Gay & Bisex

PAIN PLAY


di Membro VIP di Annunci69.it Parcifal
30.07.2024    |    2.780    |    11 7.4
"Il vero potere è sempre stato nelle sue mani..."
Sono qui legato alla croce e mi dibatto.
Mi dimeno contro i legacci e contro me stesso.
Non capisco cosa non va, non riesco a lasciarmi andare, non riesco ad abbandonarmi.
Sto lottando contro me stesso, contro i mei bisogni, contro i miei desideri.
Te ne accorgi e decidi di non fare nulla, mi lasci annegare nella mia disperazione.
Ti limiti a spostarti nell’angolo più esterno del mio campo visivo, giusto per farmi sapere che ci sei, che non sono solo, ma non proferisci parola, non mi vieni in soccorso.
Lo sai tu come lo so io, la decisione è mia, sono io che devo scegliere di arrendermi.

Fottuto orgoglio!
E’ sempre difficile cedere ma oggi mi sembra impossibile, dopo la giornata appena trascorsa, non mi sembra giusto, non voglio piegarmi, non voglio il conforto che sai darmi.
Mi faccio male, che è quello che voglio, ma è un male cattivo, autolesionista, un male effimero che mi protegge dai miei veri desideri.
Un male di cui non ho bisogno e che non mi darà la liberazione per cui prego ardentemente.
E’ stupido, cerco l’assoluzione eppure non ho niente da espiare, ma continuo a sentire questa bolla di angoscia, questo nodo che mi stritola le interiora, questo inutile senso si colpa.

******

Ti guardo e mi si stringe il cuore, ti vedo combattere, rinnegare i tuoi bisogni, vedo lo sterile stendardo dell’orgoglio che si innalza a difendere un falso senso di potenza e fare ombra alle tue reali necessità.
Non è mai facile per te abbandonarti, entrare in sintonia con te stesso, abbandonare la corazza con cui ti muovi fiero per il mondo.
Quell’aura di dominio e potere che trasudano da ogni tuo sguardo, da ogni tuo gesto, dalla tua voce imperiosa abituata al comando e all’obbedienza.
Una corazza che indossi ma che è anche una parte della tua natura, sei un uomo di potere, un uomo forte, un uomo che regge sulle spalle gravose responsabilità.
Un uomo che ha anche il bisogno di cedere e lasciarsi andare.
Lo so, lo so bene, sono io il tuo porto sicuro, l’unico luogo in cui puoi abbassare la guardia, lasciarti sentire.
Semplicemente essere.
Abbandonarti e rinascere più forte di prima, affrancato dal dolore che ti consuma e che ti rende l’uomo che sei.
Ti vedo mentre lotti strenuamente, vorrei aiutarti, prenderti per mano e condurti verso quel luogo pacifico in cui puoi riposare.
Non posso. Il potere l’hai tu.
Solo quando deciderai di cedere, solo quando sceglierai di abbandonarti potrò prenderti per mano.
Come sempre il potere, il vero potere è in mano tua.
Posso solo farti partecipe della mia presenza, farti sapere che ci sono e che non ti abbandono, ma la scelta è tua.
È sempre stata tua.
Ti vedo dibatterti in questa melassa stagnante che ti trattiene, che ti logora e ti immobilizza.
Questo senso di colpa, inutile e ripugnante.
È di questo che devi liberati.
Oggi è stata dura, non sei arrivato in tempo, non sei riuscito a essere quello che sei, un salvatore, un protettore e credi di non meritare requie, di non meritarti l’assoluzione.
La colpa non è tua, puoi solo lavorare con le informazioni che hai, con le risorse che hai, e i mostri celati nell’ombra sono troppi per prenderli tutti.

******

Vorrei urlare, ma non posso. Mi sento colpevole. Inutile. Misero.
Mi sento sbagliato. Erro in cerca di assoluzione.
Assoluzione per cosa?
Sento di dover essere punito, devo essere punito. Non so quale sia il mio errore.
I pensieri si aggrovigliano, si accavallano , sento il cuore sempre più pesante, le membra sempre più stanche, mi sento affondare nella melma e non riesco a riemergerne.
Mi dibatto ancora contro le polsiere in cuoio che mi tendono ancorato alla croce.
Voglio e non voglio.
Mi sento ignobile a desiderare una punizione, una liberazione, mi vergogno eppure alla fine cedo, chino la testa, mi appoggio alla croce e con voce tremula ti dico Sono pronte Signore .
Come accetto di sottomettermi al tuo giudizio, al tuo dominio e alla tua clemenza, mi sento leggero.
Mi sento pulito e nuovo di zecca.
Dentro di me, nel più profondo so di non aver fatto nulla di male.
Mi dibattevo contro il mio desiderio, contro l’oscura passione che mi porta a chiedere il tuo dominio e il tuo sostegno, che mi porta ad ammettere che sono un semplice uomo e che anch’io devo cedere le redini ogni tanto.
Mi dibattevo contro la vergogna di quella che reputo una debolezza, la ricerca di una punizione.
Solo i cattivi ragazzi meritano di essere puniti. Io non sono cattivo, non sempre almeno.
La punizione porta in se la speranza e il perdono, perché ci si rialza mondati, doloranti forse, ma pronti ad affrontare di nuovo il mondo, non subito, un po’ di imbarazzo permane, ma ci sente così liberi dopo.

