Racconti Erotici > trans > GLI INFOIATI DEL TERZO PIANO (Seconda Parte)
trans

GLI INFOIATI DEL TERZO PIANO (Seconda Parte)


di La_Lilla
11.08.2022    |    6.477    |    11 9.8
"Dopo una trentina di secondi sento la porta che si apre..."
Verso sera, prima di uscire per andare a mangiare qualcosa, mando un messaggio ad Asia. Le scrivo: Ciao, Asia, ascolta. Che cos’è ‘sta cosa dello sportello in bagno? Non me ne avevi mai parlato.
Mentre mi cambio per uscire sento il telefono che squilla. È lei.
“Ciao, come va là?”, mi dice.
“Tutto abbastanza bene”, dico. “Tra un po’ esco per andare a mangiare qualcosa”.
“Ascolta”, la sento parlare a voce bassa, “quello sportello deve rimanere chiuso”.
“L’ho aperto, purtroppo”, le dico.
“Come? Come hai fatto? Aveva il lucchetto”.
“C’era la chiave appesa. L’ho aperto”.
“Oh, cielo”, fa lei.
“Ma Mattia lo sa?”, le domando.
“Certo che no”, fa lei.
“Ma scusa, c’è uno sportello lucchettato che comunica con l’appartamento affianco e lui non lo sa? Com’è possibile”.
“Be’”, fa lei, “è una lunga storia. Non posso spiegartela tutta al telefono… Adesso lui è in doccia. Comunque sa che c’è i due sportelli comunicano. Abbiamo deciso di tenerlo chiuso con un lucchetto fino a che non facciamo un lavoro di muratura. Dobbiamo anche cambiare il bagno”.
“Ma tu…”, dico, tentennando.
“Eh”, fa, “lo so. Sono proprio dei bei cazzi”.
Scoppio a ridere.
“Non credevo fossi così vacca”.
“Mai quanto te”, mi risponde.
Ridiamo un pezzo al telefono.
“Ma sei in confidenza con loro?”.
“Guarda”, a voce sempre più bassa, “li incontro per le scale. Sono tre coinquilini. Mi salutano gentilmente. Mai una parola. Mi piace così”.
“È veramente eccitante la cosa”.
“Comunque hanno visto che sono partita. Non credevo che lo facessero anche con te. Sono proprio tre porci… Ma tu li hai già svuotati?”.
Rido come una scema.
“Ho capito”, ride. “Ascolta, vado. Sta uscendo. Buona serata. Ci vediamo lunedì”.
“Sì, ciao”, le dico.
Mentre faccio per uscire, noto che per terra, davanti alla porta, c’è una busta: qualcuno deve averla fatta scivolare sotto.
Mi chino e la apro. C’è scritto: Ciao, sono l’inquilino dell’interno 12, la porta alla sinistra del tuo appartamento. Oggi, fortuitamente, ti ho vista mentre facevi entrare il rappresentate di condomino. Sei una bella tipa, e mi chiedevo se eri libera stasera. Se ti va ordiniamo qualcosa con il delivery. Basta che suoni al mio campanello. Paolo.
Piego il biglietto. La cosa un po’ mi eccita, lì per lì, ma poi penso… no, non lo conosco e non l’ho mai visto. Non posso andare così, alla cieca. Anche se la curiosità di vederlo… è parecchia.
Mi siedo un attimo per riflettere. Certo che questo pianerottolo è proprio pieno di porci infoiati. E io? Io sono come loro: una troia infoiata che non sa dire di no.
Prendo le mie cose e mi preparo ad andare da Paolo en femme. Solo per vedere com’è, poi magari declino l’invito, penso.
Mi trucco e metto la parrucca. Minigonna, calze autoreggenti e tacchi. Sono pronta.
Esco sul pianerottolo e leggo il nome sul campanello. Paolo C. È lui.
Ho un po’ di ansia. Respiro profondamente. Mi butto. Suono.
Dopo una trentina di secondi sento la porta che si apre.
