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Morbosa Corrispondenza – Capitolo 16


di milflover95
16.03.2025    |    2.103    |    0 9.6
"" Gli diede un bacio sulla guancia, e lui ricambiò con due bacetti in successione..."
Mena
Il sole filtrava timidamente attraverso le tende chiare della sua camera, tingendo di una luce morbida le pareti.
Mena si svegliò di buon’ora, come ogni mattina. Si sciacquò il viso, lasciando che l’acqua fresca le risvegliasse i sensi. Sistemò i capelli con le dita, lisciandoli dietro le orecchie, e poi si diresse nella stanza accanto.
Lì, adagiato sul letto, giaceva suo marito, il respiro lento e regolare si sollevava a malapena sotto le lenzuola. Gli sfiorò la fronte con un bacio delicato, poi gli prese la mano tra le sue, stringendola piano. "Buongiorno, amore mio," sussurrò, lasciando che il pollice accarezzasse il dorso della sua pelle immobile.
La badante era già lì, silenziosa ed efficiente, pronta a prendersi cura di lui. Mena le sorrise, poi si alzò per fare colazione.
Si diresse in cucina, dove trovò suo figlio Toni già seduto al tavolo con una tazza di caffè tra le mani. "Buongiorno, mà”. Le disse con un sorriso assonnato.
Si versò il caffè e si sedette accanto a lui. "Buongiorno, amore mio."
Gli diede un bacio sulla guancia, e lui ricambiò con due bacetti in successione.
Mentre Mena sorseggiava il caffè, un piccolo incidente fece ridere Toni: un velo di schiuma le si posò sulla punta del naso.
"Mà, sembri un gatto!"
Lei rise di gusto, pulendosi con un dito. "Ah! E io che pensavo di essere elegante di prima mattina!"
Finita la colazione e dopo essersi vestita con calma, Mena uscì per una lunga passeggiata. Respirò a pieni polmoni l’aria fresca del mattino, presa dal rumore dei passi sulle pietre del sentiero. Il tragitto la portò fino alla chiesa, il suo rifugio preferito.
Durante la messa, Mena non distolse lo sguardo da Don Marco. I suoi occhi brillavano mentre lo osservava, e ogni volta che lui incrociava il suo sguardo, gli sorrideva dolcemente. Lui, però, rimaneva impassibile, immerso nel rituale religioso. Ma Mena sapeva che dopo la messa avrebbero avuto qualche minuto per parlare.
"Come stai, Mena?" Le chiese lui, sorridendo.
"Sto bene, padre. Grazie, davvero, per tutti i consigli che mi hai dato." Rispose lei con calore.
"E come vanno le cose?" Insistette lui, incuriosito.
Mena si lasciò scappare un sorriso soddisfatto. "Ho ripreso a fare l’influencer, ma solo nel tempo libero."
Don Marco annuì.
“Vuoi confessarti?”
“Per adesso non credo serva, Don. Sono molto più serena, grazie”.
“Ne sono lieto. Almeno evito di entrare in quel loculo!” Disse Don Marco. Poi, le prese entrambe le mani nelle sue e le baciò con affetto.
Mena rise, allegra e un po’ lusingata, prima di salutarlo e tornare verso casa.
Quando arrivò, il nipote Alessio era già lì, chino sul libro accanto a Toni.
Le corse incontro e la salutò con un bacio sulla guancia.
"Ciao, zia!"
Lei gli sorrise e gli accarezzò la guancia. "Tutto a posto, tesoro?"
"Tutto a posto." Rispose lui, con un sorrisetto furbo.
Dopo pranzo, Mena tornò nella sua camera da letto e, come sempre, trovò appoggiato sul cuscino il suo reggiseno, inzuppato di schizzi di sperma perlaceo. Lo raccolse con un sospiro divertito. Era pieno zeppo di crema, intriso di vischiosa dolcezza. Anche stavolta il piccolo monello si era scatenato.
Mise il reggiseno di ricambio sul cuscino e portò l’altro in lavanderia, riempiendo una tinozza piena d’acqua e sapone.
Prima, però, fece colare il grosso del nettare nel lavandino. Lo guardò sciogliersi sotto il getto tiepido, filamenti di crema densa e lucida che si aggrappavano alle superfici bianche della ceramica, scivolando via con un rumore di risucchio.
La sborra era ancora calda, segno che Alessio doveva aver finito poco fa. Un sorriso le increspò le labbra.
Adolescenti. Anche Toni, alla sua età, era sempre col coso in mano. Poi aveva trovato la sua brava fidanzatina e aveva smesso, ovviamente.
Con un gesto misurato, immerse le mani nell’acqua saponata, lasciando che le dita sfiorassero la superficie appiccicosa del tessuto, mentre il profumo pungente del liquido seminale si mescolava all’aroma fresco del sapone.
