Lui & Lei
Sesso in ufficio – Terzo Capitolo
di Giangi57
08.02.2020 |
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«Vestiti e andiamo» si limitò ad ordinarle lui..."
Sesso in ufficio – Terzo CapitoloDavanti allo studio di Baroni, Leader stava aspettando la sua Marina. Nonostante il movimentato pomeriggio in compagnia di Marta, la madre della ragazza, aveva ancora una gran voglia di scopare. Era a cavallo della sua possente motocicletta e aveva tenuto il motore acceso. Quel ruggito sotto le cosce lo eccitava. Sentiva le palle che tremavano e, dentro i calzoni, la verga ergersi dura come un bastone. Tuttavia, era inquieto. Marina le aveva raccontato che, quel pomeriggio, avrebbe avuto un primo colloquio con Baroni ed era noto a tutti che il notaio era un gran seduttore.
Marina gli aveva sì promesso che non avrebbe ceduto a nessuna richiesta, ma lui non si fidava lo stesso. Era per questo che, per aspettare la sua sguincia, come la chiamava, era andato a mettersi dall'altra parte della strada, mezzo nascosto dietro un camion. Questa precauzione non fu inutile. La porta dello studio si aprì e lui vide Claudio Baroni che riaccompagnava la sua impiegata all'uscita. I due stavano parlando. Leader non poteva udire cosa si dicevano ma l'atteggiamento di Marina lo insospettiva. Ebbe un moto violento di rabbia vedendo come quel porco di Baroni palpava, di soppiatto, il culo della sua ragazza. L'aveva scopata, ormai Leader ne era certo! Gli sguardi inquieti che Marina gettava di qua e di là, come per verificare se lui era nei pressi, non potevano che confermarlo ulteriormente! La puttanella l'avrebbe pagata cara. Le lasciò il tempo di percorrere un tratto di strada e svoltare nella prima via, poi partì a razzo e la raggiunse. Vedendoselo capitare accanto così all'improvviso, lei sussultò spaventata.
“Mi stavi aspettando? Non me l'avevi detto...»
“Sorpresa... Sono arrivato in questo momento...»
Dall'espressione sconfitta di Marina, ogni dubbio residuo su ciò che poteva essere accaduto tra lei e il notaio fu cancellato. Nonostante ciò, la ragazza si gettò tra le sue braccia baciandolo sulla bocca e poi montò sul sedile posteriore della moto stringendosi affettuosamente alla sua schiena,
«Dove andiamo?»
Leader non rispose e si limitò a mettere di nuovo in moto. Siccome faceva spesso così, Marina, che del suo maschio si fidava, non si stupì più di tanto. Mentre la motocicletta correva, lei cercò di dimenticarsi del fallo di Baroni che si infilava nella sua bocca e del suo culo che le faceva ancora male dopo essere stato stantuffato tanto brutalmente. Poco dopo arrivarono davanti al club dei Crazy Bikers, un locale che i ragazzi della banda avevano riadattato da una vecchia fabbrica abbandonata. Il luogo era sporco e squallido ma a Marina la cosa importava poco. Se Leader la portava li, era certo per scoparla. Per quanto si vergognasse, si sentiva ancora eccitata da ciò che era successo con il notaio.
Qualche minuto più tardi, in una stanza del club, la ragazza si stava spogliando davanti al suo uomo,
accanto a un vecchio letto dal materasso sfondato.
Leader si limitava ad osservarla, gonfio di collera, ma attento a che lei, almeno per il momento, non se ne accorgesse. Voleva vedere fino a che punto quella sguincia infedele potesse essere sfrontata nel suo inganno. Ormai del tutto rilassata, Marina si allungò sul letto nuda e gli tese le braccia.
«Vieni, tesoro... ho pensato a te tutto il giorno...»
A Leader questo non sembrava proprio ed era invece sicuro del contrario. Di solito lei faceva la timida mentre questa volta gli scodellava davanti senza pudore la sua figa bionda, già semiaperta e dalle labbra curiosamente arrossate. I suoi seni erano gonfi e i capezzoli eretti.
«Oh vieni, ti prego...» insisté la ragazza. Leader si limitò a sedersi vicino a lei. Senza togliersi i guanti, si abbassò i pantaloni e tirò fuori l'uccello. Malgrado la collera, lo spettacolo della figa umida di Marina glielo aveva fatto rizzare. Passò la mano sul ventre della ragazza scendendo poi fino al suo pube, Quando le sue dita, ricoperte di cuoio, si insinuarono nella passera, questa cominciò a palpitare ed a inumidirsi ancora di più. Marina si impossessò del fallo di Leader per carezzarlo e misurarne, con orgoglio, la durezza e la grandezza. Era ben altro di quello del notaio, persuaso di possedere un sesso enorme.
«Lascia il mio uccello e fammi vedere il culo.»
L'ordine era brutale. Di solito, quando erano soli, Leader si comportava sempre con dolcezza, al contrario quanto faceva credere ai suoi amici. Marina esitò qualche istante prima di voltarsi perché temeva che lui scoprisse il suo segreto, scoprisse che si era fatta inculare proprio quello stesso pomeriggio e per la prima volta nella sua vita. Ma alla fine ubbidì e si mise in ginocchio sul materasso mezzo sfondato, offrendo lo spettacolo del suo solco fra le natiche ricoperto da una sottile peluria bionda intorno all'ano crespato.
Leader sperava quasi di poter scoprire, là tracce di sperma ma si rese conto che la troietta si era lavata prima di uscire dall'ufficio del notaio. Si piegò e avvicinò il naso al solco anale. Non si era sbagliato. L'odore era quello del sapone recente.
«Ti sei lavata, non è vero?»
«Sì, allo studio... Ero talmente sudata. Non immagini che caldo fa, là dentro...»
Leader non le credette. Marina non si lavava mai prima di incontrarlo perché sapeva che lui amava gli odori forti.
«Sei una puttana, confessalo?»
Il ragazzo spinse il suo dito nell'ano di lei e si stupì della facilità con cui lo penetrava. E se si fosse veramente fatta inculare dal vecchio porco? Premette la clitoride di Marina con il pollice e lei sussultò di nuovo, lanciando un piccolo grido acuto.
