Gay & Bisex
Il prigioniero (terza parte)
di SergioMessina
17.09.2024 |
5.999 |
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Da prima infilò due dita, poi tre, poi dopo molto infilò pure il quarto dito..."
Consiglio di leggere il racconto dall'inizio, dalla prima parte, il cui link troverete nel mio profilo.Nel corso della notte si svegliò varie volte. In carcere era sempre così per tutti: difficilmente riuscivi a fare un sonno tutto di filata. Ettore sentiva il respiro affannoso di Aldo dietro di lui, che spesse volte si trasformava in un forte russamento. In un'altra situazione gli avrebbe dato molto fastidio, ma in quella invece gli dava la piacevole sensazione di non essere più solo. Quelle forti braccia intorno ai suoi fianchi gli trasmettevano un senso di sicurezza.
Verso le 3 del mattino sentì Aldo muoversi. Girò la testa indietro verso di lui, e malgrado la semioscurità gli sembrò avesse gli occhi aperti.
Si sentì stringere ancora più forte dai fianchi ed avvertì premere contro una chiappa quel gran cazzone asinino diventato nuovamente duro. Poi Aldo umettò di saliva in mezzo al solco dei glutei e glielo posizionò contro il buco.
Non fu facile neppure quella volta, malgrado la posizione fetale che gli aveva fatto assumere fosse molto più comoda, si fece una male cane quando quel cappellone sproporzionato profanò l'ingresso del suo culo e gli scivolò tutto dentro. Sulle prime, una sensazione di pienissimo che gli sembrava di dover scappare al bagno a farla, ma resistette. In seguito fu accettabile, ma sempre ancora molto impegnativo. Aldo lo penetrava con movimenti lenti, ma parecchio decisi e profondi. Lo stringeva molto forte obbligandolo a stare fermo. Sembrava volesse entrargli con tutto il suo corpo dentro per quanto spingeva. Ettore si sentiva come posseduto, come appartenesse a lui: una sua proprietà. Ma questo gli piaceva. Mentre la prima volta in qualche modo quella cosa era stata concordata, questa volta no. Ad Aldo era venuta voglia e lo aveva fatto. E stop! Gli venne dentro in modo silenzioso, e poi si addormentò nuovamente.
La stessa cosa si ripetette verso le 5 del mattino. Lui stava persino dormento mentre si sentì afferrare forte. Aldo non disse assolutamente nulla, lo posizionò a pancia sotto, poi si sistemò con tutto il suo peso sopra di lui, e lo penetrò ancora.
Probabilmente Aldo approfittava di questa possibilità che c'era di farlo comodi a letto. Una eventualità che in seguito non si sarebbe più ripetuta perché la cella era sempre affollata.
Quando Ettore si alzò, la prima cosa che fece, ancora prima di lavarsi il viso, si sciacquo il culo in quel piccolo lavandino a fianco alla cucina improvvisata. Era tutto appiccicoso e male odorante. Aldo scompose il letto e mise tutte le lenzuola dentro il sacco che poco dopo avrebbero ritirato per la lavanderia. Poi i secondini aprirono le celle ed andarono insieme in mensa a fare la colazione.
Fu in mensa che Aldo gli presentò Salvatore: un uomo anziano, intorno ad una settantina di anni, che per come gli venne presentato doveva avere un prestigio indiscusso la dentro.
"Bravo, bravo. Si vede che sei un bravo giovane, e valente." Gli disse Salvatore stringendogli la mano e scrutandolo profondo negli occhi, come può fare solo un uomo abituato a decidere degli altri.
"Ti hanno già detto che sei incaricato del facchinaggio per le spese della cucina? Due volte la settimana andrai col furgone ai mercati generali."
Ed effettivamente, qualche ora dopo Ettore venne chiamato dal responsabile del braccio per comunicargli questa cosa. Come quell'uomo sapesse in anteprima, prima di lui, questa notizia, era un vero mistero, ma Ettore aveva capito che fosse inutile interrogarsi su queste cose.
Il martedì fatidico, in cui quei due schifosi del nano e dello zingaro, lo avevano convocato nelle docce, venne. Ettore, come lo aveva obbligato a fare Aldo, fu puntuale, e da li a poco arrivarono pure loro.
Senza tanti preamboli gli chiesero di spogliarsi del tutto e di mettersi a pecorina in quella piccola vasca da bagno nell'angolo.
