Gay & Bisex
La voglio tutta

01.04.2025 |
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"" mentre mi lumava con occhio attento e indagatore..."
Galeotto fu il compleanno di Maurizio. Certo, quarant’anni non si compiono tutti i giorni, a dir la verità nemmeno ventisei, trentaquattro o cinquantadue, però la cifra tonda e soprattutto il salto negli anta apre gli occhi su una consapevolezza nuova, la consapevolezza che si sta abbandonando definitivamente la gioventù per una maturità magari poco desiderata ma inesorabile.Maurizio non si è mai risparmiato nelle feste, ha sempre onorato ogni ricorrenza con il massimo dell’espressione godereccia e festaiola; che si trattasse di un compleanno importante o di un sabato sera qualunque lui era il re incontrastato del dance-floor. Ovviamente per il suo grande salto aveva organizzato come solo lui sapeva fare. Locale di tendenza, aperitivo a buffet ricco di ogni ben di dio innaffiato da spumante e cocktail come non esistesse un domani, DJ che azzeccava un pezzo dietro l’altro per non far smettere di muovere i culi presenti in pista.
Non sono mai stato un ballerino sopraffino, preferisco un campo da gioco in cui far risaltare le mie doti atletiche a una pista da ballo in cui mostrare tutta la mia goffaggine completamente stonata. Quando mi obbligano a ballare, mi immagino più come una scimmia sotto anfetamina che cerca di essere aggraziata rispetto a Roberto Bolle che ricama un arabesque, seguito da un jeté per concludere con un grand plié.
Dopo quattro movimenti scoordinati mi sono sempre ritirato verso il bancone del bar per osservare la gente che si muoveva come le onde del mare notturno. Eppure nessuno mi ha mai considerato tappezzeria, anche nelle situazioni più esagitate ho sempre trovato il tempo per chiacchierare con chiunque.
Mia moglie invece adora lasciarsi trascinare dalla musica e difficilmente abbandona lo stage, se non per bere qualcosa e riprendere qualche minuto di fiato. Anche quella sera dimenava il suo corpo snello sotto le luci stroboscopiche al ritmo di quel revival che le piaceva tanto e che le ricordava le notti brave della nostra gioventù.
Maurizio è sempre stato un uomo di mondo e, a differenza di tanti che sono rimasti legati soltanto alle proprie radici, ha sempre coltivato amicizie ad ampio raggio. In quella sera così importante per lui c’eravamo noi, amici fin dall’asilo, ma anche parecchie sue conoscenze di altri lidi, lavori e università.
"Non balli?" una voce mi giunse all’orecchio destro mentre ero immerso nei miei pensieri. Mi voltai e vidi un viso rotondo, completamente calvo, contornato da una bella barba curata. La mia mente corse veloce ad un passato che fu, dalla nebbia del tempo emerse il ricordo di qualche serata passata insieme. Purtroppo il nome rimase nel dimenticatoio.
"Lo sai che sono aggraziato come un elefante in una cristalleria." gli risposi. "Sono anni che non ci vediamo."
"Almeno quindici." mi rispose. "Sei sempre in forma smagliante." mentre mi lumava con occhio attento e indagatore. Mi sentii lusingato e anche un pochino imbarazzato. Non avevo il cipiglio dell’edonista o del narcisista, i complimenti mi coglievano sempre impreparato. "E anche molto più elegante di un tempo." mia moglie aveva messo mano al mio guardaroba ma soprattutto mi aveva levato l’incombenza di andare per negozi a scegliere l’abbigliamento. Se ne tornava a casa con borse e borse di roba che mi faceva provare. Sapeva cosa mi piaceva e selezionava per me per poi riportare ai negozi quel che non andava.
"Io ho la memoria dei pesci rossi." gli dissi "Ho un vago ricordo di te, probabilmente annebbiato dall’alcool delle serate che furono."
"Sono Paolo, compagno di università del Mauri. Avevo qualche capello in più e qualche chilo in meno." disse ridendo.
Poco evidente, piuttosto riservato, meno caciarone rispetto ad altri compagni di nottate, la figura di Paolo emerse dalla foschia del ricordo. Lo associai ad un palazzo del centro città, della zona più esclusiva, un palazzo in cui abitavano i veri ricchi. Eravamo passati a prendere lui e la sua amica Laura, una snob di prima categoria, una di quelle che ti vien voglia di prendere a schiaffi appena la vedi. Una ricca vera, una di quelle che può andare in giro conciata come una mezza zecca ma che ugualmente trasuda il fascino del denaro a carriolate.
