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GLI INFOIATI DEL TERZO PIANO (Terza parte)


di La_Lilla
17.08.2022    |    7.506    |    15 9.8
"“E perché cazzo l’hai fatto? Che motivo c’era..."
La mattina passa tranquilla. In bagno, nessuno bussa. Niente buste sotto la porta e nessuna richiesta strana.
Verso mezzogiorno mi preparo qualcosa di veloce da mangiare e poi mi metto a guardare la tivù.
Le ore volano e verso le tre e mezza sento suonare alla porta.
Vado ad aprire. È Asia.
“Ohilà”, mi fa. “Come va. Tutto bene qui?”.
“Sì”, le dico. “Giornata tranquilla, oggi”.
“Bene, dai. Ti sei rilassata un po’, allora”.
“Sì, dai. Ma…”, le chiedo, “come mai sei tornata prima?”.
“Ma taci, guarda. Sono tornata con il treno. Ero stanca di stare là… Ah”, mi fa appoggiando un borsone sul tavolo, “non ti avevo detto: siamo partiti perché Mattia doveva tenere una conferenza. Roba di lavoro, sai. Estremamente noiosa”. Fa una pausa. “Ma MisterOne?”, mi domanda. “Come sta”.
In quel momento spunta il gatto, senza degnarla della minima considerazione.
“Ah, i gatti. È come se non esistessimo, per loro”.
“Sì, sì, guarda. In questi giorni era come non averlo”.
Lei si abbassa e lo prende in braccio. Se lo coccola un po’.
“Ascolta”, le dico sedendomi sul divano. “Raccontami così succede qua quando Mattia non c’è”.
Sorride.
“Penso che tu lo abbia capito, no?”.
“Sì…”, dico. “Però non mi sembra giusto che…”.
“Mattia mi tradisce”, mi blocca lei.
“Ti tradisce? E con chi”.
“Con una. Non la conosco personalmente. Ma so chi è”.
“Ne sei certa?”.
“Più che certa”.
“Dunque fai queste cose… per ripicca?”.
“In parte sì. In parte perché mi piace”.
“Fossi in te affronterei la situazione con lui”.
“Lui negherebbe”.
“Sei sicura?”.
“Lo conosco”.
Sto in silenzio un attimo.
“Visto che siamo amici da anni e sei in via di confidenze… Sei stata anche con il ragazzo qui accanto? Paolo?”.
“Una volta”, mi fa. “Poi basta”.
“Non ti è piaciuto?”.
“Sì, certo. Ma è fidanzato. Non voglio che succedano casini”.
“Tra un po’ se ne va”.
“Sì, lo so. Me lo ha detto. Meglio così”.
“E con il rappresentate di condominio?”, le domando, ormai sono a briglia sciolta.
“Non sarai andata anche con Franco!”, mi fa lei strabuzzando gli occhi.
“È venuto qui, per farmi firmare le carte. E poi sono successe delle cose”.
“Ma dai!”, fa lei. “È un uomo distinto”.
“Sì, sembra. In realtà è un porco”.
“Mmmm”, fa lei. “Interessante, però. Non lo avrei mai detto. Sei stata brava a scoprirlo”.
“Be’, diciamo che ho i miei mezzi…”.
“Ecco, immaginavo”, sghignazza.
“Tra l’altro deve anche tornare”.
“Per fare cosa?”, domando.
“Perché c’erano delle inesattezze su quelle carte”, taglia corto. Poi comincia a spogliarsi. “Vado a farmi una doccia”, mi fa. “Ne ho proprio bisogno”.
“D’accordo”, le dico.
Dopo dieci minuti esce dalla doccia; è in accappatoio.
“Ascolta”, mi fa con un mezzo sorriso. “Mi è venuta un’idea”.
“Dimmi”.
“Un’idea un po’ hot, diciamo”, fa ridacchiando.
“Sono tutto orecchi”.
“Be’, mi domandavo… cioè, se tu ti travestissi e aspettassimo l’arrivo di Franco assieme? Io potrei rimanere così, con l’accappatoio. Tanto penso che tra poco arriverà”.
“Sei proprio una porcella”, le dico. “Cos’hai in mente?”.
“Vediamo che succede, dai. Ci divertiamo un po’. Che ne dici?”.
“Okay”, le faccio. “Sono curiosa di vedere la sua reazione”.
“Sì, esatto”, fa lei sorridendo.
Prendo la mia roba e mi travesto. Esco dalla camera da letto.
“Sei fichissima”, mi fa. “Sempre più bella”.
“Vado a truccarmi”, le dico.
“Bene, bene”.
Mi trucco ed esco dal bagno.
“Sei sicura di restare in accappatoio?”, le faccio.
“Sì, dobbiamo farla sembrare una casualità… Cioè, quando lui arriva, tu vai ad aprire. Gli dici che io sono in doccia e arrivo tra due minuti. Poi esco io in accappatoio”.
“Ingegnoso”, dico ridendo.
“Ah! Ah! Ah!”, fa lei. “A volte mi sento proprio una troia”.
“Io sempre”, le dico. E ridiamo di gusto.

Alle sedici e trenta, una mezz’oretta dopo, sentiamo suonare alla porta.
“Vai”, mi fa. “Poi mi chiami”.
Vado ad aprire.
“Buongiorno”, mi dice il rappresentate di condominio, che ora so chiamarsi Franco.
“Buongiorno a lei”.
“Asia non è in casa?”, mi fa. “Mi aveva detto che sarebbe tornata stamattina”.
“Sì, sì”, gli dico. “C’è. È in doccia, in questo momento. Ma ci mette due minuti. Intanto entri pure”.
Franco ringrazia, entra e appoggia le solite carte sul tavolo.
“Vado a chiamarla”, faccio. E poi, avvicinandomi alla porta del bagno: “Asia, è arrivato il sig. Franco”.
“Arrivo subito”, dice lei.
Torno dal sig. Franco e gli domando se gradisce qualcosa da bere.
“No, grazie”, fa lui. “Sono a posto così”.
In quel momento esce Asia in accappatoio.
Franco la guarda e dice: “Non c’era urgenza. Poteva tranquillamente vestirsi. La aspetto qui”.
“Ah”, fa lei. “Mi piace coccolarmi un po’ con l’accappatoio quando finisco la doccia. È un mio vizietto, questo, sa”.
“Ah, be’”, fa lui, “se è così, può firmare le carte, poi vado”.
Scartabella i fogli, e li posizione sul tavolo. Io mi siedo in divano. Guardo Asia. Si è slacciata il cordone dell’accappatoio. Si siede. Ha le tette in bella vista, praticamente.
“Dove”, fa a Franco, “mi dica”.
Lui, guardandole le tette, le dice: “Qui e qui, e poi qui”, indicando i punti.
Asia firma e poi si alza e mi raggiunge sul divano.
“Tutto a posto, allora”, fa, scostando l’accappatoio e mostrando una porzione di fica.
“Non lo so se è davvero tutto a posto”, fa Franco.
“Che succede”, dico io. “Altre cose da firmare?”, domando.
“No”, fa lui. “Più che altro ci sarebbe qualcuna da marchiare, qui”.
Io scoppio a ridere.
“E con cosa?”, fa Asia.
In quel momento Franco si abbassa la zip dei pantaloni e lo tira fuori. Ha il cazzo già duro. È eccitatissimo.
“Con questo”, fa. “Le comoda?”.
“Mmmm”, fa Asia, “a me sì, e a te Priscilla?”.
“Chi rinuncerebbe a essere marchiata da un cazzone così”, replico io.
“Troia”, mi fa Asia.
Io rido.
Poi Asia si alza e si lascia cadere ai piedi l’accappatoio. Ha due grosse tettone, ben sostenute. La fica rasatissima, lucida.
Vedo che si inginocchia a e affonda la bocca sul cazzo di Franco.
Lui ha un sussulto, quando lei cerca di ficcarselo fino in gola.
Franco a quel punto si libera dei pantaloni e degli slip e incoraggia Asia a succhiarglielo fino alle palle. Ma lei non riesce a prenderlo tutto in bocca.
“Lascia provare a me”, le dico.
Mi lascia campo libero e me lo infilo tutto in bocca.
“Vacca”, mi dice Asia, mentre Franco le strizza i capezzoli.
Faccio su e giù con la bocca un bel po’, poi Franco chiede a Asia di mettersi sul divano, girata, con la pancia appoggiata alla seduta. Asia, da troione qual è, esegue.
Franco si gomma con un profilattico che gli passo io. Poi allarga le chiappe di Asia, e le sputa sul culetto.
“Non sono molto abituata a prenderlo nel culo”, fa Asia timorosa. “Faccia piano, o mi farà male”.
Franco annuisce ma lei non può vederlo, perché è girata.
Comincia a penetrarla, lentamente. Lei caccia un urlo.
“Piano”, fa.
Lui insiste a spingerglielo dentro; ha di poco superato la cappella, ma lei grida.
“Sei sicura di volerti fare sfondare il culo?”, le dico, “ce l’ha bello grosso; se non sei abituata sono cavoli”.
“Sì”, fa lei che sembra aver perso letteralmente la testa, “lo voglio tutto in culo”.
“Ve bene signora”, fa Franco, “spingendolo dentro ancora”.
“Ahhhahagt”, fa lei.
Ora lo ha tirato fuori. Il buco di Asia pulsa.
Glielo sbatte dentro tutto in un sol colpo.
Asia grida.
“Goditelo, troia”, le dico io, che sto sbrodolando come una vacca.
“Sfondamiiiii”, fa lei.
E lui, incoraggiato, comincia a pomparla forte.
Adesso Asia è bella allargata e non sente più male. Gode e basta. Io intanto massaggio le palle di Franco. Sono dure come sassi.
Guardo tutto il cazzo di Franco nel culo di Asia e non vedo l’ora che sia il mio turno.
In quel frangente sentiamo suonare un cellulare. È quello di Asia. È sul tavolo, cerco di spegnerlo, ma mi accorgo che Mattia la sta chiamando.
“È Mattia”, le faccio, mentre la vedo stringere i pugni sotto i colpi di Franco.
“Rispondi e passamelo”, mi fa.
“Sei sicura?”, le dico. “Riesci a parlare?”.
Franco, vista la situazione, si ferma, lasciando tutto il cazzo nel culo di Asia.
“Sì, rispondi e passamelo, quell’impotente”.
Io rimango basita, e rispondo.
“Ciao Mattia. Sì, sì, ti passo subito Asia. È appena uscita dalla doccia”, dico mentendo.
Le passo il cellulare. Lei mette in viva voce. Franco è dietro di lei con il cazzo nel suo culo e mi guarda.
“Ciao”, si sente lui.
“Ciao”.
“Sei arrivata?”.
“Sì”, dice lei con la voce abbassata, “due ore fa”.
“Ti sento poco”, fa lui.
“No, è che”, fa lei, “sai che quando esco dalla doccia ho la voce un po’ bassa”.
In quell’istante, da grande bastardo, Franco inizia a scoparle il culo di nuovo, un paio di volte.
“Ught”, fa lei.
“Ti senti bene?”, dice Mattia.
“Sì, sì. Benissimo. Ti lascio, devo asciugarmi i capelli adesso”.
“Okay amore”, fa lui. “Ci sentiamo stasera”.
“Okay. Baci”, e riattacca.
Franco torna a darci dentro e vedo che Asia è bagnatissima. Le massaggio la patata, sento che viene.
“Lei è veramente un troiona signora”, fa Franco.
“Lo so”, dice lei.
Poi Franco mi dice di mettermi nella stessa posizione di Asia, sul divano. Con le mani avvicina i nostri culi e sposta il filetto del mio perizoma. A quel punto inizia a lavorarci i culi a turno.
Mentre mi sfonda, Asia mi si avvicina e tira fuori la lingua. Io tiro fuori la mia e ci slinguazziamo.
“Puttanone lesbiche”, fa Franco che, con me, sembra non avere pietà. Mi sta pompando senza freni. Ho le mutandine piene di brodo appiccicoso.
Va avanti a scoparci i culi a turno per venti minuti e sembra non venire mai. A un certo punto, però, sento che ci dice.
“Volete il vostro marchio?”.
Penso, che fa: lo spiritoso? Ci giriamo. Asia ha già la bocca aperta. La apro anche io.
Franco le sborra in bocca, due fiotti. Gli altri tre sono per me.
