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Mia madre *


di MasterT2
30.01.2020    |    39.510    |    10 9.5
"Una delle mie mani risalì a giocare con i seni, l’altra si infilò lentamente, delicatamente, nella fessura bruciante..."
Io e mia madre

*Uno dei miei primissimi racconti, scritto in un’epoca ormai lontana. Ripubblicato

Mio padre era morto in mare da un paio d’anni, ma grazie all’assicurazione ed ai suoi investimenti oculati, io e mia madre conducevamo un’esistenza tranquilla nella nostra casetta.

Era primavera, la stagione degli amori. A scuola, noi ragazzi non facevamo altro che tormentare le ragazzine, che si sarebbero disperate se non lo avessimo fatto. I nostri discorsi vertevano soprattutto su donne misteriose che, segretamente, soddisfacevano i nostri più ardenti desideri. La notte, solo nel mio letto, esse prendevano corpo e forme, mentre la mia mano scendeva ad accarezzare il mio desiderio tumescente, fino a scioglierlo in un caldo e liquido orgasmo. Spesso avevano un volto dolce, incorniciato da lunghi capelli neri, due labbra rosse e morbide, gli occhi verdi e lucenti: il suo volto.
I rapporti con mia madre erano molto aperti, non turbati da falsi pudori, con grande rispetto, confidenza e fiducia reciproca. Io le raccontavo le mie avventure ed i miei sogni, giravo nudo per casa e lei quasi; se facevamo il bagno assieme lei indossava solo un ridottissimo bikini. Mi aveva insegnato tutto quello che sapevo, tutto quello che potevo capire allora. La nostra esistenza scorreva cosi: tranquilla.
Un giorno, tutto questo io lo seppi in un secondo tempo, venne a trovarla sua cognata, la zia Clara. Loro erano molto legate e la zia veniva spesso quando non era in viaggio. In poche parole la zia le ricordo’ che era ancora una bellissima donna e che non poteva passare il resto della sua vita a ricordare qualcosa che non c’era piu’. Doveva farsi forza e ricominciare. Trovarsi un uomo, vivere di nuovo. Quello stesso giorno, quando tornai a casa lei era fuori. Trovai un biglietto: “Vado ad accompagnare la zia. Stasera a cena una sorpresa. Mamma” Ero solo in casa per un po’. Proprio quel giorno un’amico mi aveava passato una rivista porno. Ne avrei approfittato subito per tirarmi un bel segone in santa pace. Nudo, mi sdraiai sul divano. Mi ero steso un fazzoletto sullo stomaco per raccogliere l’evidenza. Sfogliando la rivista cominciai a menarmelo, lentamente, con lunghe segate che facevano scorrere la mia mano da cima a fondo. Senza accorgermi del tempo che passava sfogliavo riempiendomi gli occhi e la mente di fiche spalancate, culi oscenamente aperti, bocche fameliche, cazzi sbrodolanti. Aumentai il ritmo lentamente com il crescere dell’eccitazione fino a raggiungere l’apice in un parossismo di manate velocissime. Arcuandomi spruzzai tutto il mio piacere nel fazoletto. Stavo ancora riprendendo fiato che seniti il ruggito del motore della macchina di mia madre. Feci giusto a tempo ad infilarmi un paio di calzoncini, nascondere la rivista sotto il cuscino, accendere la televisione e sedermi con l’aria piu’ tranquilla del mondo.
“Cosa stai facendo?” disse lei entrando
“Niente, un po’ di tv.” Cazzo..!! Avevo ancora in mano il fazzoletto zeppo di sborra. “Cos’hai portato per cena?”
“Vediamo se indovini..!!”
La seguii in cucina infilando il fazzoletto nel portaombrelli. L’avrei recuperato alla prima occasione.
“Mmmm,…. visto che sei andata alla stazione…li vicino c’e’ la macelleria…..cavallo!!” esclamai “Il mio preferito!!” adoravo la carne cruda di cavallo.
“Bravo…! E una bella insalatina fresca.”
Mentre lei preparava mi infilai in bagno per darmi una sciacquata. Mi sentivo un po’ appiccicoso. Dopo cena passammo la serata di fronte alla tv. Sul divano del peccato. Io sdraiato con la testa sulle sue gambe, lei che mi arruffava i capelli. Poi ce ne andammo a letto.