"Mi ecciti." mi disse Paolo in un orecchio. Improvvisamente la musica e il frastuono cessarono, i corpi sulla pista da ballo si cristallizzarono come a Pompei, il gin che il barman stava versando nel bicchiere di Stefano gelò in una massa solida che non avrebbe più ubriacato nessuno. Avevo capito bene quello che mi aveva detto? "Mi ecciti e mi hai sempre eccitato." continuò Paolo come parlando direttamente dentro di me. "Solo che eri convinto nel tuo machismo tossico e non avresti compreso. Adesso, io sono più sicuro del mio essere mentre tu hai aperto una falla nelle tue certezze per lasciar spazio ai dubbi della conoscenza."
Raccolsi dal pavimento quei brandelli di lucidità mentale che erano rimasti impigliati nella rete dell’assoluto; mia moglie si stava agitando tra gli altri in una nube di vapore e sudore, io sentivo un freddo pungermi la schiena. Da qualche tempo avevo provato fantasie sessuali che comprendevano altri uomini, domande su cosa si provava a stringere tra le mani un altro cazzo, il suo sapore sulle labbra, fino a chiedermi quali sensazioni e quale piacere si riceveva a prenderlo nel culo. In quell’istante in cui ero rimasto solo nella sala azzittita e immobilizzata mi chiesi se Paolo avesse letto sul mio volto quei miei pensieri.
"Ti aspetto in bagno." non era andato né per le lunghe, né per il sottile.
Rimasi pietrificato da quelle avances così dirette ma soprattutto inaspettate. Avevo fantasticato su queste situazioni ma mai avevo avuto né il coraggio né l’occasione per metterle in realtà e durante quella festa, cui avrei potuto pensare di tutto tranne che a quello, ecco che mi si presentava un fantasma dal passato per rendere vivo ciò che era solo etereo. Lanciai un’altra occhiata a mia moglie scatenata nel ballo e mi diressi ai bagni.
Trovai Paolo intento a guardare il cellulare nell’attesa.
"Ci hai messo meno di quanto pensassi." mi sorrise sornione e beffardo. Io avevo il cuore in gola. Non avevo mai fatto certe cose, nemmeno da giovane con le ragazze. Qui cosa sarebbe successo? Avrei pomiciato soltanto, saremmo andati oltre? Sarei stato abusato o mi avrebbe chiesto di abusarlo? Mi lasciai trascinare da Paolo nel primo scompartimento libero e subito, appena chiusa la porta mi trovai bocca su bocca con quell’uomo. A differenza di quanto avevo sempre pensato, la sensazione non fu di repulsione ma di gioiosa sorpresa. Le nostre barbe s’intrecciavano e si strofinavano contro enfatizzando il gioco delle nostre lingue attorcigliate.
Sentii le sue mani correre sul mio corpo, la schiena, il petto, le natiche, la patta; io, invece, ero come legato, frenato da non so quale sentimento. Lasciai che fosse lui a condurre il gioco. Mi sbottonò i pantaloni e, piegandosi sulle gambe, si fece scivolare il mio uccello tra le labbra. "Accarezzami la testa." mi chiese tra un risucchio e l’altro. Eseguii e accompagnai il suo movimento con le mani appoggiate al suo cranio calvo. Con una mano mi strinse i coglioni e percepii una scarica di adrenalina correre lungo la mia spina dorsale e giungere sino al centro del mio cervello. Iniziai a muovere il bacino seguendo il suo ritmo con il piacere che cresceva senza freni. "La voglio tutta." mi disse allontanandosi un attimo. Appoggiò una mano tra lo scroto e l’ano e io non resistetti più. I fiotti eruppero violenti nella sua gola fin quasi a farmi cedere le gambe.
Paolo si sollevò e mi piantò gli occhi in viso; si passò la lingua sulle labbra e allargò un ampio sorriso. Temetti che volesse baciarmi, ma forse sapeva che non ero ancora pronto a questo. "Piaciuto?" mi chiese. Io mugugnai un sì affannato e lui rispose che, se avessi voluto, ci sarebbero stati altri incontri. Ascoltò l’esterno del bagno e poi se ne uscì. Io rimasi appoggiato alla parete unta di quell’antro malefico a chiedermi cosa mi stesse accadendo, a chiedermi se quella mascolinità che avevo sempre sentito dentro di me stesse pian piano cedendo all’effeminatezza dell’omosessualità. Quel rapporto, così frettoloso, così furioso, così inatteso, quasi rubato era stato nel contempo di una naturalezza disarmante, come se dentro di me ci fosse stato un cassetto chiuso desideroso di essere aperto.
Tornai in sala e vidi Paolo al bancone del bar farsi preparare un drink che sicuramente avrebbe avuto il sapore del mio sperma.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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