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Gay & Bisex

Sessualità ritrovata


di Membro VIP di Annunci69.it Beaudenuit
06.12.2023    |    10.899    |    8 9.8
"Notai che con un nick al femminile si aveva molto più successo, quindi ne assunsi uno, che ora non ricordo, e cominciai a interagire con maschi che si..."
Era l’anno del mio esame di maturità e non avevo più molto tempo per le mie piacevoli e adrenaliniche escursioni serali e notturne, ma in ogni modo appena potevo non ci rinunciavo. Il cazzo era diventato un po’ una droga per me, non potevo farne a meno a lungo.
Fra i posti che frequentavo c’era uno slargo vicino la stazione Prenestina, dove più volte avevo fatto incontri interessanti e dove c’erano posti dove appartarsi.
Quella sera però sembrava il deserto e avevo già deciso di spostarmi quando arrivarono a gran velocità due macchine che inchiodarono davanti a me. Dalla prima macchina scesero quattro individui schiamazzanti che si diressero dritti verso di me. Subito capii che erano ubriachi. Dall’altra ne uscirono altri cinque altrettanto sbronzi. Mi accerchiarono e cominciarono a insultarmi dandomi del frocio e a toccarmi il culo. La maggior parte erano italiani ma qualcuno aveva accento slavo.
Cercai di sottrarmi ma mi bloccarono e da quel momento iniziò una serata da incubo. Mi trascinarono urlante nella macchia vicino, mi spogliarono e per due ore mi usarono violenza tutti e nove, non solo sessualmente, mi riempirono di calci, pugni e schiaffi, le mie grida erano soffocate dai cazzi che mi tenevano in bocca, cercarono anche di infilarmi una bottiglia di birra nel culo ma non ci riuscirono completamente. Il dolore però fu atroce. Gli insulti più brutali e offensivi accompagnavano il tutto: frocio di merda, rotto inculo, succhia cazzi e tutto il campionario.
Tornai a casa pieno di lividi e coperto di sperma e di rabbia. Il giorno dopo dissi ai miei di essere caduto dal motorino, mi vergognavo troppo di dire la verità.

Quell’episodio mi traumatizzò a tal punto che non uscii più la sera. La sola idea di avere ancora rapporti sessuali con uomini mi disgustava. Aveva segnato una deviazione drastica al corso della mia vita.
L’anno dopo ero all’università e una ragazza mi riportò al sesso “canonico”. In realtà mi conquistò più per la sua intelligenza che per la sua bellezza, comunque notevole. Dopo la laurea la sposai e per i vent’anni successivi non ebbi più rapporti omosessuali. Tralascio il fatto che dopo il terzo anno di matrimonio scoprii che lei si faceva sbattere da un suo collega, ma sono cose della vita.

Nei primi anni duemila conobbi internet per motivi di lavoro. Navigando qualche volta un po’ a caso cominciai a frequentare una chat, a quell’epoca abbastanza “rudimentale”, si chiamava Chat77. Niente foto o video o roba del genere ovviamente, si parlava soltanto, ci si descriveva fisicamente (barando sempre un po’) e si arrivava spesso a chiedersi un appuntamento. Notai che con un nick al femminile si aveva molto più successo, quindi ne assunsi uno, che ora non ricordo, e cominciai a interagire con maschi che si rivolgevano a me credendomi donna.

