Racconti Erotici > tradimenti > La Fragranza del Reato - 4
tradimenti

La Fragranza del Reato - 4


di Drew75
16.04.2025    |    3    |    0 6.0
"Il cameriere interruppe il nostro idillio per venire a chiedermi cosa desiderassi..."
Dopo l’incontro con la sconosciuta, il pepe tornò sulle sessioni con gli amanti di mia moglie. Alternavamo questi a threesomes con l’altra donna, le cui diverse fantasie e numerosi giocattoli, nonché lingerie sexy per sé e per mia moglie, rendevano sempre più osé. In diverse occasioni anch’io mi trovai a indossare alcuni completini che lei riteneva estremamente eccitanti ma che a me facevano sentire in imbarazzo. Mutandine a rete che lasciavano libero il pene, slip di pelle con bretelle e borchie aperte sul culo, maglie quasi trasparenti che sarebbero andate bene per un locale gay dei più infimi ma che entrambe le donne trovavano audaci. Io mi sentivo a disagio ma accettavo di buon grado queste fantasie e mi lasciavo trasportare dalle coccole erotiche delle mie compagne. In un caso giunsero persino a farmi indossare un paio di loro calze a rete e un corpetto femminile che, sul mio corpo tozzo e muscoloso, ritenni ridicolo. Temetti che volessero trasformarmi in un loro sissy sottomesso al quale praticare ogni sorta di depravazione. Per fortuna si rivelarono solo stravaganze per insaporire i nostri incontri.

“Ti vanno un paio di giorni con me?” il messaggio non poteva essere più esplicito. La donna, la lussuriosa sconosciuta che frequentavamo assiduamente, mi stava invitando per qualcosa che esulava dalle nostre intenzioni di coppia. Rimuginai parecchio su quello che stava accadendo. Quello non era solo sesso, quello era un tradimento bello e buono. Avremmo escluso mia moglie dalla stanza da letto. Pensai, però, che anche mia moglie mi aveva escluso negli anni passati e che, sicuramente, continuava a farlo nelle mie ore di lavoro. Immaginai anche che la sconosciuta, in combutta con mia moglie, volesse tirarmi un brutto tiro per dimostrare alla mia consorte che non ero un tipo di cui fidarsi, uno che si gettava tra le braccia della prima troia non appena si fosse presentata l’occasione.

Strappato in queste elucubrazioni, cercai di capire cosa sarebbe stato meglio fare. Se da un lato non volevo tradire mia moglie, proprio ora che avevamo recuperato quell’intesa che sembrava esserci sfuggita negli anni passati, sotto un altro punto di vista avrei voluto renderle pan per focaccia quella sua infedeltà promiscua, ma soprattutto ero curioso di vedere cosa quella donna così creativa aveva da offrirmi durante un incontro solitario. Decisi di accettare l’invito e inventai una scusa di lavoro che mi avrebbe tenuto lontano dal paese per alcuni giorni. Capitava di rado, ma capitava, quindi mia moglie non si preoccupò di questo, però, mentre viaggiavo in macchina verso la destinazione che la sconosciuta mi aveva mandato, pensai che avrebbe potuto collegare la mia assenza con quella dell’altra donna. Ormai ero in viaggio e non mi sarei tirato indietro.

La trovai seduta al bar della piazzetta, baciata dal sole del tardo mattino fioriva della sua esuberanza, una tazza di caffè vuota, la sigaretta nella mano destra. Lo spacco della gonna fiorata, lunga e morbida, metteva in mostra una buona parte della coscia destra, mentre dall’abbondante scollatura si affacciava il prorompente seno. Non ero il solo ad essere ammaliato da quella visione. Negli sguardi degli uomini che transitavano davanti al dehor del locale potevo scorgere lo stupore per cotanta bellezza e abbondanza, nelle loro espressioni si coglieva il desiderio ardente di avere un contatto con quella signora seducente. Immaginai i commenti dei camerieri sulla porta che si davano di gomito indicando la mia compagna e i tentativi, malcelati, di lasciar cadere l’occhio nel décolleté della cliente. Percepii la loro delusione quando mi avvicinai e lei s’alzò per baciarmi sulle guance. Avevo interrotto un loro sogno.