Questa volta però loro non si abbassarono neppure i pantaloni. Gli dissero solo di stare zitto e di non fare domande.
Dopo lo zingaro svitò il doccino dal soffione, lo bagnò d'acqua in mezzo alle chiappe e gli fece scivolare dentro il buco il tubo del doccino per 5 o 6 centimetri. Aprì il rubinetto e gli ordinò di non muoversi.
Quella specie di clistere lo ripetettero tre volte. Alla fine l'acqua uscì quasi pulita.
Poi gli dissero di alzarsi, di pulire e togliere ogni traccia dalla vasca che si era insudiciata tutta, di farsi una doccia e rivestirsi.
Ormai Ettore era abituato ad eseguire ogni ordine, per quanto incomprensibile per lui, senza farsi domande. Era dentro un gioco, e doveva quindi giocare, perché non c'erano altre alternative.
Quella mattina, nel percorso verso i mercati generali, ebbe come un intuito, un qualcosa che gli balenò nella mente. Pensò che tutto questo fosse finalizzato ad usarlo come corriere per la droga. Sicuramente gli avrebbero fatto trasportare degli ovuli nel retto.
Difatti, arrivato ai mercati generali, mentre al secondino che lo accompagnava lo invitavano per il caffè, qualcuno lo prese dal braccio, lo trascinò dietro una pila di casse di pomodori, gli abbassò i pantaloni, lo fece chinare con la schiena tutto giù, e gli entrò nel culo ben 4 ovuli. Uno appresso all'altro, in modo così rapido che Ettore non se ne rese manco conto. Poi col dito li spinse ancora più in fondo che poteva.
"Te li metto belli profondi così se ti fanno l'esplorazione anale non li sentono col dito."
Il tutto, in meno di un minuto!
Tornato in carcere per l'ora di pranzo, Aldo gli disse di bere tanta acqua. Più che poteva.
"Almeno due litri ne devi bere, Anche tre litri se riesci,"
Da li a qualche ora sentì un fortissimo stimolo e si recò al bagno. Aldo lo attendeva li, entrò insieme a lui e gli fece vedere come fare. Posizionò un bel po' di carta igienica sul fondo del water, come a tapparlo, e poi gli disse di salire sul bordo del water con i piedi, alla turca.
I primi due ovuli uscirono quasi subito, uno dietro l'altro, ma il terzo ed il quarto, che probabilmente nella spinta col dito si erano girati, impiegarono più tempo.
L'operazione era stata portata a termine, con grande fifa da parte di Ettore, ma con un grosso indiscutibile successo.
Quella sera, insieme alla biancheria pulita dalla lavanderia, ricevette anche un bigliettino.
"Sei stato valente. Se c'è qualche cosa che possiamo fare per te, noi lo facciamo. C'hai bisogno di soldi per la tua famiglia?"
Ettore si sentiva dentro un gioco più grande di lui. Terrorizzato da questo, ma anche in qualche modo coinvolto e gratificato.
Queste operazioni, nel giro di sei mesi, si ripetettero altre 4 volte.
Poi Aldo gli spiegò che in precedenza usavano "le ragazze" per queste mansioni, ma erano troppo sospette, le perquisivano sempre e le esploravano col dito molto in profondità. Spesse volte mancava poco che le beccassero. Una volta una la stavano portando a fare le lastre. Poi non lo fecero per puro caso, perché il giudice che doveva autorizzare era irreperibile.
"Tu sei uno al di sopra di questo sospetto qui. E' per questo che la scelta è ricaduta su di te. A te non ti perquisiscono, o se lo fanno e ti ispezionano col dito, non lo fanno con convinzione di trovare qualcosa. Devi temere solo i cani, ma qui difficilmente li impiegano."
La strana relazione tra Ettore ed Aldo proseguiva abbastanza bene, solo che la sessualità poteva esprimersi poco. Qualche appuntamento frugale e breve nei bagni, che quasi sempre si traduceva in un frettoloso pompino. Erano quasi sempre insieme, ma senza nessuna privacy in cella veniva difficile mettersi comodi. L'ultima volta Ettore aveva avuto persino difficoltà a far entrare gli ovuli, perché evidentemente si stava stringendo nuovamente.
Un martedì, arrivò da fare la quinta missione. Dopo fatto il clistere nelle docce, Aldo gli disse subito che questa volta non sarebbe stato affatto facile, ma si sarebbe dovuto sforzare di fare del suo meglio. Detto questo, senza spiegare ne dire niente, lo inculò a lungo appoggiato alla vasca, senza manco farsi pompare prima o dargli modo di provare il minimo desiderio di farselo fare.