Siamo uno di fronte all’altra.
“Ciao”, mi fa. “Sono felice che tu abbia accolto il mio invito”.
Paolo è un uomo brizzolato sulla cinquantina. Non male. Fisico atletico.
“Ciao”, dico io. “Più che altro ero curiosa di vederti”, dico.
“Be’, eccomi qua. Come ti sembro”, mi fa. “E comunque piacere. Sono Paolo”.
“Io mi chiamo Priscilla”, gli dico. “Sono un’amica di Asia”.
“Questo lo avevo intuito”, dice lui. “Ma su, entra, dai, non ti mangio mica”.
Entro e lui chiude la porta.
“Vieni, accomodati, dove vuoi”.
Vado a sedermi sul divano.
“Se ti va ordiniamo un po’ di sushi. Che ne dici?”.
“Ve benissimo”, faccio. “Non ho ancora cenato”.
“Perfetto. Neanche io”.
Lo vedo armeggiare con il cellulare per ordinare il sushi. È in pantaloncini corti, ciabatte infradito e maglietta bianca.
“Fatto”, dice. “Temo stimato venti minuti”.
“Bene”, dico.
“Sì, dai, così ci conosciamo un po’”.
“Ma certo”, faccio io.
Si siede accanto a me e cominciamo a parlare. Mi dice che ha una ragazza con cui si vede una volta ogni quindici giorni, per via della distanza che li separa e per problemi di lavoro di lei. Poi mi parla un po’ di Asia; mi dice che è una brava ragazza e che la conosce abbastanza bene perché frequentano la stessa palestra. Al che comincio a pensare che se la sia già scopata. Ma non entro nei particolari. Faccio l’evasiva. Poi mi chiede da quanto mi travesto, ecc. ecc. Gli racconto un po’ la mia storia e lui mi ascolta attento.
Intanto il tempo passa e sentiamo suonare il campanello.
“È arrivato”, dice. Lo vedo alzare la cornetta del citofono. “Scendo subito a prenderlo”.
“Dammi un attimo, prendo l’ordine e salgo”.
“Tranquillo”, dico.
Poi sale con il sushi, ci sediamo a tavola e ceniamo.
Finita la cena gli chiedo dov’è il bagno e lui mi indica la porta.
Mi alzo e vado. Entro e mi siedo sul water per fare pipi e penso: ho già avuto quattro orgasmi oggi, e ho ancora voglia. Sono proprio una troia.
Mentre faccio pipi, mi accorgo che non ho chiuso la porta completamente. Vedo che c’è Paolo dietro che mi spia. Faccio finta di non averlo notato, mi alzo, tiro su le mutandine e faccio partire lo sciacquone.
Mi lavo le mani ed esco. Lui è seduto sul divano, davanti alla tivù.
“Scusa”, mi fa. “Non ho resistito”.
“Scusa di cosa”, gli chiedo.
“Mi piace guardarvi quando fate pipi”.
Rido.
“Potevi dirmelo. Ti facevo entrare”.
Sorride.
“A tante questa richiesta fa paura”.
“E per quale motivo?”.
“Perché dicono che è da maniaci”.
“Ma dai! Figurati”.
“A te piace guardare gli uomini che pisciano, per esempio?”.
“Sì, anche le donne, a dire il vero”.
“Eh, vedi… Ma tu hai una mentalità aperta. Mica come certe bacchettone”.
“Perché”, gli chiedo. “La tua ragazza si vergogna?”.
“Si chiude dentro a chiave quando va in bagno. Figurati”.
Rimango basita.
“Non è una cosa di cui ci si deve vergognare”, aggiungo. “Comunque spiare non sta bene neanche a me. È meglio essere schietti, nelle richieste”.
“Sì, hai ragione. Per questo mi sono scusato”.
“Capisco, dai. Non è successo niente.”
Poi vedo che gli arrivano dei messaggi sul cellulare. Ma lui non risponde.
“È la tua ragazza?”, chiedo.
“Sì, mi tarma da stamattina”.