Io e Asia voltiamo le teste e ci guardiamo. Lo sappiamo entrambe, non possiamo farne a meno.
Ci limoniamo con la sborra di Franco in bocca.
“Che razza di vacche”, fa lui, guardandoci. “Gustatevi il mio marchio, sì”.
Limoniamo un pezzo passandoci la sborra di bocca e, infine, ingolliamo; poi ci lasciamo cadere indietro sul divano. Io sgrilletto ancora un po’ Asia che ha un lungo orgasmo.
Franco, intanto, ha cominciato a rivestirsi.
Asia è K.O. Esausta.
“Bene”, fa lui raccogliendo le carte. “È ora che vada”.
Asia non dice niente. Ha gli occhi che le si chiudono.
“Grazie di tutto”, gli dico io. “È sempre un piacere”.
“Non sapete per me”, fa lui aprendo la porta e andandosene.
Chiedo ad Asia se vuole sdraiarsi sul divano e riposare un po’. Mi fa sì sì con la testa. Prendo il suo cellulare e lo appoggio al tavolo e in quel momento mi rendo conto. Asia, forse presa dall’eccitazione, non aveva interrotto la comunicazione, e Mattia era ancora in linea, in silenzio.
Chiudo immediatamente, senza dire niente ad Asia: non vorrei sconvolgerla adesso.
Vado a farmi una doccia.

Più tardi, quella sera, glielo dico.
“Credo che Mattia abbia sentito tutto. Tu-tto”, scandisco.
“Lo so”, fa lei, sorprendendomi. “L’ho fatto a posta”.
“Come dici?”, le faccio. “Ma così hai messo nei casini anche me, Asia. Non capisci?”.
“Macché dici”, fa lei. “Mattia sa tutto di te”.
“E perché diavolo non me l’hai mai detto?”, le rispondo, arrabbiata.
“Non ce n’era bisogno. Mattia è un uomo di mondo. Mica si scandalizza”.
“Non è questo il punto”, le dico. “Avresti dovuto essere più onesta con me”.
“Credo si sia fatto una sega ascoltandoci”, fa.
“Ma allora”, dico ripensando allo sportello in bagno, “lui sa tutto”.
Asia ridacchia.
“Scusami, sì, ti ho mentito”.
“E perché cazzo l’hai fatto? Che motivo c’era. Siamo… anzi, a questo punto direi che eravamo amiche”, dico alzandomi da tavola.
“Non fare la scema, adesso”, fa, e ascoltami.
Mi risiedo.
“Quando mi hai chiamato, ti ho detto così perché ancora non ne avevo parlato con Mattia. Poi lui mi ha detto che potevo metterti al corrente tutto”.
“Potevi dirmelo appena arrivata”, faccio.
“Lo so, è vero. Però sono cose intime che… Ascolta”, fa appoggiandomi un mano alla spalla, “Mattia è praticamente impotente. Non gli tira, o se gli tira, gli tira pochissimo. Però gli piace essere umiliato. Gode quando lo umili. Diciamo che l’unico momento in cui riesce ad avere un’erezione è quando lo umili e lo deridi. So che tu penserai che è un deviato mentale. Ma non è così. Quando, in bagno, succhio e mi infilo i cazzoni dei vicini, lui mi guarda e io gli dico: ‘vedi, miserabile impotente, questo è un cazzo, e adesso ti faccio vedere come me lo sbatte e nella fica facendomi venire come una troia’. Cose così, capisci?, e lui in quel momento riesce ad avere un erezione e anche a scoparmi, alle volte”.
Resto basita e incredula.
“Capisco”, dico. “Effettivamente è una situazione particolare”, aggiungo.
In quell’istante piomba su di noi MisterOne.
“Hai fame piccolo?”, fa Asia, tutta tenera. “Adesso ti diamo le pappe”.

Più tardi, verso le dieci di sera, ci salutiamo. Prendo le mie cose a vado.
Sul pianerottolo incontro uno dei vicini infila cazzi. Mi guarda e, vedendomi con la valigetta, mi fa:
“Te ne vai?”.
“Sì, ero ospite in questi giorni”.
“Be’, buon viaggio, allora”, mi dice scendendo le scale.
Questo viaggio, penso fra me è me, è stato davvero indimenticabile.
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