Il giorno dopo, nel pomeriggio me ne stavo in giardino a leggere, sdraiato al sole primaverile.
“Tesoro!” chiamò mia mamma “Vieni un attimo qui.”
“Arrivo subito.” Risposi.
Entrai in camera. Era seduta in poltrona. Indossava la vestaglia azzurra che le lasciava scoperte buona parte delle gambe accavallate.
“Siediti qui!’ disse battendosi la mano sul ginocchio “Ti devo dire delle cose importanti.”
Mi sedetti, un braccio intorno al suo collo, domandandomi cosa diavolo fosse successo. Lei mi coccolò un po’ facendomi appoggiare la testa sulla sua spalla, massaggiandomi il petto nudo, scendendo con la punta delle dita sotto la cintura dei calzoncini. Quando mi sentì rilassato cominciò con voce calma, dolce e suadente.
“ Sai, ho deciso che da oggi non sarò più solo una madre, ma anche una compagna, un’amica, una maestra...”
“ Mamma!” la interruppi “Lo sei sempre stata!”
“No!” riprese lei “Lasciami finire. Sarò una maestra, amica e compagna speciale. Io credo che tu sia un ragazzo maturo abbastanza da capirmi. Io stessa ti ho spiegato molte cose. L’altro giorno, parlando con la zia, ho capito che non potevo più andare avanti così, che avevo bisogno di ricominciare a vivere. Tuo padre è morto, non cesserò mai di amarlo e mi mancherà per sempre, ma la vita continua e, per il mio ed il tuo bene devo girare l’angolo ed ho bisogno del tuo aiuto.”
La sua voce si era arrochita per l’emozione che quelle parole le causavano. Anch’io sentivo un nodo alla gola.
“Quello che mi ha definitivamente convinto” riprese “è quello che è successo ieri!...Capisci?”
Si interruppe e mi sollevò il volto verso il suo, continuando ad accarezzarmi la schiena.
“Stamattina sotto il cuscino del divano ho trovato questo..” e mi mostro’ la rivista porno, che teneva dietro la schiena “...e poi ho trovato questo nel portaombrelli...” Oddio mi ero dimenticato di tutto, anche del fazzoletto sporco di...
Mi guardò fisso negli occhi. Mi sentii infiammare dalla vergogna, se avessi potuto avrei scavato un buco profondo per nascondermi e non uscirne più. Assentii e nascosi il volto contro la sua spalla abbracciandola forte.
Mi accarezzava di nuovo la testa.
“Dai ora...lo so che non sei piu’ un bambino...solo non mi ero resa conto di quanto fossi cresciuto...! Una madre e’ sempre l’ultima a rendersene conto..”
Cominciai a singhiozzare contro la sua spalla. Lei mi sollevò il viso, mi baciò sulle guance bagnate dicendo:
“Non piangere! Tutti i ragazzi della tue eta’ fanno certe cose. Voi giovanotti siete sempre eccitati e non sempre ci sono delle ragazze in giro pronte ad aiutarvi. Dai raccontami un po’ delle tue amichette.” Mi rinfrancai un poco al suono della sua voce. Dapprima con voce rotta, poi sempre piu’ calmo le raccontai delle poche avventurette che avevo avuto. Mentre raccontavo le sue mani si introdussero nei miei pantaloncini, dapprima accarezzandomi la parte alta delle natiche, poi le cosce, fino ad arrivare ai peli del pube. Quando terminai, accrezzandomi l’uccello duro attraverso la stoffa disse:
“Giorgio! Guarda come ti è diventato duro..!!” Esclamo’ “ Fai vedere...” E con una mossa tanto rapida quanto imprevista, mi abbassò i calzoncini ed il mio cazzo svettò eretto e libero. Rimasi bloccato, rigido, senza parole. Con mano delicata ne accarezzò i contorni e la punta. Cingendolo con forza lo scappellò e fece scorrere la mano fino a toccarmi le palle, poi ripetè il movimento in senso inverso, aumentando gradatamente il ritmo. Mia madre mi stava facendo una sega! Ero ancora tutto scombussolato, l’eco delle sue parole mi rintronava ancora in testa. Finalmente le sensazioni che ricevevo dalla sua carezza divennero più forti, un’ancora, un punto su cui fare riferimento, su cui costruire. All’improvviso tutto mi apparve chiaro e semplice, avevo capito! Aveva bisogno di me, del mio aiuto. Come potevo negarglielo? Chinai lo sguardo e vidi la sua mano che saliva e scendeva, la mia cappella coprirsi e scoprirsi ritmicamente. Le sorrisi facendole capire che avevo capito. Non riuscivo ancora a parlare. Il piacere era troppo grande. Lo sentii risalirmi dai lombi...