Un pensiero le attraversò la mente, un’impressione quasi sensuale nel vedere quella crema scivolare lenta, corposa, lasciando tracce sulle sue dita prima di dissolversi nell’acqua.
Scosse la testa, sorridendo e si asciugò le mani.
Dopo aver finito i compiti, Alessio andò via e Mena si accomodò sul divano accanto a Toni.
Come sempre, guardavano la televisione abbracciati.
“Come vanno i voti di Alessio? Studia bene?”
“Non ci crederai mai, mà..”
“Cosa?”
“All’inizio sembrava un caso senza speranza, svogliato.”
“Poi..?”
“Migliora sempre di più, sempre volenteroso. Apre il libro ancora prima che glielo dica io, sembra impaziente di studiare!”
“Hai visto? Hai un futuro come professore. Tutto merito tuo.” E dell’aiuto di una zia premurosa, pensò lei.
“Sarà..” Aggiunse lui, poco convinto.
“Strano, comunque. Di solito alla sua età si pensa a tutt’altro.” Concluse lui.
“Chissà a cosa, vero?” Mena rise, rannicchiandosi sul suo petto. Per un solo fugace istante, ripensò al suo cuscino, compagno di tante fantasie. Alcune più peccaminose di altri. Poi si rilassò.
Coccolare suo figlio la faceva sentire a suo agio. Quel contatto fisico le infondeva una pace profonda: a malapena stava guardando la televisione, persa in quelle tenerezze, quando si accorse del turbamento negli occhi di lui.
"Che c’è, Toni? Ho detto qualcosa di inopportuno?" Gli chiese, stringendogli un po’ il braccio, accigliata.
Suo figlio sospirò. "No, mà, assolutamente. Il problema è Anna… Abbiamo litigato."
Mena inarcò un sopracciglio e gli passò una mano tra i capelli. "E perché?"
Lui sbuffò. "Si è messa in testa di diventare una famosa cantante.”
“Cantante?” Mena, incuriosita, iniziò ad accarezzargli il petto, guardandolo negli occhi.
Toni fece una smorfia. “Pare che abbiamo una star in casa. Ecco cosa vuole, invece di pensare al futuro con me!"
Mena sorrise con dolcezza. "E quindi? Se è il suo sogno, perché non dovrebbe provarci?"
“Sai che me lo ha tenuto nascosto? L’ho saputo solo dopo il provino!”
Sapeva quanto Anna fosse diversa dal suo cucciolo, troppo ambiziosa e spregiudicata per un ragazzo orgoglioso e volitivo come Toni. Però c’era qualcos’altro, sotto.
Preoccupata, cercò di calmarlo con altre coccole e gli portò il capo sul suo petto, teneramente.
“Non mi dirai che avete litigato solo per questa piccola bugia,” sussurrò Mena e le sue mani si spostarono delicatamente sulla nuca di Toni, ogni tanto accarezzando anche la pelle delle sue spalle e della parte alta della schiena, tracciando piccoli cerchi sopra la stoffa della maglietta del figlio.
“Mà..”
Con gesti lenti e istintivi, le dita di Mena continuarono a sfiorargli il collo, strisciando appena sotto l’attaccatura dei capelli.
“Dimmi la verità, apriti..”
Toni si abbandonò a quel contatto con un piacere quasi istintivo. Un brivido percorse Mena mentre lo accarezzava lungo le scapole, per poi risalire accarezzandogli l’attaccatura delle orecchie.
“Mi ha mentito..”
“E poi?” Gli accarezzò la nuca, giocando con la leggera peluria, mentre l’unghia curata del pollice disegnava movimenti languidi lungo la linea della mascella squadrata.
“Non mi piace quel mondo.. Sono tutti dei maniaci.. Se la vorranno scopare.. Tutti..”
Sentiva il respiro di lui farsi più lento, il suo corpo distendersi sotto quelle carezze che sembravano sciogliere ogni tensione, le gambe del suo cucciolo che si accavallavano per sistemarsi meglio.
“Se la ami, devi fidarti di lei.”
“Mà.. Che devo fare?”
“Chiedile scusa.. E stalle dietro. È una brava ragazza, ma tienila d’occhio. Lascia che segua la sua ambizione, ma non lasciarla sola.”
“Ma lei potrebbe evitare di lavorare, mamma! Ci penserei io..” Mugugnò Toni, assorto nelle carezze.
Mena lo fissò per un attimo, poi fece una risatina che le uscì male, quasi un gemito. "Amore, tu un lavoro neanche ce l’hai! Forse dovresti darti una mossa prima di pensare a mantenere qualcuno. Magari tua zia Teodora ha bisogno di una mano."
Toni fece una smorfia, ma non disse nulla.
Mena gli accarezzò il viso con dolcezza.
