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Fuga con l'Harley


di Easytolove
20.09.2021    |    6.519    |    8 9.6
"Quando ho superato la distanza di sicurezza, entrambi schizzano via con un salto, e corrono a rifugiarsi su di un ulivo..."
“Tutta la roba che vuoi portare deve stare dentro ad una borsa di cuoio”.
Ripenso a questa frase, mentre osservo questa valigetta, con le frange sul risvolto che funge da chiusura.
La settimana appena trascorsa è stata frenetica, ho dribblato le complicazioni sul lavoro, intrecciate con l’ansia da prestazione, stimolata dalla prospettiva del week end, che Margie mi ha prospettato.
“Lo faremo in motocicletta, io sono fuori tutta la settimana, devo andare a Le Mans, una delle auto a cui abbiamo preparato il motore, sarà lì a provare”
“Ti do l’indirizzo dell’azienda, mercoledì sera ci andrai e ti faranno trovare l’abbigliamento,il casco e la borsa”.
“Sabato mattina ci vediamo alle nove a casa di quella mia amica, si chiama Mirella,cerca di essere puntuale”.
Mi sono già provata la tuta da motociclista, imbottita e difficile da indossare, ma poi sembra quasi diventare una seconda pelle, come fosse fatta su misura.
Mi guardo allo specchio, metto e tolgo questo casco, colorato e personalizzato, nella piccola valigia di cuoio sono riuscita ad infilare dei jeans, qualche maglietta, un piumino leggero ed una felpa.
Speriamo bene.
Quella notte mi è rimasta stampata nella mente, penso sempre a quanto sono stata bene, ho contato gli orgasmi, li ricordo ad uno a uno, soprattutto l’ultimo, sul tavolino della colazione, con le cosce spalancate, Margie che mi ha mangiato la patata, la sentivo tutta risucchiata nella sua bocca, masticata lentamente,
a tratti quasi con ardore, poi quando stavo per esplodere si è fermata, e con una mano sapiente e decisa,
mi ha fatta godere, sono quasi svenuta, mi ci son voluti dieci minuti per far tornare normale la respirazione.
La mia collega con cui divido l’ufficio, dopo un paio di giorni, mi ha detto che sembravo rintronata.
Qualcosa le ho raccontato, “Adele finalmente si è fidanzata”.
Ho dormito poco, mi sono svegliata troppo presto, rifaccio il giro della casa dieci volte, mando l’ennesimo messaggio alla mia collega per ricordarle che domani dovrà venire a dare da mangiare al gatto e controllare, per fortuna si presta sempre per queste evenienze, siamo davvero amiche.
Scendo in strada con indosso la tuta, il casco e la borsa di cuoio in mano, speriamo che nessuno mi veda.
Arrivo mezz’ora prima, il cancello come l’altra volta è chiuso, scendo ma non vedo campanelli da suonare,
poi intenta ad annaffiare dei vasi lungo un muro vedo Mirella, e la chiamo.
“Sono Adele, ci siamo viste la scorsa settimana, ho un appuntamento con Margie”.
Lei si volta e mi sorride,
“Ciao cara aspetta che ti apro”.
Il grosso cancello di ferro battuto inizia a cigolare, risalgo in auto e parcheggio nel piazzale.
“Benvenuta cara, mi ha detto che saresti venuta, sono molto contenta che finalmente abbia ritrovato qualcuna con cui stare”.
La frase mi lascia un po’ sorpresa, e tento un,
“beh siamo state insieme una notte la scorsa settimana, ma forse è un po’ presto per questo tipo di conclusioni”
Ma non mi lascia finire,
“era più di un anno che non la vedevamo con qualcuna, spero solo che tu sia quella giusta, che non sia per te il capriccio di una serata”.
Vorrei raccontarle la mia storia, che non sono una che va in giro solo a cercare scopate, ma mi prende per un braccio, e con un energia che non mi aspettavo mi tira verso di lei e dice,
“La donna con cui stava e di cui era follemente innamorata, un anno e mezzo fa è morta in un incidente mentre correva, era un pilota, guidava una delle auto che lei aveva preparato”.
