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La ragazza con l’orecchino di perla


di Bellastronza69
28.12.2021    |    7.719    |    6 9.6
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La sensazione di avere qualcosa che mi fasciava glutei e pancia fu stranissima all’inizio, fredda, ma poi diventò calda e avvolgente e sentì come..."
Mi chiamo Michele, ho venticinque anni e la mia vita scorre tranquilla tra amici e lavoro.
Sono alto, robusto, capelli e occhi marroni e vivo alla periferia di Bari.
Non ho una ragazza, ma sono innamorato perdutamente di una mia vecchia amica, Paola.
Purtroppo però la timidezza nei suoi confronti e la paura di sbagliare, ha fatto sì che non avessi mai una vera e propria occasione con lei.
Vivo ancora a casa dei miei, casa che condivido con la mia splendida sorella, Maria, di qualche anno più piccola rispetto a me.
La mia vita sembrerebbe quasi perfetta, ho un lavoro che rende bene, mi diverte e passo la maggior parte del mio tempo libero a leggere libri o a giocare ai videogame.
Sembrerebbe quasi che sia un ragazzo banale, come tutti gli altri, la verità è che nascondo un segreto da quando sono piccolo.
Sono perdutamente attratto dagli indumenti femminili e dalle sensazioni che mi causano a contatto con il corpo.

Non ricordo cosa mi spinse a farlo, ma ricordo di aver avuto circa 12 anni.
Rimasi solo a casa, mia madre aveva portato la mia sorellina a scuola di danza e io, spinto da una strana curiosità, andai a rovistare nei suoi cassetti.
Trovai un costume da bagno e lo indossai. 
La sensazione di avere qualcosa che mi fasciava glutei e pancia fu stranissima all’inizio, fredda, ma poi diventò calda e avvolgente e sentì come se il mio pene, ancora non sviluppatissimo, stesse iniziando a muoversi.
Allungai la mano e mi toccai, ripetutamente, incessantemente, velocemente.
Sentii come se dovessi fare la pipì ma poi, all’improvviso, non sentii più nulla.

Inutile dire che non mi accorsi di essere venuto, ma mia madre sì.
Ancora ricordo le urla e le grida quando lo scoprì.

Questo però non mi fermò. Gli anni passarono ed io divenni sempre più bravo nel ripiegare i vestiti al loro posto.
Il mio outfit preferito consisteva in collant, costume da bagno e un vestito lungo e azzurro che fasciava il mio corpo perfettamente. All’inizio ero anche in grado di usare delle scarpe con il tacco di mamma ma, complice lo sviluppo, passai dall’indossare un 38 ad avere un 44, quindi ben presto dovetti rinunciare a questa parte dell’abbigliamento.

Tuttavia, verso i 16 anni, smisi quasi definitivamente.
Successe un giorno d’inverno. Ero uscito con gli amici e trovai mia madre sul letto con un paio di collant e una gonna. 
Sui collant c’era una vistosa macchia di sperma.

“Cazzo. Come ho fatto a non accorgermene” pensai.
Non dissi niente.
Mia madre mi disse solo: “Vestiti. Vediamo.”
“No” risposi.
“Perché lo fai?” Mi chiese lei.
“Non lo so, so solo che mi diverte ed è come se mi sentissi vicino ad una ragazza” aggiunsi.
“O lo fai davanti a me, o non azzardarti più a farlo” continuò lei.
“Va bene mamma, non succederà più”.

Da allora smisi di usare i suoi vestiti ma, il tempo passava, mia sorella cresceva e crescendo usava anche dei vestiti sicuramente più provocanti di quelli che avesse mamma nei cassetti.
Quindi, a 24 anni, indossai le sue calze a rete e quella sensazione che non sentivo da anni ormai, ritornò.
Ma sapevo non avrei potuto far nulla, soprattutto perché non potevo fare questo a mia sorella.

I mesi passavano ed io diventavo sempre più bravo nel mio lavoro, finché un giorno non andai dal mio capo a battere cassa.