Stavolta furono le manone di Toni a massaggiarle le spalle e lei sentì il calore della pelle di lui avvolgerla, un abbraccio che sembrava quasi cullarla, portandola in una dimensione di puro benessere.
La verità era che lei concordava con i dubbi di Toni sulla fedeltà di Anna.
Quella ragazza era una furbetta.
Avrebbe dovuto preoccuparsi, da brava madre. E invece riusciva solo a pensare a quel contatto fisico in cui trovava un piacere dolce e sottile, qualcosa che avrebbe voluto prolungare per ore.
“Hai ragione mà.. Le parlerò.. E chiederò alla zia se ha un lavoretto per me.” Disse Toni e le diede un bacio sul collo, senza aggiungere altro.
Mena sentì il respiro di suo figlio calmarsi, mentre i suoi occhi si chiudevano, apprezzando ogni istante delle carezze della madre che risalivano sulle sue guance.
Amava sentirlo così, abbandonato alle sue carezze, e si perdeva nella sensazione della sua pelle sotto i polpastrelli, nella consapevolezza di poterlo coccolare all’infinito.
Dopo ore di coccole e carezze, Toni si alzò, un po' goffamente. S’era fatto tardi. “Vado in camera, mà..”
“Va bene, tesoro. Ti chiamo appena la cena è pronta”.
Poi Mena si alzò, si diresse in camera, accese il computer e avviò il login alla chat erotica.
Aveva fatto il suo dovere di brava mamma, adesso veniva il piacere.


Marta
“Oddio, non ero mai stata in quel negozio, papà! Entriamo? Dai!” Marta si strinse al braccio di Luigi, gli occhi spalancati e pieni di entusiasmo davanti alla vetrina illuminata.
Luigi si passò una mano tra i capelli brizzolati e, sospirando, disse: “Va bene, entriamo..”
Finalmente i suoi sforzi erano stati ripagati, pensò; si staccò da Luigi e iniziò subito a esplorare il negozio, facendo scorrere le dita tra le stoffe delicate di abiti da sogno.
“Guarda questo vestito!” Esclamò, tirando fuori un tubino nero dal taglio audace. Se lo accostò al corpo, ammiccando.
“Guarda, papà! Mi sta da Dio! Me lo prendi?”
Luigi osservò il cartellino del prezzo e deglutì; si accomodò su una poltroncina in pelle, mentre Marta provava un capo dopo l'altro, cinguettando ogni volta che usciva dal camerino per farsi ammirare.
“Questo rosso fa troppo femme fatale, vero, papà?” Rise, girando su sé stessa.
“Ti sta bene...” Annuì Luigi, assorto.
“Allora me lo prendi! E anche quello nero!” Cinguettò Marta con un sorrisetto.
Dopo i vestiti, arrivarono i gioielli e gli accessori.
Scarpe dal tacco vertiginoso, una borsa che “stava troppo bene con il vestito”.
“Oh, mio Dio, questi orecchini! Sono favolosi!”
Si girò verso di lui e fece un'espressione da gattina implorante. “Ti prego, papà, me li prendi? Li voglio troppo!”
Luigi spalancò gli occhi, osservando il prezzo.
Marta si avvicinò e gli posò un bacio leggero sulla guancia. “Dai, papino... Per favore?”
Lui sospirò e annuì.
La commessa li osservò, sorridente, mentre impacchettava gli acquisti, poi si rivolse a Luigi con un tono dolce. “Sua figlia è davvero carinissima... Deve essere fiero di lei!”
Luigi sentì il calore salirgli fino alle orecchie.
Marta, invece, si limitò a ridere, sorniona: “oh, lo è, lo è!” Rispose ironica, lanciando un'occhiata furbetta a Luigi.
Uscirono dal negozio con un carico di sacchetti, Marta camminava leggera e soddisfatta.
“E adesso?” Chiese lui, con un sorriso stanco.
Marta lo prese sottobraccio: “ora meritiamo una bella cena in quel ristorantino chic! Offri tu, vero papà?”
E aggiunse, facendogli l'occhiolino: “e, dopo, si va a casa tua!”
“Va..bene..”
Eccolo, un uomo sul soglio del precipizio. Serviva l’ultima spintarella per farlo totalmente suo. Marta era paziente, sapeva aspettare.

Lia
Il posto era una catapecchia, l’odore di sigaretta e alcol le davano la nausea, una puzza di vomito peggiorava l’atmosfera buia.
Lo trovò in un angolo del bancone, il bicchiere di birra vuoto di fronte a lui.
La luce fioca illuminava debolmente i suoi capelli disordinati sulla fronte, un ghigno da ubriaco sul volto affilato.
"Papà," disse Lia con voce ferma. “È ora di tornare a casa."
Sergio alzò lo sguardo e, con un sorriso storto, cercò di rispondere. "Lia, che fai qui? Non ti preoccupare. È solo birra... Un paio di birre non fanno male a nessuno, vero?"
