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TROPPO TROIA PER ESSERE AMATA?


di La_Lilla
21.10.2022    |    7.445    |    6 9.9
"“Speriamo non troppo”, gli dico io..."
Una cosa che mi sono dimenticata di raccontare è che io e Ruggero – il signore simpatico che io e Lina avevamo conosciuto in SPA – ci eravamo scambiati il numero di telefono. Il giorno dopo lo dico a Lina è lei mi ha simpaticamente mandato affanculo. “E a me niente?”, mi aveva detto. “Che ne so”, faccio, “magari te lo chiede”. Lei aveva fatto spallucce, un po’ contrariata. La capivo, ma del resto non potevo farci niente.
Ruggero era di Milano. Era proprietario di un piccolo ristorante in centro città. Uomo sposato, con figli, più vicino ai settanta che ai sessanta (ma tutto questo è già stato detto, se ben ricordo). Io dovevo recarmi a Milano cinque giorni per una fiera e così lo contattai via whatsapp. Facemmo una videochiamata breve; era felicissimo di rivedermi e ancora più felice di poter passare un paio di giorni con me.
“Come farai con tua moglie?”, gli chiedo.
Lo vedo sorridere.
“Ah, ma lei è sempre molto impegnata col ristorante. Figurati. Le dirò che sono a qualche evento fuori città”, mi dice lui.
“Va bene, ma allora come facciamo per vederci?”.
“Prenoto una camera in un albergo qui vicino, se vuoi”.
“D’accordo”, rispondo. “Fai tutto tu allora?”.
“Sì, non ti preoccupare. Poi ti invio il link dell’albergo”.
Ci salutammo e chiudemmo la videochiamata.


Due giorni dopo ero già diretta a Milano in treno. Purtroppo, però, per alcuni contrattempi lavorativi sono dovuta partire molto in ritardo. Una volta arrivata alla stazione centrale – erano già le ventitre e trenta – ho richiamato un taxi e mi sono fatta portare all’Hotel L***r, scelto da Ruggero.
Alla reception trovo una signorina molto gentile che mi chiede i documenti e mi dà la tessera magnetica della camera. Ruggero mi aveva appena mandato un messaggio, dicendomi che sarebbe arrivato molto tardi, purtroppo, perché la moglie lo aveva trattenuto al ristorante, visto che era stata una serata molto movimentata.
Salgo, apro la porta, e entro. Sono incredibilmente stanca morta e accendo la tivù per distrarmi. Intanto mi metto en femme, un bel completino che mi ero comprata giorni prima.
A mezzanotte e mezza sento bussare alla porta. Chiedo chi è.
“Sono io”, fa, “apri”.
Apro. Ruggero sembra stanco morto e un tantino adirato.
“Oggi, proprio una serataccia”, mi fa.
“Non ho avuto una grande giornata neanche io”.
“Sei splendida, comunque”, dandomi un bacetto sulla fronte.
Poi è andato a farsi una doccia. È uscito con l’asciugamano e si è sdraiato sul letto.
“Scusami”, dice visibilmente esausto. “Ma sono veramente distrutto”.
“Non ti preoccupare”, gli dico io. “Adesso spengo la luce e dormiamo”.
E così ho fatto.
Lui è crollato nel sonno subito. Aveva fatto giusto a tempo a levarsi l’asciugamano e infilarsi sotto le coperte. Io invece ero un po’ tesa ed agitata, non so perché. Comunque sono riuscita ad addormentarmi poco dopo.


Un suono sordo che non so da dove sia provenuto, mi sveglia. Guardo l’ora sullo smartphone. Sono le nove e trenta. Ruggero dorme ancora delle grossa. Io mi alzo e vado in bagno a darmi una sciacquata.
Quando ritorno lui è ancora nella stessa posizione, supino. Mi spiace svegliarlo, però ho voglia di giocare. Non riesco a capire perché, ma mi sento eccitata.
Così abbasso le lenzuola, lentamente. Lui è lì, tutto pelosetto e nudo sul letto. Allungo una mano e gli accarezzo l’uccello. Le dita scivolano nella sua peluria e scendono fino alla palle. Lui dorme, non mi sente. Il suo cazzo non è completamente moscio, ha la classica mezza erezione mattutina. Comincio a segarglielo, lentamente. Lo sento emettere qualche suono, forse si sta svegliando. Lui non so, il suo cazzo sicuramente sì. Glielo faccio diventare duro menandoglielo lentamente. Appena è al top dell’erezione, mi chino e lo prendo in bocca. Quando ce l’ho dentro, ricordo il buon sapore del suo uccello, e comincio a sbrodolare nelle mutandine. Lo ciuccio tutto, avidamente, risucchiandolo in gola.
“Buongiorno”, sento.
“Ciaooo”, gli dico.
“Che fai. Colazione?”, mi dice ridendo.
“Sì”, dico sghignazzando. “Latte caldo”.
“Guarda che sono quattro giorni che non sborro. Spero tu sia affamata”, mi dice ironico.
“Beneee”, gli rispondo, “ma perché quattro; prima con chi avevi scopato, porcello”.
“Eh”, fa lui, “questi sono segreti di Stato”.
“Seee”, gli dico, “dello Stato del tuo uccello”, mentre gli lecco la cappella.
“Ah! Ah! Ah!”, ride, divertito. “Se fai così, però, la colazione ti viene servita subito, mi sa”.
“Peccato non avere una tazza”, controbatto io.
“Se vuoi ce ne facciamo portare una”.
“Non sarebbe una cattiva idea”.
“Ma ho paura che il latte arrivi prima della tazza”, dice lui ridendo.
In quel momento sento il suo cazzo pulsare.
“Eccolo… Aght! Aght!”, fa.
In bocca sento il sapore caldo della sua sborra densissima. La tengo in bocca e gliela mostro. Poi la mando già.
“Più che latte sembra budino, maiale”, gli dico.
“Ah! Ah! Ah! In effetti mi succede quando sto un paio di giorni senza venire. Sì, diventa più densa”.
“Però buona”, gli dico sdraiandomi vicino a lui.
“Di la verità”, mi fa. “Quante volte hai intenzione di svuotarmi oggi? Così mi preparo psicologicamente”.
Scoppio a ridere. Ruggero è veramente un uomo di cui potrei innamorarmi, o forse mi sono già innamorata…
“Bo’, qual è il tuo record di venute giornaliere?”.
“Fammi pensare…”, portandosi due dita al mento. “Credo quattro, una volta, ma parecchio tempo fa”.
“Anche tre vanno bene”, gli dico sorridendo.
“Spero di non deluderti”.
“Ce la farò”, gli dico mentre mi alzo e vado in bagno. “Ce la farai”.


Quel pomeriggio lui aveva delle faccende da sbrigare; io, che dovevo essere all’area fiera solo il giorno dopo, ero libera di farmi un giro in città.
Trovandomi a Milano non mi sono fatta problemi ad uscire en femme. Non che non esca anche in altri città o luoghi, però sono un po’ più titubante. In ogni modo era una bella giornata e camminare in centro è stato un vero piacere.
Verso le tre, mentre sto per ritornare a piedi all’hotel, sento una macchina che rallenta e mi si affianca.
“Ciao”, sento. Mi volto, sono due tipi.
“Ciao”, saluto.
“Senti”, fa quello al finestrino, “qua ci sarebbero due cazzi da svuotare. Ti va?”.
Dentro di me, in situazioni come questa, parte una voce, che dice più o meno così: “Non fare la troia, Priscilla, non fare la troia”. È che in genere non la ascolto quasi mai.
Sono due bei tipi, sopra i trent’anni, su un SUV Mercedes da centomila euro, come minimo.
“Dai”, fa. “Salta su. So che hai voglia”.
Si fermano, io apro la portiera e salgo.
“Non ho tutto il pomeriggio”, dico. “Devo tornare in hotel tra due ore”.
“Tranquilla, ti ci riportiamo noi…. Come ti chiami?”.
“Priscilla”.
“Alle quattro sei di nuovo qui, Priscilla”.
Il tipo alla guida, muto fino a quel momento, accelera. Facciamo un po’ di strada, fino a raggiungere una zona industriale abbandonata appena fuori città.
