il Duca e il suo castello (parte ottava)
di PassPa
05.09.2024 |
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"Mi bloccai perché sentii un leggero russare..."
Avevo cercato di immaginarmelo, il cuoco. Ma non sapevo come potesse essere. Sinora tutti i maschi della servitù erano magnifici maschi, alti, possenti, dominanti, con corpi definiti e tutti per me magnifici, pur nelle loro differenze.Quindi girai dietro quel mobile per vedere chi era l’artefice di quei rumori. Ancora una volta rimasi con la bocca aperta. Anche il cuoco rientrava nella categoria degli altri che avevo già conosciuto, non solo per averli visti ma anche per aver provato la loro mascolinità.
Era di media altezza, rispetto agli altri forse il più basso, anche se sempre più alto di me. Era completamente pelato ma aveva una bella barbona bianchissima molto piena e fitta, con i baffi che coprivano le labbra. Due brillanti ai lobi. Spalle robuste, braccia molto grosse e completamente tatuate da dei tribali e da degli arabeschi che si intrecciavano.
Indossava un grembiule nero senza maglietta sotto, che copriva il suo petto che appariva coperto di pelo bianco fitto e riccio. Le mani che stavano posando piatti e stoviglie avevano delle dita lunghe e robuste. Indossava i classici pantaloni dei cuochi, a quadrettini.
Appena si accorse della mia presenza mi chiese chi ero. Gli dissi che ero l’ospite del Duca per il quale aveva cucinato stasera e che ero lì per fargli i complimenti per il cibo che avevo trovato ottimo.
Mi chiese di aiutarlo a finire di sistemare e se volevo potevo fargli compagnia mentre preparava alcune cose per l’indomani, la domenica, mio ultimo giorno al castello.
Naturalmente accettai e gli passai le varie stoviglie che erano sul tavolo per riporle negli armadi.
Finito di sistemare le cose mi disse di seguirlo nella stanza centrale, dove c’erano le cucine e un grande tavolo al centro che immaginai utilizzasse per le preparazioni.
Mi chiese se sapevo cucinare e gli dissi che a parte le cose per la sopravvivenza mia non facevo molto. Mi disse che mi avrebbe insegnato a fare la pasta, a stenderla e a fare i ravioli. E anche a preparare il ripieno. E magari anche un secondo, del resto avrebbe dovuto fare queste cose per l’indomani, così avrei avuto un’anticipazione del mio pranzo domenicale.
Prese la farina e l’occorrente per fare l’impasto e mi disse di mettermi un grembiule e di posizionarmi davanti al tavolo. Versò la farina e mi disse di metterci le mani per sentirla, mentre lui versava l’acqua a poco a poco. Mi disse di iniziare a mescolare, massaggiandola. Non sapendo come fare provai, ma evidentemente non nella maniera giusta. Allora il cuoco si mise dietro di me e mi prese le mani e mi fece vedere come impastare per far sì che l’impasto diventasse perfetto. Aggiungeva acqua per renderlo più morbido sino a quando capì che era della consistenza giusta. Ora si trattava di impastare. Le sue mani enormi sopra le mie mi guidavano e iniziavo a prenderci la mano. Ovviamente sentivo il corpo del cuoco dietro di me che per insegnarmi i movimenti giusti aderiva al mio piccolo corpo. Anche lui, come lo stalliere nel pomeriggio, era come se mi avvolgesse completamente dentro il suo corpo massiccio trasmettendomi il suo calore.
Iniziammo così questa specie di danza, muovendoci insieme e impastando. Muovendosi dietro di me, naturalmente, potevo sentirne non solo il calore e la possenza del cuoco, ma anche l’odore, un misto di spezie e di maschio che mi entrava nel cervello trasportandomi in un mondo di eccitazione. Sentivo anche qualche altra cosa, naturalmente. Sentivo che il suo cazzo cominciava a prendere consistenza sfregandosi contro di me. A poco a poco lo sentivo spingere attraverso i miei pantaloni leggeri. E percepivo che il cuoco si faceva sempre più vicino. La sua testa era ora poggiata sulla mia spalla e la sua bocca era vicinissima al mio orecchio. Lo sentivo respirare profondamente quasi a volere assorbire la mia essenza e iniziò a leccarmi l’orecchio e il collo alternando parole che all’inizio non capivo. Dopo poco capii che non parlava nella mia lingua, ma in un’altra lingua che però non distinguevo. Era molto musicale e dal tono dovevano essere parole che esprimevano le sensazioni che provava. E questo suo leccarmi si faceva sempre più intenso, mentre continuavamo, con le mani unite, a impastare.
Dopo un po' di questa danza erotica evidentemente concluse che l’impasto era pronto e poco a poco si staccò da me. Automaticamente abbassai lo sguardo e vidi che il grembiule aveva un bel bozzo all’altezza del suo cazzo. Si, si era eccitato, come del resto lo ero io.
Prese l’impasto e lo mise in una grande ciotola e la coprì con un panno.
A quel punto mi disse che avremmo preparato il ripieno e poi avremmo preparato le salsicce per il pranzo della domenica.
Il ripieno era molto semplice da preparare. Aveva già fatto la maggior parte del lavoro e quindi mi fece solo mescolare gli ingredienti fino a che non fu pronto. Anche in questo caso si mise dietro di me per “insegnarmi” a mescolare nel modo corretto…. Ancora una volta la sua eccitazione premeva dietro di me e capivo che la sua altezza gli permetteva di poggiare la lunghezza del suo cazzo nello spacco del mio culo, anche se ci divideva il tessuto dei pantaloni e del grembiule.
Passammo poi alla preparazione delle salsicce. Non avevo idea di come si facessero le salsicce ed ero curioso di vedere.
Prese dal frigo la carne che aveva già tagliato al coltello. Era veramente tanta e capii che dovevamo preparare molte salsicce. Magari il pranzo della domenica sarebbe stato affollato e quindi serviva più cibo.
Prese le varie spezie e mi disse come dosarle e come finire di preparare l’impasto. Mi disse di mescolarlo con le mani, perché dovevo sentire la consistenza della carne, e dicendolo mi schiacciava l’occhio sorridendo…
A quel punto prese da una bacinella il budello e uno strumento per reggerlo largo così che si potesse inserire l’impasto.
Mi disse anche che le salsicce che preparava lui erano di una dimensione precisa e dovevano essere tutte uguali, e lo disse guardandomi dritto negli occhi. Non capivo cosa volesse dirmi, ma annuii e chiesi quale era questa misura che dovevo utilizzare per fare le salsicce. Mi disse che era una misura tutta sua, legata al suo corpo ed esattamente era la misura del suo cazzo quando era al massimo dell’erezione!
Rimasi con gli occhi fissi e non sapevo cosa dire. Lui mi fissava e mi chiese se avevo capito. Balbettai che avevo capito e chiesi come fare.
Lui sorrise e mi disse che lo avrei aiutato a raggiungere la dimensione giusta e solo in quel momento avrei capito come fare le salsicce. Mise da parte la ciotola con l’impasto e iniziò a togliersi il grembiule, mostrandomi il suo petto in tutto il suo splendore con il pelo che avevo intravisto prima fitto fitto e riccio e bianchissimo in mezzo al quale spuntavano due grossi capezzoli sporgenti e adornati da due anelli grossi e pesanti. Nella mia testa annotai che era una sorta di marchio del Duca. Tutti i suoi dipendenti avevano un anello da qualche parte. Mi prese le mani e se le poggiò sul petto e io, più basso di lui, lo guardavo in adorazione. Mentre io massaggiavo quel meraviglioso petto lui si aprì i pantaloni e li lasciò cadere a terra, mostrandomi che non portava mutande. Il cazzo pendeva lungo una sua coscia e notai che era lungo e spesso. E notai, con sorpresa ma anche interesse che aveva un altro anello che gli abbelliva una grossa cappella. Pensai che le salsicce dovevano essere molto grosse se le dimensioni del suo cazzo non eretto erano quelle. Detto questo prese una delle mie mani e dal petto la spostò a stringere il suo cazzo invitandomi a iniziare un movimento su e giù per prendere confidenza con il suo attrezzo. Lo feci senza nessuna obiezione, naturalmente. Nel frattempo avvicinò la mia bocca al suo capezzolo e prendendoselo tra due dita me lo offriva da succhiare. Quindi mentre con una mano lo masturbavo piano sentendo il suo cazzo prendere consistenza, con l’altra avvolgevo una parte del suo petto e succhiavo il capezzolone giocando con l’anello con la mia lingua. Mi piaceva questo gioco, era dolce e sentivo brividi che si spargevano nel mio corpo e ancora di più sentendo i suoi mugolii di piacere.
