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UN PROVINO DALL'ESISTO SCONTATO


di La_Lilla
23.11.2022    |    4.859    |    4 9.6
"“Favolosa”, dice Matteo in un sussulto..."
Tutti i precedenti tentativi erano andati da schifo, ma non avevo intenzione di mollare l’osso: ero fortemente intenzionata a diventare una attrice trav porno. Il mondo dell’Hard mi aveva sempre affascinato, come ho avuto modo già di dire, e quindi non mi pareva il caso di abbandonare anticipatamente un mio sogno, così, quasi per caso, cercando su google, mi sono imbattuta in questi “provini hard” che, per mia fortuna, si svolgevano a pochi chilometri da dove abito. Non si parlava in modo esplicito di “provini porno” e non si indicava nemmeno il genere. Mi dissi che tanto valeva fare un tentativo, così mandai una mail. Nel giro di un paio di ore ottenni una risposta. Questa.

Felici di conoscerla Priscilla. In risposta alle domande lette sulla mail che ci ha inviato, le comunico che la nostra produzione accetta anche trav e trans. Siamo aperti un po’ a tutto. I provini si svolgono in Via Colombo, 18 (PX), dalle 16:00 alle 19:30, il Lunedì, Martedì e Giovedì. Per maggiori informazioni e per richiedere un appuntamento per il provino, può tranquillamente chiamarci o mandare un messaggio al numero che trova qui sotto. Cordiali saluti, S&T production.

Non sono una sprovveduta totale. So per certo che molti di questi annunci sono degli specchietti per le allodole. Falsi autori o fotografi che si fanno contattare da aspiranti attrici solo per scoparsele, ma in ogni caso io non avevo granché da perdere: volevo comunque provarci.
Mando un messaggio Whatsapp in cui faccio sapere che sarei libera il giovedì, verso le 17:00.
Mi rispondono nel giro di venti minuti.
“Benissimo. La aspettiamo per le 17:00, giovedì”.
Tutto troppo facile, ovviamente, c’era il puzzo dell’inganno; era evidente ma, ripeto, ero decisamente intenzionata ad andare fino in fondo alla cosa, così giovedì mi travesto e mi reco all’appuntamento.
Il posto si trova più o meno in centro, in una palazzina di una decina di piani. Cerco il campanello con la scritta S&T production, ma non ve n’è traccia, ovviamente.
Mando un whatapp dicendo loro che sono sotto e se mi fanno il piacere di aprirei la porta, sperando che rispondano velocemente. Intanto un signore anziano passa e mi guarda palesemente il culo. Sorrido.
“Adesso le apriamo subito”, rispondono.
In effetti sento scattare il chiavistello e entro. Naturalmente nessuno mi ha detto a che piano si trovano. Così mando di nuovo un messaggio.
“Sì, scusi, al terzo”.
Richiamo l’ascensore, aspetto che scenda, entro, schiaccio il tasto del terzo piano e salgo.
Appena si apre la porta, mi trovo davanti una ragazza che mi guarda.
“Buongiorno”, dico.
Lei abbassa la testa facendo un cenno e velocemente entra nell’ascensore.
Sono sul pianerottolo e mi guardo intorno. Vedo sei porte tutte uguali. Mi dirigo a sinistra e sento:
“Siamo qui, venga”.
Mi volto e mi accorgo che la porta alle mie spalle è semiaperta e dietro c’è un signore.
“Buongiorno”, dico.
“Buongiorno”, fa lui. “Entri pure. Sa”, comincia, “deve scusarci se non abbiamo ancora messo nessuna scritta o cartello. Siamo qui da una settimana, con un sacco di cose da fare”.
“Non si preoccupi”, gli dico, “sono arrivata”.
“Si sieda pure”, mi fa il signore (più o meno sui sessant’anni, un po’ grassoccio, con la camicia celeste e i pantaloni neri), indicandomi un divanetto.
Mi siedo. Lui si dirige verso la sua piccola scrivania. Siamo in una stanza di dieci metri per cinque, in tutto. C’è appunto una scrivania, due sedie, un divanetto, un armadietto e un tavolino con sopra due lattine di cocacola.
“Ha qualche problema ad essere ripresa?”, mi domanda.
La domanda mi spiazza. Non pensavo di essere ripresa. Tutto lì.
“Nnnn… no”, dico, “ma perché, è necessario riprendermi?”.
“Be’, vede, non sono io che scelgo direttamente i candidati, sa. È un lavoro di team. Io registro e poi invio il provino. Scelgono sulla base delle domande e anche delle prestazioni”.
“Credo sia normale”, faccio, sempre più dubbiosa.