Durante il tragitto, quello più ciarliero dei due mi ha chiesto se ero da Milano. Gli ho detto di no e gli ho spiegato che ero lì per le fiere.
Ci fermiamo in un grande spiazzo, protetti da dei container arrugginiti probabilmente vuoti.
I due sono scesi e si sono seduti dietro insieme a me. Subito si sono calati pantaloni e mutande. Quello che fino a quel momento era stato zitto aveva già un grosso cazzo in erezione. L’altro meno. Ho cominciato a segarli entrambi. Poi mi sono dedicata al cazzone ritto, ficcandomelo tutto in bocca, mentre continuavo a segare l’altro. A un certo punto mi sono messa carponi, a ciucciargli il cazzo, e quello dietro è salito sopra di me, si è incappucciato, e mi ha sbattuto il cazzo in culo senza pietà. È andato avanti a sfondarmelo per cinque minuti, poi hanno fatto a cambio. Tutto in silenzio. Non una parola. Quando quello col cazzone grosso ha puntato la cappella sulla mia rosa e ha cominciato a spingerla dentro, sono venuta. Poi mi ha sbattuta forte per dieci minuti, mentre l’altro se ne era già venuto in bocca mia. Ho fatto giusto a tempo a girarmi, che cazzone grosso si è tolto il profilattico e mi ha inondato la faccia di sborra.
Poi sono scesi velocemente e sono tornati davanti, mentre io, cieca da un occhio, cercavo i fazzoletti nella borsa. Mi sono levata la sborrata che avevo in faccia, ma poi mi sono resa conto che ce l’avevo anche sul vestito. Quel porco aveva sborrato proprio per il maiale che era.
Rimettono in moto e ripartiamo. Verso le tre e mezza siamo davanti all’Hotel.
“Visto? Persino in anticipo. Trovarne di puttanelle abili di lingua come te”, mi dice sempre lo stesso.
“E di porci come voi”, dico io, scendendo dall’auto.
Lui ride e abbassa il finestrino e sgommano via.


Quando sono rientrata nella stanza, Ruggero era sdraiato sul letto, in mutande, e stava guardando la tivù.
“Bentornata”, mi fa. “Dove sei stata?”.
“A fare un giro qui intorno”.
“Un giro e basta?”, mi chiede sornione.
“Sì, un giro, perché”.
“Be’”, continua, “ero fuori in terrazza prima. Ho visto che sei scesa da una bella macchina”.
Io rimango di ghiaccio.
“Allora?”, gli rispondo. “Mica siamo fidanzati, io e te”.
“Oh, no. Non intendevo per quello. Figurati. Hai scopato?”.
“Se proprio vuoi saperlo sì, con due tipi”.
“E com’erano?”.
“Solito. Niente di che”.
“Divertita?”.
“Più o meno… Adesso”, gli faccio muovendomi verso il bagno, “mi sistemo un attimo”.
“Ti hanno sborrato in faccia, vero?”.
“Non essere volgare, adesso”, faccio io, neanche fossi una mogliettina pia.
“Oh, scusami… Non credevo ti offendessi”.
“Macché, non è per questo. È che… devi capire che certe cose sono fatti miei. E comunque sì, se proprio ti va di saperlo, uno dei due mi ha sborrato in faccia, e anche tanto”.
“Bel porco”, mi fa.
Mentre mi parla si tocca e il cazzo comincia ad irrigidirsi.
“Sei un bel maiale anche tu, se è per quello”, gli dico, stemperando i toni.
“Puoi dirlo forte”, fa lui. E poi aggiunge: “Appena esci dal bagno faresti una cosa per me?”.
“Ma certo. Quello che vuoi”.
“Puoi prendere anche quel dildo che ho visto nel cassetto?”.
Rido.
“Certo che sei proprio un bel furbacchione tu”.
“Eh, cavolo”, sbotta, “lo metti nel cassetto delle spazzole”.
“Questo è vero”, dico ridendo.
Poi vado in bagno e mi lavo. Mi trucco di nuovo e prendo un nuovo completino, molto sexy. Me lo metto. Prendo il dildo e torno da Ruggero.