Penetrazione lunghissima, estenuante da parte di entrambi. Aveva il cazzo durissimo ma non accennava a sborrare. Poi lo vide armeggiare con un barattolo di vasellina, di quella che usano gli elettricisti per passare i cavi nei tubi.
"Silenzio, non gridare, e lasciami fare."
Da prima infilò due dita, poi tre, poi dopo molto infilò pure il quarto dito. Continuò a ravanare a lungo rinnovando la vasellina altre volte, e dopo riuscì ad infilare le cinque dita. Un movimento rapido girando la mano, e gli fu dentro fino al polso.
Ettore teneva dentro il culo quella manona enormemente grossa, che con grande sorpresa era riuscito a farsi entrare tutta dentro. All'ingresso il dolore fu enorme, ma subito dopo gli venne una bella sensazione come di profondo rilassamento ed appagamento.
Ma non era finita qui: Aldo, tra i suoi gemiti di dolore e piacere, continuò a penetrarlo entrando ed uscendo la mano, poi si lubrificò l'avambraccio, gli fece inarcare ancora più la schiena spingendola con l'altra mano, e con rapidi movimenti dentro e fuori, gli infilò il braccio quasi fino al gomito.
Ettore era incredulo per quello che era riuscito a farsi fare. Ma se ne compiaceva pure.
In quei pochi mesi di carcere, era diventato semi impotente, ma assolutamente in grado di godere in un modo alternativo. All'ultimo affondo, sentì infatti che stava sborrando malgrado avesse il cazzo moscio.
Subito dopo Aldo si portò dall'altro lato, in prossimità della sua bocca.
"Eccoti il pasticcino gioia. Bella crema calda. Te la meriti. Ah ah ah. Minchia!"
Gli spruzzò dentro con 5 o 6 getti di latte belli pieni. Ne seguì un bacio alla sborra voluttuoso e convulso.
Quella volta in effetti, come aveva anticipato Aldo, fu un trasporto eccezionale. Ettore riuscì ad infilarsi su per il culo, uno smartphone di grandi dimensioni, completo di caricabatterie ed auricolari.
Un successone, subito rimarcato da Salvatore, con un bigliettino di ossequiosi ringraziamenti.
Poi un giorno, nel cortile, Salvatore lo prese a tu per tu in disparte. Strano perché raramente questo avveniva con uno di rango inferiore.
"Sei un ragazzo valente, e lo dimostri sempre. Il tuo Aldo è molto preso da te ma è meglio se non lo date a vedere. Non sta bene. Non che questo sia un problema qui, ma lui ha moglie e figli. Sua moglie si fa 350 chilometri ogni settimana per portagli le pastarella. Gli vuole bene, e lui pure. Io so che qui dentro va così, però penso anche che in qualche modo bisogna porre un limite. Pompini ed inculate va benissimo, ma da quanto ho capito credo ci sia pure altro. Non per te, che sei un ragazzo d'oro e pure bellino, ed è facile affezionarsi a te, ma noi non lo permetteremo questo."
Chi era in alto, voleva un controllo, non solo sul corpo, ma anche sui sentimenti della persone. Risultava inaccettabile e questo ad Ettore faceva ancora più male di quando fu violentato dal nano e dallo zingaro. Provò una rabbia ancora più esasperata di quella provata allora. Però sapeva già che non aveva scelta e doveva obbedire.
Da li a qualche settimana, Ettore venne convocato dal suo avvocato. Gli avevano concesso i domiciliari.
Che quel Salvatore li, avesse qualcosa a che fare con questa nuova evoluzione, gli sembrò quasi scontato.
L'addio fu struggente per entrambi. Aldo, con il suo fare burbero non lo dava a vedere, ma con molta probabilità di questo distacco ne risentiva più di Ettore. Fu un abbraccio straziante.
"Ci rivedremo?"
"Sì, ci rivedremo, forse." Disse Aldo malinconico.
Quando le porte del carcere si chiusero alle sue spalle, Ettore venne investito da una luce vivida che lo fece rinascere nuovamente. Tornò a casa sua, da sua madre e da suo padre, lasciandosi alle spalle quella esperienza, come qualcosa che avesse vissuto un altro, ed in un altro mondo parallelo.
Non si incontrarono mai più.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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