“Vero!” Biascicarono all’unisono un paio di amici del padre, altrettanto sbronzi.
“Andiamo, papà!”
Sergio si alzò dalla sedia borbottando, ma i suoi movimenti erano lenti, confusi e Lia dovette sorreggerlo.
Barcollò come una marionetta e, senza volerlo, finì per mettere goffamente le mani addosso a Lia che sobbalzò, sentendosi toccata rudemente sul petto formoso e sulle spalle.
Facendosi largo tra i tavoli sudici e le sedie sgangherate, mentre cercava di trascinarlo fuori, mani viscide si allungavano su di lei con la scusa di aiutarla.
Nessuna figlia dovrebbe essere costretta a subire tutto questo per colpa del proprio padre.
Salirono in auto, stravolti.
"Papà, se continui così, ti manderò via di casa," disse Lia con la voce bassa e tagliente, mentre guidava.
"Non sono mica un bambino... Posso bere un paio di birre in pace?" Biascicò.
"Magari fossero solo un paio di birre.."
“La mia amata figlia non vuole che beva. Non posso più andare con una donna senza avere i crampi. Cosa mi resta per cui vivere?”
“La tua famiglia, ad esempio?”
La tensione nell’auto era palpabile, ma Sergio non rispose.
Una volta arrivati, lo aiutò a scendere dall'auto e lo accompagnò fino alla sua stanza, in silenzio.
Non aveva nemmeno la forza di tornare in camera, perciò si accoccolò sulla poltrona accanto al letto di suo padre e si addormentò.
La notte passò silenziosa, ma alle prime luci dell’alba Lia sentì un urlo e sobbalzò, trovando suo padre in preda a un crampo fortissimo; Sergio cercava di muoversi, ma il dolore era fortissimo e lei lo aiutò a camminare lentamente per la stanza, cercando di fargli rilassare il muscolo.
Il suo corpo caldo e sudato tremava sotto la sua mano, e Lia provò una strana combinazione di preoccupazione e compassione.
“Non è niente." Rispose Sergio in modo confuso, prima di stendersi nuovamente a letto.
Domani avrebbero fatto i conti.

Marta
Rientrarono a casa di Luigi, lasciando i sacchetti nel soggiorno. Marta, con una risatina improvvisa, corse verso la camera di Anna.
Lui la seguì, perplesso. Lei si sedette di fronte allo specchio della scrivania dove Anna si truccava ogni mattina, osservando l’ordine perfetto della postazione. "Oddio, qui è tutto ordinatissimo... perfino le forcine sono messe in fila per lunghezza!" Esclamò con un sorriso strafottente.
Afferrò due forcine con una piccola rosa incollata sopra e le porse a Luigi. “Papà, mi aiuti ad acconciarli?” Chiese, voltandosi verso di lui con uno sguardo ammiccante.
Lui annuì, poi prese le forcine e, con gesti lenti e cauti, iniziò ad appuntarle tra le ciocche nere di Marta.
Le sue dita sfiorarono la pelle calda della sua nuca, e lei sorrise allo specchio.
Guardò il proprio riflesso: le piaceva vedersi mora, davanti allo specchio della figlia di Luigi.
Sorrise piano, passandosi una mano tra i capelli ancora freschi di tinta, aprì un cassetto e tirò fuori alcuni rossetti. Ovviamente ordinati per colore.
“Quale scelgo?” Domandò.
Luigi esitò un istante, poi indicò un rossetto rosso fuoco, probabilmente il preferito di Anna: Clé de Peau Beauté Lipstick, Legend Red.
Marta lo prese e lo osservò, poi alzò lo sguardo su di lui.
“Questo?” Chiese, con un sorriso enigmatico. Luigi non parlò, annuì soltanto.
Con calma, Marta portò il rossetto alle labbra e lo passò con precisione. Il colore acceso spiccava sulla sua pelle chiara, troppo forte, quasi stonato.
Forse su una pelle abbronzata, come quella di Anna, avrebbe avuto un effetto migliore.
"Ti piace?" Domandò con voce bassa, passando la punta della lingua sulle labbra morbide, ormai tinte di rosso vivo.
Luigi annuì di nuovo, incapace di distogliere lo sguardo.
Marta si avvicinò e lo baciò. Un bacio lungo, profondo, il rossetto che macchiava leggermente le labbra di lui.
Le loro bocche si cercarono con languore, le mani di Luigi ancora tra i suoi capelli. Il tempo sembrava essersi fermato, la stanza carica di un silenzio pesante, rotto solo dal suono umido del loro bacio.
“Ti piace il sapore?” Sussurrò, la voce bassa, un soffio caldo contro la sua pelle. Luigi deglutì, la sua bocca si schiuse appena. Sentiva il cuore battergli forte, il respiro accelerato.