“Sei splendida.” le dissi sedendomi accanto a lei e lasciando che il sole baciasse anche me. Sentii una pace che non provavo da tempo, sempre com’ero assillato dalle cose da fare e dalle richieste della famiglia. La donna mi ringraziò e appoggiò una mano sulla mia, che tenevo sulla coscia, poi salì verso l’inguine. Sgranai gli occhi dallo stupore, terrorizzato che tutti quelli attorno a noi e che, probabilmente ci fissavano per l’avvenenza della mia compagna, si accorgessero di quella manovra.

“Ti voglio.” mi sussurrò espirando il fumo della lunga e sottile sigaretta.

Non mi ero mai immaginato come un latin-lover, come un adone cui tutte le donne crollano ai piedi. Non ero abituato a questo tipo di approcci.

Il cameriere interruppe il nostro idillio per venire a chiedermi cosa desiderassi. Mentre ordinavo un’aranciata, forse per placare i bollenti spiriti che s’erano accesi con la vicinanza della donna, lei non tolse la mano dal luogo proibito su cui s’era poggiata. Il cameriere non poteva non aver notato. Io mi sentii avvampare il volto di vergogna.



Aveva un appartamento mansardato con le finestre che si aprivano sui tetti del borgo in una vista mozzafiato. Rustico ed elegante si fondevano in un mix perfetto di accoglienza e comfort. Mi sentii subito a casa. Nello stato di stress mentale in cui mi trovavo in quel periodo, avrei desiderato passare il resto della vita seduto su quel divano a guardare il cielo e il mare.

La donna, invece, non mi lasciò in pace. Non appena varcammo la soglia mi si gettò addosso, infoiata come una tigre in calore. Le sue labbra s’incollarono alle mie in un bacio profondo e lascivo che poco aveva del bacio d’amore ma preannunciava un seguito bollente e perverso. Mani frenetiche corsero sui corpi a cercare il corpo nudo dell’altro. Nel tempo d’un battito d’ali mi ritrovai seduto sul divano con la donna tra le mie gambe che succhiava voracemente il mio uccello duro come un sasso. Potevo sentire la sua lingua lavorare sul glande, scendere lungo l’asta e giungere ai testicoli per poi risalire. Si dedicò a quel pompino per un tempo smisurato. Io mi lasciai trasportare da quel dolce e profondo lavoro di bocca e mi abbandonai completamente alle sue esperte mani.

Poi fu il mio turno di gettarmi a capofitto nel caldo bagno del suo sesso eccitato. La feci appoggiare con le mani sul divano e, a gambe aperte, mi misi in ginocchio dietro di lei per poter gustare la vista del suo culo perfetto e dei suoi orifizi socchiusi. Come un assetato che si abbevera alla fresca fonte di un parco ombreggiato, godetti di ogni minuscola stilla di quel sesso infocato. Le poggiavo le mani sulle chiappe e, mentre passavo la lingua sulle sue grandi labbra gonfie di piacere, le stringevo sensualmente andando ad aprire e chiudere lo scrigno segreto del suo ano. Potevo vederlo vibrare sotto i colpetti che infliggevo alla figa inebriata, allungai un dito e lo massaggiai delicatamente. In risposta la mia compagna gemette e crollò la testa sul divano.

“Mi strazi...” disse tra i cuscini. “Ti prego, fottimi.” mi levai da terra e puntai la cappella arroventata dall’euforia per quella situazione alla sua vulva in attesa. Spinsi e il calore mi avvolse totalmente mentre lei lanciava un gemito di soddisfazione. Inizia a chiavarla lentamente e profondamente, tenendole i fianchi e tirandola a me nell’affondo e spingendola via, fin quasi a uscire completamente. Davanti a me potevo vedere la nostra immagine riflessa nello specchio della credenza. Il suo viso contorto dal piacere. I suoi seni penzolanti. Allungai una mano e ne strinsi uno. Era grosso e pregno d’amore. Spinsi fin dove arrivavo e lo tenni lì, come a volerla impalare definitivamente. Davo piccoli colpetti senza quasi muovermi. Alla cappella arrivavano stimoli mai provati. Sentivo le palle penzolare sotto me, zeppe di seme e desiderio.