«Sì...sì, amore mio, sono una puttana... la tua puttana!”
«Avanti, succhiami l'uccello!»
Di solito, la sua ragazza non accettava che lui le parlasse in questo modo. Quindi, pensò Leader, doveva avere certamente qualcosa da rimproverarsi. Tuttavia, voleva ancora aspettare prima di metterla alle strette. Intanto, Marina si era girata e gli aveva preso l’uccello in bocca succhiandolo con lena. Lui la guardava fare, appoggiato sui gomiti. Bisognava che si trattenesse per non venirle subito in bocca anche se ne aveva una voglia terribile: Marina, con quel piccolo seno duro e quel culetto rotondo e sodo, era proprio una bella fighetta.
«Adesso, ce l'hai dritto come un bastone, mio adorato. Su, mettimelo nella topina...» lo spronò lei
afferrandolo per le braccia e tentando di tirarselo sopra. Lui la respinse con un gesto brutale e si rimise in piedi con l'enorme verga che svettava in alto uscendo dalla patta dei pantaloni.
«Vuoi che ti chiavi, puttana?»
Allungando una mano le afferrò i peli del pube e glieli tirò con forza. Marina, spaventata, urlò di dolore.
«Così, adesso, te la fai con i vecchi, non è vero? Credi forse che non lo sappia che quel porco ti ha chiavato mentre, questo pomeriggio, io ti stavo aspettando?»
La ragazza divenne bianca come un lenzuolo e scoppiò in singhiozzi, incapace di inventare una qualsiasi bugia.
«Mi ha costretta,» piagnucolò disperata, «Ha minacciato di licenziarmi. Lo sai che ho bisogno di lavorare. anche per mia madre! Non lo farò più, te lo giuro… Perdonami.»
Leader la guardava con una smorfia cattiva sulla faccia.
«Il perdono bisogna saperselo guadagnare. Provami che sei ancora la mia donna!»
Tremando, lei stringeva le cosce ma, ciò nonostante, qualche goccia di orina le sfuggì per la paura dalla vescica: se lui le stava dicendo che il perdono bisognava guadagnarselo, aveva di sicuro già un piano preciso in testa.
«Fai di me quello che vuoi... Picchiami pure se lo desideri...»
«Vestiti e andiamo» si limitò ad ordinarle lui. Durante tutto il tragitto in moto che seguì, non si scambiarono una parola. Alla fine, giunsero in un paese ad una sessantina di chilometri dalla città. Leader parcheggiò in una strada del vecchio quartiere e poi trascinò Marina in un piccolo caffè dall'aspetto sinistro frequenta to, in quel momento, solo da un paio di clienti ritardatari. Dietro il banco, il proprietario, un uomo massiccio, grasso e sudato, dal viso gonfio e gli occhi porcini, stava servendo loro da bere. Leader si istallò ad un tavolino in fondo alla sala con la sua compagna che non era per nulla tranquilla. Nei suoi occhi, infatti, si poteva leggere tutta l'angoscia che l'attanagliava. Leader fece un piccolo gesto a proprietario che non tardò a sbarazzarsi dei due clienti
dicendo che era ora di chiudere e poi si accostò al loro tavolo. Marina, che temeva il peggio, si strinse al suo ragazzo. Da vicino l'uomo le sembrava ancora più mostruoso.
«Salve, Fredo,» disse Leader. «Ecco qui un bocconcino che ti piacerà certamente.»
«Non l'ho mai vista in tua compagnia, Leader,»
osservò il proprietario scrutando interessato Marina che comprese, all'improvviso, qual era il prezzo da pagare per la sua infedeltà.
«Oh, no,» balbettò sconvolta. «Questo no! Non vorrai darmi a un uomo per punirmi di essere andata a letto con un altro?»
Dallo sguardo del suo ragazzo, Marina comprese, però, che era proprio questa la sua intenzione. Fredo, il proprietario, scoppiò in una risata volgare e si diresse verso la porta di ingresso e, dopo essersi tirati su i pantaloni impataccati, mise il paletto e spense l’insegna del locale. Quando tornò verso i due giovani stringeva, nella mano, una mazzetta di biglietti di banca.
«La piccola sarà gentile con me? Me lo prometti?»
«Nessun problema, non è vero Marina?»
«No, nessun problema...» sussurrò lei abbassando il capo mentre una lacrima le colava sulla gota. Era il prezzo del perdono e lei teneva troppo al suo Leader. Bisognava pagarlo. Le banconote passarono dalla mano di Fredo a quelle di Leader andando a raggiungere le centomilalire di Marta nella sua tasca. La giornata era stata veramente fortunata!
Con un movimento brusco, Leader afferrò la sua ragazza per un braccio e la trascinò nella cucina del locale. Il luogo era umido e sporco, il pavimento cosparso di avanzi di cibo. Da un bidone dell'immondizia, dove erano stati vuotati i piatti con i resti del cibo, veniva un odore orribile. Fredo si asciugò il sudore della fronte con il dorso della mano e si sedette su uno sgabello. Leader fece altrettanto. Marina restò in piedi, nel centro della stanza, le braccia che le pendevano lungo i fianchi, aspettando ordini.
«Avanti, mostrati gentile con il mio amico Fredo. Ha pagato, ne ha diritto! Spogliati nuda!»
«Ohhh... Perché mi fai questo, Leader. Mi vergogno Ma, nonostante queste parole, mentre i due uomini aprivano una birra, cominciò a spogliarsi come un automa piangendo in silenzio. Prima si tolse la camicetta mostrando i grossi seni dalla pelle lattiginosa, duri e ben piantati in alto. Poi si fece scivolare di dosso lasciando che cadessero sul pavimento sporco, anche la sottana e le mutandine. Fredo sgranò gli occhi porcini. Una vera bionda! In mezzo ai riccioli chiari del pube, indovinava la fessura e più in basso, fra le cosce, le labbra rosate di quella passera polposa. Fredo era abituato, da tempo, a scopare soltanto delle prostitute dalla passera sformata mentre questa Marina ne aveva una che non doveva certo aver conosciuto molti uccelli. Quasi una vergine, c'era da giurarci!
