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UNA NOTTE PIENA (Terza Parte)


di La_Lilla
04.08.2022    |    3.871    |    8 9.8
"“Sì”, fa il peloso scopandomi la bocca, “proprio bello..."
Un po’ stravolta dalla situazione ho trovato posto al bancone del bar e ho chiesto una cocacola al barman. Pensavo di attendere lì Lina, sperando fosse soddisfatta di tutto quel bagno di sperma e piscia.
Me la serve bella ghiacciata e comincio a sorseggiarla. Mi guardo un po’ intorno: c’è un po’ più gente rispetto a prima. Per lo più uomini dai cinquant’anni in su; ma da quello che avevo capito quella era all’incirca la fascia di età che frequentava quel posto.
Finisco la cocacola e mi do una sistemata alla parrucca, quando vedo una ragazza che si avvicina e mi consegna un bigliettino.
“Che cos’è?”, domando.
“Proviene dal tavolo numero sei”, mi dice lei sorridendo.
Controllo qual è il tavolo.
“Sì, quei due signori là all’angolo”.
“E come mai mi porti questo biglietto da parte loro?”, le chiedo.
“È la prima volta che vieni qui, vero?”.
“Sì”, ammetto.
“Ecco, io sono la postina”.
“La postina?”, faccio.
“Sì, i clienti scrivono questi bigliettini e li consegnano a me. Poi io li consegno alla persona a cui sono indirizzati”.
“Capisco. Forte”.
“Sì. Be’, buona serata”, mi fa.
“Buona serata anche a te”, le dico.
Spiego il biglietto. C’è scritto: CIAO. SE TI VA, TI ASPETTIAMO NELLA DARK ROOM NUMERO 3. TRA UNA QUINDICINA DI MINUTI”.
Non so perché ma la cosa mi ha eccitato a tal punto da farmi diventare timidissima. Non riuscivo più a guardare verso quel tavolo.
Mi sono alzata e sono andata a farmi un giro nella zona della Glory Room. Controllo gli schermi a muro: dentro non c’è nessuno. Lina è da qualche parte, ma non qui.
Torno indietro velocemente e, sbadatamente, vado addosso a una signora.
“Oh, mi scusi”, faccio. “Non l’avevo vista. Le ho fatto male?”.
“No, no. Figurati”, mi dice.
“Oh, meno male… Ascolti”, dico cogliendo l’occasione, “mi sa dire dove si trovano le Dark Room qui?”.
“Vedi quelle scale laggiù?”.
“Sì”.
“Le sali. Sono tutte al secondo piano”.
Secondo piano?, penso. Non sapevo nemmeno esistesse un secondo piano qui.
“Gentilissima”, dico. E mi avvio verso le scale.
Salgo tutti i gradini e mi trovo in un corridoio. Ci sono una serie di porte, sulla destra, ognuna numerata. Ne conto cinque.
La numero 3, mi hanno detto.
Provo a vedere se la porta è aperta. È una porta è scomparsa: la tiro. Si muove. Entro.
C’è una strana luce rossastra, dentro. Però come stanza è molto più luminosa di quanto immaginassi. Non c’è nessuno. Non è molto grande e l’arredo consta, in tutto, in un grande letto ovale di pelle rossa, due armadietti, un lavandino e un altro tavolo imbottito. Ci sono anche due sedie e una poltroncina, nell’angolo. Mi accomodo.
Sento il cuore che mi va a mille. Tra pochi minuti (ne erano già passati dieci) quei due entreranno, e io non sono neanche riuscita a guardarli da lontano, figuriamoci da vicino. Chissà cosa capiterà. Speriamo l’imbarazzo non mi tradisca. Penso.
Aspetto altre cinque minuti mordicchiandomi un po’ le unghie e sistemandomi il vestito.
Eccoli.
“Ciao”, dicono.
“Ciaooo”, faccio io, imbarazzata.
Quello dietro chiude la porta a chiave.
Silenzio. Vedo che iniziano a spogliarsi. Due minuti, e li ho completamente nudi davanti a me.
“Che fai, non ti togli il vestito?”, chiede uno dei due.
“Sì, sì”, dico, levandomelo.
“Ah però”, dice l’altro guardandomi.
Sono due uomini sopra i cinquant’anni, abbastanza tarchiati. Uno più alto dell’altro. Quello più alto è depilato, l’altro molto peloso sia sul petto, spalle e genitali.
“Ascolta”, dice quello più peloso, “mi sa che ti toccherà faticare un po’ di più del previsto, bella”, ridendo e guardando l’amico, “perché noi abbiamo sborrato un’oretta fa. E… sai com’è”.
“Sarò brava”, sono riuscita a dire. Non so perché l’ho detto e come mi sia venuto in mente, ma ormai lo avevo detto.