******

Dio, non mi sento mai così potente come quando finalmente ti arrendi e ti doni a me.
Mi doni la tua sottomissione, ti rimetti al mio dominio.
Che forza ci vuole per scegliere volontariamente di cedere, di abbandonarsi?
Il regalo della tua fiducia mi onora e mi sento immenso e insignificante.
Ti guardo.
Sei lì, nudo, con la pelle fremente, pronto e in attesa. Ti vedo immergerti sempre più in te stesso, vedo le tue spalle che si distendono, i tuoi piedi che cercano un appoggio saldo sul suolo, ti vedo inarcarti leggermente e offrirti.
Che regalo che sei.
Decido che oggi sarò più crudele del solito, ti farò sudare la tua liberazione.
Ti farò piangere e annegare, ti farò annegare nel tuo stesso desiderio. Sarai assetato, boccheggerai in cerca di una mia carezza, di un colpo, di un contatto. Ti farò implorare, ti farò volare ti farò esplodere e mi godrò ogni emozione, ogni gemito.
Respirerò il tuo odore e ti terrò lì, sul precipizio.
Oggi ti negherò la mia voce. So che ti piace quando ti parlo, ti aiuta a trovare il tuo percorso, ti guida nel tuo spazio, è una ricompensa perché ti dice quanto sei bravo, quanto mi soddisfi.
Oggi NO.
Oggi sarà la mia ombra a guidarti, la mia presenza. Sarai obbligato a essere presente, ad acuire ogni senso, per percepirmi, per seguirmi.
Osservo la tua pelle lattea e già vedo il romanzo che scriverò, i marchi del mio possesso.
Sollevo il braccio e muovo il flogger nell’aria Preparo il movimento, senza indugio scocco il primo colpo.
Là nel centro, proprio in mezzo alle scapole, fiorisce il primo segno.
Sei una tela nuova tutta da scrivere.

******

Resto in attesa della tua voce. Questo silenzio assoluto disturba.
Solitamente, mi guidi, mi seduci.
Oggi c’è solo silenzio.
Sento l’aria cambiare, una vibrazione, un soffio e poi l’agognato sibilo mi rassicura.
Ti cerco ma ti tieni ai margini del mio campo visivo, senza neanche usare la benda mi privi della vista.
Non mi rimane che l’udito, la conoscenza attraverso la pelle e il tuo profumo.
È proprio l’odore del cuoio unito al profumo speziato della tua pelle a solleticarmi, a risvegliarmi.
Mi sento pronto ed eccitato, sento il mio uccello risorgere, innalzarsi. Ago di bussola alla ricerca del suo nord ma ti confondi tra le ombre.
Attendo il tuo tocco caldo e ruvido, quella carezza che parte dal collo, scende lieve lungo la spina dorsale e finisce sul mio culo regalandomi deliziosi brividi.
Mi neghi anche questo.
Sai benissimo che potrei individuarti e il gioco finirebbe.
È strano come la tua assenza tangibile diventi presenza interiore.
Ti sento ovunque, ti immagino ovunque, mi sento sovrastato. Sento il tuo tocco nel primo bruciante bacio del cuoio.
Non ci vai leggero oggi, hai scelto il flogger pesante, quello che siamo fatti costruire su misura, con le strisce di pelle spesse e levigate, scamosciate all’interno. Estasi e supplizio.
Il dolore divampa. Serpeggia sulla pelle. Risale.
Scatto con la testa all’indietro, un colpo di frusta, se permetti l’ironia.
TI cerco, mi concentro sul tuo respiro ma è soffocato dal mio.
Mi estraneo. Subito una sferzata sul mio culo mi riporta al presente.
Mi sottraggo per poi protendermi in cerca di nuovi colpi.
Sei un demonio. I colpi piovono irregolari, mi sfiorano gentili, carezze che leniscono il dolore, o brucianti sferzate che mi strappano di volta in volta a me stesso, mi rubano gemiti, urla, sospiri.
Non conosco la melodia che suoni, mi posso solo abbandonare al tuo volere, protendermi ed accogliere ogni nuovo colpo.
Pregarti mugolando, ancora uno, ancora, più forte.
Sento la pelle esplodere. Sento il calore salire in superfice, mi immagino le striature rosso accesso sulla pelle immacolata. Dio come ti voglio.
Ti offro il mio dolore e il mio desiderio.
Il mio cazzo gocciola al ritmo dei tuoi colpi. Mi è impossibile sapere dove e quando colpirai.
Sento solo il tuo odore crescere, impregnare sempre di più l’aria che mi circonda, diventare pungente, man mano che continui a suonarmi.
Ci vuole forza, disciplina e sudore.
Il desiderio di te mi serpeggia sulla pelle, faccio mio il bruciore, accolgo il dolore e sul sottile filo della ragnatela che mi imprigiona sento crescere il tuo amore e la mia sottomissione.
Mi sento libero. Purificato. Estatico.
Il piacere irradia in tutto il mio corpo. Non c’è una sola parte di me che non sia sensibile.
I capezzoli, la pancia, le cosce, i polpacci.
Sento il tuo tocco ovunque.
Prendo fuoco. Mi raffreddo.
Ne desidero di più.
Desidero te, il tuo calore, il tuo peso su di me.