“Quando ad inizio settimana ha detto che sarebbe andata a Le Mans per le prove, siamo rimasti tutti straniti, era la prima volta dopo l’incidente che lo faceva”.
“Poi abbiamo capito che sei stata tu, mi raccomando ………”
Le vedo gli occhi diventare lucidi, poi mi abbraccia e mi bacia, sulla bocca come fece quella sera con Margie.
“Vieni che ti preparo qualcosa, mi sembra che tu ancora non abbia fatto colazione”.
Sto sorseggiando il caffèlatte che Mirella mi ha preparato, quando il frastuono della motocicletta,
ci comunica che è arrivata, puntuale alle nove.
Indossa un completo, pantaloni di pelle nera e giubbotto di cuoio, con ricamata un aquila sulla schiena.
Mirella è corsa fuori e le due si abbracciano, parlottano fitto, si sbaciucchiano sulla bocca, sento immediata la gelosia che compare, mi dovrà delucidare sulla natura del loro strano rapporto.
Quando entrano sono un po’ impensierita, lei se ne accorge, mi sorride, senza aspettare che mi muova mi si piazza dietro, e dopo avermi abbracciata mi bacia sulla bocca, sento la sua lingua che mi fruga per qualche istante, poi mi morde un orecchio e mi sussurra,
“stupidina non ti devi imbronciare, siamo solo amiche”.
Poi si rivolge a Mirella,
“sulla lingua di Adele c’è un meraviglioso sapore di caffèlatte, ne potrei avere una tazza anche io, che ancora devo fare colazione!”
L’asfalto scorre rapido sotto ai piedi, lo osservo quando abbasso lo sguardo, anche se preferisco guardarmi intorno, contemplare il paesaggio collinare che stiamo attraversando.
La borsa è agganciata ad una staffa di fianco alla ruota posteriore, la sella è sorprendentemente comoda,
Margie non va molto forte, ha detto che questa è una motocicletta da passeggio, quando vuole correre ne ha una preparata per le competizioni, la usa soltanto in pista.
Ma è più di un anno che non la tocca, forse tra qualche settimana ci andremo insieme.
Queste cose me le dice con l’interfono dentro i caschi, sono collegati ad una centralina, si può sentire anche la musica.
Mi dice che ascolta solo hard rock e metal, mette un disco dei Led Zeppelin, quello con il vecchio con le fascine in copertina.
Mi rilasso, quando mi succede mi scatta la voglia di essere porcella, ha detto che mi devo tenere a due maniglie di fianco alla sella, ma ormai mi sono abituata, la stringo da dietro e le metto le mani tra le cosce.
Mi lascia fare.
Sento i suoi muscoli che all’inizio erano un pochino tesi rilassarsi, rallenta un altro poco, la stringo, premo i seni contro la sua schiena, la strada ora è dritta, scende in una vallata che attraversa in tutta la larghezza per poi risalire dall’altro lato, come una riga tracciata con una matita, per poi sparire tra il culmine delle colline.
Margie dopo un brusca accelerata spegne il motore.
Siamo immersi nel verde, nel cortile di una locanda, ricavata da quello che sembra essere stato un vecchio mulino ad acqua. Un torrentello scorre limpido e pacioso, l’ombra e il fresco la fanno da padroni.
“E’ questo il posto dove dormiremo”?
“Certo, lo gestisce un mio vecchio compagno di università con la moglie”.
“E poi domani che faremo”?
“Non te lo dico, tutto il viaggio per te resterà una sorpresa”.
Dario e Anna ci accolgono come fossimo le loro sorelle.
Devo ammettere di non essere molto abituata a persone così affabili e gentili, però mi accorgo che le devono proprio volere un sacco di bene, mentre Anna mi accompagna a prendere possesso della stanza,
lei e Dario restano ancora qualche istante a parlottare.
“Non fosse che so che con un uomo non c’è mai andata, sarei gelosa da morire”.
Me lo dice con un sorriso, non c’è nulla di strano e misterioso.