“Mammaaa! Oooh! Mammaaaaaaa!”...gemetti esplodendo in un copioso getto che le inondò la mano e si posò sul mio ventre. La strinsi forte , ci sorridemmo felici, cercavo qualche cosa da dire, senza riuscirci. Mi strinse forte e abbasso’ la bocca sulla mia, le nostre labbra si incontrarono, poi le nostre lingue. Non era il primo ma certo fu il più bel bacio della mia vita. Mentre le nostre lingue si intrecciavano guizzanti, lacrime di gioia rigavano le nostre guance. L’istinto aveva preso il comando. Lasciavo vagare la mia lingua tra le sue labbra, mentre la sua mi riempiva la bocca ed il cervello di sensazioni paradisiache.
Quando ci staccammo eravamo senza fiato.
“Ora siediti.” Disse alzandosi e spingendomi verso il letto. “Dobbiamo fare le cose con calma se vogliamo farle bene. Siamo come una coppia in luna di miele, con te nella parte del partner vergine. Il tempo non ci manca.” Era di fronte a me, le mani sui fianchi. “Ora ti farò vedere come è fatta una donna, tutti i piccoli e grandi segreti di un corpo femminile; ti insegnerò a conoscere il mio corpo e tu mi insegnerai a conoscere il tuo.”
Cosi dicendo slacciò la cintura della vestaglia e, voltandomi le spalle, la lasciò cadere. Apparvero cosi alla luce la sua schiena liscia, le sue natiche rotonde e sode, le sue cosce affusolate. Si girò coprendosi il pube con le mani. Fece due passi lasciandomi ammirare i fianchi snelli ed il ventre che appena cominciava ad arrotondarsi. Scoprì i seni e li accarezzò con una mano. Erano belli grossi, svettanti verso l’alto, con due capezzoloni bruni in mezzo a due piccole aureole leggermente più chiare. Dopo quella che mi parve un’attesa lunghissima, scoprì il pube, coperto da un rigoglio di pelo nero. Cercavo di ignorare l’erezione imperiosa che comandava attenzione. Fece ancora due passi, lasciandosi rimirare da tutte le parti.. Si fermò di fronte a me, le gambe leggermente divaricate, accarezzandosi i seni, tormentandosi i capezzoli.
“Vedi?” disse “I capezzoli sono la prima cosa che si nota in una donna eccitata. Si irrigidiscono, si allungano, arrivano al punto di dolere se vengono trascurati.” Allungò una mano sul mio uccello duro. “Proprio come questo.” Mi accarezzò per un attimo, poi si sdraiò accanto a me che continuavo a guardarla, immobile, la bocca socchiusa, il cazzo dritto e vibrante, attento a non perdere un gesto, una parola.
“Se poi la donna la puoi avere vicino, basta posare la mano qui.” Disse accarezzandosi leggermente l’inguine, le gambe ancora chiuse. Qui una donna eccitata si bagna, più è calda e più si bagna. Io sono tutta inzuppata.” Sorride mostrandomi la mano umida. “ Basta aprire un po’ le gambe perché anche lei si apra come una conchiglia vogliosa di essere penetrata dal mare.”
E cosi fece. Dischiuse le gambe lentamente, fino ad averle mezze aperte. Lentamente vidi la sua vulva schiudersi, aprirsi, mostrare le grandi labbra carnose ed ornate di peli, le piccole tenere e rosee, infine la coppa del piacere dove infinite goccioline mostravano la sua eccitazione. Appoggiò l’indice su di un punto nella parte più alta. Si accarezzò dolcemente con la punta del dito.
“Questo” disse con voce arrochita “ è il mio grillettino!”
Continuavo a guardarla senza parole, la bocca aperta, la mano aveva inconsciamente raggiunto il cazzo bisognoso di sollievo.
“Questo” continuo’ lei sempre accarezzandosi “è il centro del piacere. Da qui ogni donna parte per raggiungere l’orgasmo.”
Smise di toccarsela ed allungò la mano per fermare la mia ormai lanciata.
“Aspetta!” disse “Aspetta!”
Divaricò le gambe al massimo, le sollevò mentre con le mani si apriva ancora di più la fica, facendomela ammirare in tutta la sua bellezza. Più sotto vedevo occhieggiare il suo ano piccolo, bruno, chiuso e rugoso, circondato da una corona di peletti neri.
Mi prese le mani, diede due colpetti sul mio uccello gocciolante, poi, guardandomi dritto negli occhi, disse con voce dolce ma sempre roca:
“Oggi sto cercando di tornare donna! Ci provo oggi, con te! Sai, stamattina mi sono messa davanti allo specchio come non facevo da molto tempo, mi sono aperta tutta, mi sono guardata e qualcosa si è aperto nella mia mente, una porta chiusa da quando tuo padre è morto. Mi sono toccata e..... come una pazza...... ho goduto! Ora....” disse con la sua voce sempre piu’ roca e sensuale “..ora accarezzami! Fammi godere!!”
Condusse le mie mani sui suoi seni e ve le abbandonò. Mentre cercavo di trovare il coraggio di muovermi, spinto dai miei sensi in fiamme, lei prese a giocare con il mio inguine infuocato, le palle indurite, fino a scendere a grattare con l’unghia il mio forellino posteriore. Non ero ancora sicuro che non fosse un sogno. Era davvero mia! Sentivo i sui seni morbidi sotto le mie mani, i sui capezzoli turgidi tra le dita. Un istinto ancestrale mi spinse a posare la bocca su quelle colline ansimanti e a succhiare, succhiare e leccare, leccare e mordicchiare quei seni che anni prima mi avevano nutrito. Mentre la mia testa si perdeva, le mie mani, munite di volontà propria, scesero lungo i fianchi, sul ventre liscio, s’inanellarono le dita di peli morbidi. Lei con una mano mi accarezzava la schiena, la nuca; l’altra si trastullava con il mio bastone di carne. Una delle mie mani risalì a giocare con i seni, l’altra si infilò lentamente, delicatamente, nella fessura bruciante. Appoggiai una guancia sul suo vello, inalando a pieni polmoni l’afrore muschiato della sua femminilità. Introdussi le dita tra le grandi labbra che si dischiusero al mio tocco. Le feci scorrere su e giù, da cima a fondo, poi mi impadronii del suo clitoride. Strinsi tra le dita la piccola bacca, la lambii con la lingua, la presi tra le labbra, succhiandola come se fosse una caramella e introdussi un dito in profondità nella sua vulva rorida di umori. Prima uno, poi due, mentre lei aumentava il ritmo del saliscendi sul mio cazzo. Cercai di muovere le dita al suo stesso ritmo, succhiandole famelicamente il grilletto. I nostri respiri si fecero ansanti, rantolanti. I suoi gemiti divennero mugolii frenetici, sentivo il piacere salire, salire da tutti i punti del mio corpo per concentrarsi in uno solo, pompato dalla sua mano instancabile. Ed esplosi! Mi irrigidii, spinsi le dita più a fondo che potevo, le morsi il grilletto, fiottando tra le sue dita. Immediatamente dopo anche lei si inarcò gemendo forte. Mi inondò la mano di un liquido caldo e vischioso.
“Aah! Tesoro! Godo! Bambino mio! Godo! Godo!”
Mossi ancora un po’ le dita accompagnando il pulsare della fica. Sollevai la testa e la guardai. Era più bella che mai. I sui occhi brillavano di una pace immensa, le sue labbra socchiuse scintillavano. Mi cinse il collo attirandomi a sé. Le nostre bocche si unirono in un bacio che esprimeva tutto quello che sentivamo l’uno per l’altra. Mi appisolai appoggiato al suo seno.

Quando mi svegliai lei non c’era. Mi sentivo tutto illanguidito. Una doccia mi rimise in sesto e la raggiunsi in cucina. Stava sfaccendando sui fornelli, canticchiando una vecchia canzone. Indossava solamente un grembiule che la copriva, a malapena, davanti. Dio! Come era eccitante! Mi sembrava ancora più bella. Andai subito in tiro.
Si girò e mi vide.
“Ehi! Bene alzato!” e indicando il mio cazzo duro “Brutto porcello! Non mi dirai che ne hai ancora voglia? Guarda che devi farci l’abitudine a vedermi girare nuda! Sono sicura che tra qualche giorno preferirai andare a fare il bagno invece di giocare con la mamma!” Ridacchiando si avvicino, mi diede un bacino ed un buffetto sul paletto.