“Rispondile”, faccio.
“Mi toccherebbe mentirle”, fa lui.
“Ascolta”, gli dico. “Se la mia presenza qui ti mette in difficoltà e ti costringe a mentire alla tua fidanzata, mi alzo e vado”, faccio. “Io sinceramente non voglio essere di alcun problema”.
“No, no”, fa lui. “Scherzi? È che mi ha chiesto cosa faccio questa sera”.
“Dille che hai appena ordinato un sushi con il delivery e che resti a casa”.
“Infatti…”, mi fa. “Hai ragione”.
Le risponde.
“Lei esce con le amiche”, mi dice.
“Vedi? Tutto risolto”.
“Dunque”, mi fa appoggiando il cellulare e facendosi più coraggioso. “Ti piace il pissing”.
“Fatto bene, sì”.
“Cosa intendi con fatto bene?”.
“Bevendo litri d’acqua ecc. ecc.”, gli rispondo.
“Be’, certo. Potremmo provare, che ne dici”.
“Che dovresti iniziare a bere abbondantemente giù da adesso per circa venti minuti”.
“Perfetto. Inizio subito allora”.
Si alza e tira fuori tre bottiglie di acqua da un litro e mezzo.
Ne apre una e comincia a bere a garganella. La vuota quasi per metà. In meno di venti minuti ne ha buttate giù tre.
“Penso che già così posso farti una doccia”, dice ridacchiando. “Anche se non ho ancora voglia”.
“Devi aspettare”, gli dico. “Siediti qui. Tra mezz’ora, tre quarti d’ora esploderai”.
Si siede accanto a me e guardiamo la tivù mentre mi accarezza l’interno coscia. Vedo che il cazzo gli sta crescendo nei pantaloncini.
“Ascolta”, gli dico. “Avrò bisogno di un cambio, dopo. Vado un attimo a prendere la mia valigetta di là”.
“Vai pure”, mi fa.
Torno all’appartamento di Asia. Appena esco vedo la porta di fronte che si apre. Non faccio a tempo a tornare indietro. È uno dei tre inquilini infila cazzi. Mi saluta e scende le scale velocemente. Io appoggio soltanto la porta, entro nell’appartamento e recupero la valigetta.
Torno nell’appartamento di Paolo. Lo trovo nudo con il cazzo duro.
“Sto davvero scoppiando”, mi dice.
“Dove lo facciamo?”, dico appoggiando la valigetta a terra.
“In bagno”, direi. “Ti sdrai nella vasca e svuoto”.
“Okay”, faccio, iniziando a togliermi la gonna.
“No no”, fa lui. “Completamente vestita. Sennò che gusto c’è”.
Penso, in un attimo, se ho altra roba nella valigetta. Sì, ci dovrebbe essere. Assecondo il suo desiderio.
Andiamo in bagno e mi sdraio nella vasca.
“Posso fare a anche un video?”, mi chiede.
“Basta che non riprendi la faccia”, gli dico io. “Per me puoi fare quello che vuoi, se ti eccita”.
Ha il cazzo duro e ritto a novanta gradi, scapellato.
“Perfetto”, fa, prendendo il cellulare e iniziando a filmare.
Inizia a pisciare. Un getto di pioggia d’orata bianchissima: uno spruzzo dritto e intenso, di pressione. Con una mano tiene il cellulare e filma e con l’altra, sul cazzo, regola lo spruzzo. Mi piscia sulla gonna, sulle calze, dappertutto. Una pisciata lunga e caldissima.
“Apri la bocca”, mi dice.
La apro.
Indirizza lo spruzzo verso la mia bocca, centrandola. Sento che si riempie. La tengo aperta e sento la piscia mi corre lungo il corpo.
Ne mando giù anche un po’. Non sa di niente. È acqua.
Finisce dopo tre minuti. Sono zuppa, come se mi fossi messa sotto la doccia.
“Ti ho pisciata per bene eh!”.
“Eh sì, maiale”, gli dico.
