Gay & Bisex

LA TIGRE


di Parcifal
08.11.2024    |    3.243    |    7 8.1
"Gli tenni fermi i polsi, uno per uno, inchiodati al materasso, le braccia tese sopra la testa, offerto alle mie voglie..."
Sinuosa, si muoveva con leggiadra pacatezza, la lunga coda distesa puntava verso il cielo.
Lo sguardo sornione induceva un falso senso di tranquillità, le fauci, ferme nell’istantanea di uno sbadiglio, spalancate non nascondevano lo scintillio dei denti aguzzi. Le zampe poggiavano alla base di una valle dove un piccolo affossamento dava vita a un profondo solco da cui si innalzavano due morbide colline gemelle.
La tigre, fiera, riposava.
Vedevo il ritmico alzarsi e abbassarsi del dorso e mi pareva anche di intendere un sommesso borbottio, un fuseggiare, come se, soddisfatta e satolla, si fosse abbandonata a un meritato riposo.
Appariva inerme.
Ebbi appena il tempo di notare il fremito della coda che, con agile scatto, saltò, rivoltandosi e due zampe mi imprigionarono il volto mentre una lingua ruvida e minacciosa mi leccava, assaporando le mie labbra, scendendo verso il collo e soffermandosi sul pulsare impazzito della giugulare.
Non potei trattenermi e scoppiai in una gioiosa risata, essere così desiderato è inebriante.
Non mi ritrassi da quella lotta giocosa e abbracciai la schiena che mi sovrastava, tracciando con la punta delle dita i contorni del tatuaggio che tanto amavo sul mio compagno.
Era il secondo risveglio di un’oziosa domenica mattina e per fortuna avevo avuto il tempo di posare il vassoio della colazione sul comodino prima del suo attacco.
Doveva aver avvertito il mio sguardo contemplativo ammirargli la schiena, mi aveva fatto credere di essere ancora tra le braccia di Morfeo mentre preparava di soppiatto il suo agguato.
Lo strinsi forte nel nel mio abbraccio, gli baciai teneramente la bocca, le mie mani scendevano fino alle due colline gemelle, insinuandosi nel solco ombroso del suo culo e andando a giocare, stuzzicandolo, con il dolce buco ancora morbido e rilassato dai nostri giochi precedenti.
Voleva essere una coccola, un momento di affettuosa quiete ma era così giovane la nostra relazione, eravamo così nuovi a noi stessi, così smaniosi di scoprirci, di penetrare l’animo l’uno dell’altro che non eravamo mai sazi.
Elettrico, d’improvviso l’eccitazione serpeggiava sottopelle, da preda mi scoprivo fiera.
Lo abbrancai a me con forza, rivoltandolo sul letto, sovrastandolo.
Iniziai ad annusarlo, a percorre il suo corpo, pregustando il banchetto che sarebbe stato.
Intrufolai il naso nell’incavo del collo, dove il sentore di noi permaneva, scesi lungo la gola e arrivai al torace, mi abbeverai ai due capezzoli scuri, in contrasto con la pelle diafana. Una tela per i miei segni.
Mi strofinai sulla morbida peluria, appena accennata, che nascondeva lo strenuo impegno in palestra.
Gli tenni fermi i polsi, uno per uno, inchiodati al materasso, le braccia tese sopra la testa, offerto alle mie voglie.
Non sapevo se proseguire nel viaggio o soffermarmi ad ammirare il paesaggio.
Non ebbi tempo di decidere, fiera a sua volta mi attaccó.
Non racconterò dei morsi, dei graffi, delle incursioni in caverne oscure ed odorose o del suggere della densa linfa vitale.
Non racconterò della sua arrendevolezza e del permettermi di penetrarlo a fondo, implacabilmente, e raggiungere il tesoro che lo fece gridare d’estasi.
Non racconterò delle mie stesse grida e di quella lacrima solitaria, pudica testimone di un’unione animalesca, carnale ma altresì l’incontro intimo e indissolubile di due anime, ancora sconosciute, che si erano legate in una.
Concluderò raccontando di come ricademmo sul letto, soddisfatti, rossi in volto e con sorrisi complici che a stento vi erano contenuti. Racconterò delle nostre mani intrecciate, della calma e della tenerezza che succedono alla passione. Carezze dolci sui capelli, tocchi delicati sulla pelle maltrattata, l’aprirsi e il richiudersi di un abbraccio a custodire un noi. Chiuderó con l’immagine di caffè freddo e biscotti, sbocconcellati a letto in una domenica di ozio in cui una tigre felice e drenata da ogni energia sonnecchiava in un caldo bozzolo.

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