La stanza non è molto grande,ed è arredata con mobili antichi, di noce chiaro, una piccola finestra si affaccia sul torrente, rivolta verso la vallata.
Dopo qualche istante arriva, Anna si congeda e ci sorride.
Entrambe abbiamo voglia, non vedevamo l’ora di essere da sole con un letto tutto per noi.
Va nel piccolo bagno che già ho intravisto, non aspetto che ritorni, mi tolgo la tuta, è molto traspirante non sono nemmeno molto sudata, ma a me piace far sentire il mio odore, mi denudo, e mi metto sotto alla leggera copertina ad aspettare.
Esce dal bagno tutta nuda, si è asciugata in qualche modo, quando mi stringe dopo essersi infilata sotto alla coperta, sento che è ancora umida, le pelle fresca mi fa rabbrividire. Ci baciamo, mi sale sopra, apro le cosce e sento il suo osso pubico che mi sfrega con forza, le afferro le natiche, i muscoli sono tesi, duri come il marmo.
“tra meno di un ora ci aspettano per il pranzo “
Me lo sussurra in un orecchio, lo prendo come un invito a non tergiversare, ad andare subito al sodo.
E’ stato uno dei più bei sessantanove della mia vita, ci sto pensando mentre siamo sedute al tavolo che ci hanno apparecchiato, sotto ad una pergola di gelsomino, vicino al torrentello che scorre silenzioso.
Anna è una grande cuoca, tutto a base di pesce di fiume, ci siamo bevute una bottiglia di un bianco della zona, Margie ha detto che più tardi andremo in un posto con la motocicletta,
“ora però vorrei farmi un sonnellino”
Le dico di andare, mi sarei messa su uno dei lettini fuori all’ombra, anche io ho bisogno di stare sola e pensare.
Riesco solo a vederci dentro al letto, all’orgasmo simultaneo che ci siamo procurate, con le bocche affondate nelle vagine, le mani intrecciate tra di loro, lo sforzo delle braccia e dei muscoli dorsali per premere sempre di più, l’attesa spasmodica, per poi lasciarsi andare senza nessun controllo.
Nella locanda siamo sole, c’è un gruppetto di stranieri, ma sono andati a fare delle escursioni, torneranno solo per la sera. Il silenzio è rotto soltanto dal leggero gorgoglio del torrente, vorrei dormire un pochino, ma il pensiero erotico mi ha agitata, mi devo muovere, decido di fare un giretto intorno alla locanda.
I muri sono in pietra, tutto intorno c’è un bel giardino, l’erba è verde e curata, ci sono grossi vasi con piante fiorite, quattro o cinque ulivi. Una coppia di grossi gatti stanno poltrendo su di un davanzale.
Mi avvicino, forse sono abituati agli estranei e si faranno accarezzare.
Quando ho superato la distanza di sicurezza, entrambi schizzano via con un salto, e corrono a rifugiarsi su di un ulivo. Da una porta semisocchiusa mi giunge un rumore che mi incuriosisce, inequivocabile, di bisbiglio e gemiti, di qualcuno che sta facendo sesso.
Curiosa e sospettosa, non resisto, e cercando di non far rumore,e di non farmi vedere, mi avvicino e sbircio all’interno.
Il locale è una specie di ripostiglio, abbastanza ampio, ci sono sopra a degli scaffali, barattoli di conserva e frutta sciroppata, farine e fagioli essiccati.
Contro un muro un tavolino, seduta sopra con le cosce spalancate e la gonna alzata c’è Anna, mentre Dario con i calzoni abbassati al ginocchio da in piedi la sta scopando, con dei colpi delicati, quasi misurati.
Lei muove il bacino avanti e indietro, ha le spalle appoggiate, gli si avvicina e gli sussurra qualcosa che non riesco a sentire. Resto lì impalata è la prima volta che di nascosto assisto alla scena di due che stanno scopando, vorrei fuggire, ma qualcosa me lo impedisce, è la curiosità di scoprire cosa succede, mista ad una strana eccitazione che mi cattura.