“Dunque non ha problemi”.
“No”.
Vedo che va verso l’armadietto, lo apre e tira fuori un cavalletto e una videocamera. Appoggia la videocamera alla scrivania e intanto sistema il cavalletto a due metri dal divano dove mi trovo seduta. Poi prende la videocamera e la aggancia al cavalletto; la accende, e comincia a regolare l’obiettivo. Terminate le operazioni torna a sedersi dietro la sua scrivania.
“Perfetto”, fa. “Ci siamo. Iniziamo”.
“Ok”, dico io, pensierosa.
“Le farò alcune domande, intanto”.
Vedo che con un telecomando a distanza attiva la videocamera.
“Ti chiami?”.
“Priscilla”, rispondo.
“Sei qui per un provino hard, vero?”.
“Sì”.
“E come mai? Perché vorresti entrare nel mondo del porno?”.
“Non lo so”, dico accarezzandomi involontariamente le gambe, “mi affascina”.
“Ma ha mai girato film o video prima?”.
“Amatoriali, ma poca roba”.
“Tu sei trav, ma attiva o passiva”.
“Passiva”.
“Sembri un po’ timida”.
“All’inizio sì, do questa impressione. Però poi mi scateno”.
“Hai dei limiti?”.
“Qualcuno sì”.
“Tipo?”.
“Non mi piacciono le cose troppo spinte e pericolose”.
“Fai un esempio”.
“Versare cera sul corpo. Feci”.
“Pissing?”.
“Quello sì, va bene”.
“Fruste, catene, costrizioni?”.
“Anche, pur con le dovute precauzioni”.
“Sei fidanzata, single?”.
“Single”.
“Mai convissuto?”.
“Per periodi più o meno brevi sì”.
“Continueresti con il porno anche se trovassi un compagno o una compagna?”.
“Certo che sì”.
“Problemi a fare sesso con sconosciuti?”.
“No, direi di no”.
“Sa, in questo mondo capita spesso di andare a prendere gente anche per strada, quando serve fare numero”.
“Cioè attori non professionisti?”.
“No no,non attori: persone normali, proprio”.
“Questo non lo sapevo”.
“Se accadesse ti tireresti indietro?”.
“Niente affatto”.
“Sei sicura?”.
“Certo che sì”.
“Tipo se adesso io ti dicessi che scendo giù e prendo il primo che passa qui da basso e lo porto su, tu ti faresti scopare tranquillamente, senza sapere neanche come sia, cioè alto, magro, grasso, vecchio, giovane?”.
“Be’”, dico un po’ titubante, “credo di sì”.
“Credi o sei sicura che lo faresti”.
“Lo farei, sì. Penso che lo farei”.
“Guarda che non sto scherzando. Io adesso scendo e porto su qualcuno. Tu te lo scopi?”.
“Sì”, dico sicura che stesse bluffando.
“Okay allora”, fa, disattivando la videocamera. “Adesso scendo e vedo chi trovo”.
Io scoppio a ridere. La mia è più che altro una risata nervosa.
“Ma non ci riuscirà mai”.
“Tu credi? Sai quanta gente che c’è là fuori che non vede l’ora di infilare il suo uccello in un buco, uno qualsiasi, a gratis?”.
“Questo è vero”, dico. “Però potrebbe metterci del tempo a trovarli”.
“In realtà no”, fa. “Li ho già trovati, sono due. Ho chiesto a due tizi, ancora mezz’ora fa, due che tra l’altro sono anche amici, due tizi che non avevo mai visto in vita mia. I primi due che ho incontrato al bar qui sotto”.
“Mi sembra una cosa tutta organizzata”, gli dico. “Se volevate scopare, voi tre, potevate inventarne una di migliore”, gli dico ironica.
“Così offendi la mia professionalità”, mi risponde. “Non conosco questi due signori. Li ho visti per la prima volta al bar qui sotto. Loro potranno confermartelo. In ogni caso io non entro in gioco. Sono un professionista, come ti ho detto. Cosa faccio, li chiamo? Gli dico che possono salire?”.
Non avevo molto tempo per pensarci. La questione era: credergli o non credergli? Decisi di fregarmene.
“Sì, li chiami”.
Ormai era diventata una fottuta partita a poker, con rilanci vari.
“Perfetto”, fa togliendosi il cellulare di tasca e componendo un numero.
Lo sento parlottare al telefono. Una telefonata di due minuti.
“Salgono subito”.
Pochi minuti e due sconosciuti sarebbero stati davanti a me. Cominciavo a pentirmi della mia audacia, di essere stata tanto sfrontata. Speravo solo che non fossero troppo giovani. Il cuore mi batteva a mille e, in quel momento, sentiamo bussare alla porta.
L’uomo va ad aprire ed entrano due tipi, tutti e due sulla cinquantina, per fortuna, poco più. Uno è in tuta da ginnastica grigio chiaro, con delle bande rosse davanti. L’altro in jeans e felpa. Quello con la tuta sembra nascondere una bella pancia da birra; l’altro è più alto e longilineo. Non riesco a guardarli in faccia subito. Loro salutano (e in quel momento scopro il nome di quello che mi sta facendo il provino, cioè Orlando) e io contraccambio.
Sono evidentemente imbarazzati quanto lo sono io. Del resto, credo sia normale.
“Imbarazzata?”, domanda, quasi per caso, il signore del provino.
Sorrido.
“Sì e no, dai”.
“Guarda che se entri a far parte di qualche cast, queste cose sono all’ordine del giorno”.
“Mi ci abituerò”, gli dico.
“E voi? Tutto a posto?”, gli chiede.
“Sì, sì”, fa quello in tuta da ginnastica. L’altro annuisce soltanto.
“Tutto qua? Come trovate Priscilla”.
Silenzio.
“Non vi piace?”.
Silenzio di nuovo. Poi quello in jeans e felpa rompe gli induci.
“Carina, sì”.
“Grazie”, gli dico.
“Bene, come vi chiamate. Presentatevi, almeno. Su, su”.
“Io sono Mattia”, fa quello in tuta.
“Io Carlo”, quello in jeans e felpa.
“Piacere”, dico, guardandoli in faccia, questa volta.
“Bene Mattia e Carlo. Voglio farvi solo una domanda: voi avete dei problemi ad essere ripresi?”.
Si guardano straniti.
“Sì”, balbettano quasi all’unisono.
“Allora vi darò due maschere”, gli dice, mentre va verso l’armadietto. “E ditemi: voi siete due amici, vero?”.
I due si guardano di nuovo.
“Ci conosciamo perché frequentiamo il bar qui sotto”.
“Ah, okay, non proprio amici amici”.
“Beviamo assieme, guardiamo le partite. Tutto là. Perché: c’è qualche problema?”.
“No, figuratevi, mi sembrava di aver capito così prima”, gli risponde porgendogli due maschere nere da carnevale. E poi, rivolgendosi a me: “Che c’è Priscilla, sei silenziosa”.
“Mi sto concentrando”, dico ironica.
“Perfetto. Da buona professionista. Bisogna sempre essere concentrate”, schernendomi.
Matteo e Carlo nel frattempo indossano le maschere.
“Priscilla, alzati un secondo e fai sedere sul divano Mattia”, mi dice Orlando.
Mi alzo e lascio sedere Mattia, mentre Orlando armeggia con la videocamera.
“Puoi anche spogliarti Mattia”, gli dice, “non ti fare problemi. O abbassare i pantaloni della tuta, per cominciare”.
Mattia è visibilmente imbarazzato. Carlo, che intanto si è seduto dietro di noi, sorride.
Mattia si libera della maglia della tuta e resta in canottiera, svelando la pancia da birra che avevo individuato. Una di quelle pance dure come un sasso, per intenderci, ma ben prominente.
“Non sarai mica timido, spero”, gli chiede Orlando vedendo che Mattia rimane lì impalato con i pantaloni su.
“Un po’ impacciato”, gli risponde. “Non è mica una roba che faccio tutti i giorni”.
Si alza in piedi e si cala i pantaloni della tuta. Subito dopo se li sfila e li lancia per terra. Ora è in boxer, canottiera e calzini davanti a me.
Ha delle grosse gambe pelose, un pacco interessante. Io mi inginocchio e afferro i boxer dai lati e glieli abbasso. Li tiro giù fino alle ginocchia, poi lui con un abile movimento delle gambe se ne libera definitivamente.
Ha il cazzo moscio e la cosa non mi sorprende. La situazione è tesa. La cosa che mi lascia di stucco, invece, è il suo scroto: è incredibilmente lungo, forse il più lungo che abbia mai visto, con due coglioni grossi come mandarini.
Orlando ha tolto la videocamera dal cavalletto e segue i miei movimenti più da vicino. Ormai sono entrata nella parte; faccio segno a Mattia di allargare un po’ di più le gambe, poi vado sotto apro la bocca e lascio che mi cali lo scroto dentro.
Lo fa in modo magnifico abbassandosi lentamente, inserendolo nella mia bocca a mo’ di sacchetto.
Quelle grosse palle mi riempiono completamente la bocca. Cerco di chiuderla per ciucciarle meglio, ma ci riesco a fatica.
“Wow”, sento Orlando mentre riprende. “Brava!”.
La cosa mi galvanizza e comincio a stiracchiare le palle di Matteo in favore di videocamera. Poi prendo una sola palla in bocca, la ciuccio e tiro.
“Ottimo, ottimo”, osserva Orlando.
Intanto il cazzo di Mattia comincia a farsi duro, e lo prendo in mano, segandolo lentamente, mentre contino a giocare con le sue palle, che sono un po’ odorose, ma quel tanto che mi eccita. Appena sento il cazzo durissimo nel pugno, invito Mattia a sedersi sul divano. Io in ginocchio mi avvicino a lui e comincio a leccargli l’asta partendo dall’elsa fino al prepuzio, lentamente, mentre Orlando con la videocamera segue il mio gesto, che ripeto un po’ di volte. Con tre dita afferro la cappella di Mattia e la stringo, nel frattempo gli alzo bene l’asta del cazzo in modo da potergliela leccare meglio.
“Favolosa”, dice Matteo in un sussulto. “È da un pezzo che non mi veniva il cazzo così duro”.
“Eh”, fa Orlando, “è un’esperta Priscilla. Si capisce”.
Intanto si avvicina anche Carlo, che si è alzato e avvicinato al divanetto: ha i pantaloni calati e il cazzo duro in mano, in sega.
Io mi tiro su e lascio cadere a terra il vestitino: resto in guepiere, perizoma, scarpe col tacco e calze velate.
“Siediti sul suo cazzo”, mi dice Orlando. “E allarga bene le gambe, che inquadro”.
Mattia si mette comodo; ha un palo ritto in mezzo alle gambe. Io mi isso sopra di lui, scostando il filetto del perizoma dietro; mentre mi siedo sopra cerco il suo cazzo con la mano e, scendendo, lo infilo nel buco; un attimo e scendo ancora e lo sento entrare. Lancio un gridolino che eccita tutti.
“Fino in fondo, fino alle palle”, dice Orlando.
Mi abbasso ancora, piegando le ginocchia, fino a sentire i due coglioni gonfi di Mattia.
“Bravissima”, dice Orlando.
Frattanto Carlo si libera dei Jeans e viene sopra di me – mentre io salto sul cazzo di Mattia – e mi infila il cazzo in bocca e inizia a scoparmela. Ha una verga abbastanza lunga e non mi entra completamente in bocca; lui riesce a scoparmela bene comunque lavorando di bacino.
“Bene così, fatela godere”, lo incita Orlando.
Io sto sbrodolando come una cagna. Ho il perizoma nero trasparente. Orlando ne approfitta per fare un primo piano per vedere quanto è bagnato.
“Niente male…”, fa.
Io contino a saltare sul cazzo e a ricevere la verga di Carlo in gola; ogni tanto lancio qualche gridolino, ma solo perché sento che sta arrivando un orgasmo anale di quelli potenti.
Dopo una decina di minuti, Carlo decide che vuole passare all’azione con il mio culo. Scendiamo tutti dal divano e io mi metto a quattro zampe, sulla moquette. Carlo mi spinge a terra la testa e mi dice di tenere il culo “su alto”. Mi metto nella posizione che predilige e me lo sbatte nel culo con un colpo secco. Mattia, in attesa, si sega; Carlo ci sa fare per che mi cavalca praticamente stando in piedi, spingendo dentro il cazzo facendo su e giù con il busto, piegandosi sulle gambe; il cazzo entra in verticale nel mio sfintere e lo sento fino in pancia. Ho un orgasmo anale e mentre ce l’ho grido:
“Sono una troiaaa”.
“Sì”, dice lui, continuando a pompare, “sei una troia”.
Si dà il cambio di nuovo con Mattia, che me lo sbatte dentro, anche lui praticamente in piedi. Ho la faccia schiacciata contro la moquette e frigno.
“Sbattiglielo dentro con più forza, a ‘sta vacca”, lo invita Carlo.
Ma Mattia sembra ormai sul punto di venirsene e rallenta e chiede a Carlo di darsi da fare lui.
Torna Carlo, mi gira a pancia in su e mi solleva culo e gambe in aria; ora sono con la schiena piegata e il culo proiettato verso il soffitto; me lo sbatte dentro e comincia a pompare.
Ho, di nuovo, un orgasmo anale stando in quella posizione. E sbrodolo vistosamente.
Orlando gira intorno a noi con la videocamera, cercando di non perdersi neanche una posizione, mentre Mattia annuncia che a breve viene.
“Okay”, fa Carlo, “svuotiamo”.
Mi fa sedere con le gambe unite sul mio culo tenendo il busto ritto a candela, la testa leggermente all’indietro e la bocca aperta.
“Ho proprio bisogno di svuotare”, fa Mattia. “Non ce la faccio più”.
In piedi, sopra di me, punta il cazzo verso la mia bocca, tenendolo a una quindicina di centimetri.
“Oh… cazzo, ohgt, ohgt, soborrooo”, mugula.
Una pisciata di sborra scende nella mia bocca. Matteo continua a segarsi finché non ha vuotato tutto; alla fine si tira su la pelle del cazzo fino a coprire la cappella, lo strizza bene e lo sgrulla, per far cadere anche l’ultima goccia di sborra nella mia bocca.
Mando giù.
Carlo invece, subito dopo, opta per scoparmi la bocca fino alla venuta. Sempre in piedi infila il cazzone in verticale nella mia bocca e comincia a scoparmela con irruenza. Sento il suo uccello che tocca la gola, ogni volta che scende, e un paio di volte sono costretta a fermarlo perché sennò soffoco con la mia stessa saliva. A un certo punto lo sento venire, anche lui con un godimento da porco; tiene il cazzo nella mia bocca fino a che non esce pulito; io finisco di lucidargli la cappella con la lingua.
“Buona eh, troia”, fa.
“Bravissima Priscilla”, dice Orlando. “Sono sicuro che questo video impressionerà positivamente la produzione”.
Mattia ha già iniziato a vestirsi. Carlo indugia con il cazzo, ancora duro, sulle mie labbra, mentre mi guarda negli occhi.
“Sono sicuro che ne vuoi ancora”.
“Sì”, gli dico.
Mi risbatte dentro il cazzo e mi tappa il naso. Ho una specie di conato di rigetto.
“Sei proprio una svuotacazzi”, mi dice.
Poi mi abbandona e cerca il suoi boxer e il resto dei vestiti.
“Diciamo che hai passato l’esame. E anche voi, siete stati bravi”, dice Orlando, allentandosi la cintura. “Però adesso devo svuotare anche io”, aggiunge.
“Fai pure con comodo, amico”, dice Carlo. “Noi ce ne andiamo”.
Carlo e Mattia salutano ed escono, mentre Orlando tira fuori il cazzo già bello duro.
“Non avevi detto che eri un professionista?”, gli chiedo.
“Esatto. Professionista in tutto”, ribatte lui spocchioso.
“Mi avevi detto che ti limitavi alle registrazioni”.
“Mi hai eccitato troppo. Voglio solo svuotare anche io. Chiedo troppo?”.
“Non sei stato onesto con me. Mi dispiace. Se me lo avessi chiesto fin da subito, non avrei avuto problemi, ma così vuol dire che mi hai ingannato fin dall’inizio”.
“No, credimi Priscilla. In genere non mi capita. O meglio: mi capita raramente. Ma vedi tu stessa, guarda che cazzo ho”, sbattendomelo davanti.
“Be’, fatti una sega, che vuoi che ti dica. Io me ne vado”, e inizio a infilami il vestito.
“Fammela tu una sega. Solo quella. Ti prego”, mi supplica lui.
“Non se ne parla. Se vuoi ti riprendo mentre la te la fai”, gli dico rendendogli la pariglia.
Lui mi guarda stranito.
In un attimo mi avvicino alla videocamera e mi accorgo che in realtà è spenta.
“Non hai registrato niente, vero? Era tutta una messinscena”, faccio furibonda.
“No, Priscilla… Non fraintendere. L’ho appena spenta”, cerca di scusarsi lui.
“E quando l’avresti spenta, dimmi”.
“Prima che se ne andassero loro due”, inventa lui.
“Balle. Sei veramente un bastardo. Scommetto che non sei nemmeno uno che fa provini. Sei solo un bluff, uno schifoso bluff”.
“Non dire così”, mi fa impaurito, e rimettendosi il cazzo nei pantaloni. “Cerca di capire”.
“Che sei un imbroglione? Oh, quello lo avevo capito fin dall’inizio. Ma avevo voglia di farmi una scopata. E per fortuna i tuoi amici erano due che ci sapevano fare e mi hanno fatto godere come una troia. Ti ringrazio per questo. Ma con te non voglio avere niente a che fare, né adesso né mai più”.
Raccolgo la mia borsa, apro la porta e esco.
Davanti alla porta dell’ascensore c’è una signora che aspetta.
“Buon pomeriggio”, le dico.
“Salve. Scende?”, mi dice.
“Le scale”, dico, “le scale”, avviandomi.






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