Questa posizione durò circa una decina di minuti. Poi mi mise le mani sulle spalle e mi fece inginocchiare davanti a lui. Il suo cazzo era diventato, secondo me, molto grosso, ma ancora non era durissimo. Quindi immaginai che la misura ancora non l’avevamo raggiunta.
Se lo prese in mano e mettendomi una mano dietro la nuca iniziò a infilarmelo in bocca cercando di farne entrare il più possibile. Non era facile, essendo molto lungo ma soprattutto stava raggiungendo uno spessore notevole. Guidava lui i movimenti e, forse, capendo che non era facile che una bocca potesse prenderlo tutto dentro alternava spinte forti con strofinate sulla faccia e sulla lingua. Mi disse di leccare la lunghezza, sempre per memorizzarla, e di leccare le palle che pendevano succhiandole, cosa che lo eccitava molto così da raggiungere la rigidezza giusta. Si stava eccitando molto e la forza che metteva nel direzionare la mia bocca e la mia lingua era sempre maggiore. Avevo prodotto molta saliva, e il suo scettro ora era non solo imponente ma anche lucido, brillante, coronato dall’anello agganciato alla cappella.
A quel punto mi disse che la misura era raggiunta e che dovevo memorizzarla bene toccandone lunghezza e diametro, così da poter preparare le salsicce.
Iniziai a toccarlo, sentendo che godeva molto, così da avere chiara questa “misura”.
Passai a provare a riempire il budello con l’impasto e guardavo di continuo quello splendido cazzone così da non sbagliare. Più volte tornai a toccarlo e a misurarlo per preparare le salsicce nel miglior modo possibile.
Mi resi conto che toccando il cazzo de cuoco in continuazione l’impasto si stava arricchendo di altri sapori e umori. Glielo dissi ma lui, sorridendomi, rispose che quello era l’ingrediente segreto delle sue salsicce che le rendevano più saporite delle altre. Continuai e spesso dovevo controllare la “unità di misura” per poter fare un buon lavoro.
La preparazione durò più di un’ora e quel cazzo non perse mai consistenza aiutato, forse, dal fatto che spessissimo ero “costretto” a toccarlo e anche a leccarlo.
Le salsicce erano pronte. Le guardai e non potevo non vedere tantissimi cazzoni del cuoco che erano davanti a me. Sorridevo e lui mi guardava soddisfatto.
Mi disse che la pasta era pronta per essere stesa e, liberato il piano di lavoro, lo infarinò e vi mise l’impasto sopra. Notai che non si era rivestito e che nel dirmi che si doveva impastare un po' prima di stenderla si era posizionato nuovamente dietro di me. Stavolta il suo cazzo lo sentivo eccome che premeva ma lui era preso dal lavoro.
Stendemmo la pasta e lui tagliò le forme, sempre stando dietro di me premendomi sul tavolo, quasi a sottolineare che in quel momento ero una cosa sua.
Prese piccoli pezzi di ripieno e preparò i ravioli. Li mettemmo in vari vassoi e infarinatoli le coprimmo con i soliti teli. Tutto era pronto.
Io ero sempre premuto tra lui e il tavolo da lavoro che era sporco di farina, resti di impasto, pezzi di salsiccia. Non sapendo che fare lo ringrazia per avermi insegnato a cucinare alcune cose e stavo per staccarmi da lui. Ma lui non si muoveva e nuovamente si avvicinò con la testa alla mia e riprese a parlarmi sibilando e infilandomi la lingua nell’orecchio. Non capivo le parole, ma capivo i gesti. Non era finita la lezione…
Mentre mi leccava il collo mi spogliava così che il contatto tra i nostri corpi era totale, senza ostacoli.
Mi girò e mi infilò la lingua in bocca, stringendomi con forza e bloccandomi le braccia dietro. Mi ritrovai disteso sul tavolo e lui era sopra di me che mi stringeva e mi baciava quasi a mangiarmi. Poi si staccò e vidi che eravamo io disteso sul tavolo da lavoro e lui in ginocchio sopra di me. Mi guardava e io guardavo lui. Un altro magnifico maschio.