Le loro labbra si incontrarono con un morbido schiocco. Luigi sembrava assaporare quel rossetto con una fame crescente, leccando piano l'orlo della bocca di Marta, seguendo la curva del suo labbro superiore, poi quello inferiore, lasciando che il pigmento intenso gli tingesse la pelle. Marta gemette piano contro la sua bocca, socchiudendo le labbra per accoglierlo più a fondo.
Le loro lingue si intrecciarono e Luigi ne approfittò per esplorare con ancora più ardore, catturando ogni traccia di quel rossetto che sembrava averlo stregato.
Sentiva il calore della sua bocca, il leggero sapore dolciastro del trucco che ormai gli si era impresso sulla lingua.
“Adesso ti sta anche meglio,” sussurrò lei, passandogli un dito sul labbro per spandere ancora di più il colore.
Luigi non rispose, si limitò a catturare di nuovo la sua bocca, come se il sapore di quel rossetto fosse diventato la sua nuova ossessione.
Le sue mani si mossero istintivamente tra i capelli di Marta, ancora freschi di tinta, mentre le dita scivolavano tra le ciocche nere, tirandola leggermente a sé.
Lei rispose con lo stesso ardore, affondando le unghie nella stoffa della sua camicia, come a volerlo trattenere lì, ancora e ancora.
Quando si staccarono, Luigi era senza fiato.
Il rossetto aveva lasciato tracce sulla sua bocca, sulle sue labbra ora arrossate e umide.
Marta lo osservò con un sorriso soddisfatto, il trucco leggermente sbavato, ma lo sguardo acceso di desiderio; tornò a sedersi sulla sedia con un sorriso sornione, lasciando che le dita scivolassero lente sulla fibbia della cintura di Luigi.
“Non ti ho ancora ringraziato per lo shopping di oggi, papà.” Mormorò, mentre le sue mani scioglievano con una lentezza studiata l'intreccio della cintura, poi il primo bottone, infine la cerniera, che scese con un fruscio appena percettibile.
“Non devi..”
Le sue dita sfiorarono il tessuto e si godettero la durezza di un’erezione notevole.
“Ma voglio, papà.. posso?”
Aggiunse lei, sbottonandosi la camicetta e aprendo il reggiseno, mostrando a Luigi le sue belle tettone morbide.
“Dio..”
Marta gli abbassò le mutande e liberò il suo membro, duro e svettante.
Iniziò a dargli dei piccoli baci, lasciando impronte di rossetto ovunque.
Lo maneggiava, piano, quasi pensierosa.
Troppo ordine, troppo, pensò Marta, inclinando la testa da un lato.
Era impossibile che Anna non avesse un altarino segreto. A meno che..
Senza lasciare la presa sul pene di Luigi, allungò l’altra mano, frugando sotto il tavolo. Sorrise quando vi trovò un libricino rilegato in pelle, ben nascosto.
Lo sollevò con un lampo di furbizia negli occhi.
Luigi la guardava, attonito.
Bingo.
"Guarda un po'.. Il diario della piccola Anna."
Luigi sussultò, il suo respiro si bloccò per un istante. Nemmeno lui sapeva dell’esistenza di quel diario.
"Rimettilo a posto, Marta," disse lui con voce bassa, eccitato e preoccupato allo stesso tempo.
Lei rise piano, inclinando il viso verso di lui e dando un bacino sulla cappella violacea. "Non preferiresti leggerlo?"
Lui rimase in silenzio.

Marta giocherellò col prepuzio usando la punta della lingua, poi aprì la prima pagina e lesse ad alta voce:
«Io sono Anna.»
“Già mi piace, la ragazza.” Disse Marta, sbellicandosi dal ridere.
“No dai.. Basta..”
Lei non lo ascoltava nemmeno, con una mano sfogliava il diario, con l’altra gli stimolava il cazzo, con gesti appena accennati.
«Mio padre me lo ripete da quando sono bambina: tu non sei come gli altri. Tu sei destinata a grandi cose. Lo so, perché ti voglio un bene dell’anima.»
«Che bravo papino..» E, col pollice, iniziò a stuzzicargli il glande, proseguendo.
«Però, lui non c'è mai stato davvero. Non nel modo in cui io lo volevo. Mi ha sempre viziata, mi ha portata in viaggio nei posti più belli del mondo. Era sempre vicino eppure distante.»
“Eppure io ti sento molto vicino..” Ghignò Marta, passando il palmo della mano sull’intera lunghezza dell’asta, facendola oscillare lentamente.
“Sei una puttana..”
“Vuoi che smetta? Mi sembra che il tuo pisellone stia apprezzando, a giudicare da come scalpita.” E gli diede un bacio sull’asta, appena sopra i testicoli.
“Continua a leggere.. maledetta..”
“Va bene.. Se proprio insisti..”
