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"E IL NAUFRAGAR M'É DOLCE IN QUESTO MARE" *


di Membro VIP di Annunci69.it Parcifal
05.07.2024    |    280    |    5 9.6
"** Non riuscii a trattenermi, dovetti assaggiare il loro aroma dalle tue labbra..."
Amico Lettore ti avviso, questo non è il solito racconto di cazzi e culi. È un essai, un moto dell'anima, una vestigia crepuscolare. Sei avvisato, non sentirti deluso se non troverai Messalina ma conoscerai Morfeo e le Sirene.


Mi dibattevo, lottavo con forza.
Alghe viscide mi ghermivano alle gambe, si attorcigliavano alle ginocchia, strozzavano il respiro.
Cadevo. Affondavo. Annegavo.
Smisi di dimenarmi, per un secondo, uno solo, avvertii una calda serenità cullarmi. Galleggiavo nel sacco amniotico della vita.

Mi svegliai urlando.
Le lenzuola, rampicanti di seta, mi stritolavano. Le scalciai via.
Rabbia e disperazione si asciugavano sulla mia pelle.
I polmoni bruciavano, dolore fisico regalo di Morfeo per non dimenticare mai, mai, che è il dolore che ci ancora alla vita.

Il dolce scappellotto che aspettavo, già avevo incassato testa e spalle, non arrivò.
Artigli scavavano nuove cicatrici, lacerando le sottili croste, vecchie e nuove ferite sgocciolavano dolore.
Lentamente.
La tua assenza si fece reale, rimpiansi il moto involontario che ghermiva e rilasciava il respiro. Che mi separava da Te.

Il mio sguardo assente non trovava riposo. Sfarfallava sui cumuli di polvere, saltava sulle colline di vestiti stazzonati, cadaveri abbandonati in trincea, si posava fugace sulle tazzine dimenticate. Ovunque.
Luce nel buio.
Lo scintillio della boccetta catalizzò la falena.
Gocce, rassicurante liquido oblio.
Morfeo aveva ben istruito le Sirene.
Non mi diedi il tempo, forse é meglio dire che non volli neanche compiere lo sforzo, la decenza, di prendere un bicchiere e dell'acqua.
Svitai il tappo, lentamente, come un supplice, stilla dopo stilla, versai sulla lingua la nauseante dolcezza dell'incoscienza.

Mi sentii di nuovo cadere, affondare.
Non c'erano alghe, rampicanti a costringermi.
Callose mani mi accolsero in un conosciuto e a lungo cercato abbraccio.
Un approdo sicuro.

Arrivò anche lo scappellotto. Inaspettato.

Afono mi chiedevi conto della mia presenza in questa traslucente alcova primordiale.
Non ti risposi. Mi limitai a rifugiarmi nel tuo calore, nella tua presenza che ritrovava sostanza.
La grana della pelle, la fossetta sulla guancia, la cicatrice sul costato memoria di una caduta in moto.

Più ti stringevo a me, più ti riconoscevo reale.
Il battito lento del cuore, calmo, tranquillo.
Il respiro lieve al profumo frizzante di limone. Oh i nostri peregrinaggi di supermercato in supermercato alla ricerca del Sacro Graal ripieno di Selz.**

Non riuscii a trattenermi, dovetti assaggiare il loro aroma dalle tue labbra.

Ingordo.

Divenni ingordo.
La lieve pressione che avevo esercitato cedette il passo alla mia lingua.
Leccai la morbidezza del labbro superiore, riconobbi le piccole screpolature sul labbro inferiore. Quel tuo vezzo di mordicchiarle per dare loro colore.
Poi, freccia che apre la breccia, penetrai nella tua bocca, inchinai la tua lingua alla mia.
Succhiai.
Bevvi da te.
Mi nutrii della tua solida forma, della tua figura che tornava a me.

Insaziabile.

Ero insaziabile.
Ti strinsi forte, abbandonai la tua bocca per baciare ogni luogo di te a me caro.
Il pomo d'adamo, l'incavo tra la spalla e il collo, l'avvallamento alla fine della spina dorsale.
Assaporai la pelle dolce e delicata dietro alle ginocchia. L'interno coscia dove pulsa la vita.
Dovevo tornare sempre alle tue labbra prima di riprendere il mio rabdomare e conoscere nuovamente i confini del tuo corpo.

Tu.
Tu mi lasciavi fare.
Mi accogliervi con un sorriso, una carezza.
Ti donavi.
A me.

Arrivò l'urgenza, febbrile, animalesca, di riprendere possesso di ció che volevo credere mio.

Non si può possedere nessuno, si può solo essere così fortunati da incontrare chi vuole condividere l'estasi.

Affamati entrambi di ritrovarci, unimmo i nostri corpi, i nostri animi e i nostri desideri.
Non era importante chi era la lancia, chi il fodero.

Era l'unione della carne, l'uomo completo, le due metà platoniche finalmente riunite in un solo respiro.

Bevvi dalle tue labbra, bevvi il tuo seme, inondai il tuo corpo, dipinsi la tua carne.

Dopo l'urgenza, la ferocia, la fame ritornammo nel tuo abbraccio sereno.
Finalmente uniti, completi.
Insieme.

Sapevo che mi rimaneva una sola scelta.
Svegliarmi, quotidiano dolore.
O, o rimanere nel tuo abbraccio "dove il naufragar m'è dolce il questo mare*".

Caro Lettore, perdona la mia codardia e se puoi consigliami.


* versi di Leopardi
** Selz caramelle frizzanti al limone

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