Uno in particolare, Franco62 (almeno questo era il suo nick) mi conquistò; parlammo per parecchi giorni e ci lanciammo in apprezzamenti erotici sempre più spinti, ma al momento in cui mi chiedeva per l’ennesima volta di vederci dovetti confessargli di non essere una donna. Lui mi disse di averlo già capito e che, proprio per questo lo interessavo. Il mio cuore ebbe un sobbalzo
“Ci vediamo solo per un caffè” mi disse “poi si vede se c’è feeling”
“Sì, va bene, giusto per un caffè”
La sera dopo, la sera dell’incontro, ero emozionato come le prime volte da ragazzo, in quel periodo che avevo rimosso e del quale ora mi tornavano prepotentemente i desideri.
Franco era un uomo all’incirca della mia età, non molto alto ma piacevole. Ci fu subito attrazione reciproca.
“Io non perderei tempo per il caffè” mi disse subito dopo esserci salutati
“Sono d’accordo, cosa proponi?”
“Andiamo da me, qua vicino, ho una cantina dove possiamo stare tranquilli”
“Ok, mi sembra ottimo”
Scendemmo nella sua cantina e, appena chiusa la porta, lui mi baciò. Io risposi con trasporto e con una mano corsi al suo sesso, che sentivo attraverso i suo pantaloni. Poi ci spogliammo nudi e io glie lo presi in bocca. Dopo tanto tempo mi dava sensazioni del tutto nuove. Gli chiesi io di incularmi, ma gli dissi, mentendo, che era la prima volta. Lui era molto premuroso, ricordo che usò come lubrificante l’olietto Jhonson, quello che si usa per i bambini.
“Se ti faccio male dimmelo” mi sussurrò
“Non ti preoccupare, se ti ho chiesto io di penetrarmi e perché lo voglio in ogni caso”
Mi penetrò con dolcezza, ma fino in fondo.
Tutto il passato tornava a scorrermi nelle vene (anzi, più propriamente, nel culo), mi sentivo l’araba fenice, il mitologico uccello che risorge dalle proprie ceneri.
Mi sborrò dentro.
Incontrai Franco altre volte, ma allo stesso tempo, era tornata prepotente la voglia di sentirmi femmina e di incontrare altri maschi.

Allo stesso tempo, però, il mondo trav mi affascinava anche, per così dire, “da maschio”. Avevo voglia di incontrarne per scoparle, ma il primo tentativo fu disastroso (o forse no).
Presi appuntamento con una statuaria travesta di un paese vicino Rimini, dove dovevo recarmi per un convegno. Lara, così si chiamava, mi accolse in un ambiente raffinatissimo, ma appena mi spogliai lei capì subito che il passivo dovevo essere io e dopo avermi succhiato con poco entusiasmo il cazzetto, mi fece mettere a pecora e mi penetrò con il suo cazzo che era tre volte il mio. Mi fece male ma mi diede dei brividi da paura. Ricordo che quando lo tirò fuori vedemmo che il preservativo si era lacerato, un po’ per il mio culetto stretto e un po’ per il suo cazzone fuori misura.

Questo episodio mi convinse definitivamente che ero nato per soddisfare gli uomini e non viceversa.
Acquistai perciò lingerie, scarpe, parrucca, trucchi e cominciai a sperimentare la mia femminilità, prima da sola, nella mia cantina, poi “verificandola” con i maschi. Ormai con internet era tutto più facile e meno rischioso che “battere” i luoghi all’aperto. Il mio corpo non era più quello di un diciassettenne, ovviamente, ma ancora ero uno sballo, soprattutto en femme. Questo almeno era il giudizio dei porcellini che da quel momento cominciai a incontrare, di solito a casa loro, cambiandomi in bagno.

Ripresi il coraggio anche di incontrare all’aperto in car sex. Cercavo più situazioni possibili, era come se fosse la mia personalissima “recherche du temps perdu” (ecco che torna Proust).
Inoltre il mio buchino stretto quasi mi obbligava a tenerlo allenato poiché ogni lungo periodo di inattività mi riportava a rapporti più o meno dolorosi.
Eh sì, quando hai il culo stretto lo devi tenere allenato, altrimenti il dolore supera il piacere. E' stato sempre il mio problema, gran voglia di cazzo ma per godermelo non devo lasciare il culetto inoperoso per mesi. Perciò appena posso sperimento tutto: cruising, battuage, cinema porno, car sex, spiaggia nudista, appuntamenti al buio e tutto quello che capita. Sempre sesso protetto ovviamente, però i pompini rigorosamente a pelle, non mi piace il sapore della gomma, mi piace quello del cazzo.

Erano quindi passati pochi giorni dopo la mia “avventura” con la travesta riminese che sentii forte la voglia di maschio e di non far “riposare” il mio buchino.
Quella sera perciò uscii indossando sotto gli indumenti, come avevo preso (anzi ripreso) l’abitudine di fare, lingerie femminile, che mi faceva sentire più a mio agio nel ruolo passivo. Perché intendiamoci, il mio ruolo era ormai solo quello femminile, non sopportavo (e non sopporto) chi cerca il mio cazzetto inutile.
Questi ed altri pensieri avevo in testa quando, uscendo da un bar, snello, depilatissimo e con un culetto favoloso com'ero all'epoca, salii in macchina e mi inoltrai sulla Nomentana in direzione contraria al centro- La voglia era tanta e il buchino reclamava "allenamento".

Ero quasi arrivato al raccordo quando, in un tratto un po' isolato, vidi una sagoma che camminava al lato della strada. Da dietro non avevo neanche idea di come fosse, giovane, vecchio, bianco, nero, asiatico, brutto, bello, elegante, trasandato, ma quando il buchino comanda non si sta a sottigliare. Mi accostai, abbassai il finestrino e gli dissi
"Mi scusi, credo di essermi perso, dove siamo?"
"Questa è via Nomentana, 'ndo devi annà?" - indubbiamente bianco e romano, visto come si esprimeva.
"Ma in realtà sto facendo un giro prima di rientrare a casa, non ho voglia di dormire; tu invece dove stai andando? Se ti va ti do un passaggio"
"Eh, magari. Me s'è fermata la moto a un chilometro da qui e i mezzi nun passano. Sto a Fonte Nuova"
"E allora dai, sali, ti do uno strappo"
Era un ragazzo sui trent'anni (io all'epoca ne avevo una decina di più), niente barba, capelli corti, a occhio e croce più alto di me ameno di dieci centimetri
"Che giornata de merda, oltre la moto ferma ho pure litigato co' la mi' regazza, so' incazzato nero"
"Eh le donne sono sempre un problema"- buttai lì
"Beh magari quanno ce scopi no" - disse ridendo
"Non gradisco neanche quello grazie" risposi emozionatissimo e con fare effeminato, temendo la risposta
"Perché sei frocio?"
La crudezza del termine ha strani effetti su di me; in alcune occasioni mi eccita anche, ma in quel momento mi sembrava di sentire disprezzo, quasi mi pentii ma non potevo retrocedere
"Beh non è il termine che mi piace di più, ma nella sostanza sì" - dissi con un sorriso guardandolo un attimo per vedere la reazione
"Ah, allora m'hai rimorchiato pe' questo"
"No, no, ti giuro che l'ho fatto senza malizia, volevo solo essere gentile"
Ci fu un momento di silenzio, da parte di tutti e due che mi terrorizzò.