«Più lui era distante, più io cercavo di essere espansiva con lui, di attirare la sua attenzione. Ma era come giocare con un pupazzetto, sempre a mia disposizione, sempre con la stessa, bonaria espressione di affetto.»
“Un bel pupazzetto.. Grosso.. Duro..”
“Smettila, troia..”
“La smetto?”
Luigi scosse la testa. Si sarebbe detto in procinto di piangere, se non fosse stato per la maestosa erezione che troneggiava dinanzi al viso di Marta.
“Ok.. proseguo.”
«Una cosa mio padre me l’ha insegnata molto bene: mirare in alto. La gente vive di illusioni, di sogni mediocri, diceva. Non tu, Anna. Tu devi sempre puntare più in alto.»
“L’hai cresciuta bene, vero, papino?” Sogghignò, accogliendo brevemente il cazzo di Luigi sui suoi seni gonfi, prima di proseguire.
«E così ho fatto. Ho imparato a usare il mio fascino come un'arma, la mia intelligenza come uno scudo. Dovevo primeggiare ovunque. Nello studio e nel nuoto, ma soprattutto nel controllo. Ho imparato a riconoscere il desiderio negli occhi altrui, a maneggiarlo con disinvoltura.»
"Scommetto che era una delle più brillanti della sua classe nello studio e.. anche nel resto," mormorò lei, picchiettando la lingua sul frenulo teso.
“Continua a leggere..”
«Ho capito presto che per ottenere ciò che voglio, basta lanciare l’esca giusta. Ho iniziato dai professori, quelli più maturi, seriosi, inaccessibili. Un outfit più audace, un accavallare le gambe al momento giusto, uno sguardo appena più lungo del necessario. E loro cadevano, uno dopo l’altro, nel mio gioco silenzioso.»
“E poi dici a me che sono una troia…” Marta sorrise, spostando su e giù la pelle del membro con la punta delle dita. Poi, senza smettere di leggere, inclinò la testa e lasciò un altro bacio umido al glande, dando una ciucciatina appena accennata alla punta.
Luigi non disse nulla, il suo sguardo era fisso sulle labbra di Marta che si muovevano morbide mentre leggeva. Lei si fermò su un altro passaggio, che lesse con tono suadente.
«Godevo a prendere i voti alti dai professori e i voti bassi dalle professoresse, perché sapevo che erano solo gelose. Non sarei mai andata a letto con un professore, ovviamente. Il mio scopo non era quello. Io volevo solo provocarli, renderli vulnerabili senza mai compromettere la mia posizione. Gli sguardi eccitati dei miei coetanei mi interessavano poco: loro non erano una sfida. Io non giocavo, non provavo eccitazione. Mi stavo solo esercitando.»
Che puttanella, pensò Marta.
Mentre leggeva, continuava a stuzzicare il membro di Luigi e avvertiva le dita di lui che le accarezzavano la nuca, quasi affettuosamente. Come se volesse confortarla. Chissà che gli passava per la testa.
Ad un tratto, Marta scoppiò in una risatina maliziosa. "Oh, guarda qui... parla di Toni." E proseguì.
«Quando Toni mi ha chiesto di uscire, l'ho guardato negli occhi e ho sorriso. Non so se fosse amore, però sapevo che era la scelta giusta. Il mio fidanzato è bello, forte, rispettato. Con lui accanto, divento ancora più visibile. Più inaccessibile. Sono quella che tutti vorrebbero possedere, quella che le altre guardano con invidia e gli altri con desiderio. La gente lo ammira, qualcuno lo teme. Io invece lo osservo, e vedo tutto ciò che gli altri non vedono. Ma poi sento la voce di mio padre nella testa, mi ricordo di ciò che voglio diventare.»
Marta non aveva mai visto Luigi così eccitato, con un’erezione disperata che contrastava stranamente col suo mutismo. Esitava ad iniziare un vero e proprio pompino pensando che, nello stato di eccitazione in cui si trovava, sarebbe venuto subito.
E non c’era fretta.
Marta aveva entrambe le mani occupate e non riusciva ad accarezzarsi, però era eccitata anche lei. Dopotutto, stava violando l’intimità più sacra di una ventenne, il suo diario. Continuò la lettura, dando piccoli bacini vellutati alle palle pelose di Luigi, sporcandole di rossetto.
«Toni è un ragazzo con molte qualità, orgoglioso, carismatico, ma per certi aspetti è un sempliciotto, legato alla madre in un modo quasi infantile, devoto, senza quella fame che io ho dentro. A volte mi fa venire voglia di strozzarlo, altre volte di accontentarmi. Ma io voglio di più. Non mi accontento di essere la moglie del calciatore, la fidanzata perfetta in una storia da liceo. Io voglio essere qualcuno.»
“Attenzione, le cose si fanno piccanti..” Sghignazzò lei, i grossi seni che ballonzolavano al ritmo delle sue risate, mentre passava le dita intorno all’ano di Luigi e l’unghia del pollice accarezzava, piano, i suoi testicoli.
“Ti prego, continua..”
Marta fece una smorfia divertita e portò la mano a stringergli, piano, il membro turgido e bollente.
Proseguì.
«La mia prima volta è stata con Toni. Non mi è piaciuta affatto e non mi va di parlarne. Lui è stato brusco, inesperto, mi ha fatto male con la sua irruenza, mi ha afferrato come se fossi un giocatore da placcare. Per la cronaca, il mio ragazzo è molto ben dotato. E mentre lui mi faceva male, a cosa pensavo?»
“Ora capisco quali fossero le molte qualità di Toni..”
Marta sollevò lo sguardo su Luigi con un sorriso sardonico e smise di commentare, senza fermare la mano, impegnata in una lenta sega.
"Continua..." Sussurrò lui, la voce roca, pregna di desiderio. "Marta... non smettere."
“Perché?” Disse lei, con un sorriso enigmatico, le sue unghie che tracciavano linee leggere sulla pelle calda di Luigi, le sue labbra che ogni tanto si posavano sulla sua cappella polposa.
Luigi strinse i pugni, il respiro sempre più irregolare. "Marta... ti prego..."
Lei ridacchiò piano, inclinando la testa con aria compiaciuta. "Cosa vuoi, esattamente?"
Lui chiuse gli occhi, scosso dal desiderio che lo incendiava. "Continua a leggere... Ti prego, leggi."
Marta si avvicinò al suo orecchio e sussurrò dolcemente: "Lo farò... ma a una condizione."
Lui ansimò, aggrappandosi a lei. "Qualunque cosa.. Ti imploro.."
Lei sorrise e appoggiò le sue labbra sorridenti contro la pelle del suo cazzo, mentre parlava. "Voglio che tu lo dica. Voglio sentirlo dalla tua bocca."
Luigi deglutì. "Dire cosa?"
Il precipizio era arrivato, finalmente.
Marta sussurrò appena, accarezzandogli con l’indice il glande in fiamme. "Chiamami Anna. Dimmi che sei mio. Il mio servo. Il mio pupazzetto."
Luigi gemette, mentre lei continuava a provocarlo con carezze lente, strazianti. "Dillo... e continuerò a leggere. Fino alla fine."
Lui sbuffò, lottò contro l’orgoglio, contro l’umiliazione del momento... ma il bisogno era troppo forte.
"Sono tuo, Anna." Ringhiò. "Il tuo servo. Il tuo pupazzetto."
Marta sorrise, soddisfatta. "Bravo, pupazzo. E ora... torniamo a noi." Disse, accelerando il movimento della sega con studiata lentezza e proseguendo nella lettura.
«Pensavo a mio padre. Non in quel senso, ovviamente. Pensavo alle sue parole. Non bisognava essere coinvolti in nulla. Non bisognava concedere niente di sé. L’importante è vincere. La volta successiva ho imparato a gestire la sua irruenza. Mi sono ben lubrificata, prima.
Poi, mi sono seduta sopra di lui e mi sono lentamente impalata sulla sua cappella gonfia, stavolta senza troppo dolore; la lubrificazione mi consentiva un movimento fluido, controllando il ritmo e la profondità.
Questa volta era diverso, lo sentivo bollente dentro la mia vagina, mi sembrava di percepire le sue vene pulsarmi dentro e provai un piacere nuovo, mai fino ad allora sentito.
Afferrò i miei seni e mi accorsi di avere i capezzoli turgidi mentre continuai a cavalcarlo, il mio pube liscio strusciava sul suo, peloso, il suo pene che scivolava dentro e fuori dal mio caldo buco bagnato, il suono viscido del sesso nelle nostre orecchie, attutito da gemiti e respiri affannosi.
Ci stavamo muovendo l'uno nella direzione dell'altro, più forte e più veloce.
Toni cercò di spingere più forte, ma lo fermai con una mano sul petto.
“Non così in fretta,” sussurrai e lui rimase fermo, un grosso attrezzo in mio potere.
Capii in quel momento che non bastava essere provocanti, per vincere. Bisognava saperci fare.
Sentii un formicolio alle viscere, ad ogni mio affondo cresceva in me la voglia di lasciarmi andare, mentre i miei umori gocciolavano lungo tutta l’asta arrivando a bagnargli le palle, aumentando gradualmente la velocità fino a quando non sentii il mio orgasmo crescere, salire dentro di me, e poi esplodere, mentre la mia fica si contraeva intorno a quel bastone, quasi cercando di divorarlo.
Ripresi a cavalcarlo, con forti colpi decisi. Un affondo dopo l’altro. Lo sentivo, domato e ubbidiente mentre accompagnava le mie spinte con le mani, arrapato e desideroso di aumentare il ritmo.