Con una mano raccoglieva i resti dal tavolo e se li spalmava sul petto tra i peli e mi fece capire che dovevo pulire con la mia lingua. Iniziai questo banchetto sul suo petto che trovai eccitantissimo. Leccavo e succhiavo cibo e umori mentre la mia mente veniva rapita da odori che erano un misto di spezie, farina ma anche di odore maschile. Mi rapiva. Continuavo a leccare e lui a spalmarsi il cibo sul petto e sul corpo. La cosa non eccitava solo me ma anche lui dato che oltre a sentire i suoi gemiti, vedevo che il suo cazzo non aveva perso rigidità, anzi, se possibile ne aveva acquistata.
Dopo un po' sempre in ginocchio sul tavolo sopra di me iniziò ad avanzare sino a quando il suo scettro era proprio a portata della mia bocca. Si fermò, mi prese la testa tra le mani tenendola ferma e mi disse di aprire la bocca, cosa che feci subito. Cercai di allargarla il più possibile visto che sapevo già l’enorme spessore di quel cazzo e subito iniziò a spingere. Ero bloccato, quindi non potevo fare nulla se non subire, e lui spingeva senza accennare a fermarsi. A un certo punto, però, dovette fermarsi perché la grossa cappella non riusciva a passare dalla gola. E sempre tenendomi la testa ferma iniziò a scoparmi la bocca in un crescendo di forza e velocità. Mi scopava e mi parlava, ma sempre in una lingua tutta sua. Era un animale e i suoi occhi fissi su di me mi facevano quasi paura. Ma sia perché sapevo che gli ordini de Duca erano che dovevo ubbidire a tutti qualunque cosa volessero fare del mio corpo, sia perché, lo ammetto, godevo molto lo fissavo pure io con sguardo fisso per fargli capire che ero suo e che poteva godere di me.
La scopata in bocca continuò per un bel pezzo, alternando velocità e intensità. Dopo tirò fuori quel cazzo duro che era lucido e coperto di saliva che sembravano tenerlo attaccato alla mia bocca…
Lo prese in mano e mi spalmò tutti quegli umori sul viso, per poi leccarmi tutta la faccia e ficcarmi in bocca la lingua che sembrava un altro cazzo tanto era spessa e dura. Finito di leccarmi il viso iniziò a leccare il mio corpo scendendo sul collo, sui capezzoli che oltre a leccare mordeva con forza facendomi scattare in avanti, lo stomaco e il ventre ignorando, però, il mio cazzetto che ovviamente era duro e gocciolava sperma. Girato sotto il mio cazzetto leccò le mie piccole palle e le prese in bocca gustandole e tirandole sempre tenendole dentro. Era doloroso, ma ancora una volta eccitante. Le tirava e le masticava girandoci la lingua intorno. Poi passò al mio culo e sollevandomi le gambe iniziò a leccare il buco che anche se poche ore prima era stato oscenamente aperto si era richiuso. Con una mano mi teneva il bacino alzato e con l’altra prese del ripieno dei ravioli che era rimasto e me lo spalmò sopra il buchetto per poi iniziare a leccare e mangiare avidamente. Che sensazione… più leccava e più si infilava dentro il buco, così che per prenderla doveva aprire bene il buco. Mi stava preparando per sfondarmelo.
Dopo un po', infatti, si sistemò per bene e puntò il cazzone al centro del mio culo e in un sol colpo lo spinse dentro. Urlai. Urlai forte perché nonostante da due giorni mi scopavano più volte al giorno cazzi di varie dimensioni, questo che era molto spesso lo sentii proprio. Forse fu anche la violenza con cui mi sfondò a farmi urlare. Immaginando, credo, che avrei urlato mi aveva messo una mano sulla bocca, quindi le mie urla furono contenute dentro la sua mano. Iniziò a muoversi dentro di me, senza fermarsi, girando il bacino per arrivare più in fondo possibile. E quando capì che era arrivato tutto in fondo, tanto che lo sentivo quasi nello stomaco, tolse la mano dalla mia bocca, si distese sopra di me schiacciandomi e infilò di nuovo la lingua in bocca. Sembrava in trance. I suoi occhi erano iniettati di sangue. Il suo respiro veloce. Rilasciava sudori sopra di me. E mi scopava il culo con il suo cazzone e la bocca con quella lingua che si ritrovava. Prese un ritmo notevole e continuò per un altro lasso di tempo che non saprei definire. Si capiva che godeva e non voleva smettere, e che io ero solo un giocattolo per farlo godere.
