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Un mondo al contrario. Episodio 2


di Faber77
26.11.2024    |    130    |    2 9.2
"Io al contrario faticavo a carburare..."
"Ah, stasera ricordati che devi andare da mia sorella!"
Come devo andare da sua sorella? Pensai.
Silvia, la sorella di mia moglie, mi è sempre risultata odiosa, fisicamente non mi disturbava affatto, ma caratterialmente eravamo proprio incompatibili. Non faceva in tempo ad aprire la bocca che immediatamente mi immaginavo di tirarle un pugno in faccia per farla stare zitta.
E la cosa era reciproca.
Questo nella vita reale, ma in questo mondo al contrario, fatto di donne con il cazzo, tutto era possibile; dunque dovevo cercare di capire cosa intendeva mia moglie con quella frase. Avevo improvvisato un: "Certo cara, mi ricordo che stasera devo andare da tua sorella... devo portarle qualcosa?".
"No Fabrizio" Aveva risposto lei: "sai che Silvia adora il tuo cazzo duro, quello basterà".
...
Avevo passato la giornata tranquillamente, cercando di non pensare all'appuntamento della serata; non sapevo proprio cosa aspettarmi visti i reciproci sentimenti che nella vita reale caratterizzavano il rapporto con mia cognata.
Quella sera ero quindi tornato dal lavoro, mi ero lavato accuratamente e depilato nelle zone critiche, avevo salutato mia moglie e mi ero recato a casa di mia cognata.
Normalmente mi sarei aspettato un'accoglienza molto fredda, invece Silvia mi aveva aperto la porta con un atteggiamento molto aperto ed amichevole, ma soprattutto con un abbigliamento da urlo: aveva una vestaglia di seta rosa aperta sul davanti, indossava un reggiseno semitrasparente che lasciava intravedere i suoi grossi capezzoli ed una mutandina ricamata dal quale faceva capolino il cazzetto di Silvia.
Era veramente piccolo, sia in termini di lunghezza che di diametro... insomma, niente a che vedere con il mio attrezzo, ma tutto sommato mi piaceva.
"Wow" avevo escalamato: "Sei proprio bella!"
"Grazie" mi aveva risposto:"Entra, ti ho preparato un aperitivo".
Silvia era una grandissima stronza, ma in cucina era divina.
Così ero entrato in casa e mi ero messo in libertà.
Lei intanto aveva stappato una bella bottiglia di prosecco e lo stava versando nei calici.
"Cin cin": mi disse porgendomi il calice con uno sguardo carico di desiderio.
Presi in mano il calice e brindai alla sua salute, nella mia mente però il pensiero di quanto non la potessi sopportare non era mai svanito.
Iniziammo a mangiucchiare qualcosa; mentre stuzzicavamo le sue prelibatezze Silvia cercava in ogni modo di toccarmi: prima mi afferrò un braccio, poi mi strinse la mano, poi con nonchalance mi appoggiò la mano sulla coscia, era vogliosa come una gatta in calore.
Io al contrario faticavo a carburare.
Ad un certo punto Silvia, con un finto gesto maldestro, si fece cadere qualche goccia di vino sul collo e sul petto.
Poi mi chiese: "vuoi assaggiare un po' di vino da un bicchiere speciale?"
A questo punto non potevo più dire di no. Mi avvicinai a lei e posi le mie labbra sul suo collo. Inebriato del suo profumo e dell'odore del vino, cominciai a baciarla voluttuosamente; lei mi strinse a se.
Sentii il fuoco ardermi dentro e qualcosa nelle mutande iniziò a muoversi.
Le slacciai il reggiseno e mi fiondai sul suo seno, era un pochino cadente, ma i suoi capezzoli erano dei missili puntati nello spazio del piacere.
Ne feci una scorpacciata, succhiandoli e strizzandoli a dovere.
Mentre mi dedicavo alle sue tette, con uma mano andai a sondare nelle mutandine: il cazzetto di Silvia sembrava stesse per esplodere: lo sentivo pulsare tra le mie dita e cominciai a masturbarlo.
"Ah, ah, dai Fabrizio ti prego scopami": gemeva mia cognata.
Mi spogliai e la feci girare, la misi a pecora con i gomiti appoggiati al tavolo.
La infilai nel culo con delicatezza, mentre la cagna non smetteva di latrare.
Il fatto di inculare quella stronza di mia cognata mi dava un senso di piacere, dominio e vendetta.
Ero una furia.
Lei si dimenava come una trottola.
La feci girare e sdraiare sul tavolo e la infilai di nuovo, tenendole le caviglie con le mani.
Era presa da un piacere immenso, fu naturale per lei a questo punto afferrarsi il cazzo ed iniziare a segarsi; in pochi secondi venne, riempiendosi il ventre del suo stesso seme.
Rinvigorito da questa visione ripresi a stantuffarla con maggior forza: Volevo riempirle il culo con la mia sborra...
Silvia era sul punto di implorarmi di smettere quando finalmente venni.
Eravamo entrambi sfiniti.

Mi sdraiai nudo sul divano e lei rimase sul tavolo, sfiancata e colma di sborra, sia sul ventre che nel culo.

La scopata fu in un certo senso riappacificatoria, mi calmai un attimo e mi avvicinai a lei.
La guardai, mi guardó.
Era bella.
La baciai sulle labbra, mentre con la mano giocavo a spargere la sua sborra sul suo ventre.
Le misi un dito tutto sporco di sborra in bocca e lei prese a succhiarlo voluttuosamente, tolsi il dito e la baciai.
Fu un momento tenero per certi versi e perverso per altri.
Questa azione fece scattare nuovamente il desiderio in entrambi.
Silvia si alzò, mi spinse sul divano e si accomodó in mezzo alle mie cosce, iniziando a succhiare il mio cazzo nuovamente duro.
Mia cognata che mi succhiava il cazzo era una sensazione che andava oltre il mero piacere sessuale, era qualcosa di perverso che mi dava ancora maggiore soddisfazione.
Cercai quindi di rilassarmi e godere del momento.
La mia mente però andava a quel meraviglioso cazzetto che giaceva eretto e indisturbato tra le cosce di mia cognata.
La invitai dunque a scambiarci di posto.
Mi accomodai tra le sue gambe ed iniziai a farle un gustoso pompino, mentre con le mani cercavo quei poderosi capezzoli che tanta soddisfazione mi avevano dato pochi minuti prima.
Silvia era veramente una troietta vergine perché dopo pochi minuti mi riempì la bocca con la sua sborra.
"Scusa Fabri" mi disse: "non ti ho avvisato". La guardai, mi piacque. Con la bocca piena del suo stesso seme la baciai.
Poi la feci sdraiare sul divano ed iniziai a masturbarmi, mentre lei mi guardava. Ogni tanto le appoggiavo il cazzo sulle tette, ogni tanto in bocca.
Le venni addosso, sporcandole il viso ed il seno.
Andammo a farci una doccia insieme e poi ci infilammo nudi nel letto e ci addormentammo, stanchi ma felici per aver trovato un nuovo equilibrio.
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