«Fai quello che vuoi,» disse Leader con una smorfia.
«Avvicinati carina,» la incitò il padrone. «Vieni accanto a me. Qui, perfetto. Adesso apriti un po' la fighetta che la veda bene. Proprio di prima scelta, Leader!»
Marina fremette, quando le dita grassocce dalle unghie sporche di Fredo le toccarono la vulva. Tuttavia, la natura si dimostrò più forte della sua vergogna, quando il vecchio vizioso le aprì le labbra della vagina e insinuò la punta delle dita nella sua fessura, cominciò ad eccitarsi.
«Sta colando, la troietta...»
Marina abbassò gli occhi, non osando guardare il suo ragazzo. L'uomo continuava a palparle la vulva mentre, con l'altra mano, le carezzava il ventre passando le dita in mezzo ai peli del suo pube e sfiorando, con un'unghia, la clitoride. Le cosce della ragazza tremavano convulsamente mentre il suo ventre si sporgeva in avanti. Leader sentì che l'uccello gli si rizzava, godeva la porca, ci prendeva gusto!
«Vedo che sei eccitata Marina. Allora, perché non fai un pompino a Fredo?»
«Oh, Leader, no! Questo no...»
Fredo gongolava. Gli piacevano le ragazze timide, quelle che facevano finta di non volere ma che in realtà, appena qualcuno le toccava, si bagnavano sotto come piccole viziose. Si aprì subito i pantaloni estraendo il fallo. Con gli occhi pieni di lacrime, Marina si inginocchiò sul pavimento sporco. Il sesso dell'uomo che si gonfiava nella sua bocca era ripugnante e sporco. Ciò nonostante, l'eccitazione la stava prendendo sempre di più. Aspirò il grosso glande e pompò il fallo sempre più in fretta mentre le sue mani andavano a massaggiarne i testicoli. L'uomo ansimava talmente che Leader pensò che non avrebbe tardato a eiaculare. Ma questi, di improvviso, respinse la ragazza e si alzò afferrandola Leader gli venne in aiuto e Marina fu allungata sul ripiano per trascinarla sul tavolo di cucina, con le natiche sul bordo. Leader le sollevò le gambe, tanto per farle capire che era lui il padrone. Briciole di pane punzecchiavano la schiena di Marina e lei rabbrividì al contatto della formica fredda del ripiano. Non ci fece però attenzione. In quel momento, pensava soltanto al cazzo di Fredo, a quel suo glande violaceo che si faceva largo fra le sue cosce aperte.
«Dacci dentro, amico,» lo incitò Leader, ridendo. L'omone, si calò i pantaloni e si tolse la maglietta restando completamente nudo, le enormi natiche gelatinose che tremolavano ad ogni movimento.
«Puttana boia, se mi piace questa fica bavosa!»
gorgogliò l'omaccione mentre infilava il suo fallo nella vulva della povera Marina. Sentendosi penetrare, la ragazza si lasciò sfuggire un profondo sospiro. Lui cominciò a limarla con forza arrivando fino al fondo di quella vagina colante. I suoi testicoli, dai peli grigi, battevano contro il culo di Marina. Leader non riusciva a capacitarsi. Quella porca della sua fidanzata si stava torcendo sulla tavola, dal godimento, carezzandosi i seni e pizzicandosi i capezzoli eretti e, con gli occhi rovesciati sotto le palpebre, gemeva di piacere. Poi, smettendo di toccarsi i seni, si afferrò le caviglie e le tirò verso di sé aprirsi meglio a quella verga grassa che la stava Stantuffando. Il vecchio porco colava di sudore e anche Marina. Leader, da parte sua, beveva una birra dietro l'altra, Avrebbe voluto essere lui al posto di Fredo ma per gli affari sono affari. Il ventre gonfio di piacere, la testa che sbatteva ad ogni affondo dell'uomo contro il ripiano di formica, Marina si lasciò sfuggire un rantolo più forte degli altri.
Fredo sentì i palpiti di quella bionda fighetta quando eiaculò dentro la passera della ragazza con un rutto volgare e lasciò che il suo uccello si rattrappisse dentro di lei per approfittare il più a lungo possibile di questa ghiotta occasione prima di estrarlo.
Leader e Marina tornarono, subito dopo, al club dei Crazy Bikers. Lui la castigò duramente con una serie di schiaffi distribuiti con equità sulle gote, sui seni e sulle natiche obbligandola, poi, a raccontare nei dettagli tutto ciò che le aveva fatto quel vecchio porco di Baroni. Lei ubbidì, tacendo soltanto il particolare che l'aveva inculata. Alla fine, Leader, molto eccitato dagli avvenimenti e da quel racconto, le infilò l'uccello in bocca e lei lo succhiò fin quando lui non venne.
Mentre eiaculava nella bocca di Marina, il giovanotto stava mettendo a punto un piano per vendicarsi del notaio...
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Roberta ritrovò Noemi nella stessa identica posizione in cui l'aveva lasciata. Roberta aveva fatto un terribile sforzo su se stessa per aspettare quelle due ore ma voleva che la sua preda fosse pronta al punto giusto!
«Oh, mi liberi adesso... la corda mi fa male ai polsi... Ho i crampi...» si lamentò debolmente la giovane vittima. Roberta si piegò tra le cosce della ragazza e poi più in basso fra le sue natiche, per vedere se il fallo artificiale si trovava sempre al suo posto: c'era! Quella piccola lesbica doveva aver goduto cento volte con quel manico piantato nel culo, pensò la pasticcera constatando come la sua vagina fosse rossa umida. Slegata la le ordinò di alzarsi in piedi senza togliersi il fallo, artificiale dall'ano. La ragazza ubbidì. Roberta le levò le pinze dai capezzoli e Noemi si lasciò sfuggire un grido di sollievo cercando di grattarsi le mammelle ma la pasticcera glielo impedì.
«Apri le cosce, piccola.»