“Sbattimi. Sbattimi.” tornò a implorarmi. “Non ti fermare.”

Mi sentivo molto lucido, quasi glaciale in mezzo a tutta quella rovente lussuria. Ricominciai a muovermi lentamente, dentro e fuori per tutta la lunghezza della mia asta; quindi aumentai il ritmo. Il mio bacino schiaffeggiava le sue natiche, restituendomi sonoramente il battito della cavalcata. La voce della donna, rotta dall’amplesso, mi stimolava a non fermarmi, mi supplicava di continuare, poi di venire, poi di chiavarla ancora, di farle sentire quanto fossi maschio. Le parole, la situazione, il sesso caldo, la visione nello specchio, accumularono in me la voluttà dell’orgasmo. Lo annunciai alla mia compagna pochi istanti prima di togliere l’uccello da lei, inondarle la schiena di sperma e sentirla gridare a squarciagola il suo piacere immenso.

Crollammo sul divano di pelle. Una sensazione di refrigerio si diffuse sulle mie terga accaldate dall’accoppiamento. Potevo sentire il respiro pesante della mia compagna che andava calmandosi e il mio petto che rallentava il frenetico ritmo che aveva preso. Il cielo ci baciava dal quadro della finestra.



“Tua moglie mi ha detto che sai fare un risotto da leccarsi i baffi.” mi incalzò la sconosciuta accarezzando il mio cazzo moscio e ancora sporco di sborra. Era la verità. Il risotto era la mia specialità. “Che ne dici di preparane un po’ per me?” mi fissò negli occhi. “Nudo.” Dio, era una cosa che mi ronzava in testa da un po’, il nudismo non mi dispiaceva ma non avevo mai avuto modo di praticarlo né di proporlo a mia moglie. Prima pensavo che non avrebbe mai accettato, dopo, quando scoprii che era una gran vacca, temevo che non avrebbe perso occasione per farsi fottere ovunque, sulla spiaggia, nei boschi, sui tavoli del villaggio naturista, nel magazzino degli attrezzi.

Accettai e indossai il grembiule da cuoco che la donna mi porgeva; vi erano riportati, in maniera comica, gli addominali di un fusto, quegli addominali che io tenevo nascosti sotto la pancetta da amante della buona cucina e del buon vino.

Mentre ero ai fornelli sentivo gli sguardi della donna sulle mie terga nude. Fu difficile concentrarsi sulla preparazione mentre lei continuava ad avvicinarsi e a strusciare i seni sulle mie braccia o sulla mia schiena con la scusa di guardare come lo preparavo. Dovetti metterci un bell’impegno per evitare di bruciare tutto o di far cadere la pentola sobbollente o di grattugiarmi le dita insieme al formaggio. Si rivelò ancora più impervio pranzare con quell’esuberanza davanti agli occhi; ogni sua forchettata era una smorfia di sensualità; infilarsi tra le labbra la forchetta, assaporare il riso, sorseggiare il vino: tutto quanto era sessualità spinta al massimo.

Di colpo spinse indietro la sedia e si spalmò una presa di risotto sul bacino. “Vieni a gustare da questo piatto da grande chef.” mi disse. Esterrefatto mi alzai dalla sedia e obbedii. Sulla sua figa colava la manciata di risotto mantecato che riluceva di riflessi oleosi. M’inginocchiai davanti a lei e iniziai a leccare i chicchi a condimento della sua carne. M’infilò le dita tra i capelli e cominciò a gemere. “Sei un bravo cuoco. Ti piace il tuo risotto? Accompagnalo con i miei succhi.” Mi appoggiò le gambe sulle spalle e venni stretto in quella posizione. M’impegnai a leccarla come le piaceva, pensai solo a darle piacere, mi abbandonai ai suoi desideri e alle sue voluttà.