Anna ha alzato le cosce e appoggiato i piedi sul bordo del tavolino, Dario ha cambiato il ritmo, ora la sta scopando con forza, lei inizia mugolare, con delle frasi brevi e sussurrate lo incita a darci dentro, a farla godere.
Quando il tavolino inizia a sbattere contro la parete con una cadenza costante e ritmata, improvvisamente
si spezza l’ipnosi e fuggo via mezza trafelata.
Mi sono addormentata sul lettino sotto al gelsomino. La visione di Anna mentre gode, con quelle cosce
candide e burrose spalancate mi ha sovraeccitata, faccio un sogno strano, seduta al suo posto ci sono io
E di fronte a me c’è Margie, che mi scopa come faceva Dario con la sua donna.
La sensazione di essere penetrata è reale, cerco di osservare in mezzo alle cosce di Margie, per comprendere cosa possa esserci che mi procura questo meraviglioso godimento.
Sempre nel sogno, ricordo che da ragazza con un maschio ci sono stata. Ero già attratta dalle mie amiche, ma lottavo con questa pulsione, per sentirmi normale, mi ero fatta un fidanzatino, tutte lo facevano, ero l’unica ancora vergine.
Lo abbiamo fatto poche volte, non provavo nessuna attrazione, sentivo una sorta di piacere solo quando mi toccava, poi una volta me l’ha baciata, mi disse che lo aveva visto fare in un filmino, compresi che era quello che volevo, non da una maschio ma da una ragazza come me.
Sono in questa confusione di sensazioni quando una mano mi scuote e mi risveglia.
“Dai pigrona che andiamo a fare un bel bagno in un laghetto qui vicino”.
Siamo in motocicletta senza casco e con pantaloncini e canottiera, il posto è vicino, per una stradina deserta che costeggia il torrente e poi si inoltra tra macchie di boscaglia piccole vigne e uliveti.
Approfitto e da dietro palpeggio e accarezzo, mi dice che sono posti che conosce bene, qui vicino è cresciuta, procede piano, sembra quasi volersi godere tutto quello che osserva, controllare se ogni cespuglio è ancora al suo posto, che nulla sia cambiato.
L’acqua del laghetto è fresca, sorprendentemente limpida e pulita.
Siamo nude, nuotiamo per qualche minuto, con poche bracciate facciamo tutto il giro.
Sotto alla sella ha messo un telo da mare, lo apriamo e ci sdraiamo al sole, che ci riscalda, entrambe abbiamo voglia, si sente dall’odore che emaniamo, ma restiamo ferme, ci vogliamo risparmiare per la nottata che ci attende.
Non mi trattengo e le racconto quello che ho visto nel ripostiglio, il turbamento che mi ha procurato, il sogno che stavo facendo, la sensazione che mentre lo facevamo, di essere penetrata.
Le parlo di quella breve esperienza, e le chiedo se anche a lei sia mai successa la stessa cosa.
E’ la prima volta che le domando qualcosa di così personale, quasi mi pento di averlo fatto, ma lei mi sorride, e inizia a raccontare.
Con un uomo non c’è mai stata, fin da piccola aveva compreso di non essere del tutto donna , e di osservare le altre bambine non come amiche, ma come esseri diversi, con poche cose da spartire.
Poi con l’adolescenza si sarebbero trasformate in brame sessuali, prede da conquistare.
Tutte le passioni e gli studi, incentrati su quello che era l’universo maschile.
La passione dei motori l’ha ereditata dal padre, come anche l’azienda, che lei aveva iniziato a gestire
Prima ancora che lui morisse.
Improvvisamente smette di parlare si intristisce, credo che il racconto l’abbia portata a ripensare alla fine tragica della donna di cui era innamorata.
Non chiedo nulla, non credo sappia che Mirella me ne abbia parlato, quando ne avrà voglia lo farà.
Le racconto della mia lunga relazione finita male.
Lei era sposata e ha lasciato il marito, ma probabilmente è rimasta eterosessuale, forse di me si era innamorata, per molto tempo siamo anche state bene, ma poi penso che il bisogno del maschio in lei abbia preso il sopravvento, l’ho compreso bene oggi, quando ho visto Anna con lo sguardo perso mentre Dario la sbatteva su quel tavolino.