“Voglio andare via.”. Gli dissi durante la valutazione annuale.
“In che senso?” Rispose Sergio, il responsabile dell’area.
“Voglio andare fuori, vorrei provare l’esperienza all’estero.”
“Sai, forse è un po’ presto. Non credi di esagerare? Sicuramente abbiamo tante opportunità che potresti fare, ma magari puoi ancora crescere qui da noi.
Comunque vediamo che si può fare. Ti sei dimostrato valido e so che riusciresti facilmente a trovare lavoro fuori. Perché dovremmo impedirtelo. Dove ti piacerebbe andare?”
“Vorrei essere trasferito a Londra.” Dissi.
“Mhm, lì abbiamo già una sede abbastanza avviata. Forse si potrebbe fare qualcosa. Ma servirà un po’ di tempo, non aspettarti novità troppo presto” mi disse ancora Sergio.

Mentre io cercavo di organizzare il mio piccolo mondo, il pianeta viveva una delle situazioni peggiori dell’ultimo secolo. Infatti l’epidemia di COVID presto si trasformò in una pandemia e io iniziai ad essere costretto tra le quattro mura domestiche.
Sembrava che fosse finita, che dovessi mettermi l’anima in pace, che finché non fosse passato tutto, sarei rimasto a Bari ma, a dicembre 2021, Sergio chiamò dicendomi:
“Ciao, visti i risultati siamo riusciti a riallocarti nella sede londinese. Te la senti ancora di andare, nonostante la situazione?”
Firmai immediatamente le carte e iniziai la ricerca dell’appartamento.

Arrivai a Londra. La mia città.
Voi lettori chiaramente non lo sapete, ma ci ero stato già tante volte e me ne ero innamorato perdutamente.

Era Febbraio 2022 e passeggiavo su Oxford Street, affollata come sempre.
Passai davanti a Pimkie e mi ricordai di Paola. 
Qualche anno prima eravamo stati insieme a Londra e stupidamente facemmo la fila per ore al black friday pur di prendere dei pigiami stupidi e delle magliette a basso prezzo.

Ci entrai, spinto dalla curiosità e dalla voglia di vedere se ci fosse o meno un reparto uomo.
Presi un paio di magliette per allenarmi e dei calzini.
Le gambe però mi portarono nel reparto donna.
Un impulso scattò nella mia testa.
Presi dalle grucce un perizoma rosso e un reggiseno in pizzo, anche questo rosso e li nascosi sotto le magliette. Andai avanti nella corsia e presi un paio di autoreggenti nere e arrivai alla cassa.

“Sono 18£. Carta o contante?”
Allungai 20£ alla cassiera.
“Vi divertirete parecchio stasera, vedo” disse lei.
Abbozzai un sorriso ed andai via.
Arrivai a casa e appoggiai le borse in camera da letto, andai a prepararmi la cena e mi dimenticai di ciò che avevo lasciato vicino al comodino.
Finii di cenare, mi appoggiai sul divano e mi misi a giocare a Tetris sulla Nintendo Switch.

Verso le 11, tornai in camera e presi dal cassetto il pigiama. 
Mi spogliai e poi vidi la busta di Pimkie.
Mi sentii chiamare.
Presi il reggiseno e lo indossai.
Il mio pene iniziò a muoversi da solo nei miei boxer da uomo.
Nonostante avessi preso una quarta, mi andava un po’ stretto, colpa delle spalle forgiate da nuoto e palestra questi anni.
Mi levai le mutande.
Il pene era quasi del tutto eretto, mi piegai verso la busta e presi il perizoma.
Lo indossai e a stento conteneva le palle.
Poi presi la confezione di autoreggenti, le aprii e le indossai.
Mi stesi sul letto e iniziai a toccarmi, prima piano, poi sempre più forte, sempre più forte, finché non schizzai fortissimo sulla mia pancia e sul reggiseno.

Ancora vestito, con lo sperma che ricopriva la mia pancia, mi addormentai, con un sorriso sulle labbra.


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