******

Come sei bello nella tua resa.
La tua pelle porta i mei marchi con orgoglio.
Mi doni ogni parte di te, i suoni che fai quando ti sfioro, ti colpisco, ti accarezzo. Dolci sospiri, urla bisognose, gemiti disperati.
TI vedo trattenere il fiato, in attesa di un colpo che non arriverà.
Ti vedo inarcare la schiena, offrire il tuo bel culo rotondo, aprire di più le gambe in una muta richiesta. Sebbene sia io a condurre il gioco decido di accontentarti.
Prendo la mira e ti colpisco dove ne hai più bisogno.
Sul tuo buco fremente. In spasmodica attesa di essere riempito.
Il tuo urlo squarcia il silenzio.
Non è dolore.
È un urlo dolente di bisogno. Di desiderio. Di voglia repressa.
Ad ogni nuovo colpo ti abbandoni sempre di più.
Sprofondi in te stesso.
Ti libri in alto. Nell’aria.
Ti vedo spiccare il volo, ma è ancora troppo presto e ti riporto a me con un colpo lieve sul tuo cazzo congestionato. È una carezza gentile.
Sull’orlo del precipizio in cui ti ritrovi è come se fossi stato colpito da un fulmine.
Ti vedo stringere gli occhi, contrarti e rilasciare un urlo muto, ti ho quasi portato al limite, ma potrai esplodere solo quando sarò dentro di te.
Sei perso nel monto che ho creato per te.
Non mi cerchi neanche più, ti limiti a sentire, e con ogni nuovo gemito espelli il dolore dell’anima, il senso di colpa e accetti il dolore che io ti offro, l’amore che ti regalo.
Sei stupendo. Lucido di sudore, teso come un arco pronto a scoccare.
I tuoi capezzoli sono duri come il tuo uccello, mi verrebbe voglia di colpirli ancora, ma sei così vicino.
Così vicino. La tua bocca è aperta, respiri con affanno e le tua lingua bagna le tue labbra secche per il troppo urlare.
Il tuo odore si spande nell’aira. L’odore pungente del sudore e l’aroma muschiato del desiderio, ai tuoi piedi una pozza umida degli umori stillati dal tuo cazzo implorante attenzioni.
Ma non ti toccherò.
Non ti regalerò nessuna carezza, non ti vezzeggerò.
Non sei ancora spezzato.
Io aspetto quello. La tua resa definitiva, il singhiozzo dolente, il bisogno crudo, il desiderio lacerante