Improvvisamente mi sale sopra, mi spalanca le cosce e si infila in mezzo.
Sento di nuovo la durezza del suo osso pubico che mi preme sul clitoride, un brivido mi percorre la schiena.
Mi blocca le braccia, mi schiaccia contro il telo da bagno, chiudo gli occhi, sento i suoi denti che mi mordono i capezzoli, comprendo di aver voglia di essere scopata.
La comitiva di olandesi è allegra e rumorosa.
Sono due coppie di quarantenni, hanno alcuni figli che gironzolano per il giardino, le donne sono chiare di carnagione, appena abbronzate, i mariti alti e magri, discutono e ridono, hanno mangiato le delizie di Anna,
e scolato due caraffoni di quel bianco che Dario dice essere vinificato da un suo vecchio zio.
Siamo state silenziose, c’è qualcosa che è scattato mentre lo facevamo sulla riva del laghetto, qualcosa che dobbiamo scoprire.
I bambini dopo aver sentito un ordine impartito dalle madri, si sono eclissati, probabilmente sono andati a letto, come la buona tradizione nordica impone, fin da piccoli sono abituati ad essere autonomi ed indipendenti.
Una certa quiete è calata, la luce della cucina che si affaccia in una porta esterna nel giardino si spegne e Anna ci raggiunge.
“Dario è andato a letto, come al solito ci va presto, se non vi disturbo resto un pochino qui con voi a chiacchierare”.
Margie le dice che non ci disturba, anzi ci farebbe molto piacere.
Anna è bella, ha un cesto di capelli neri che tiene legati in cima al capo , due seni appuntiti che le rigonfiano la maglietta bianca di cotone, è tonica, completamente a proprio agio.
Ha portato una bottiglia di un liquore mezzo congelato, una patina di condensa bianca ghiacciata la ricopre, e tre bicchieri.
“Questo lo faccio io con certe bacche che trovo in un bosco qui vicino”.
E’ dolciastro e poco alcolico, fruttato, sembra uno di quegli amari industriali, ma molto più buono.
Beviamo e chiacchieriamo, Anna ride e assume una postura sempre più lasciva, Margie ci guarda con occhio strano. Quando la strana pozione è terminata, sento la testa che un pochino mi gira.
Improvvisamente senza sapere bene come, in un attimo di silenzio, mi esce la frase che mai avrei voluto pronunciare.
“Anna oggi pomeriggio ti ho vista con Dario mentre lo facevate, mi sono tremendamente eccitata”.
Margie scoppia in una grande risata.
“ecco perché prima in riva al laghetto continuavi a dirmi scopami forte voglio essere la tua troia”.
Ormai priva di ogni freno inibitorio lo confesso senza patemi.
“Ebbene si , Anna godeva così tanto, da farmi venire la voglia di essere scopata”.
Mi assale una sorta di sentimento misto di stupore e vergogna, per aver fatto una simile confessione.
Le mie due astanti mi osservano divertite, forse la mia aria timida e riservata le deve avere spiazzate.
Anna si avvicina ad un orecchio di Margie e le sussurra qualcosa, poi si mettono entrambe a ridere, Anna sparisce per un paio di minuti e torna con un sacchetto di carta, di quelli che si usano per il pane.
Lo porge a Margie che lo soppesa per un istante, entrambe ridono di gusto, poi Anna ci bacia entrambe,
“vado a letto, con questi discorsi mi avete fatto venire voglia, sveglio Dario e lo metto al lavoro”.
Sparisce dalla porticina che si affaccia nel giardino.
Mi gira ancora la testa, siamo rimaste sole.
Anche gli olandesi se ne sono andati, Margie si alza e mi si viene a sedere a cavalcioni.
Ha uno strano ardore che ancora non le avevo mai visto, mi bacia con passione, mi strizza le tette, sento una mano che mi si infila nei pantaloncini il dito medio e l’anulare che si infilano dentro, sfregano con decisione, per un attimo mi manca il fiato.
