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SMALTO VIOLA


di La_Lilla
31.03.2023    |    9.338    |    31 10.0
"“E che fine… Ah, okay, ho capito tutto”, dice ridendo..."
Una volta ogni due settimane vado a farmi le unghie in un centro estetico. La ragazza che ci lavora è una mia amica; con lei chiacchiero di tutto, mi sento a mio agio.
Quel giorno entro come e, come al solito, mi siedo nella saletta d’attesa. Lì trovo due persone, una signora e un signore, entrambi sopra i cinquant’anni da un bel po’.
Mi siedo e prendo una rivista. La sfoglio. Un attimo dopo esce Valeria, la mia amica, e mi viene incontro.
“Ciao Prisci” (mi chiama così) “dovrai attendere un pochino, sai, mi dispiace. Oggi è proprio un gran casino, qui. Mi si è rotta anche una delle lampade per asciugare le unghie. Non ti dico”.
“Tranquilla”, le rispondo, “non ho fretta. Fai quello che devi fare”.
Mi sorride e poi fa un cenno alla signora, come a dirle che può accomodarsi dentro.
Io resto da sola nella saletta con il signore. Immagino sia il marito, o tutt’al più il compagno. Ripeto, deve avere più di cinquant’anni, ma non saprei dargli un’età precisa.
Fatto sta che da quando la signora è entrata non la smette di fissarmi. Io, con la mia rivista in mano, fingo di non essermene accorta, e continua a sfogliarla.
Devo dire che sono vestita in modo abbastanza provocante, con una minigonna vertiginosa, rosa, e un maglioncino aderente tutto pagliettato. Sotto indosso collant sottili e, ovviamente, uno dei miei infiniti perizoma. Scarpe nere tacco alto, da prassi.
Mentre osservo le immagini della rivista, accavallo e scavallo le gambe un paio di volte. So che sta guardando, ma continuo a fare la gnorri.
A un certo punto abbasso la rivista e la appoggio al tavolinetto. Io e il signore ci guardiamo un attimo, quell’attimo che gli consente di farmi l’occhiolino, e subito dopo si alza, dirigendosi verso la toilette lì vicina.
Io sento una specie di fuoco, dentro, e così, a un tratto, scatto in piedi, e lo seguo.
È un attimo, siamo dentro. Lui si appoggia al muro e si abbassa pantaloni e mutande. Ha il cazzo già bello turgido, quasi pronto. Mi inginocchio e glielo lecco lentamente, mentre lo sento crescere. Ha un capellone grosso e violaceo, cazzo venoso e roccioso. Me lo ficco tutto in bocca, fino in gola, e pompo. Sento che mi sto bagnando, alla grande, e lui lo capisce.
Un minuto dopo mi tira su, mi volta, mi spinge contro il lavello, alza la gonnellina e mi lacera i collant, da dietro. Subito dopo lo sento afferrare con forza il mio perizoma: uno strattone, e me lo strappa via.
In quegli attimi di bollore e follia riesco a trovare la lucidità per cercare un profilattico nella borsetta. Lui attende un attimo. Glielo passo. Se lo infila velocemente.
Poi, piegata in avanti, lo sento entrare: con un colpo forte, deciso. Poi un altro, che mi fa sbattere la faccia sulla specchiera. Me lo sbatte dentro velocemente una quindicina di volta, fino a venire nel condom.
Quando ha finito, tira fuori il cazzo ancora duro, si sfila il profilattico, mi volta con forza, e inizia a dondolarlo davanti alla mia faccia.
“Sai cosa devi fare, troia”, mi dice soltanto.
Prendo il profilattico e svuoto tutto il succo denso e caldo nella mia bocca.
In quel preciso istante sentiamo sua moglie, nella saletta, che parla con Valeria.
“Sarà in bagno”, dice Valeria.
Lui si tira su velocemente pantaloni e mutande, si abbottona ed esce.
“Ah, ecco, sì, era in bagno”, fa la signora.
“Bene”, allora sento dire a Valeria, “alla prossima”.
“Sì”, dice la signora, “saluti”.
Nel frattempo io mi libero del profilattico, scaricandolo nel water. Mi tolgo i collant lacerati, li appallottolo in qualche modo, e li ficco in borsa. Poi esco.
Nella saletta trovo Valeria.
“Non serve che tu dica niente”, mi fa.
Io sorrido.
“Ho visto la faccia di lui e adesso vedo la tua. Ho capito tutto”.
“Eh, sei furba, tu”, le dico.
“Proprio. Com’era?”.
“Buona”, dico ridendo.
“Non intendevo quella. Ma che porca", mi dice.
“Ah! Ah! Ah!”, rido divertita. “Una cosa veloce, ma intensa”.
Poi mi mette una mano dietro la schiena.
“Andiamo, dai, di che colore lo vuoi lo smalto questa volta”.
“Viola, direi viola”, le dico.
Poi così, come un fulmine a ciel sereno, mi fa:
“Ma non avevi le calze quando sei entrata, o sbaglio?”.
“I collant, cara, i collant”.
“E che fine… Ah, okay, ho capito tutto”, dice ridendo.
“Brava, brava, non serve che tu aggiunga altro”, le dico, sedendomi e ridendo a mia volta.



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