“Forza, a tavola! La cena è pronta!” Mi accorsi di avere una fame da cavallo.
Aveva preparato una cena robusta. Non c’é come il sesso a mettere appetito.
Mangiando parlammo del nostro pomeriggio, scambiandoci impressioni e sensazioni.
Mi sentivo improvvisamente adulto, libero e felice. Dopo cena sedemmo in salotto a guardare la tele come facevamo tutte le sere. Certo che la mia mente era da tutt’altra parte. Ero sdraiato sul divano, la testa sulla sua coscia, mi accarezzava la fronte ed io la gamba. Naturalmente eravamo nudi e naturalmente l’avevo duro, ma lei l’ignorava.
Passammo alcuni minuti in silenzio, ma sentivo che era agitata. Improvvisamente si mosse e mi allungò una sigaretta.
“Teh! Fumatene una! Cazzo! Se hai l’età per scopare puoi anche fumare!”
La presi in silenzio. L’accesi insieme a lei. Fumammo. Quel suo accenno a scopare mi aveva messo in subbuglio. Ci guardammo. Il suo sguardo luccicante mi confermò che i suoi pensieri corrispondevano ai miei. I sensi mi si infiammarono. Mi resi conto che ce l’avevo duro come una pietra. Il suo respiro si fece affannoso, i capezzoli se le erano irrigiditi, le guance arrossate. Restai seduto mentre si alzava e spegneva la televisione, i miei occhi sulle sue chiappe sode. Si girò verso di me.
“Vieni! Andiamo! Ti devo insegnare qualcos’altro.”
La raggiunsi, la presi per mano e la seguii in camera. Si girò e mi abbracciò, abbassando la testa per baciarmi. Allora ero più basso di lei. Il mio uccello duro si perdeva tra le sue cosce. Solo alzandomi in punta di piedi riuscivo a sfiorarle il nido peloso. Sempre baciandomi mi spinse sul letto. Mi fece sdraiare e si inginocchiò al mio fianco.
“Chiudi gli occhi. Rilassati!” disse con voce suadente e sensuale “Non pensare a niente e soprattutto stai zitto!” mi ordinò.
Si stese sopra di me, le tettone morbide schiacciate sul mio torace, il mio uccello che spingeva contro il suo ventre. La sua bocca si poso’ sulla mia, la lingua forzò le labbra socchiuse rovistando dappertutto. Mi baciò su tutto il volto, violò le mie orecchie con rapidi colpi di lingua facendomi rabbrividire di piacere. Cominciavo a sussultare ad ogni nuovo guizzo del muscoletto umido. Mi mordicchiò sul collo, sui bottoncini ancora implumi che subito si raggrinzirono, scese più in basso lasciando una scia di saliva sul mio stomaco. Le sue mani scorrevano sui miei fianchi, l‘uccello fu forzato a passare nella stretta valle tra i suoi seni. La lingua si insinuò nell’ombelico, lo stuzzicò e scese ancora. Mi si strisce lo stomaco in attesa, ma lei aveva altri piani. Evitando di toccarmi nella zona che più l’attendeva, mi mordicchiò un po’ le cosce torturandomi con i suoi capelli, poi mi chiese di girarmi. Obbedii. Le sue mani ricominciarono ad accarezzarmi, la sua lingua a tormentarmi lasciando fresche scie sulla mia pelle rovente. Mi morse le chiappe, me le apri, fece scorrere la lingua la in mezzo sfiorettando sul buchetto.
“Voltati ancora.” La voce se le era arrochita, si era fatta impaziente. Inginocchiata tra le mie gambe mi costrinse ad aprirle, mi accarezzò il ventre con tutte e due le mani, le palle indurite, finalmente afferrò il cazzo scappellandolo decisamente. Trattenni il respiro. Me lo slinguò tutto, chiudendolo poi tra le labbra in un cerchio di fuoco, suggendo le goccioline che lacrimavano dalla boccuccia infiammata. Mi sollevò le gambe sulle spalle per meglio succhiarmi le palle. Mi apri le chiappe, la sua bocca si applicò sul mio forellino, succhiandolo, lambendolo, forzandolo con la punta della lingua. Me lo lavorò a lungo, fino ad ammorbidirlo, poi, dolcemente vi infilò un dito.