“Perfetto”, dice quello bello liscio, “allora mettiti a quattro zampe, dai”.
Obbedisco mettendomi a quattro zampe.
Intanto quello peloso e barbuto inizia a frugare dentro un borsello. Vedo che tira fuori un vibratore e qualcosa che sembra un gel anale. Lo lubrifica per bene e va dietro di me. Scosta il filo del perizoma e, lentamente, me lo infila. Ho un sussulto di piacere quando lo sento entrare. Subito dopo attiva il vibro. Poi prende il filetto del perizoma e lo mette sopra la base del vibratore, bloccandolo così nel mio culo.
Infine, insieme all’amico, si mette davanti a me.
Li ho entrambi davanti a cazzo moscio, adesso. Dovrò lavorarli per bene per indurirli come si deve, penso.
Prendo il cazzo del depilato in bocca e con l’altra mano mi metto a segare il peloso. Dopo una trentina di secondi sento che il cazzo del depilato inizia a crescermi in bocca. Mi stacco e controllo. È barzotto. Me lo rinfilo in bocca mentre lui mi dice: “Continua troia, succhialo bene”. Intanto anche il cazzo del peloso sta prendendo vigore. Passo a massaggiargli le palle pelose. Sento tutto quel pelo ruvido nelle mani e, in un attimo, mi prende una voglia irrefrenabile di sentirlo in bocca, quel pelo. Mi sposto su di lui e mi ficco le sue palle in bocca.
“Sì, leccami i coglioni”, dice. “Vacca”.
Ho il suo cazzone in mano, duro come il marmo. E nell’altra ho quello del pelato, straduro anche quello. Sono stata brava. Bravissima. Penso. Intanto il vibro nel culo mi sta facendo infoiare come una cagna in calore. Sento che sto sbrodolando nelle mutandine. Di nuovo.
Continuo a succhiargli le palle risucchiando un testicolo e poi l’altro, e tirandoli verso di me. La cosa lo fa impazzire.
“Puttana”, mi dice.
Poi affondo il suo cazzo fino in gola. Lui mi tiene la testa ferma finché non mi vede diventare rossa in faccia. E molla. Tossisco e sputo.
“Ancora”, dico.
Mi riafferra la testa e mi spinge il cazzo sempre più a fondo nella gola. Quindici, venti, forse trenta secondi di apnea assoluta. Poi conati e abbondante salivazione, come Lina.
“Bene”, fa quello depilato sfilandomi il vibratore dal culo, “adesso sdraiati a pancia insù, su quel tavolino”.
Mi alzo e salgo sul tavolino. Mi giro e poggio la schiena. Testa e culo restano fuori dal tavolino. Capisco al volo a cosa serve.
“Allarga bene le gambe”, mi dice il depilato.
Poi, con un gesto rapito, mi afferra il perizoma e me lo strappa via dicendo:
“Via questo! Voglio vedere la pisella sgocciolare mentre ti lavoro il culo”.
Rimango lì, a gambe aperte con la testa che mi ricade all’indietro. Subito sento il cazzo del peloso di nuovo in gola.
“Più che una pisella sembra un clito, questo”, dice il depilato, mentre srotola il preservativo.
“Sì”, fa il peloso scopandomi la bocca, “proprio bello. Vediamo come squirta”.
Poi sento il cazzo del depilato entrare con un colpo secco e deciso.
“Tutto dentro, troia, fino alle palle”, dice. E inizia a pompare forte.
Ho di nuovo le palle del peloso in bocca. Si sega mentre gli passo la lingua sui coglioni.
“Brava”, dice.
Intanto l’altro mi stantuffa senza pietà; colpi decisi, forti, che mi fanno sobbalzare. Adesso ho le gambe appoggiate alle sue spalle, e lui mi tiene per i fianchi perché non cada all’urto dei colpi.
Sto sbrodolando come una troia. Lui se ne accorge. E la leva via la sbrodolatura con due dita. Poi mi dice di leccarla.
Mi stacco dalle palle del peloso e lecco le dita di quell’altro.
“Buona eh? Vediamo quanta ne fai, troia”.
A quel punto si danno il cambio. Il peloso ha il cazzo molto più grosso e lungo del depilato, se lo gomma. Quando mi impala sento un po’ di dolore. Solo i primi tre, quattro colpi: poi tutto passa.
Ci stanno dando dentro alla grande, entrambi. Io sono talmente eccitata che temo che, tra qualche attimo, verrò.
Quando il pelato toglie il cazzo dalla mia bocca, glielo dico:
“Sto per venire”.
“Squirti, vacca?”, dice quell’altro, mentre, galvanizzato, prende a pompare ancora più forte.
Un rigolo di sborra esce dalla pisella e corre lungo la coscia.
“Mmmm”, dice il peloso. “Vediamo quanti orgasmi riesco a farti venire”.
Ci spostiamo nel letto ovale, mi mettono a 90. Si danno il cambio di nuovo. Ora uno davanti in ginocchio e l’altro dietro a sfondarmi.
Vengo di nuovo. Un rigolo, lento, e cominciano a tremarmi anche le gambe. Sono in catalessi.
“Uhh”, fa il pelato, “di nuovo”.
Intanto lecco il cazzo del peloso che fa:
“Vengo”.
Il depilato risponde: “Anch’io”.
Si scappuccia e mi mettono a sedere.
“Apri la bocca, vacca”, dice il peloso e se ne viene in parte nella mia bocca e in parte sul collo: la sborra mi corre lungo il petto; subito dopo anche l’altro se ne viene con una copiosa sborrata. Due gran sborrate, nonostante avessero svuotato un’ora prima.
“Manda giù”, mi dicono.
Penso a Lina e mando giù la sborra.
“Brava, puttana. Buona, eh?”, dice il depilato.
Mi piace la sborra, anche se in genere sto attenta a berla. Molti dicono che è meglio mandarla giù che tenerla in bocca. Forse è vero.
“Sì”, dico, mentre, da seduta, forse perché sto comprimendo le palle, sento che la pisella butta fuori un altro spruzzo di sborra.
“Sei venuta tre volte, però”, dice il peloso mentre si pulisce il cazzo con della carta igienica. “Non male. Contenta?”.
“Sì”, dico. “Mi sono divertita molto”.
Loro intanto si rivestono e si fanno improvvisamente silenziosi.
“Be’, alla prossima, allora. Speriamo di rivederci, dai”, dice il depilato.
“Tutto è possibile”, dico, sorridendo.
Se ne vanno e io corro a darmi una lavata. Sputo un po’ e faccio dei gargarismi. Il perizoma è strappato. Lo butto. Mi infilo il vestito ed esco senza mutandine.
Scendo le scale, giro l’angolo e trovo Lina al bancone. Sta bevendo. È completamente ubriaca.
“Che fine hai fatto?”, mi fa.
“Tu”, le dico, “piuttosto, che fine hai fatto”.
“Non ci crederai. Ma mi sono addormentata”.
Mi sono messa a ridere come una scema.
“È l’alcool”, mi fa. “Ti spacca. Ma come ti ho detto non riesco a farne a meno”.
“Sei troppo ubriaca per andare a casa così”, le dico.
“Non ti preoccupare. Ho un amico, qui, che mi accompagna”.
“Ah sì, e perché non me l’hai presentato?”.
“Perché non va con le trav”.
“Potevi presentarmelo ugualmente”.
“Fa lo scambista con sua moglie”.
“E adesso dov’è”.
“Penso in qualche room a scopare. Dove vuoi che sia. Piuttosto… bevi qualcosa?”.
“No”, le dico, “mi sa che vado”.
“Vai a casa? Ma cosa hai fatto”.
“Una cosa a tre. Focosa. Rude. Come piace a me”.
“Con chi?”, mi domanda.
“Quei due laggiù”, le dico puntandoli con lo sguardo.
“Ah, quelli, sì, ci sono stata anche io. Niente di che”.
“Scherzi? Pompavano a mille e poi tutte quelle parolacce: puttana, troia, vacca… Avevano anche svuotato da poco”.
“Sono qui con le mogli. Li conosco. Non hanno scopato con nessuno stasera, te lo assicuro io”.
“Dici, e perché?”.
“Sono degli habitué, e qui c’è più o meno sempre la stessa gente. Vanno solo con quelle nuove, appena arrivate”.
“Per quello mi hanno scritto il biglietto, allora”.
“Sì, non ti avevano mai visto da queste parti. Come del resto io”, dice ridacchiando e buttando giù una sorsata di uno strano cocktail.
“Ma perché dici che non erano un granché”.
“Non sculacciano, non frustano, non schiaffeggiano Bah, li trovo banali”.
“Ma a te piace tutto questo?”.
“Sì, anche essere legata”.
“E c’è gente qui che lo fa, con te?”.
“Alcuni. Ma rari”.
“Io sono rimasta soddisfatta. Mi piacciono i rapporti rudi, però non esageratamente. Non voglio diventi violenza”.
“Macché violenza, è BDSM, dominazione. Sono giochi in cui si stabiliscono dei ruoli”, sbiascica.
Lina fa abbastanza fatica ad articolare bene le parole. È troppa ubrica.
“Vabbe’, dai, ti lascio. Alla prossima”.
“Lasciami il tuo numero di cellulare. Non si sa mai… Qualche festicciola qui in giro. Magari ti chiamo”.
Glielo do.
“Va bene bella. Ci vediamo”, mi dice.
Poi esco dal locale senza mutandine.
Ma nessuno lo sa.

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