Massì, ero una brava fidanzatina, dopo tutto.
Iniziai a oscillare avanti e indietro, sentendolo gemere sempre più forte, fino a percepire distintamente il suo uccello allargarsi ed esplodere con una foga incredibile, pompando dentro di me.
Mentre i suoi fiotti caldi mi invadevano e le sue mani mi accarezzavano il sedere, provai una sorta di piacere perverso. Ce l’avevo fatta. Sapevo che l’avrei plasmato in un amante gestibile. Un altro pupazzetto. Ognuno con la sua funzione, ognuno con il suo posto nella mia collezione.»
Assorta nella lettura, Marta non si accorse nemmeno del respiro affannoso di Luigi che, con un grugnito di piacere, si lasciò andare, eiaculando copiosamente sulle sue mammelle nude, il cazzo che vibrava come un giunco al vento.
“Godo! Anna! Sono il tuo pupazzo! Ti sborro addosso!”
Gli schizzi di sperma colpirono le grandi bocce di Marta con forza, spargendosi in tutte le direzioni e creando un intricato disegno bianco e denso sulle sue curve.
Si girò verso Luigi, il diario ancora aperto, e cominciò a coccolarlo piano.
Le sue dita sfiorarono il suo viso, scesero lungo il collo, mentre le sue labbra, questa volta più lente, lo baciavano con tenerezza. Luigi gemette piano, stremato: pareva sul punto di scoppiare in lacrime.
“Dai, leggo l’ultimo pezzetto. Poi, il diario finisce.” Mormorò lei.
«Ed ecco, caro diario, il mio piccolo segreto. Il mio primo orgasmo è stato solo un gioco di potere. La soddisfazione di averlo vinto. Per ora, mi esercito per aumentare la mia collezione. Per ora, gioco la mia parte.»

Toni
"Anna, mi dispiace per come ti ho trattata. In realtà voglio starti accanto anche in questo tuo percorso da cantante, credimi!"
Anna lo guardò, incerta, poi abbassò lo sguardo. "Sei stato davvero duro con me, Toni."
"Lo so." Lui le prese le mani tra le sue. "Ma voglio rimediare. Ti accompagnerò al prossimo provino per il gruppo di canto, promesso."
Anna sorrise piano, stringendo le sue dita. "Ci conto."
Si abbracciarono in silenzio, seduti sulla panchina, il calore dei loro corpi che si fondeva nell'aria della sera. Poi, mano nella mano, si avviarono verso casa di Anna.
Toni si era furiosamente masturbato poche ore prima, reduce di un’estenuante sessione pomeridiana di coccole con la mamma. Se non si fosse sfogato così, sarebbe impazzito.
Poco importava, gli rimanevano abbastanza energie per soddisfare Anna nel caso (probabile) in cui suo padre non fosse stato in casa e lei ne avesse avuto voglia.
Entrarono in casa e trovarono Luigi in soggiorno. Non era solo. Accanto a lui, una donna mora, dal portamento volgare. Toni la fissò, sentendo un vago senso di familiarità. Poi ricordò. In ospedale l’aveva già vista, ma allora era castana.
"Oh, Anna! Toni!" Disse Luigi, sistemandosi nervosamente la camicia. "Lei è Marta, una mia collega di lavoro."
Anna inarcò un sopracciglio, scambiando uno sguardo con Toni. Lui colse immediatamente i dettagli: Luigi con occhiaie profonde e segni di rossetto frettolosamente tolti dalle labbra. Marta aveva un odore inconfondibile di sesso, e un’aria scomposta. Anche lei sembrava aver notato la tensione.
“Ciao!” Marta si avvicinò a Toni con un sorriso languido e gli diede un bacio sulla guancia.
"Piacere di conoscerti, Marta," disse lui, senza riuscire a celare il tono perplesso.
"Il piacere è mio," rispose lei con un sorrisetto malizioso, "ho sentito tanto parlare di te."
Toni si trattenne dal commentare e guardò Anna di sottecchi. Lei appariva perplessa, ma poi, con un lampo di ironia negli occhi, sorrise freddamente. "Oh, scusate se vi abbiamo disturbati."
Marta ridacchiò e la interruppe: "oh, si è fatto tardi. Meglio che vada."
Si avvicinò ad Anna, stringendola in un rapido abbraccio. Poi, con una risatina, si voltò verso Toni, depositandogli un altro bacio sulla guancia prima di uscire.
Restarono in tre, il silenzio denso di sottintesi. Anna incrociò le braccia e guardò il padre con un’espressione indecifrabile.
"Toni," disse infine. "Puoi lasciarci soli?"
Lui sentì il calore salire al viso per l’imbarazzo. Annuì, fece un passo indietro, poi uscì.
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