******

Non mi riconosco, non ho più confini, sono solo un unico atomo di desiderio.
Prego per un colpo, piango per una carezza, sto trattenendo il fiato da così tanto tempo e alla fine anche la più piccola particella di orgoglio si disintegra.
Mi arrendo.
A me stesso.
Mi arrendo a te.
Inizio piano una litania che prende sempre più vigore, ti prego, ti prego, ti prego.
Non so per cosa prego, sicuramente non per un miracolo, ma ti voglio.
Sento che hai riportato in superfice ogni mia terminazione nervosa. Mi sento scoperto.
Nudo di fronte a te.
Nudo nel mio bisogno. Nel mio desiderio.
Mi sento vuoto all’interno, riarso, ho bisogno di essere riempito, di essere impregnato di te, della tua essenza.
Mi lasci qui a languire, a implorati, a piangere, a singhiozzare di desiderio.
Mi fai assaporare la mia sottomissione, mi innalzi nel tuo dominio e mi risucchi l’anima.
Non mi tocchi ancora, ma ti sento su di me, sento la tua presenza, riconosco il cigolare del legno.
Non hai voluto toccarmi, ti sei aggrappato alla croce, e mi domini con la tua sola ombra.
Mi inarco ancora di più, spalanco le gambe e ti offro il centro di me stesso.
Espongo il mio buco famelico. Un buco nero pronto a risucchiarti, a spremerti.
Mi sento quasi il padrone ma mi distruggi ancora una volta, disintegri la mia volontà.
Non sei neanche nudo, percepisco il pizzicore della lana sulla mia pelle martoriata.
In un secondo sei dentro di me, nessuna preparazione se non il tuo cazzo freddo di viscoso gel.
Un bruciore intenso, talmente tanto agognato che mi basterebbe questo per venire.
Ti percepisco quasi freddo da tanto sono bollente, ma ancora danzo sul confine dell’estasi.
Ti sento ritrarre.
Oggi non mi fari dono del tuo tocco, solo del tuo magnifico cazzo.
Che mi allarga, mi tende, mi riempie e poi di nuovo un solo colpo, un affondo rude, teso a scavare sempre più in profondità.
Ti spingi fino al limite, i tuoi peli pubici e i tuoi pantaloni mi sfregano la pelle sensibile delle natiche,
bruciore su bruciore, godimento su godimento.
Continui così per un po’, affondi veloci, profondi e violenti, ritirate lente, sensuali atte a farmi sentire ogni centimetro di te, della tua possanza.
Mi domini solo con il tuo cazzo.
Anche tu sei al limite ormai, sento che ti muovi.
Cambi angolazione e poi l’urlo di guerra, parte l’atto forsennato, mi martelli feroce, implacabile e a ogni nuova spinta mi sfiori la prostata.
Sento le gambe cedere, sento gli occhi girarsi.
Un fuoco ardermi da dentro, polverizzarmi le ossa.
La mia essenza è racchiusa lì, dove siamo congiunti.
All’improvviso esplodo, un big bang di calore.
Una fusione nucleare.
Grido.
Grido a squarciagola tutto il mio furore, tutto il mio godimento e ti sento, sento i tuoi colpi scoordinati, ti sento ingrossarti ancora e liberati dentro di me, fecondarmi per farmi rinascere.
Nuovo, puro, immacolato nel piacere più accecante.
Con l’ultimo pensiero coerente ringrazio di essere legato alla croce o mi sarei disintegrato al suolo.

******

Urliamo insieme.
Il suo culo mi strizza, il suo buco mi inghiotte. Mi assorbe.
È senza fondo, potrebbe risucchiarmi intero.
Gli regalo il mio piacere, gli vengo dentro.
L’ultimo marchio.
La mia essenza rilasciata in lui, che mi assorbe.
Mi sento prosciugato e mi stringo forte al legno che mi sostiene, non posso appoggiarmi a lui, a malapena si regge in piedi. Vedo le nocche sbiancarsi, mi aggrappo con più forza e cerco di riprendere fiato.
Rimango immobile dentro di lui, al caldo, coccolato dagli ultimi spasmi del suo culo che mi mungono dolcemente intanto che mi rilasso.
Esco da lui e ammiro la mia opera d’arte.
Pelle bianca, striata di rosa, rosso e scarlatto.
In rilievo in alcuni punti, una tela braille da leggere con le mani.
Una tela di soli due colori primari, il rosso e il bianco.
Un bianco spesso e denso, a tratti brillante che cola lentamente sulle sue cosce.
Ritrovo la stabilità, mi stacco da lui facendolo sibilare ancora, gli giro davanti e finalmente lo tocco.
Lo prendo con forza per i capelli e lo strattono.
Gli alzo il viso e lo bacio. Gli divoro la bocca, gli succhio la lingua, gli lecco i denti e gli mordo il labbro inferiore.
Non mi combatte.
Si è arreso, accetta qualunque cosa.
Cambio ritmo, apro la mano, gli passo dolcemente le dita nei capelli.
Gli accarezzo le labbra, lenisco il morso con la lingua.
Lo bacio all’inverso, con dolcezza. Abbandono la sua bocca, gli chiudo le labbra e lo bacio castamente.
Lo sfioro. Il mio premio per lui.
Gli libero le mani e lo sorreggo, si abbarbica a me.
Mi stritola con una forza che non pensavo potesse ancora avere.
Mi ritrovo suo schiavo.
Il vero potere è sempre stato nelle sue mani.
Signore, dice.
Amore, rispondo.





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