Ormai non restava che l'ano da liberare. La pasticcera si piantò dietro a Noemi e le disse di piegarsi. Afferrato il fallo artificiale lo estrasse con un unico movimento, l'ano dai bordi violacei rimase lievemente socchiuso.
«Vieni,»
Spinse Noemi in mezzo alla stanza e le ordinò di sedersi su una tavola poi prese posto davanti a lei, tra le sue cosce, su un basso sgabello, per avere il volto all'altezza della vulva della ragazza. L'odore era forte e pungente. Come ubriaca, la pasticcera appoggiò la bocca sulla clitoride e l'aspirò con le labbra cominciando a succhiarla lentamente.
«Ohhhh... Come è bello... Come mi piace...» mormorò Noemi.
Con la punta della lingua, Roberta succhiò la clitoride eretta della ragazza. II ventre di Noemi si gonfiò Roberta era dura e a volte spietata ma sapeva essere anche dolce. Era questo il segreto della sua arte, umiliare e poi calmare, passare dalla violenza alla dolcezza.
Si alzò in piedi e si tolse il corpetto denudando i suoi piccoli seni, il ventre e il pube ricoperto da una folta peluria nera, poi si calò, questa volta con il bacino, tra le cosce di Noemi per sfregare la sua clitoride contro la fessura umida della ragazza. Come le sarebbe piaciuto possedere un pene per poter scopare quella fighetta così accogliente... L'odore dei due sessi congiunti era fortissimo e le faceva girare la testa.
La pasticcera si alzò di nuovo e fece il giro della tavola montando sul corpo di Noemi in senso inverso per schiacciare la sua passera sul volto della ragazza. Con grandi colpi di lingua cominciò a leccarle la vulva deliziandosi, nel contempo, alla vista dell'ano ancora dilatato. Da parte sua, Noemi, senza esserne richiesta, si mise anche lei a lappare, a piena bocca, il sesso della sua anziana amante. I piccoli seni di Roberta diventavano sempre più duri mentre i capezzoli dell'altra le sfregavano piacevolmente il ventre. La ragazza allargo i glutei dell'amica per guardare l'ano e leccarlo. La piccola viziosa doveva desiderarlo da molto e ora, che
poteva, non si faceva sfuggire l'occasione. Sotto queste nuove e spudorate carezze, Roberta senti che l'orgasmo si stava avvicinando.
All'improvviso la pasticcera lanciò un urlo possente, riversando un fiotto di umori sulla lingua della ragazza impedendole quasi di respirare tanto gravava sul suo viso con l'inguine e le sfregava e le premeva, contro la bocca, la propria passera.
«Oh, no, padrona... No...»
Ma Roberta non poteva contenere il suo orgasmo e continuò ad inondare la bocca di Noemi che fu costretta ad inghiottire tutto. Nello stesso tempo, però, sollecitata dalla lingua dell'altra, che non cessava di aspirarle la vulva e titillarle l'ano, venne anche lei travolta dall'orgasmo.
Senza lasciare il tempo alla giovane amante di prendere fiato, Roberta si alzò in piedi e afferrò un
doppio fallo artificiale, lungo, con un glande scolpito nel caucciù ad ognuna delle due estremità e si sdraiò fra le cosce della ragazza. Con un movimento abile, infilò una delle punte nella propria vagina e l'altra dentro l'ano di Noemi.
«Oh no, basta, non ne posso più... Aaaaahhh...»
gemette questa sentendo quel bastone di gomma perforarle il culo fino in fondo.
Roberta spinse l'oggetto più profondamente possibile nel retto di Noemi, godendo alla vista di quella vagina che si allargava, di quel ventre che si gonfiava.
«Alzati e guarda il fallo artificiale nella mia fica!»
«Oh, no...»
La ragazza si fece scivolare dal tavolo e rimase appoggiata con il corpo contro il bordo del ripiano per vedere l'altra parte del fallo artificiale infilato nella passera della sua amante che, muovendosi con i fianchi, se lo faceva entrare dentro e, in cadenza, lo spingeva nel retto della sua allieva. All'improvviso, quest'ultima si lasciò ricadere all'indietro sulla tavola toccandosi viziosamente le tette.
«Oh... Sto per godere di nuovo, signora Roberta!»
Era troppo. Il fallo artificiale entrò completamente nel il suo retto. Roberta pensò che la ragazza era ormai pronta per l'estremo piacere. Prima, però, bisognava calmarla un poco perché ne potesse approfittare completamente. Allontanò la sua passera dal fallo artificiale e si gettò su Noemi pizzicandole i seni e stringendole, fra le dita, i capezzoli rossi e sensibili.
«Ah... Oh no... Mi fa male... troppo male... Non riuscirò più a godere!»
Noemi si aggrappo ai bordi della tavola torcendosi per il dolore. Roberta, però, sapeva ciò che faceva Verginelle come questa gliene erano capitate fra le grinfie più di una dopo la morte del marito. La ragazza doveva soffrire per godere fino in fondo della sorpresa che l'aspettava. La pasticcera dette ancora qualche piccolo colpo ai seni di Noemi e poi si piegò di nuovo, con la bocca, sul suo pube per lapparlo con dei larghi colpi di lingua. Piano, piano, Noemi si calmò, la testa rovesciata all'indietro e gli occhi chiusi, sussultando ogni volta che la lingua dell'amante le passava sulla clitoride gonfia.
Quando però Roberta le estrasse il fallo artificiale dall'ano e glielo puntò nella vagina la ragazza si drizzò di nuovo spalancando gli occhi con le guance imporporate: il fallo di gomma le stava entrando lentamente nella vagina e il suo imene cedeva sotto quella pressione. Il dolore acuto si attenuò quasi subito per lasciare posto a una vampa di calore inattesa e piacevole. Sorpresa, Noemi lanciò un piccolo grido di godimento e cominciò a spingere il bacino in avanti.
Roberta non le interessava più, adesso. Tutto ciò che voleva era sentire quel fallo artificiale correre avanti e indietro dentro al suo sesso. Roberta l'aiutò a godere di nuovo avvicinando la sua bocca a quella della giovane amante e baciandola sulle labbra mentre quest'ultima si scopava da sola con il fallo di gomma finché, dopo un ultimo urlo e un altro profondo sospiro di godimento, non cessò di muoversi ricadendo, come morta, sul ripiano del tavolo.