In quel momento Paolo salta dentro la vasca, mi gira e mi tira su la gonna tutta bagnata, e a me lo spinge su da dietro.
Comincia a pomparmi con irruenza; va avanti una decina di minuti.
“Ti piscio in culo, ho ancora voglia”, dice a un certo punto.
Non dico niente. Sono i estasi.
Sento che inizia a pisciarmi in culo. Il sento la pipi calda che mi inonda dentro. Poi tira fuori il cazzo.
“Spingila fuori”, mi dice tenendomi le chiappe aperte.
Gliela spruzzo addosso, la sua pisca.
“Mmmm”, fa lui. “Porca”.
Poi dentro di nuovo. In bagno si è portato anche un’altra bottiglia di acqua, e tra un colpo e l’altro, la butta giù tutta.
“Voglio provare una cosa, dopo”, mi dice.
“Cosa?”, domando, mentre mi godo il suo cazzo.
“Appena mi torna la voglia di pisciare te lo mostro”.
Continua a scoparmi, un po’ più lentamente. Sento un palo in culo; in effetti Paolo ha un bel cazzone grosso.
A un certo punto si alza e vedo che prende una scatola di preservativi da un cassetto sulla specchiera. Se lo infila. Si alza e mi dice che posso girarmi.
Capisco cosa vuole fare.
Ci piscia dentro, fino a formare un gavettone di pipi. Filma tutta l’operazione con il cellulare. Poi, una volta finito, si sfila il preservativo, fa un nodo e me lo mostra.
“È tua”, mi dice.
Prendo il gavettone di pipi ma non so che farci.
“Tienilo dritto sopra di te”, mi dice.
Faccio come mi dice, mentre vedo che lo buca con uno spillo.
Pufffmmm. Inondata di piscia.
“Brava, porca. Calda, eh?”.
“Caldissima. Maiale”, gli dico.
Lui è sempre a cazzo duro davanti a me e inizia a segarsi. Lo guardo in faccia mentre accelera con la mano. Mi sborra addosso. Una sborrata degna di un finale simile.
Non ho un centimetro di pelle e vestiti che non siano intrisi di piscia e sborra.
“Posso farti una foto così?”, mi dice. “Senza il volto, ovviamente”.
Mi faccio fotografare.
“Penso che mi segherò parecchio ripensando a te”, mi dice.
“Be’, possiamo anche rivederci”, gli dico io.
“Non credo”, fa lui. “Tra due settimane trasloco. Vado a vivere con la mia ragazza a cento chilometri da qui. Quindi…”.
“Capisco. Peccato”.
“Era una fantasia che dovevo realizzare, prima o dopo, più che altro”.
“Ma certo. Mica ti devi giustificare”, dico, spogliandomi.
“Se devi farti la doccia qui hai tutto l’occorrente. Usa pure l’accappatoio della mia ragazza. Poi lo porto a lavare”.
“Gentile”, gli dico.
Mi faccio la doccia e mi asciugo. Esco nuda e gli chiedo se ha un sacchetto per mettere dentro la cose intonse di piscia. Me ne dà uno.
Poi mi rivesto con l’altra roba che mi ero portata.
“Credo che la parrucca”, gli dico, “quella dovrò buttarla”.
“Tieni qua”, mi fa, prendendo cento euro da un cofanetto. “Te la ripago io. Ci mancherebbe”.
“Non sei tenuto a farlo per forza”, gli dico.
“Ma io voglio farlo”, dice lui.
Attorciglio i due pezzi da cinquanta e me li ficco dentro la gonna.
“Be’”, gli dico. “Vado. E grazie di tutto, della cena e delle emozioni”.
“Figurati”, dice lui. “Una cosa così non mi ricapiterà mai più. Mi consolerò riguardando il video; e segandomi”.
Rido. “Ma non esagerare”, gli dico, mentre apro la porta ed esco.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.8
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per GLI INFOIATI DEL TERZO PIANO (Seconda Parte):

Altri Racconti Erotici in trans:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni