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Massiccio centrale.


di Easytolove
20.10.2021    |    8.608    |    7 9.8
"Mi risveglia il frastuono quasi insopportabile del motore di un auto che passa poco lontano..."
Improvvisamente mi appare un messaggio di Margie.
Ormai è quasi un mese che non ho sue notizie, ho provato a contattarla, senza risposte, una sera sono ripassata da Mirella, mi ha detto che è sempre in Germania, è molto impegnata con il lavoro, devono mettere a punto le auto di un team che disputerà un campionato mondiale di qualcosa che non ho ben capito.
Ci sono i ballo un sacco di soldi e di prestigio, pare che lavorino notte e giorno, non si sa quando potrà ritornare.
Mi ero già messa l’anima in pace, Margie mi piace molto, forse con lei avrei potuto anche intraprendere qualcosa di duraturo, ma d’altronde certe cose a volte vanno oltre a quella che potrebbe essere la nostra immaginazione.
Nel frattempo è continuata la strana storia con la donna dal vestito nero.
Ci diamo appuntamento tramite la chat, ci siamo viste quattro volte, sempre in posti strani e diversi, lo facciamo in situazioni bizzarre e pericolose, per poi tornare ognuna a casa propria.
Non so dove abita né chi sia o cosa faccia nella vita, come lei non sa nulla di me.
L’ultima volta l’abbiamo fatto nell’ascensore di un vecchio palazzo in centro, uno di quelli che quando apri le porte, si bloccano, ci siamo fermate tra un piano e l’altro, mi sono sbottonata il vestito colorato, dalla borsa ha estratto un fallo color carne, e me lo ha introdotto tutto nella fica.
Mentre mi succhiava le tette, mi ha scopata, teneva l’arnese con entrambe le mani e me lo infilava con decisione, ho cercato di aprire le cosce più che potevo, per facilitarle il compito.
Quando con le dita, mentre con l’altra mano continuava a manovrare il manufatto di lattice, ha iniziato a sfregarmi il grilletto sono venuta in un battibaleno.
Per non gridare mi sono morsa le labbra e la lingua, lei si è tirata su il vestito nero,e ha iniziato e penetrarsi a sua volta, vedevo l’arnese che era appena stato nella mia fica entrare nella sua, in mezzo a quella foresta di peli neri, si è toccata nello stesso modo, ed è venuta in mezzo minuto.
La voglia di infilare la lingua in quella selva pelosa e odorosa, è diventata incontrollabile, ormai la conosco,
so che non si farebbe mai toccare, devo trovare uno stratagemma.
L’ascensore cigolando e sbatacchiando torna al piano terra, ci siamo ricomposte, osservo le rampe di scale, attraverso la gabbia di ferro lavorato che lo contiene.
“Andiamo a fare un giro in macchina”.
Mi segue docile, ormai il codice prestabilito lo prevede, il primo round lo conduce lei, il secondo tocca a me.
Mi dirigo nel parcheggio di una di quelle catene che vendono prodotti per bricolage, la versione moderna dei vecchi ferramenta.
“Aspettami qui, vado a comprare una cosa”.
Non sono molto pratica di questi posti, di solito sono frequentati da mariti annoiati che vogliono
sfuggire alle grinfie delle mogli, e si inventano inutili passatempi che prevedono il possesso degli arnesi che qui abbondano invitanti e provocanti, surrogati di istinti sessuali mal celati. Compro delle forbici, e due metri di cordino per stendere i panni. Torno in auto e ripartiamo. Mi guarda con sguardo curioso, questa volta davvero non riesce ad immaginare quale strana perversione mi sia nata nella mente, oppure lo sa , e spera che sia proprio quella, qualcosa che vada contro la sua volontà, una lotta senza quartiere contro le sue paure.
Guido per qualche chilometro, raggiungo una stradina di ghiaia che conosco, finisce in un canneto che delimita una piccola spiaggia dal mare.
E’ un posto sperduto, raramente ci sono persone lungo il giorno, ora il sole è tramontato, tra non molto caleranno le tenebre, infilo il muso dell’auto in un piccolo spiazzo in mezzo alle canne.
“togliti il vestito che poi ti lego”.
Stranamente obbedisce, resta nuda con le tette a pera, un po’ ciondolanti, i due capezzoli a punta, quel ciuffo scuro che troneggia in mezzo alle cosce, la pelle liscia e scura, a tratti leggermente grinzosa.
Abbasso gli schienali e le lego prima le braccia, all’altezza dei polsi, ai poggiatesta dei sedili posteriori, le caviglie alle maniglie degli sportelli anteriori, con i pezzi di cordino che ho tagliato a misura con le forbici.
Non parla e non oppone resistenza, resta ferma e rassegnata ad osservarmi, in quella posizione sdraiata in mezzo ai sedili, mi ha lasciata fare,ma ora è quasi terrorizzata dall’idea di essere in mio potere, ha perso ogni sicurezza nella zona di conforto che la sua mente le comunicava, non l’avrei mai toccata né leccata, era nei patti, avrebbe fatto qualunque cosa che le avessi chiesto, ma ora era in balia delle mie brame.
Mi tolgo il vestito e resto nuda, mi inginocchio sui sedili di fronte a lei, e inizio a toccarmi e ad accarezzarmi, so che il suo istinto ora vorrebbe spingerla a farmi godere, che il suo piacere passa attraverso quello, ma è legata, la vedo , i suoi occhi sono fissi sulla mia fica, sulla mano che la sfrega, vario i movimenti, li accelero, li rallento, inizia a contorcersi, a tirare con le braccia e le gambe i legami, il respiro le diventa affannoso, il bacino si solleva e si abbassa alla ricerca inconscia di qualcosa che il suo clitoride possa sfregare.
Dal cassetto del cruscotto estraggo il mio strap on a doppia punta e lo indosso.
Realizza di essere davvero nei guai, una sorta di malcelato terrore appare nel suo sguardo, inizia a sussurrare una strana cantilena, che finisce per diventare una specie di mantra non per fermarmi, ma per continuare.
“ti prego non lo fare, ti prego non lo fare, ti prego non lo fare…….”

Mi risveglia una forza che mi spinge in avanti, la conseguenza di una frenata decisa, dell’automobile in cui sono seduta. Di fianco a me c’è Margie, alla guida, mi accorgo che abbiamo lasciato l’autostrada e ora stiamo percorrendo una strada abbastanza larga, molto tortuosa, in un fondovalle circondato da alte pareti rocciose ricoperte di vegetazione.
Siamo sulla versione stradale di un auto da competizione, la stessa sulla quale Margie ha lavorato nell’ultimo mese, per prepararla alle corse, ci stiamo dirigendo ad un circuito vicino a Clermont Ferrant, per una due giorni di prove, con due delle auto che parteciperanno al campionato. Sono imprigionata nel sedile che mi avvolge sui lati, le cinture mi trattengono impedendomi quasi ogni movimento. Mentre con la motocicletta guida piano, ora sta andando davvero forte, l’auto è potentissima , bassa e larga, l’abitacolo scarno ed essenziale, due posti stretti, il cruscotto di una strana plastica nera.
“Margie vai troppo forte ho paura”.
“Ti sei risvegliata amore, scusa, stavo provando l’auto per valutare una modifica che abbiamo apportato”
“Ora rallento”.
“Dove siamo”? le chiedo ancora mezza addormentata.
Si è presentata poco dopo il mio ritorno a casa, alla fine del lavoro, è venerdì sera,
“dai prendi due stracci che partiamo, abbiamo più di mille chilometri da fare”.
Rivederla significa ricadere preda di quella capacità che ha costringermi a correrle appresso come un cagnolino.
E’ bella più che mai, indossa una specie di tuta intera, rossa e blu, assomiglia a quelle dei piloti che si vedono in televisione.
Scendiamo e mi fa salire su questa strana auto , bassissima, larghissima, per entrare devo fare quasi un paio di contorsioni.
Nella strada c’era già un piccolo capannello di curiosi, ad osservarla, restano ancora più basiti quando vedono due donne che ne prendono possesso, ascoltano rapiti il rumore possente del motore, ci osservano invidiosi, mentre Margie la fa scattare via, e si introduce rapida nel traffico cittadino.
“Abbiamo lasciato l’autostrada, per fare questa strada, tra una ventina di chilometri c’è un'altra entrata, e la riprendiamo, chiudi gli occhi che devo ancora controllare una cosa”.
Faccio finta di riaddormentarmi, e lei riparte di gran carriera, ogni tanto socchiudo leggermente le palpebre, vedo la strada che ci corre incontro in modo folle, ma la paura mi è passata, anzi, sembra quasi mi prenda una sorta di eccitazione.
“Margie, se vuoi puoi anche continuare per questa strada, la paura mi è passata”.
Mi risveglia il frastuono quasi insopportabile del motore di un auto che passa poco lontano.
Dopo aver fatto un altro po’ di chilometri, Margie ha ripreso l’autostrada, e mi sono riaddormentata,
ora l’auto è parcheggiata lungo il perimetro di quello che mi sembra essere un autodromo, di fronte ci sono delle tribune, di fianco una lunga fila di garage, lungo un muretto, sotto ad una tettoia di fronte a dei monitor da computer, c’è Margie, con vicino una donna alta e bionda, e quattro o cinque persone, vestite da meccanico, con tute colorate simili a quella che indossa anche lei.
Scendo e dopo essermi sgranchita, mi incammino verso di loro.
Intanto il rumore dell’auto che è passata prima si è allontanato, ogni tanto sembra scomparire, per poi ricominciare. Quando ho fatto metà del percorso, improvvisamente la sento arrivare alle mie spalle, mi volto e la vedo in fondo al rettilineo. Il rumore è davvero insopportabile, mi rendo conto che prima era attutito all’interno dall’abitacolo. Mi devo tappare le orecchie con le dita, l’auto passa a velocità folle, un lampo che dura qualche istante, per poi attutirsi, sparire alla prima curva, e ricominciare da lontano, dietro ad una tribuna.
Margie mi vede e mi viene incontro, “vieni che ti faccio conoscere i miei colleghi”.
I ragazzi mi salutano, parlano tutti in tedesco, sento i loro nomi senza capire molto,
poi arriva colei che penso sia la famosa Greta.
E’ davvero bellissima, da togliere il fiato, mi si avvicina a mi abbraccia, in un italiano dal forte accento tedesco, mi dice che Margie le ha parlato molto di me, le confessava sempre,
“quando avremo finito e andremo a provare te la porterò a conoscere”.
Margie mi prende un minuto da parte, mi sfiora e mi bacia per un momento,
“ne avremo per qualche ora, le nostre sono gare di durata, metti queste cuffie e siediti vicino a noi”
“Vedrai cosa succede dietro alle quinte di una corsa automobilistica.”
Finalmente siamo rimaste sole.
Il team è andato a cena in un ristorante del centro di Clermont Ferrant, noi siamo finite in un bistrot, sedute ad un tavolino rotondo, in quegli spazi che questo tipo di locali hanno, fuori all’aperto, anche se restano al coperto, con quelle tipiche vetrate colorate ai lati.
La cena è stata a base di patè e terrine, un petto d’anatra cotto al sangue, e uno strepitoso tagliere di formaggi, innaffiato con quel vino profumato e fruttato, che chiamano beaujolais noveaux.
Mi ha raccontato di Greta, della loro storia che dura da una vita, le stesse cose che mi aveva accennato Mirella. Lei è sposata e ha due figli, vivono entrambe in questo strano intreccio amoroso e sentimentale,
mi confessa senza mezzi termini che se la nostra storia continuerà, mi dovrò rassegnare prima o poi a trovarmela infilata in mezzo a noi dentro il letto.
Siamo tornate in albergo a piedi, una camminata silenziosa, penso a quello che mi ha confessato, e prefigurato, Greta è bellissima, pure sposata, l’idea di farlo in tre mi fa impazzire.
In un tratto buio della strada spingo Margie contro il muro, le infilo tutta la lingua fino in fondo alla gola, con una mano le strizzo la fica, e le sibilo in un orecchio,
“andiamo di corsa in camera, che mi è venuta una voglia folle di scoparti fino a farti morire”.
Lo stiamo facendo da quasi un ora, sorprendentemente con calma e dolcezza, lei è sopra di me, ci baciamo in profondità, con le mani intrecciate, ho le cosce spalancate, le fessure appiccicate, con i due clitoridi che si sfregano leggeri.
Dopo essere venuta all’istante, ora mi sto trattenendo, aspetto la sua di goduta, ma sembra che voglia dilatare questo momento all’infinito. Anche lei si trattiene lo percepisco, è diventato un gioco a chi non cede per prima. All’improvviso mi accorgo che sta crollando, affretta e aumenta la pressione della sfregata, mi lascio andare, la sento che gode, l’eccitazione era ormai estrema, i nostri getti caldi ci bagnano le cosce e le pance, ci sfreghiamo ancora all’impazzata, mi cade addosso, il respiro diventa calmo, entrambe ci addormentiamo.
Ci vengono a prendere con un minibus che hanno noleggiato, il tragitto che porta all’autodromo è circondato da piccoli campi coltivati e vigneti, incontriamo massaie che pedalano sulla pista ciclabile, con le buste della spesa e le baguette che fuoriescono dai sacchetti di carta marrone.
Oggi la giornata sarà più divertente e movimentata, sono arrivati i piloti ufficiali, un finlandese con gli occhi chiari, in compagnia di una ragazza di una bellezza fuori dall’ordinario, e un francese, spocchioso come a volte sanno essere i transalpini.
Margie mi ha detto che cercheranno la prestazione assoluta, da un grosso rimorchio chiuso e colorato, scaricano un'altra auto, e i due dopo essersi preparati, iniziano a girare, a volte insieme, altre a turno.
Fanno due o tre tornate al massimo, poi ritornano, cambiano le gomme, si consultano con Margie, e un altro tizio, un ingegnere tedesco specializzato in motori.
Fanno regolazioni, trafficano dentro al garage, una volta su di un auto, poi sull’altra.
Mangiamo dei panini e degli stuzzichini, che un catering ci fa pervenire.
Osservo Greta, è davvero bellissima, ogni tanto i nostri sguardi si incrociano, mi sorride, resto in disparte, da questo strano mondo sono sempre più incuriosita e appassionata.
Mi raggiunge la finnica fidanzata del pilota, parla solo in inglese, per fortuna un poco me la cavo.
Faceva la modella, poi ad una festa si sono conosciuti e da allora lo segue ovunque.
Mentre mi parla la mia mente non si può trattenere da elucubrare qualche ricamo fantasioso.
E’ vestita nei limiti dei termini consentiti, tutto troppo minimamente esagerato.
Forse si accorge che i miei sguardi iniziano a diventare morbosi, e alla prima occasione si allontana, sculettando come una piccola puttana.
Alle quattro del pomeriggio, la seduta viene sospesa, un enorme temporale si abbatte sul circuito, fanno appena in tempo a caricare le auto e le attrezzature nel grosso camion colorato, tutti si eclissano tra rapidi saluti, si danno appuntamento alla prossima settimana, per l’inizio del campionato, mi sembra di capire in un circuito tedesco.
Restiamo io e Margie, e sorprendentemente anche Greta.
Lei è venuta con la sua auto, domani ci riporterà a Milano dove con un auto a noleggio torneremo a casa.
Facciamo ritorno in hotel, Margie decide che ceneremo in camera, a turno facciamo una lunga doccia, indossiamo tutine e pigiamini da serata casalinga.
Ceniamo in silenzio, la cucina dell’hotel non è da stella Michelin, ma non ci importa molto, siamo proiettate nella nottata, tra non molto saremo nude dentro il letto, l’emozione mi ha azzerato i pensieri.
Osservo Greta che si spoglia, si sfila i due capi leggeri che indossava, sembra una statua greca,mi prende per mano e mi porta con dolcezza nel candore delle lenzuola.
Mentre iniziamo a baciarci mi sfilo i calzoncini, sono senza mutande, ho voglia di toccarla, sul pube ha una leggera peluria bionda, la sento sotto al palmo della mano, con la lingua ci massaggiamo il palato, la sua bocca è dolce, ma voglio sentire il sapore della sua fica.
Corro con la bocca alle sue grandi labbra, e mi accorgo che anche lei mi ha imitata, so già che tra qualche istante inizierò a venire.
Margie ci osserva seduta sulla sedia, anche lei ha fatto volare via i pochi vestiti, ha iniziato a toccarsi, tra non molto si unirà al nostro convegno.
La vedo arrivare, si sdraia di fianco, e poi con un gesto rapido le toglie la bocca dalla mia fica, e inizia a leccarmela, mentre Greta, si dirige sulla sua.
Abbiamo costruito una specie di cerchio, continuiamo per un tempo infinito.
Ogni tanto ci scambiamo, perdo il conto delle venute, ad ognuna che si sussegue, una bocca nuova riparte con la stessa lena. Quando le forze si sono esaurite, ci mettiamo sdraiate una di fianco all’altra, mi mettono in mezzo, restiamo ad accarezzarci e a baciarci, con le lingue che assaggiano gli umori, e le mani che con le ultime forze, strofinano i sessi ormai quasi del tutto placati dalle voglie, fino a quando ci addormentiamo.

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