“Mmmm”, gli faccio notando il suo cazzo duro. “Vedo che ti sei dato da fare”.
“Eh sì, mi sono preso avanti, diciamo”.
“Speriamo non troppo”, gli dico io.
Uno dei, diciamo, difettucci di Ruggero è proprio quello di venire abbastanza velocemente. Un po’ troppo, per i miei gusti. Però va bene così.
“Cosa devo fare con questo?”, gli domando.
“Siediti sulla poltroncina, apri le gambe e infilatelo lentamente”.
Faccio come mi dice, mi siedo, lubrifico il dildo e inizio a infilarmelo mentre lui, guardandomi, continua a segarsi sul letto.
“Così, brava, tutto su, voglio sentirti godere”.
Lo accontento facendo i classici gesti della cagna. E a dire il vero, sarà perché sono ancora eccitata per prima, sbrodolo dalla pisella.
Ruggero ha il cazzo durissimo e lo vorrei dentro di me, anche insieme al dildo. Ahimè, però, mi dice che sta per venire.
Si alza, si avvicina a mi dice di allargare bene le gambe.
“Così, col dildo in culo, ti sborro le mutandine”.
Poi lo sento gemere, finché non parte un fiotto di sborra che però gli scende lentamente lungo la canna del cazzo.
Ci rimane un po’ male perché il suo intento era marchiarmi le mutandine.
“Fa niente”, gli dico, “avvicinalo e struscialo sulle mie mutandine mentre io continuo a sfondarmi”.
Fa come gli dico. Sento la sua sborra calda entrare nel mio perizoma di pizzo e bagnare la mia pisella già abbondantemente bagnata.
Subito dopo lui va a lavarsi e io termino il mio gioco. Entro in bagno con lui. Si sta facendo il bidet.
“Sei arrabbiato? Deluso?”.
“No, figurati. Ma mi sa che la terza sborrata non ci sarà, oggi. Mi hai completamente svuotato”.
Rido sguaiatamente.
“Stupidino”, faccio. “Vedrai che stasera tardi ne esce ancora”.
“Non so. Sono spompato. Sul serio”.
“Vedremo”, gli dico.
Poi ci sdraiamo sul letto e quando sono le venti e trenta decidiamo di farci portare la cena in camera. La cena arriva dopo quindici minuti. Mangiamo sul piccolo tavolinetto e parliamo un po’ di tutto.
Verso le undici, tra chiacchiere e tivù, torniamo a letto. Lui si sdraia, pronto a dormire.
Ruggero porta sempre gli slip molto aderenti, di marca. Mai i boxer. Questa è una cosa che mi piace, di lui.
Lo vedo chiudere gli occhi, ma io non sono una che si arrende. Così abbasso la coperta, sposto gli slip e faccio uscire i coglioni pelosi. Molte inorridiscono alla vista del pelo, soprattutto sulle palle. A me invece piace. Quello di Ruggero in particolar modo. Perché ha le palle grosse e lunghe. Molli. Palle con cui passeresti ore a giocare. È quello che inizio a fare.
“Mi sa che è una battaglia persa”, dice lui aprendo un occhio. “Credimi”.
In quel momento mi viene un’idea.
“Ascolta, e se ci guardassimo un video porno insieme?”.
Lui si tira su.
“Ma come ti vengono queste idee?”.
“Così”, gli faccio. “Di punto in bianco”.
Lui si mette a ridere.
“Proviamo, dai”.
Prendo lo smartphone e vado su pornhube.
“Che genere ti eccita?”.
“Rouge”, fa. “Ultimamente guardo quello”.
“Mmmm. Maiale”.
Digito rough e seleziono un filmato. C’è una ragazza bianca, bianchissima e pallidissima, con poco seno. Attorno a lei quattro uomini di colore, uno col cazzo più grosso e lungo dell’altro.
Cominciamo a guardarlo. Quando uno degli uomini fa sedere la ragazza sullo sgabello – dopo averle schiaffeggiato duramente le terga – e le infila tutto il cazzone in culo sento Ruggero che fa “mmmm, puttana”.
Io intanto lo masturbo, anche se il suo uccello non sembra reagire granché.
Il video va avanti e a un certo punto due di questi uomini di colore cominciano a praticare il doppio anal alla ragazza, sfondandola.
“Ma come cazzo fa? Ci passa una testa in quel culo”, commenta lui.
Io rido. Effettivamente ha ragione. La ragazza, tra l’altro magrolina, ha un culo sfondatissimo.
Il suo cazzo, in mano mia, intanto, si indurisce e verso la metà del video è già bello duro.
“Visto?”, gli faccio. “Sei proprio un porcello”.
“Eh sì”, fa lui. “Grazie a te”.
“Dai”, gli dico mettendomi a quattro zampe sul letto e poggiando la guancia sul materasso, “scopami adesso”.
Non ci pensa due volte, si tira su e mi impala. Mentre mi scopa ho un orgasmo. Lui, non so perché, mi eccita molto. Anzi, forse lo so perché, perché probabilmente sono innamorata, ma è meglio non pensarci, adesso.
Mi sbatte per cinque minuti, con colpi assestati a dovere. Il suo cazzo è sorprendentemente durissimo, e lo sento bene nella ‘fica’.
A un certo punto, sento che se ne viene. Percepisco proprio le spruzzate nel culo.
Lui tira fuori il cazzo e mi dice.
“Oh, cazzo, scusa, ma ti ho fatto il pieno”.
“Mmmm”, gli dico io. “Porcello. Mi hai sborrato in culo, eh?”.
“Eh sì”, fa lui. “Non ho fatto a tempo…”.
Io mi volto, piego le gambe e mi metto in posizione per defecare. Spingo fuori con forza lo sfintere mentre tengo una mano sotto. Lui mi guarda e continua a segarsi: anche se il suo cazzo ha perso vigore. Sento che scende un rigolo di sborra sulla mia mano.
“Che puttanella che sei”, mi dice. “Mai vista una come te”.
Lecco la sborra e lui ha un sussulto.
Poi così, a bruciapelo, butto là:
“E se ti dico che faccio tutto questo perché… perché mi sono innamorata di te, mi crederesti?”.
Lui si fa una grassa risata; una rasata che non ha nulla di divertente per me; anzi, una risata che mi umilia, profondamente. Lo si capisce bene, penso, dall’espressione che faccio.
Mi alzo di scatto e vado in bagno.
“Priscilla”, fa lui, seguendomi. “E che, ti sei arrabbiata?”.
“Dormi Ruggero”, gli dico io. “Non ti preoccupare per me. Ci sono abituata”, ma è evidente che sto per piangere.
“Oh, cielo!”, fa lui. “Tu non sai quanto mi dispiace… Non volevo offenderti o prendermi gioco di te… La mia era una risata per sdrammatizzare”.
“Cosa c’è da sdrammatizzare. Nulla. Se una ti dice che è innamorata di te, tu dovresti dimostrare un po’ di tatto. Non riderle dietro”.
“Ho sbagliato, è vero. Cosa posso fare per scusarmi?”.
“Nulla, Ruggero, nulla. Vai pure a dormire”.
Quando torno in camera lui ronfa già. Mi infilo sotto le coperte e cerco di non pensare più a niente.


Il giorno dopo mi sveglio verso le dieci. Ruggero è già andato via. Sul cuscino trovo un biglietto. Lo leggo.
Dice: scusami per ieri sera, sono stato uno stupido. Però cerca di capire, se davvero mi amassi come sostieni e credi, ieri non saresti andata in giro con quei due gonzi a farti scopare. Io la penso così. In ogni modo, non potrà mai esserci una storia tra me e te. Lo sai che sono sposato e, credimi, mi dispiace non poter corrispondere il tuo sentimento. Forse è meglio non vederci né sentirci più. È stato bello. Ruggero.
Ho strappato la lettera e l’ho gettata nel cestino. Poi ho preso lo smartphone e ho cancellato il suo numero.
Nel pomeriggio mi aspettavano al centro fiere. Avevo un appuntamento di lavoro importate, che mi avrebbe fatto dimenticare tutto.


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