«Su, mia cara, adesso vatti a lavare!»
Noemi, con le gambe tremati, si diresse verso il lavabo e Roberta dovette lavarla dalla testa ai piedi con un guanto di crine. Quando si fu rivestita, Roberta la baciò sulla bocca dicendole:
«Ti aspetto la settimana prossima.»
«Sì, padrona.»
Una volta a casa, Noemi fu lieta di constare che i suoi genitori non erano ancora rientrati. Aveva una fame da lupo e divorò mezzo pollo freddo che era in frigorifero per calmarla. La fame che non poteva calmare, però, era quella di sesso: sentiva di averne più di prima, di prima che avesse conosciuto Roberta!
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Qualche giorno dopo questi avvenimenti, Luisa Baroni e Gerardo Pardi si scambiavano alcune confidenze mentre la loro auto correva, a vetri abbassati, in una strada di campagna. Gerardo guidava con una
mano mentre, con l'altra, carezzava i ginocchi della sua amante. La sera prima, era andato ad abitare nella casa di sua zia, Roberta, dove, a vero dire, non si sentiva del tutto a suo agio.
Mentre cercava un viottolo laterale per parcheggiare l'auto al riparo da sguardi indiscreti e scopare con Luisa come d'accordo, non poteva impedirsi di fare dei raffronti fra sua zia e la sua amante, anche perché le due donne avevano, più o meno, la stessa età. Roberta era più grassa e mancava quasi del tutto di seno, mentre Luisa possedeva le più grosse tette che Gerardo avesse mai visto, una figura sottile, delle natiche ben tonde e una femminilità prepotente. Una cosa però le accomunava: un folto ciuffo di peli neri che, dal pube, si estendeva fino al solco fra le natiche.
E nulla eccitava di più, di questo particolare, Gerardo Pardi. Quella mattina erano successe delle strane cose. Sua zia, di solito così poco amabile, gli aveva portato la colazione a letto mentre lui, nudo, stava ancora dormendo, ricoperto solo a metà dal lenzuolo. Destandosi di soprassalto, l'aveva vista seduta accanto a lui con un vassoio in mano e, con un movimento veloce, si era ricoperto il fallo. Come ogni volta, al risveglio, era in erezione e lei certo se ne cera accorta. Dopo aver posato vassoio sul letto, sua zia era andata ad aprire le imposte. Alla luce dei raggi del sole, che penetravano dalla finestra, Gerardo si era accorto che lei era nuda sotto la leggera camicia da notte. Più tardi, solo nella sua stanza, non aveva resistito alla tentazione di masturbarsi, eccitato dal ricordo di quel pube così folto di quelle piccole tette scure appena sviluppate, e di quelle anche e quelle natiche che aveva potuto scorgere attraverso il tessuto quando lei, ancheggiando, si era diretta verso la porta per uscire. L'orgasmo era stato subitaneo, favorito anche dal forte odore di femmina che sua zia si era lasciata alle spalle.
«A cosa pensi, mio caro?» domandò Luisa Baroni.
«A te,» mentì lui spudoratamente. La donna gli toccò l'uccello attraverso la stoffa dei pantaloni. Gerardo faceva fatica a concentrarsi sulla guida. Appena scorse un viottolo laterale, ci si buttò
dentro con l'auto, le cosce contratte ei piedi che tremavano sui pedali: Luisa, infatti aveva cominciato a masturbarlo con tutta la sua esperienza di femmina navigata. Gli aveva preso la base del glande e gliela stringeva forte con due dita mentre gli strusciava i seni contro il braccio. Percorrendo il viottolo, arrivarono nel sottobosco dove nessuno avrebbe potuto disturbarli. Spento il motore, Gerardo schiacciò la sua bocca su quella dell'amante e le succhiò la lingua mentre le apriva i bottoni della camicetta scoprendo i seni sostenuti da un reggipetto a balconcino che lasciava fuori le areole dai capezzoli già eretti. Il giovanotto le sganciò il reggipetto e liberò le tette grandi ma ben salde. Poi affondò il viso fra quei due caldi globi per respirarne l'odore e ne leccò i capezzoli duri prima di passare la lingua sotto le braccia di Luisa, fra i peli scuri e folti delle ascelle.
«Adesso fermati e prendila coperta. Mi devi chiavare sull'erba... Ho voglia di farlo in mezzo alla natura. Prima, però, voglio farti un bocchino coi fiocchi, mio bel Gerardo...»
Gerardo adorava il linguaggio volgare della sua amante perché era così diverso da quello delle ragazzine che frequentava di abitudine. Si affrettò a prendere un vecchio plaid dal cofano dell'auto ed a stenderlo sull'erba lì accanto. Poi vi si sdraiò sopra e guardò Luisa dominarlo dall'alto con l'imponenza di tutta la sua venusta figura.
«Abbassati i pantaloni e le mutande. Voglio vedere il tuo cazzo in erezione mentre mi fai uno spogliarello... Lui ubbidì e poi si tolse anche la camicia per restare completamente nudo a parte le scarpe. Intanto, la donna si palpeggiava da sola i grossi seni e se li sollevava a turno verso la bocca per leccarsi i capezzoli duri e frementi. Era uno spettacolo osceno ma molto eccitante. Lentamente, facendosi scivolare la corta gonna lungo le cosce, Luisa si denudò completamente ad eccezione di un minuscolo tanga. Osservandola affascinato, mentre la brezza serale gli portava alle narici il forte odore di femmina dell'amante, Gerardo sentiva che il suo uccello diventava sempre più duro. Lei, intanto, mentre si lasciava andare a piccoli gridolini di piacere, si infilò le dita sotto la sottile stoffa che nascondeva a stento il suo sesso peloso e si allargò le labbra della vulva dicendo:
«Che bel cazzo che hai... Un cazzo che non aspetta altro che entrare nella mia fica... Dimmi che mi vuoi leccare il culo, piccolo vizioso!»
«Oh, sì, certo che lo voglio. Avvicinati!»
«Aspetta un istante, prima devo fare la pipì.»
Gerardo sapeva bene che quell'esigenza non era altro che un pretesto per una nuova esibizione ma si senti ancora più eccitato. Mai, nella sua vita, una donna aveva orinato davanti a lui! Toltosi il tanga, Luisa si accucciò sull'erba. All'ultimo momento, si giro perché lui potesse ammirare lo spettacolo del suo posteriore e del suo ano annidato nei folti peli neri del solco fra i glutei rotondi e sodi.
«Non trovi che sia più eccitante così, mio caro Gerardo?» disse con aria seducente.
«Sì, hai veramente un bel culo...»
Dopo aver orinato, Luisa scosse oscenamente il sedere per far cadere le ultime gocce e poi venne a porsi di lui con le gambe divaricate, ondeggiando su sopra i suoi tacchi a spillo.
«Sei sicuro che nessuno ci possa sorprendere? Potrebbero spiarci mentre stiamo chiavando... Vedere la tua verga entrare nella mia”
«No, no, non c'è niente da temere... soprattutto a quest'ora.»
Era vero, ma quest'idea lo eccitava ancora di più e se Luisa aveva accennato a questa possibilità era perché provava la stessa cosa”
passera...»
La donna si lasciò cadere in ginocchio, con le cosce ai lati del volto del giovanotto, implorando con voce falsamente infantile:
«Ohhhh... vorrei che tu mi leccassi tutta la passera anche se so che sono una donna sposata e non dovrei fare queste Cose...»
Lui l'afferrò per i fianchi per tirarsela vicino ed incollò la bocca alla sua passera spalancata leccandole la clitoride tesa, il mento che premeva contro il buchetto del suo sedere. Luisa gli aveva ricordato di proposito di essere sposata per eccitarlo ancora dipiù e fargli credere che, essendo proprietà altrui, lui non avrebbe dovuto approfittare di lei. Sapere di chiavarsela donna di un altro che non tradiva il marito che con loro, rendeva gli uomini fieri di se stessi e Gerardo, lei ne era certa, non faceva eccezione. Quando incrociava in strada i suoi vecchi amanti, anche se in compagnia delle loro mogli, Luisa leggeva nei loro occhi una luce di desiderio, una luce che sembrava dire: "Mi piacerebbe infilare di nuovo il mio cazzo nella tua bella passera...
«Baciami l'uccello, Luisa...»
«Sei così eccitato?»
Luisa si spostò indietro e inghiottì nella bocca il sesso del giovane amante quasi fino alla radice mentre. nel frattempo, gli palpava i testicoli. Intanto, lo fissava negli occhi con uno sguardo da troia impunita, sfregando il sedere e la passera sul suo ginocchio. Alla fine, allontanata la bocca, si impalò su quell'uccello duro e lungo con un solo movimento mentre lui alzava la testa per vedere il suo sesso sparire nella nera foresta di quel pube ricciuto, in quella vagina che lo aspirava avidamente con un rumore di risucchio osceno.
«Oh, come mi piace chiavare standoti sopra... me lo sento tutto fino in fondo... Sbattimi più forte!» ansimò Luisa.
I ginocchi della donna battevano contro i fianchi di Gerardo. Lui le palpava i seni, li sollevava per soppesarli nella mano, li pizzicava per farli tremolare come se fossero di gelatina. L'aria stava diventando quasi fredda e un grosso sasso gli faceva male sotto la schiena ma lui non ci faceva caso: ciò che gli importava era soltanto quella vulva succosa che risucchiava avidamente il suo fallo fino alla radice.
«Un uomo e una donna... Ci stanno spiando i viziosi!» esclamò lei all'improvviso.
«Dove?»
«Dietro di te, non puoi vederli...»
Lui le disse che era meglio andarsene ma Luisa insistette per finire perché si sentiva troppo vicina all'orgasmo. Gerardo non riusciva a capacitarsi: come era possibile che non avesse alcun senso del pudore?
«Me ne frego di quelli! Oh, ti prego, continua a fartelo restare duro!»
Continuò a cavalcarlo in cadenza, una smorfia di piacere sul volto. All'improvviso si passò un braccio dietro la schiena e, dopo avergli sollevato i testicoli, gli infilò un dito nel sedere. Gerardo sussultò: ora la vulva della donna sembrava ancora più stretta intorno al suo pene.
«Sborrami dentro... Riempimi la figa!»
Di colpo, sentendola gridare in quel modo, immaginando i due sconosciuti che li guardavano, soprattutto la donna che poteva vedere il suo uccello entrare e uscire dalla fessura di Luisa, Gerardo schizzò tutto il suo seme dentro il ventre dell'amante mentre il suo ano
si serrava intorno al dito che lo penetrava. Luisa gridò ancora più forte e si lasciò cadere su di lui con la figa ancora palpitante per l'orgasmo.
«Ci stanno ancora spiando?» chiese il giovanotto. Aveva il respiro affannoso: quello era stato l'orgasmo più violento che avesse mai provato in vita sua.
«Ma non c'è nessuno, stupidino,» lo rassicurò lei.
«Era solo uno scherzo.»
Mentre tornavano in città, Gerardo lasciò che lei gli succhiasse l'uccello mentre guidava. Intanto pensava che mai si sarebbe potuto separare da una donna così viziosa. Aveva inventato la presenza della coppia di guardoni per eccitarlo ancora dipiù. Non c'era proprio trucco erotico che lei non conoscesse! Lasciò Luisa un po' prima della sua abitazione perché nessuno potesse vederli insieme e poi rientrò a casa della zia. Roberta non era ancora arrivata.
Mentre aspettava che tornasse, girando per la casa, si accorse che, in fondo al corridoio, c'era una porta chiusa a chiave. Curioso per natura si chiese che cosa sua zia potesse nascondere là dietro e si ripromise di scoprirlo quanto prima. Alla fine, rendendosi conto di essere tutto impregnato del forte profumo e del violento odore di femmina dell'amante, andò di corsa a prendere una doccia. Non voleva che Roberta potesse accorgersi delle sue scappatelle.
***********************
Marta era in attesa di Leader. Il giovanotto le aveva telefonato promettendole una sorpresa e lei si chiedeva di cosa potesse trattarsi. D'abitudine, il suo giovane amante non andava per il sottile ma la umiliava e la trattava puttana. Nonostante ciò, Marta non poteva fare a meno di lui. Più Leader si mostrava odioso, più le faceva fare delle cose obbrobriose e più lei lo desiderava. Leader era la sua unica distrazione. Pur sapendo bene, al contrario di sua figlia, che il giovanotto le scopava tutte e due, questo non le dispiaceva ma, al contrario, le insaporiva il piatto ancora di più.
Quel giorno, malgrado il timore per la sorpresa, Marta era incredibilmente eccitata. Leader, come sua abitudine, le aveva dato i suoi ordini con voce dura e impersonale. Aveva telefonato la mattina presto, ma dopo che Marina era già uscita per recarsi al lavoro e appena prima che Marta andasse a fare la doccia, imponendole di non lavarsi perché adorava il suo naturale profumo di femmina ed anche di non rasarsi sotto le ascelle o ai lati del pube, Di solito, le ordinava anche di indossare calze di seta, reggipetto e mutandine nere ricamate e di truccarsi come una puttana. Questa volta, invece, era stato tassativo: avrebbe dovuto aspettarlo completamente nuda.
Quando il campanello della porta di ingresso suonò, Marta si precipitò in bagno e si passò un asciugamano sull'inguine. Era così eccitata che la sua vulva aveva già cominciato a colare umori. Il suono del campanello si fece più insistente, seguito da alcuni colpi sulla
porta. Leader si stava spazientendo. In un istante, Marta si aggiustò i capelli bruni e si pizzicò i capezzoli per farli ergere. Il suo amante amava trovarla con le dei seni già eccitati. Alla fine, si precipitò verso la porta di ingresso e l'aprì.
«Oh, mio Dio... Leader!»
Il giovanotto non era solo. Con lui c'era una ragazza che non doveva avere molto più di diciotto anni. Leader spalancò il battente con un colpo di piede e spinse di lato Marta con violenza, che, spaventata, alzò una mano come una bambina colpevole per proteggersi il volto da un eventuale sberla. La ragazza scoppiò a ridere come se si facesse beffe di lei mentre Leader si chiuse la porta alle spalle e, senza tanti complimenti, trascinò la madre di Marina in salotto. Una volta li, indicò alla ragazza, che li aveva seguiti, di sedersi su una poltrona mentre lui si faceva cadere sul divano.
Marta, completamente nuda, restò immobile davanti ai due nel mezzo della stanza con le lacrime agli occhi.
«Questa chi è, Leader? Avresti potuto avvertirmi, almeno! Vado subito a rimettermi i vestiti...»
Lui le urlò che non avrebbe dovuto muoversi e le presentò la nuova venuta.
«È la sorella di un mio amico, un membro dei Crazy Bikers. Tutti la chiamano Biondina a causa dei suoi capelli... e dei peli della sua fica...».
La ragazza sembrava come persa in un sogno ad occhi aperti, lo sguardo assente, si era acceso uno spinello e fumava con un sorriso vizioso all'angolo delle labbra. Piccola, bionda come le spighe di grano, indossava una maglietta lisa e un paio di pantaloncini così corti e così stretti che il cavallo le entrava quasi completamente nel solco del sedere e metteva in rilievo il suo sesso bombato che la cucitura della stoffa divideva oscenamente in due. Le sue gambe erano bianchissime e ricoperte da una leggera peluria bionda. I suoi lungi capelli dorati erano tenuti insieme da un elastico in una coda di cavallo. Non aveva quasi completamente seni ma si potevano indovinare i suoi capezzoli gonfi sotto il tessuto della maglietta. Il volto era quello di una ragazzina, ma lo sguardo e i tatuaggi sul braccio che rappresentavano dei teschi, indicavano chiaramente come fosse molto più esperta delle cose della vita di quanto non facesse supporre una della su età. Intanto, lo sguardo spaventato di Marta andava de Leader alla ragazza. Come paralizzata, la donna non trovava neppure la forza di coprirsi il seno e la passera con le mani. Quando Leader le ordinò freddamente di portar loro una birra, Marta sussultò come se fosse stata morsa da un serpente. Senza neppure pensare a rifiutarsi, si precipitò in cucina e tornò, poco dopo, con due lattine già aperte. Leader e la sua amica le vuotarono d'un fiato scoppiando, subito dopo, a ridere sonoramente.
«La mia amica è una lesbica ed è da molto che desidera farsi una donna più anziana di lei. Naturalmente ho pensato a te,» la informò Leader crudelmente.
«Oh no, Leader, non dirai sul serio! A me non piacciono le donne e poi la tua amica è troppo giovane... Ti prego, Leader, no!»
Il giovanotto si alzò e le si avvicinò con un braccio alzato come per colpirla.
«Vorresti discutere, vecchio tegame?»
«No, no... Oh...io...»
La ragazza scoppiò a ridere:
«È così che ti ubbidisce?» esclamò con aria di disprezzo. Toccato nell'orgoglio, Leader minacciò Marta con un pugno. La donna lanciò un grido di disperazione e indietreggiò cercando di ripararsi con un braccio mentre Leader la colpiva fiero del suo potere.
«O fai ciò che ti dico, o questa volta le prendi sul serio. Hai capito?» la minacciò di nuovo.
Marta fece un timido segno affermativo con la testa. Avrebbe voluto mostrarsi forte davanti a quella ragazzina, ma le lacrime le colavano lungo le gote suo malgrado. Leader tornò al suo posto e fece un cenno alla ragazza che si tolse la maglietta e i pantaloncini restando completamente nuda, sulla poltrona, con le cosce larghe. Il suo sesso era minuto, dal pube quasi glabro e le labbra della vulva appena visibili. Con un movimento lento, alzò le gambe fino a deporle ognuna su un bracciolo della poltrona. In questo modo mostrava tutto, anche il suo ano, un buchetto rosato, annidato fra le chiappette rotonde e sode.
«Avvicinati, che voglio guardarti il culo,» disse la ragazza fissando Marta con cupidigia.
«Ma sei pazza? Non vedi che potresti essere mia figlia!»
Ma, un'occhiata di Leader fece capire a Marta che non poteva che ubbidire. Sconfitta e umiliata, si avvicinò a Biondina mettendosi fra le sue cosce.
«Più vicina,» le disse quest'ultima. Poi le ordinò di voltarsi e subito Marta sentì le sue dita che le spalancavano le natiche in modo da distendere e far aprire il suo ano. La bionda cominciò a
masturbarla.
«Oh no, Leader... dille di smettere... Non voglio!»
All'improvviso, Biondina le infilò, fino in fondo, un dito nel culo.
«Ma signorina...»
Il corpo di Marta cominciava a reagire e lei, suo malgrado, avvertì un formicolio nel ventre. Biondina la attrasse a sé e le spalancò la passera per scoprire la clitoride.
«Accidenti, un bottoncino coi fiocchi! Guarda Leader.»
«Lo so!»
Biondina afferrò, con la punta delle dita, le labbra scure e spesse della vulva di Marta per aprirle e Marta allargò docilmente le cosce. Non riusciva a farci nulla, questa ragazza la turbava. Tuttavia, cercò ancora di protestare:
«Oh no, ti prego... non...» Ma l'altra le stava già facendo scivolare il suo indice dentro la passera che si inumidiva e si dilatava sempre di più.
«Accidenti se mi eccitate... Due belle porche davvero!» esclamò Leader a questo punto. Marta sentì un altro brivido e la sua vagina palpitò intorno a quel dito che continuava a scanalarle il sesso Intanto, con era abbassato i calzoni e le mutande mettendo a nudo la sua verga eretta ed enorme, che lei ben conosceva e si masturbava.
«Voltati e piegati in avanti,» ordinò ancora Biondina. Marta ubbidì e, posando le mani sulle ginocchia, espose completamente le sue intimità dal culo alla passera.
«Oh no,» mormorò ancora, anche se in tono meno convinto di prima. Infatti, senza sottrarsi, lasciò che l'altra le succhiasse il sesso e l'ano. Le sue gambe tremavano mentre la lingua di Biondina andava dal suo buchetto alla fessura, le aspirava l'anello plissettato dell'ano fra i glutei, giocava con le sue grandi labbra mordicchiandole.
«Ora tocca a te leccarmi...»
A queste parole di Biondina, Marta si girò spaventata dicendo:
«No, questo proprio no. Fate quello che volete ma io non...»
La ragazza si alzò in piedi e afferrò una tetta della donna pizzicandola con forza. La sua vittima urló di dolore, ma l'altra non mollò la presa. Marta cadde in ginocchio
«Leccami, brutta puttana,» si inferocì la ragazza, alzando il braccio per schiaffeggiarla. Marta, allora, avvicinò la bocca alla Biondina che se la dischiuse.
Le lacrime agli occhi, Marta passò la lingua sul sesso della bionda. Con sua grande sorpresa, non le dispiacque, anzi! Ora sentiva che anche il suo sesso si stava inumidendo.
“il sedere, leccami anche il sedere!» urlò la ragazza. Marta scese con la bocca fino all'ano e ci passò sopra la lingua. Ormai non si vergognava più ma provava solo piacere. Come sempre con Leader, si era dimenticata di ogni scrupolo e pensava soltanto al suo godimento. Quando il giovanotto disse alle due donna di separarsi e a Marta di salirgli sopra, dandogli la schiena, lei si precipitò sul divano posando i piedi ad ogni lato delle cosce di lui. Con un'espressione di oscena lussuria all'angolo della bocca, afferrò la verga del suo giovane amante per guidarla, lei stessa, dentro le labbra socchiuse della sua vulva e ci si impalò sopra cominciando a muoversi in su e in giù sul quel sesso durissimo che la penetrava fino alla cervice dell'utero.
Biondina, intanto, era venuta a mettersi in ginocchio davanti a loro due, fra le gambe di Leader. Mentre si infilava un dito nella passera guardava, il volto distorto da un intenso piacere, la verga di Leader entrare e uscire dalla passera di Marta. Poi, piegatasi in avanti, cominciò a leccare la clitoride della donna mentre le palpeggiava il seno. La sua lingua abile e snodata scese fino ai testicoli del giovane rimontando poi lungo il fallo quando questo uscì dalla passera colante umori.
Alla fine si fissò sulla clitoride titillandola e leccandola con abilità consumata.
Quando Leader eiaculò con un grugnito di piacere bestiale nella sua vulva, Marta continuò a muoversi in su e in giù ancora per un poco, fino all'orgasmo.
Mentre la sua vulva si contraeva in una serie di spasmi intorno al sesso del giovane, lanciò un urlo di bestia ferita e si lasciò cadere con tutto il suo peso sul corpo di Leader, le natiche sul suo ventre. Il suo sesso continuava ad essere scosso da convulsioni che sembrava non dovessero mai finire. Biondina si alzò in piedi per baciarla sulla bocca infilandole la lingua fra e labbra mentre le pizzicava i capezzoli.
Prima di andarsene, Leader le ordinò di dar loro cinquanta mila lire a testa. Marta ubbidì e, dopo aver chiuso la porta di casa, scoppiò in singhiozzi. Neppure lei sapeva perché stesse piangendo. Era per la vergogna di aver fatto l'amore con un'altra donna? O perché il suo corpo ne desiderava ancora? Di una cosa, però era sicura: di essere pronta a tutto pur di non perdere Leader. Sperava che lui, la prossima volta, sarebbe tornato con quella ragazza, o un'altra, non aveva importanza. Raramente aveva goduto con una tale intensità. Sul letto, si masturbò a lungo ed ebbe un nuovo violento orgasmo. L'odore del sesso di Biondina le pungeva ancora le narici. Mentre godeva, agitandosi freneticamente il dito nella vagina, invocò dolcemente:
«Biondina,
... Oh... Biondina...».
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