A un certo punto cambiò posizione, mettendomi a pancia sotto poggiata sul bancone e le braccia distese sul tavolo. Mi infilzò di nuovo con quel cazzo sollevandomi tanta la forza che aveva messo nell’incularmi. Lo lasciò fermo qualche secondo posizionandosi saldo sulle gambe e riprese a stantuffarmi con quella potenza animalesca di prima. Io avevo gli occhi chiusi e godevo e sentivo lui che mi possedeva e che godeva tenendomi per le braccia dietro la schiena come a sottolineare il mio ruolo di schiavetto. E mentre avevo gli occhi chiusi e la bocca semiaperta dalla goduria sentii qualcosa che cercava di infilarsi nella mia bocca. Qualcosa di grosso e morbido. Pensai che qualcun altro era entrato e avendoci visto aveva deciso di unirsi a noi. Aprii gli occhi per vedere a chi appartenesse quel cazzo e invece vidi che era il cuoco che stava infilando nella mia bocca una delle salsicce che avevamo preparato. La infilò e iniziò a scoparmi la bocca con quella. Era come se il cuoco avesse sdoppiato il suo cazzone e mi stesse scopando contemporaneamente bocca e culo.
Ammetto che ero in estasi. Sentirmi soggiogato e totalmente nelle sue mani mi piaceva. Mi piaceva sentirlo godere in me e essere completamente coperto dai suoi umori e intriso dei suoi odori. Sempre spingendo la salsiccia nella mia bocca sino alla gola iniziò una cavalcata potente. Capivo che stata per arrivare e cercai di spingere anche io il culo in fuori più che potevo. Il suo urlo fu veramente quello di un animale. Grugniva mentre esplodeva dentro di me, stringendomi forte a lui e piantandomi la salsiccia in gola.
Stavo soffocando e mi sentivo anche inondato dal suo sperma. Sentivo che continuava a scoparmi forte e i rumori del suo cazzo nel mio culo pieno di sperma si facevano sentire bene. Non smise e continuò per un po'. Poi improvvisamente crollò sopra di me schiacciandomi sul tavolo e sentivo il suo cuore battere forte. Poco a poco si rialzò e tirò fuori il suo cazzone ancora duro, anche se un po' meno. Fu come se un tappo fosse stato tolto e lo sperma iniziò a colare abbondante. Mi aveva veramente riempito. Colava sulle mie gambe e a terra. Il cuoco mi prese e mi costrinse a mettermi davanti a lui in ginocchio per pulire il suo cazzo e le sue palle imbrattate del suo stesso sperma misto ai miei umori. Lo feci a lungo, sino a che non fu completamente pulito. Aveva perso la sua rigidezza e comunque rimaneva lungo e grosso. Mi costrinse a leccare pure lo sperma caduto per terra e i suoi piedi che si erano sporcati con esso.
Finito di pulire tutto lo guardai aspettando ordini da quel maschio che mi aveva posseduto. Mi sorrise e mi disse che potevo andare a letto che l’indomani sarebbe stata una domenica particolare…
Uscii dalla cucina e mi diressi verso la mia stanza, pensando che il maggiordomo mi avrebbe accompagnato come le altre volte.
Invece arrivai da solo alla mia stanza, entrai e mi diressi velocemente verso il bagno per lavarmi da tutti quegli umori che avevo addosso e anche per pulirmi bene il culo.
Entrai e vidi che la vasca era già piena e pronta per me. Mi immersi e fu bellissimo sciogliere i muscoli e pulirmi tutto. Restai così immerso per circa un’ora, poi uscii e mi asciugai e mi avvicinai al letto. Mi bloccai perché sentii un leggero russare. Qualcuno stava dormendo nel mio letto. Non sapevo chi fosse ma ero talmente stanco che non mi importava.
Sollevai le coperte e mi distesi dal lato libero e chiusi gli occhi. Dopo qualche istante sentii che quel corpo si spostava e si metteva dietro di me avvolgendomi. Aspettai per capire cosa succedesse ma l’uomo, chiunque fosse, riprese a russare piano e quindi chiusi gli occhi e mi addormentai….. (continua).
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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