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Morbosa Corrispondenza - Capitolo 17 Parte 2


di milflover95
23.04.2025    |    500    |    0 7.0
"” Quando Toni uscì, Luca rimase immobile, fissando sua madre..."
Luca
“Ciao Toni.. Mamma è dentro. Ti faccio strada.” Chissà che voleva suo cugino, si chiese oziosamente.
Toni entrò e appena mise piede nel salotto, Teodora si voltò. Il suo viso severo si illuminò come un falò estivo.
“Toni! Che piacevole sorpresa.” La sua voce era stranamente cordiale, quasi… musicale.
Toni si avvicinò con il suo solito passo sicuro e le diede due baci sulle guance.
“Zia, mi chiedevo se avessi bisogno di una mano con qualcosa. Un lavoretto, anche occasionale. Sto cercando di risparmiare dei soldi per il mio futuro..”
“Ma certo che ho qualcosa per te, nipotino!” Esclamò, con un entusiasmo che suonava quasi sinistro.
“Il giardino! È un disastro. Tu saresti perfetto per rimetterlo in sesto.”
Toni sorrise, sorpreso. “Davvero?”
Luca, ancora in piedi vicino alla porta, strinse gli occhi. “Ma… mamma.. abbiamo già un giardiniere. Sanjiva.”
Teodora si girò di scatto verso di lui, la dolcezza svanita in un istante, il volto seccato.
“Sanjiva è un incapace,” disse con tono gelido. “Avrei dovuto licenziarlo mesi fa. Ma non l’ho fatto perché…”
Si fermò un attimo, fissando Luca e insistendo su ogni sillaba: “…in questa casa mancava un UOMO. Uno vero. Qualcuno che sapesse cosa vuol dire lavorare. E ora che sei arrivato tu, Toni, finalmente posso liberarmi di quello scansafatiche!”
Toni arrossì appena, lusingato. “Grazie, zia. Davvero. Inizio quando vuoi.”
“Domani. Alle otto. Ti farò trovare i guanti e gli attrezzi pronti.” Toni annuì, ancora sorridente e le diede un altro bacio sulla guancia. “Perfetto. Ci vediamo domani.” Quando Toni uscì, Luca rimase immobile, fissando sua madre.
“Cos’hai da guardare?” Chiese lei, di nuovo irritata.
“Niente..” Abbassò lo sguardo e quella donna imprevedibile lo congedò con un cenno di sufficienza.

Lia
Dopo una nottata in bianco passata ad accudire il padre dolorante per i crampi, l’umore di Lia non era dei migliori. Decise di aspettare che suo padre si riposasse qualche ora, prima di parlargli.
Sergio entrò in cucina intorno a mezzogiorno, ancora claudicante.
"Buongiorno. Ti ho preparato un po’ di tè," disse lei porgendogli la tazza.
“Grazie.. Immagino che questo sia il momento in cui mi urli addosso.”
"No, papà," replicò Lia con fermezza. "Questo è il momento in cui si cambia passo.”
“Sennò che fai? Mi cacci da casa?”
“Smettila. Non puoi continuare così, a fare la vita che fai. Devi smettere di bere, e devi iniziare a fare qualcosa per i muscoli delle gambe, perché questi crampi non sono normali."
“Che ti importa? Me ne vado se non sono ben accetto. Non mi serve la tua pietà e nemmeno una badante.” Borbottò lui.
“Ti prego, papà..”
“Fallo. Cacciami. Mandami via. È meglio così. Fallo.” Disse Sergio e diede a sua figlia una piccola spinta, provocatorio.
“Ti prego.. Non mi costringere”.
“Dillo. Vattene, papà. Dillo.”
Per un istante Lia pensò di abbandonarsi all’ira, poi sentì qualcosa rompersi dentro di sé e sentì le lacrime solcarle il viso.
" Se non ti prendi cura di te, fra un po' non ti alzi nemmeno dal letto, lo capisci? Non posso più vederti così, papà." Urlò Lia, la voce improvvisamente rotta.
“Lia..”
"Ti prego, papà. Fallo per me. Non voglio perderti di nuovo!"
Quasi incredula della propria reazione, Lia scoppiò a piangere, come una bambina. Il suo florido petto si contrasse in singhiozzi irregolari, il respiro spezzato da piccoli lamenti soffocati. Le lacrime sgorgavano copiose, calde, scivolando rapide lungo le guance rosee, un torrente di emozioni represse che ora si riversava senza freni.
Sergio la abbracciò, quasi sconvolto.
"Tranquilla.. Non vado da nessuna parte".
"Ho avuto tanta paura! Non mi lasciare, ti prego! Ti voglio bene, non mi lasciare sola! Non voglio perderti per colpa mia!"
Lia sentiva il petto bruciare per la troppa aria inspirata tra un singhiozzo e l'altro, le spalle scuotersi in un tremito disperato.
Sergio non rispose subito, ma alla fine, dopo un lungo silenzio, la strinse forte e sussurrò:
"Lo so, Lia… lo so. La verità è che mi sono concesso qualche bevuta di troppo. Ma non è colpa tua. Mi sentivo umiliato per com’ero stato trattato da quella mia... amica con cui ho litigato la scorsa sera."
Lei rise, la voce ancora incrinata. "Me lo ricordo! Quella pazza!" Si sfregò goffamente gli occhi con il dorso della mano, cercando di placare i singhiozzi. Annusò piano l’odore del padre, ancora reduce dalla serata di ieri, il sudore appena accennato, non invadente ma denso di una mascolinità cruda.
"Già!" Rispose lui, ridendo di rimando e accarezzandole i capelli, "quella puttana, semmai!"
Risero insieme e Lia si calmò, concentrandosi su quell’odore, così familiare.
"Scusami, Lia. Non volevo farti preoccupare. Non berrò più. Cercherò di curarmi e stare meglio. Non voglio perderti."
Rimasero così, stretti l’uno all’altra, senza bisogno di parole. Il tempo sembrò fermarsi, cullandoli in quell’abbraccio silenzioso, pesante di cose non dette, di ferite ancora aperte ma, forse, meno dolorose.
Dopo un po’, Sergio sospirò e si scostò appena, stiracchiandosi.
"Dio, sto invecchiando... se resto così un altro minuto, mi viene un crampo!"
Lia alzò il viso verso di lui e i loro occhi si incontrarono. Gli occhi di Sergio, di solito così freddi, sembravano brillare in un modo diverso. Lacrime? Determinazione?
Lia non disse nulla. Si limitò a trattenere ancora qualche secondo quell’istante, senza volerlo spezzare.
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