Non so se venne o se desiderasse solo prolungare la lussuria, mi scostò bruscamente con i piedi e mi fece cadere a terra, quasi sotto il tavolo. Senza darmi tempo di reagire mi versò un bicchiere di vino rosso addosso e iniziò a lapparmi; dopo la bocca, il petto e il ventre, anche il pene finì tra le sue labbra. Succhiava come se non fosse mai sazia e con le mani accompagnava il movimento della lingua, mi accarezzava le palle e scendeva a sfiorare quel punto tra lo scroto e l’ano che tanto mi faceva vibrare.

Bloccandomi a terra mi cavalcò come un’amazzone, piegandosi all’indietro e offrendo i seni abbondanti allo sguardo del soffitto. Ma non le bastava. Si sollevò da me e mi condusse in stanza da letto. “Spaccami il culo.” mi disse sdraiandosi sul bordo e tirandosi le gambe al petto. Mise in mostra il suo fiore segreto che sembrava pulsare del desiderio dell’attesa e mi richiamava a sé come un diamante magico attira chiunque lo veda. Mi lubrificai la cappella con la saliva e poi puntai. La sentii affondare nella carne della donna come un coltello nel burro, poi venni abbracciato dal calore delle sue viscere. Lei si aprì in un gemito di liberazione come se l’avessi sollevata da un’incombenza che non riusciva a risolvere. Era un torrente di parole sconce che mi spronava a chiavarla in profondità, mi dava del porco, dello stallone, del maiale, del cornuto ma con un cazzo fenomenale; voleva essere sbattuta come una troia in calore, si dava della vacca montata da un toro, voleva bere la mia sborra fino all’ultima goccia.

L’eccitazione del momento, la goduria della cavalcata, il turpiloquio della donna non fecero altro che appressare il mio orgasmo. “Non la sprecare!” m’intimò, “Dammelo in bocca!” Lo tolsi da quell’antro di piacere e la donna, fulminea, si gettò sulla mia verga pronta a quell’esplosione che si concretizzò nell’istante esatto in cui sentii le sue labbra sul mio glande. Mi sciolsi completamente in quell’orgasmo imperioso, divenni seme che corre, evaporai in una nube di sperma caldo.



Ci risvegliammo ancora nudi, l’intensità del coito ci aveva fatto crollare tra le braccia di Morfeo senza nemmeno accorgercene. Dopo una doccia, fatta insieme, uscimmo a cena. Mentii spudoratamente a mia moglie sul fatto che il lavoro era noioso, faticoso e snervante, che sarei rientrato nei prossimi giorni. Io e la mia compagna ci rilassammo con le delizie di pesce e vino bianco che il ristorantino vista mare ci offriva. Abbandonando ogni sensazione frustrante, ci perdemmo in quella sera che tramontava nel tepore primaverile e che non soffocava nel caos della folla estiva.

In camera, di nuovo, ci perdemmo nel sonno dei giusti.

L’alba ci colse avvinti nell’abbraccio del giorno nuovo, la cosa che la mia compagna percepì per prima fu la durezza del mio uccello. “Ma buongiorno!” esclamò allungando una mano per accarezzarlo mentre mi infilava la lingua in bocca. Io potevo sentire la consistenza dei suoi seni che appoggiavano al mio petto e la tenerezza delle sue carni che stringevo con le mani. Avrei voluto impalarla lì, sul momento, senza attendere ulteriormente ma sapevo che non era ciò che lei desiderava. Mi si accoccolò tra le gambe e iniziò a massaggiarmi il pene con le sue prosperose mammelle. Mia accarezzava il ventre e, con la punta della lingua, andava a stimolare la cappella. Mi sentii di nuovo in paradiso. Avrei voluto sborrare lì, senza altro pensare, ma il desiderio del piacere diventa piacere stesso e perciò volli prolungarlo quanto più possibile. Le dissi che volevo gustare il suo sesso come elisir del risveglio e lei appoggiò la sua succosa vagina sul mio viso che iniziai a leccare con foga. Lei mi succhiava e mi massaggiava i coglioni, pieni di rinnovato seme per l’eccitazione che continuava a montare. Improvvisamente s’irrigidì e sentii il calore del suo orgasmo inondarmi il volto. Un grido liberatorio accompagnò quel moto di lussuria. “Sono molto sensibile al mattino.” mi disse lappando i suoi umori dalle mie guance. “Adesso voglio che mi guardi.”