Avevamo passato il raccordo ed eravamo già sulla Palombarese, fra poco saremmo arrivati dalle sue parti per fortuna. Poi lui ruppe il silenzio
"Infìlate dentro una de ste stradine laterali"
"Perché?" - chiesi io timoroso
"Nun fa' domande frocio, ubbidisci e basta" - ora ero proprio terrorizzato, magari m'accoppa e mi deruba, pensai.
Entrai in una stradina buia, per metà sterrata; già la Palombarese è buia di per sé, figuratevi una stradina laterale.
"Ti prego, non volevo che pensassi..."
"Statte zitta troia, adopra qua' bocca mejo, àpreme i carzoni e famme un pompino"
Rimasi di sasso, ma feci subito quello che voleva (e che volevo anch'io, ovviamente).
Aveva un bel cazzo incappellato e a me piace da morire scappellarlo con la bocca, cosa che feci come avevo fatto da ragazzo con centinaia di altri uomini. Lui mi afferrò la testa e me lo spinse tutto in gola causandomi un conato che repressi per continuare a pomparlo.
"Daje puttana che oggi so' ito in bianco co' qua' troia d'a mi regazza e sto carico"
Io diedi il massimo, mentre lui continuava ad insultarmi. Poi all'improvviso si sfilò
"Esci fòri, tirate giù i carzoni e poggiate ar cofano che te lo metto ar culo"
"Sì, però ti prego, col preservativo"
"Sì sì ma me lo devi da' te, io nun ce l'ho"
Uscii dalla macchina presi un profilattico e il lubrificante e mi calai i pantaloni. Lui vide il perizoma e le calze velate con il reggicalze ed esclamò
"Ah stai messa così, ma allora annavi proprio cercanno cazzi"
"Io sto sempre così" risposi con un sorrisetto malizioso, ormai non più teso,
Gli calzai il preservativo con la bocca, glie lo spalmai di lubrificante e mi misi a novanta gradi appoggiato al cofano
"Fai piano all'inizio, ti prego" - lo dissi ma pensai che, rude com'era, avrei scommesso che al contrario mi avrebbe sbattuto dentro il cazzo brutalmente, ma ero preparato anche a questo, non era la prima volta che succedeva.
Invece fu veramente delicato nel penetrarmi, con piccoli colpi, affondando un poco e poi ritraendosi, riuscì a forzare il mio buchino e a farsi strada fino in fondo. Gemetti un poco e dissi
"Oh sì, è bellissimo, ora puoi scoparmi più forte se vuoi"
Non se lo fece ripetere, cominciò a dare colpi sempre più forti e io stavo godendo
"Lo senti ner culo eh, troia, te sto a sfonnà"
"Sìììì, lo sento tutto, sbattimi forte dai, rompimi il culo"
"Te lo rompo sì, zoccola da marciapiede"
"Sì, sì, sì, fottimi brutalmente, violentami"
Era incredibile che dopo aver subito un vero stupro a diciassette anni, ora io chiedessi ad un uomo di violentarmi, eppure era così. E la cosa mi eccitava oltre misura.
Mi arrivarono tre o quattro sberle sulle chiappe che mi fecero gridare
"Sta' zitta puttana che ciaréstano"
Mi scopò così, brutalmente, a lungo ansimando e insultandomi; ogni tanto sfilava quasi del tutto il cazzo e poi affondava di colpo facendomi sentire brividi di piacere, fino a che sentii i suoi rantoli mentre sborrava.

Rientrammo in macchina e ci sedemmo uno a fianco all'altro
"Co' sta bocca e co' sto culo m'hai svortato la serata"
"Sono contento. Ma dimmi una cosa, lo avevi mai fatto prima con uno come me?
"Sì ma un culo così nun m'era mai capitato" - sorrisi compiaciuto
"Grazie. Se vuoi possiamo lasciarci il telefono e rivederci quando hai bisogno di scaricarti"
"Bona idea"
Ci scambiammo il numero, mi ricomposi e lo accompagnai a casa. Abitava in un complesso di palazzine con intorno solo prati. Io ero ancora molto eccitato e quando fermai la macchina gli dissi
"Cazzo, ma non mi hai detto neanche come ti chiami"!
"E’ vero, Bruno e tu?"
"Daniele"
"Beh da quello che m'hai fatto stasera direi più Daniela" - risi sinceramente alla battuta
"Senti Bruno, io sono stato benissimo con te stasera, dimmi una cosa devi salire subito o ti va di stare ancora cinque minuti con me"
"Nun c'è problema, perché?"
"Perché vorrei provare a darti ancora piacere" - dissi portando la mia mano sul suo pacco accarezzandolo
"Madonna che puttana, lo vòi ar culo n'antra vorta?"
"No, te lo voglio succhiare" - ma intanto vedendo che ci stava, gli avevo già aperto i pantaloni
"E daje, vedemo che sai fa'"
Gli feci un pompino da manuale, godendo nel sentirlo mugolare e insultarmi, nel sentire le sue mani prendermi la testa e affondandomelo tutto in gola.
Visto che aveva sborrato neanche mezz'ora prima, ci volle un po' e tutta la mia troiaggine per farlo arrivare al culmine, ma alla fine la sua sborra mi schizzò calda in bocca. La trattenni per assaporarla, poi però aprii lo sportello e la sputai fuori.
"Beh, zoccola come sei nun fai l'ingoio?" – mi disse un po’ seccato
"No, scusami Bruno ma lo faccio solo sul sicuro, a chi è testato" – ormai si parlava anche troppo di AIDS.
"Vabbè, comunque li fai da favola"
"Grazie, hai il mio telefono, quando ti va possiamo replicare"
"Ok, famme annà adesso che s'è fatta quasi mezzanotte"
Ci lasciammo così, ma sapevo che non era finita con quel ragazzo. Mi piaceva troppo.
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