Nel sacchetto per il pane, c’era uno strano arnese, un fallo di gomma ricurvo con due protuberanze, e un laccio come quello di un perizoma.
Margie lo ha indossato, infilando una delle due estremità nella sua fica.
Ora sembra un maschio, osservo la sua erezione artificiale, mentre è inginocchiata in mezzo alle mie cosce spalancate, siamo nude sul letto della nostra stanza.
Con una mano si masturba come farebbe un uomo, con l’altra mi sta sfregando il grilletto, dei giri rapidi intorno con le dita tese, poi quando le sembra che sia eccitata a sufficienza, mi sale sopra, mi blocca le braccia all’altezza dei polsi, fissandomi dritta negli occhi.
“avevi voglia di essere scopata, ora ti accontento”.
Con un colpo deciso e preciso, mi entra dentro, cattiva e brutale, come si deve fare con una donna che vuole sentirsi troia.
Ho male dappertutto.
Le braccia mi fanno male, come i muscoli delle cosce, e gli addominali.
La fica non la sento più, è tutta arrossata, l’ho tenuta a bagno per mezz’ora, prima di fare colazione.
Abbiamo dormito fino a mezzogiorno, dopo che abbiamo scopato come due selvagge fino al sorgere del sole. Margie mi ha fatta venire per un numero di volte di cui ho perso il conto,poi ha voluto che il diabolico strumento di Anna lo indossassi io, le ho reso pan per focaccia.
Ci siamo addormentate sdraiate una sopra l’altra con l’aggeggio ancora infilato dentro, sfinite, stremate,
senza nemmeno più la forza di muovere una mano.
Margie dice di non sentire dolore alcuno, solo alla patata.
Per tenersi allenata va in palestra tre volte alla settimana, mentre io sono una pigrona matricolata,
ho messo in moto muscoli che da mesi non usavo.
Finita la colazione salata, consumata in silenzio sotto al gelsomino, siamo ripartite.
Anna ci ha salutate,
“vedo che avete fatto buon uso del mio regalo”.
Dario un po’ provato ci ha guardate mentre ci allontanavamo,
“tornate a trovarci presto, e fate piano”.
Cerco di muovermi il meno possibile, ad ogni scossone un po’ più forte mi duole tutto il corpo.
Margie ha messo il disco bianco dei Beatles, ha una chiavetta che infila nella porta usb della centralina che controlla gli interfoni.
La stringo, le ho appoggiato il mento su di una spalla, fa caldo, andiamo piano, le tute le abbiamo strizzate dentro alle borse, indossiamo solo dei jeans e una felpina.
Ogni tanto la palpeggio, mi dice di stare ferma,
“sei una vera maialina”
“sei tu che mi fai venire sempre voglia”.
Facciamo un lungo giro, sempre tra colline e campi coltivati, stradine secondarie, mi sarei già persa mille volte, Margie invece sembra conoscere tutte le strade a memoria.
“per non impazzire, ho trascorso lunghi mesi a girare da sola con la moto”.
Comprendo cosa mi vorrebbe dire, forse prima o poi mi dirà cosa è successo, è la sua lunga strada verso la guarigione.
E’ quasi sera quando apriamo il cancello di Mirella e entriamo nel piazzale.
In casa non c’è nessuno, cerco di abbozzare un invito,
“se vuoi ceniamo, e poi resti a dormire”
Mi sorride, sento la sua lingua che mi fruga il palato.
“ho bisogno di riposo, domani devo andare in Germania per una faccenda di lavoro”.
“ci sentiamo al telefono, ti chiamo quando sarò arrivata”
Mi fa sempre sapere le cose all’ultimo minuto, quando si arriva ad un bivio, ti accorgi che già ha deciso quello che faremo.
Le tocco la fica, avrei voglia di ricominciare, ma salgo sulla Mini e a malincuore le sorrido.
“va bene fai buon viaggio, ci sentiamo al telefono, per quando ritorni preparati che ti divoro”.
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