Una scarica, come una scossa, mi attraversò, facendomi uscire tutta l’aria che avevo dentro. Gemetti forte.
“Ti piace tesoro?” mi chiese impugnando nuovamente l’uccello e cominciando a menarmelo velocemente con la mano libera.
“Oooh! Siii! Da morire!!!”
Abbassò la testa e mi inghiottì. Vidi il mio cazzo sparire tutto tra le sue labbra mentre la mano passava a massaggiarmi le palle, poi ricomparve, scomparve nuovamente. La sua testa si alzava ed abbassava sempre più veloce, il suo dito implacabile mi torturava piacevolmente l’ano. Rantolavo stringendo il lenzuolo tra le mani, rigido, sbattendo le testa da una parte all’altra. Ero tutto un fremito.
“Mammmmmaaaaa!!!!!” urlai sborrandole in bocca in un’esplosione pirotecnica.
Mugolò in risposta tenendomi stretto tra le sue labbra per non perderne neppure una goccia. Quando mi calmai sollevò la testa e si sdraiò al mio fianco, una mano a strofinarsi tra le cosce.
“A me ora! Non ce la faccio più!” ansimò.
Ripetei le sue mosse, leccandola tutta da capo a piedi, evitando di toccarla sulla fica gonfia, sostando a lungo sul suo seno, torturandole i capezzoli. E l’ombelico. Anch’io la feci girare, leccandola lungo la spina dorsale riempiendomi le mani delle sue chiappe, mordicchiandole. Come le aprii prese un cuscino e se lo mise sotto il ventre per offrisi meglio alla mia bocca. Il suo culetto palpitava davanti ai miei occhi, più sotto la fica grondava tumefatta. Assaggiai il buchino con la punta della lingua, lo aprii con due dita, vi applicai le labbra a ventosa forzando, spingendo con la lingua. Contemporaneamente le infilai due dita nella fregna fradicia. Gemeva e mugolava, roteava i fianchi, rivoli di umori le scorrevano sulle cosce. La feci rovesciare di colpo ficcandole un dito a fondo nel culo, tuffando la faccia nel pozzo fremente. Alzò le gambe e aiutandosi con le mani la aprì al massimo. Potevo infilarle la lingua nel più profondo. Mi impadronii del suo grilletto tormendandolo con forza. La mordevo, lappavo, indurivo la lingua cacciandola più a fondo possibile suggendone gli umori come un assetato. Si contorceva sul letto gemendo, sbavando, pronunciando frasi sconnesse fino a che:
“Siiiii! Godo! Vengo! Bambino mio vengo! Bevi....Figliolo....Bevi! Tieni tesoro! Siii bevi! Godo! Godo!”
Continuai a lappare sempre più svelto. Mi afferrò la testa tra le mani traendola con forza quasi volesse farsela entrare nel ventre, e venne con un fiotto di liquido caldo e vischioso, ululando ad ogni contrazione in un orgasmo senza fine.
Eventualmente si calmò e mollò la presa sulla mia testa. Ricominciai a respirare Il volto luccicante di sugo di fica.
“Mio Dio! Dio! Erano anni!” mormorava mentre la morsa delle sue mani si trasformava in una tenera carezza “Era una vita che non godevo cosi!”
Continuai a leccarla, dolcemente, dal grilletto al buchetto martoriato dalle mie dita, aiutandola a rilassarsi. Mi attiro nuovamente verso di lei. Ci mettemmo di fianco, le sue gambe attorno al mio collo, le mie intorno al suo. Le mordicchiavo le piccole labbra, trastullandomi con il suo grilletto; lei giocava con il mio uccello non ancora ripresosi. Lo prese tutto in bocca, colpendolo con la lingua intorno alla cappella. Lentamente rispose alle sue sollecitazioni. Cominciò a succhiarmelo piano ed io ricominciai a leccarla in profondità. Aumento’ il ritmo ed io la seguii. Rispondendo colpo su colpo, succhiata su succhiata, leccata su leccata, mugolando, ansimando, gemendo, le bocche incollate ai reciproci sessi non si staccavano un attimo. Con sussulti di piacere godemmo all’unisono, l’orgasmo dell’uno detonando l’altro. Ci baciammo scambiandoci i nostri sapori, ripulendoci dei residui del piacere. Ci addormentammo con la sua testa sulla mia spalla.

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