Si allungò verso il comodino e ne estrasse un vibratore. Era uno di quelli tondeggianti, dalla grossa cappella sferica, non uno di quelli che s’infilano ma uno di quelli che stimolano il clitoride. “Torna a fare il voyeur.” e, con un piede, m’indicò la sedia ai piedi del letto. “Mi piace masturbarmi davanti a qualcuno che apprezza il mio corpo.”

La vidi giocare con quella magica bacchetta su ogni centimetro della sua pelle. Se la passava sui seni mentre una mano accarezzava il Monte di Venere; scorreva tra le cosce aperte, la lingua sulle labbra che trattenevano a stento gemiti e parole sconce; indugiava su quel clitoride che si gonfiava ad ogni istante di più del piacere di quella donna lussuriosa; vibrava del suo ipnotico ronzio mischiato agli ansiti che crebbero fino ad erompere in un deliquio caldo e bagnato. Vidi il suo orgasmo colare sul quella testa sferica in irruenti fiotti di libidine che inondarono le lenzuola.

Ero talmente estasiato da quella visione che mi scordai perfino di segarmi, cazzo teso ma attenzione ancora più intensa verso il quadro che svolgeva le sue spire davanti a me come un lubrico serpente voluttuoso.

La donna allontanò il giocattolo dalla sua vagina fradicia e si accasciò, sfinita, sul cuscino madido del suo sudore emettendo un lungo e profondo sospiro di soddisfazione. Aveva il viso appagato e un sorriso beato. La bacchetta del piacere continuava a vibrare in un sottofondo d’attesa, come a voler richiamare l’attenzione su di essa: la donna avrebbe potuto anche essere sazia ma il giochino pretendeva ancora un pedaggio di lascivia.

“Vieni, ti faccio godere come non hai mai fatto.” mi chiamò la mia compagna. In una sorta di trance mi sollevai dalla sedia e raggiunsi il letto ebbro degli umori femminili. “Mettiti a quattro zampe.” m’intimò sensuale. La guardai stupito. Cosa aveva intenzione di fare? “Fidati di me.” Eseguii e lei, come quando m’aveva sollevato le gambe sulle sue spalle, allargò le mie natiche e tuffò il viso tra esse. Il calore dilagò in me. La vibrazione del piacere s’impadronì di ogni mia parte. Potevo sentire la sua lingua titillare il mio ano e il suo naso strusciare appena sopra il mio buchetto segreto. Una mano mi stringeva una chiappa mentre l’altra, impugnando il vibratore, lo faceva correre lungo la mia asta, soffermandosi ora sulla cuspide sotto la cappella, ora sui testicoli inturgiditi dal desiderio. Si allontanò un po’ da quell’immersione nelle mie terga giusto il tempo di rifilarmi una bella sberla sulla natica destra. Non avrei mai pensato che un tale gesto avrebbe potuto far scaturire un così grande piacere. Ci mancò poco che me ne venissi sul momento.

“Sei un bel porco.” mi disse avvicinando il giocattolo al mio buco di culo. Io mi ritrassi, temendo quel peggio che non avevo mai assaporato. “Non temere, non ti femminizzo.” si mise a ridere. “Lasciati guidare.”

Obbedii e mi abbandonai alle sue mani e alla sua libidine. Lasciai che la succulenta vibrazione della bacchetta magica dilagasse dal mio ano in tutto il mio essere. Sentii il piacere prendersi tutto lo spazio dentro e fuori di me. La donna accompagnava il movimento del toy con l’accarezzarmi il cazzo, così duro e teso che temevo scoppiasse. Poi tornò a lavorare con la lingua il mio buco di culo, segandomi pian piano e, ogni tanto, mordicchiandomi la carne. Si piegò a succhiarmi le palle e si attaccò all’uccello come ad una maniglia. Mentre sentivo l’orgasmo divenire impossibile da trattenersi lei infilò un dito nel mio buco di culo. Esplosi tutto il mio piacere in un torrente di sperma.

Avevo goduto come non mai.

“Per questa volta basta così ma non finisce certo qui.”
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 6.0
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per La Fragranza del Reato - 4:

Altri Racconti Erotici in tradimenti:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni