Lui & Lei
Immagini dalla Sessualità - Parte 5

03.03.2025 |
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"Al limite massimo della sopportazione la imploravo che smettesse, perché tutto quel trattamento stava diventando veramente insostenibile, avevo bisogno di..."
Frequentai Diana per qualche tempo. La nostra non era una vera e propria relazione ma qualcosa strettamente legata al sesso in tutte le sue sfaccettature. Io ero il suo uomo ma anche la sua donna, complementarmente lei mi dominava con voluttà oppure si abbandonava completamente al mio possesso. Ovviamente frequentavamo anche altri luoghi che non fossero le nostre camere da letto e apprezzavamo i nostri corpi anche oltre la nudità delle zone erotiche, però non costruimmo mai un legame così intenso fuori dalle coperte. Lei continuava la sua vita, di cui difficilmente mi metteva a conoscenza, io avevo il mio lavoro con i suoi viaggi e le sue trasferte che mi permettevano di sfoggiare il mio savoir-faire con le donne che incontravo. Ma un cambiamento era subentrato in me, mentre negli anni della mia gioventù avevo sempre apprezzato la femminilità nelle donne che guardavo e abbordavo, in quel periodo mi sentivo maggiormente attratto da donne che portavano i capelli corti, spesso anche rasati, che avevano lineamenti meno femminili e un po’ più rudi, marcati, sempre eleganti ma che trasmettevano un senso di virilità.In nessuna però trovai l’esuberanza sessuale e fantasiosa che albergava in Diana. La gran parte di esse si limitava a esternare il loro desiderio di indipendenza e autorità, ma tra le coperte, queste donne dichiaratamente emancipate, si trasformavano in gattine arruffate bisognose di cure e coccole, amavano essere accudite e qualcuna anche abusata. Nessuna di esse, nemmeno su richiesta, si prese mai la briga di rendere felice il mio deretano. Qualcuna si scherniva schifata di quell’invito, altre nascondevano il loro timore di essere giudicate dietro al fatto di non essere quel certo tipo di donna.
Viola si presentava come una femme fatale, imponendo la sua presenza oltre che la sua corporatura. Era bella in viso, radiosa e con i capelli cortissimi e neri come mi eccitava in quel tempo, mascherava l’abbondante stazza dei suoi fianchi e del suo seno con ampi vestiti dai colori scuri che sapeva portare con parecchia distinzione. Non ero un amante del corpo esageratamente florido, preferivo le forme fini e magari appuntite rispetto alle rotondità esuberanti e trabordanti, con il tempo mi ero definito grassofobico, ma Viola riuscì a fare breccia nel mio desiderio e a svegliare in me una passione che mai avrei creduto possibile con una taglia 56.
Ci vedevamo di rado perché lei era sposata e con una figlia in età scolare alla quale dedicava moltissime attenzioni; per fortuna il lavoro di suo marito, medico di fama nazionale, ci permetteva qualche mezza giornata di svago in cui mi perdevo tra le pieghe soffici e piene del suo corpo. Viola aveva la qualità di farmi eccitare all’istante; non appena la vedevo, non appena mi si avvicinava il mio pene richiamava sangue da tutto il corpo e si metteva sull’attenti. Viola mi attendeva sempre indossando una vestaglia di raso nero che nascondeva un négligé ricamato. La biancheria intima, leggera e raffinata, metteva in mostra elegantemente la sua abbondante carne, che, devo ammettere, lei sapeva portare con grande buon gusto. Anche i suoi modi erano sempre distinti, nonostante l’eccitazione che pervadeva entrambi fin dal primo istante, mai una volta ci catapultammo d’impeto a letto. C’era sempre il rituale del caffè, con un piccolo cioccolatino al liquore, lo scambio di novità sui giorni che avevamo trascorso lontani, l’aggiornamento sul lavoro del marito e la scuola della figlia. Durante tutto questo cerimoniale, Viola non perdeva l’occasione per accavallare le gambe e mostrami un’ampia fascia della sua bianca coscia, per piegarsi a prendere il dolcetto attendendo un secondo in più il gesto per lasciar sporgere l’abbondante seno che il corpetto faticava a contenere, per passarsi una mano sulle labbra ad asciugarsi una goccia di caffè solitaria. Tutte queste piccole attenzioni che mi riservava portavano la mia ebbrezza al parossismo, sentivo nelle mutande una tensione dolorosa che mi chiedeva ad ogni costo di saltare addosso a quella donna sensuale che mi provocava così sfacciatamente; ma sapevo che l’attesa sarebbe stata ripagata da un maggior piacere.
Il rituale prevedeva che fosse lei, dopo aver ritirato i piattini e averli messi in lavastoviglie, ovviamente restando piegata per un tempo infinito in modo da esibire ai miei occhi già colmi di desiderio il suo largo culo inguainato di mutande quasi trasparenti, a invitarmi, conducendomi per la mano, in camera da letto, nella penombra della quale mi tirava a lei e mi baciava profondamente, appoggiando al mio petto le sue grandi e pesanti tette; io allungavo le braccia dietro la sua schiena e la stringevo a me, anche per farle sentire l’eccitazione del mio bacino, le accarezzavo le spalle, sentendo sotto le dita le pieghe della sua carne, e poi scendevo, scendevo, scendevo fino ad arrivare alle suo ampie natiche che non attendevano altro che la mia stretta vigorosa. Affondavo i polpastrelli in quella carne florida che assecondava il mio movimento per poi restituirmi una vibrazione erotica, le massaggiavo, le tiravo a me, le aprivo e le chiudevo con Viola che ansimava e gemeva dentro la mia bocca; la sua lingua guizzava e penetrava tra i miei denti per lasciarsi succhiare, poi fuggiva per correre a leccarmi la faccia, dalle guance fin sopra gli occhi, il collo e le orecchie. Sentivo il tepore della sua saliva su tutto il viso, io godevo di quel trattamento, godevo del suo corpo incollato al mio, godevo della sua abbondanza che quasi m’inglobava, sebbene fossi ancora vestito di tutto punto.
Al limite massimo della sopportazione la imploravo che smettesse, perché tutto quel trattamento stava diventando veramente insostenibile, avevo bisogno di aria per dare pace al mio essere. Allora Viola iniziava a spogliarmi, rifiutando ogni mio aiuto. Mi sfilava il maglione e mi accarezzava le braccia per tutta la loro lunghezza, più e più volte; io dovevo restare in piedi a subire i suoi lenti capricci; poi veniva il turno della maglia e si soffermava a curare ogni centimetro di pelle, sfiorando i capezzoli, contornando quel poco di pettorali che avevo, scendendo ad adorare l’ombelico; mi girava e mi leccava la schiena salendo dalla vertebra più bassa fino alle spalle; lasciando correre le unghie dalle ascelle in giù rischiava di farmi venire nelle mutande che, a sua discrezione, avrebbe sfilato solo dopo avermi calato i pantaloni e aver giocato sulle cosce, dietro le ginocchia e per tutti i polpacci, soprattutto non prima di avermi massaggiato i piedi dalle dita alla pianta e al collo. Viola era body-fetish, amava frizionare ogni singolo angolo del mio corpo, solamente si teneva lontano dal mio buco di culo, parte di corpo che io prediligevo, soprattutto su me stesso. Alla mia domanda sul perché avesse repulsione verso il mio ano, o l’ano in generale, aveva risposto che quella era una parte che le faceva schifo, che non riusciva ad apprezzare, che proprio la ributtava. Me ne feci una ragione e godetti delle attenzioni che riservava a tutto il resto, fallo compreso e venerato.
Passava lunghi minuti sdraiata sopra di me a ingoiare il mio uccello duro, a leccarlo, a massaggiarne asta e coglioni, con la sua grassa e sugosa vulva ben poggiata sul mio volto quasi soffocato dalle sue cosce mastodontiche. Viola era pluriorgasmica, anche se molte delle donne che ho incontrato nella mia vita si dichiaravano tali, lei fu l’unica a darmene prova. Mentre la leccavo, di colpo s’irrigidiva, allontanava la bocca dal mio cazzo, urlava di piacere, scaricava il suo deliquio sul mio volto e, terminato l’accesso, se ne tornava a succhiare e a farsi leccare. Io mi trovavo con la faccia appiccicosa del suo succo e spesso dovevo cercare aria allargando la ciccia che pendeva dalle sue chiappe per poi tornare a immergermi nel suo antro caldo e oscuro ma sempre perfettamente rasato, sembrava quasi di spingere la faccia in una tartare di manzo ben condita.
Difficilmente mi cavalcava, il suo peso, soprattutto quello delle sue grandi poppe, la metteva in difficoltà e la mandava subito in affanno, quindi Viola preferiva farsi montare; e anche io, vista la pressione che ricevevo dal suo corpo quando mi si distendeva sopra, preferivo essere il cavaliere piuttosto che il cavallo. Per una dimensione mediocre come la mia, da dietro era difficile raggiungere la sua caverna, il passaggio era intralciato dalle cosce che faticavano ad aprirsi; molte volte mi chiedevo se la stessi scopando davvero o se stessi chiavando solo la carne delle gambe. Per questo entrambi preferivamo una posizione più canonica. Da sopra potevo vedere i suoi seni spalmarsi letteralmente su di lei, cadere a destra e a sinistra del suo torso e rimbalzare al ritmo dei miei colpi. Viola ogni tanto se ne teneva uno in mano e se lo massaggiava, a volte lo facevo io, anche se ero quasi sempre impegnato a tenerle le gambe per arrivare a penetrarla fino in fondo. Non ero mai stato un amante del seno prosperoso; ripensando alle donne che ho amato, la maggior parte di loro aveva seni piccoli, una seconda, al massimo una terza, anche la prima misura era un piacere per me e i miei occhi. D’estate adoravo le donne con il seno minuto che giravano senza reggipetto, adoravo quei capezzoli che bucavano la maglietta, il dolce dondolio della mammella ridotta che accompagnava i loro passi per le vie del centro, gli squarci di nudità che ogni tanto la canottiera troppo sbracciata regalava all’occhio attento a certi particolari. Eppure, con Viola, mi abbandonai all’abbondanza del suo petto, ci persi le ore a baciarlo, ad accarezzarlo, a strofinarci l’uccello sopra, magari poco prima di sborrare e cospargerlo così del caldo frutto del mio appagamento.
Pur essendo fidanzato e in procinto di convolare a nozze, abbordando quante più donne potevo durante le mie trasferte, scopando con Viola che era sposata, macchiandomi quindi del peccato di adulterio, non riuscivo a provare quel senso di colpa che mi assaliva durante i miei, seppur pochi, rapporti con gli uomini. Eppure, sebbene nel profondo provassi questi sentimenti di repulsione verso i rapporti omosessuali che avevo avuto, non riuscivo a smettere di cercare il piacere anale, per ora da solo visto che con le donne era così difficile trovare qualcuna che assecondasse le mie voglie e i miei bisogni.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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