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La ragazza con l'orecchino di perla - Capitolo 6


di Bellastronza69
03.01.2022    |    3.380    |    5 9.4
"Mi trascinò via di casa ancora in intimo..."
Io non riuscii a rispondere al bacio.
Un trans? Come ho fatto a non accorgermene?
Mallory notò qualcosa che non andava e staccò le sue labbra.
“Sei sorpresa, vero?” mi disse.
“Mallory è che credevo tu fossi una donna, invece hai un pisello ben più grosso del mio. Non so, non me l’aspettavo.”
“È davvero questo il problema?”

Rimasi in silenzio.
Chiaramente c’era dell’altro.
Per tutta la vita mi ero considerato perfettamente eterosessuale. Quanto successo in questo weekend ha iniziato a distruggere ogni mia certezza.
Amare un trans? Forse è troppo.

“Mallory” ripresi “Tu sei un trans. Io sono etero.”
Mallory poggiò il suo perfetto culo ebano sul tavolo e scoppiò a ridere.
“Ma non farmi ridere!” disse lei. “Paola tu sei una donna dentro! Lo sei sempre stata. L’ho capito da come eri in piedi nel negozio, da come piegavi le ginocchia, da come toccavi i tessuti! Scommetto che consideravi questo un feticismo e niente più. Invece è quello che sei davvero, Paola. Hai speso più di duemila dollari in tre giorni. Nemmeno le donne osano tanto. Questa cosa ti fa sentire libera.”

Le sue parole mi folgorarono. Era tutto vero.

“E riguardo me. Io sono come te. Non sono un trans, non ho ancora iniziato nessuna terapia. Sono un uomo che si è sempre sentito più donna dei suoi compagni.
La mia fortuna però è che non mi sono mai cresciuti più di tanto i piedi.”
“Che vuoi dire, scusami?” risposi sorpreso.

“Ho iniziato come tutti. Cercando tra le robe di mamma. Mio padre è morto quando avevo 4 anni. Era un soldato. Di quel giorno ricordo solo un commilitone di mio padre che venne alla porta di casa, abbracciò mia madre e lei iniziò a piangere. Da allora abbiamo vissuto da sole io e lei.
Grazie a dio non mi ha mai fatto mancare nulla, aveva un ottimo lavoro, non avevamo bisogno di altro.
Ma lei si lasciò andare molto a se stessa. Iniziò a non andare più al parrucchiere, a non radersi più. Insomma, viveva, ma per lei la vita era finita.”

Io continuai a guardarla sotto shock.

“Poi avevo circa 12 anni. Ero il ragazzo più magro della classe, il più basso e anche il più timido. Un paio di bulletti più grandi mi presero di mira, dicendo che non sarei mai più cresciuto perché non avevo un padre che mi potesse dare da mangiare. Provai a reagire tirandogli un pugno, ma finii a terra ed iniziarono a pestarmi.
Tornai a casa in lacrime, mamma fortunatamente non era lì per vedermi.
Cercai nel sottotetto gli stivali dell’uniforme di papà, ma trovai solo quelli di mamma. Erano con un tacco abbastanza alto, quindi me li feci andar bene.
Ero molto minuto, mamma invece era alta circa un metro e ottanta, quindi gli stivali, che a lei arrivavano sotto al ginocchio, mi arrivavano alla coscia.
Decisi che con quei dieci centimetri guadagnati sarei andato a picchiare quei due. Volevo vendetta. Ma non sapevo camminare sui tacchi e così inciampai. Ebbi un incontro ravvicinato con il pavimento del salone e, mentre mi rialzavo, la porta di casa si aprì.
Mamma mi vide con i suoi stivali e cacciò un urlo. Era terrorizzata. Mi disse che non dovevo fare certe cose, che io ero un uomo, nato per essere uomo.
Io provai a spiegarle qualcosa ma non mi credette.
Grazie a dio avevo il mio unico amico. Era un paio di anni più grande, si chiamava Henry. Lo conobbi grazie a una gara di scacchi a cui partecipai alle scuole elementari. Henry era molto simile a me, esile di fisico, dai modi gentili e quando ero con lui mi sentivo sempre felice.
Gli raccontai l’accaduto.
“È che tua mamma ha paura che sia gay.” Mi disse.
“Cos’è un gay?” Risposi ingenuamente.
“Un gay è questo.” disse mentre mi infilava la lingua in gola.
“Henry ma che fai!” urlai. “Non mi piacciono gli uomini!”
“Scusami, volevo fartelo vedere per bene. Per me non c’è tanta differenza. Uomini, donne, sono attratto da tutti.”. Mi guardò e sorrise. “Ma la verità è che ho un altro segreto. Aspetta qui.”.
Io rimasi immobile sul suo letto, mentre l’imbarazzo mi scorreva ancora nelle vene.
Avevo dato il mio primo bacio ad un uomo. Ero imbarazzato, turbato…felice? Com’è possibile che io fossi felice. 
“Henry!” Chiamai. “Ascolta, forse ho esagerato. È che era il mio primo bacio, l’ho dato ad un uomo, io non so cosa ho per la testa. Oggi mi hanno picchiato, mia mamma mi ha sgridato, ti prego, capiscimi”
“E se dessi il tuo primo bacio ad una donna?” disse una voce femminile provenire da fuori. Era sua mamma che nel frattempo era entrata in casa e mi aveva sentito urlare.
“Come? C’è questa ragazza che mi piace ma non così tanto. Poi lei è amica di quei bulletti che mi terrorizzano a scuola, non saprei a chi darlo.”
Lei rise. “Ma sciocco. Parlo di mia figlia. Henrietta, sei pronta?”.
Una ragazza uscì dalla camera in cui era entrato Henry pochi minuti prima. Aveva le stesse scarpe di Henry ma indossava dei collant, un vestitino nero con dei fiori e aveva i capelli biondi. Dapprima rimasi perplesso poi guardai meglio.”

“Era Henry?” Dissi io curioso.

“Era Henry.” Rispose Mallory riprendendo il racconto. “Lui venne, mi diede un bacio e sorrise. O forse dovrei dire lei, perché le prime parole che mi disse furono: “Ora hai dato anche il tuo primo bacio ad una ragazza”.
Rimasi parecchio sotto shock, seduto sul letto senza dir nulla. Una parte di me era curiosa, un’altra voleva fuggire.
“Henrietta, perché non vai a farci del te? Noi veniamo subito.” Disse sua madre, la signora Jones. Quando Henry uscì dalla stanza la signora Jones chiuse la porta e si sedette con me sul letto. Aveva un profumo dolcissimo, i capelli curati alla perfezione ed aveva un vestito che le aderiva perfettamente al corpo. Ai piedi aveva un paio di scarpe con tacco, di quelle che anche mamma portava ai piedi prima che papà morisse.
“Sai, Henry aveva una sorella. Era molto più grande di lui. Lui aveva 6 anni e lei 16. La adorava.” Mi disse mentre mi passava la mano tra i capelli. “Lei passava tutto il tempo con lui, giocava con i suoi giocattoli, inventavano storie. Era il suo mondo. Si chiamava Mallory.
Mallory era una ragazza solare, sportiva e gentile. Purtroppo però non tutti sono stati gentili con lei. Mallory fu rapita da un orco cattivo quando Henry aveva 8 anni. Quando tornò a casa, non fu più la stessa. L’orco le aveva fatto del male e Mallory non parlava e non mangiava più. Si chiuse nella sua stanza senza più uscire.
Finché, un giorno, non vedemmo la sua stanza vuota.
Io ed Henry la cercammo ovunque. La trovammo in un boschetto vicino la nostra vecchia casa, a Cambridge. Aveva deciso di andarsene per sempre.”
Vidi la signora Jones piangere, mentre si sforzava di mantenere un sorriso.
“Henry sapeva io fossi distrutta per la morte di Mallory, sebbene con lui cercassi di essere forte. Era dolcissimo. Veniva sempre da me ad abbracciarmi, a consolarmi. “Vedrai mamma, Mallory torna presto” mi diceva sempre. Io diventai iperprotettiva nei suoi confronti e lo viziai all’inverosimile, cercando di compensare la mancanza di sua sorella. Presi la decisione di trasferirci a Londra, per stare lontani dalla nostra vecchia casa.
Un giorno, però, tornata a casa lo trovai con addosso un vestito di Mallory. Gli andava troppo largo, era quasi buffo.
“Guarda mamma, sono come Mallory” mi disse. Io rimasi basita, ma non gli impedii di farlo.
Quello che era uno scherzo innocente poi per lui divenne un’abitudine ed io l’ho assecondato anche in questo. Quando ci siamo trasferiti qui, ho portato anche i vestiti di sua sorella, in maniera che potesse continuare ad usarli.
Gli ho insegnato a truccarsi e l’anno scorso per il compleanno gli ho regalato una parrucca.
Vedi, Josh” mi disse terminando il racconto “tu sei l’unico amico che Henry ha. Non abbandonarlo perché ti ha dato un bacio. Parlerò io con lui. Ma sappi che se dovessi aver bisogno di qualcosa, qualunque cosa, noi ci siamo. Avrai sempre il supporto di noi due.” E mi abbracciò.
“Signora Jones, posso chiederle una cosa? Mi ricordo ancora cosa le dissi” mi disse Mallory sorridendo con i suoi denti bianchissimi.
“Mi rispose di si.
“Henry ha mai baciato una ragazza?” Le dissi. Scosse la testa. “No, nessuna. Penso sia per questa storia di Henrietta.”
“Per favore, signora Jones. Mi aiuti a vestirmi come ha fatto Henry” le dissi.
La signora Jones sgranò gli occhi e mi disse: “Sei sicuro di quello che vuoi fare?”.
Io annuii. Mi portò nella sua stanza e mi diede un vestitino di sua figlia. “Ti piace questo?” Era un vestito bianco con la gonna a balze, tutto in pizzo ricamato. “Era il vestito preferito di Mallory, Henry ha sempre avuto paura di metterlo.”. Annuii. “Su dai, spogliati. Mi disse mentre mi dava delle mutandine da ragazza, una culotte rosa con dei ricami in pizzo sui bordi e delle calze. “Forse il reggiseno non ti entrerà.” Mi disse. “Sai, Henry usa dei palloncini ripieni d’acqua per fare la forma, ma a te non starebbero tanto bene.” Misi le mutande, misi le calze e poi mi diede una parrucca.
Mi portò davanti allo specchio del bagno e mi truccò leggermente.
Mi sentivo bene, mi sentivo a mio agio, mentre la signora Jones mi passava l’ombretto sugli occhi.
“Forza, mettiti le scarpe, su.” Mi disse.
“Signora Jones, me ne da un paio di sua figlia?”
Lei fece uno sguardo triste. “Purtroppo Henry porta un quarantadue, sua sorella ed io portiamo un trentotto. Ho buttato tutte le scarpe che avevamo, tranne quelle con tacco che ogni tanto uso ancora io.” Mi disse lei dispiaciuta.
Io le dissi che andavano benissimo, allora lei si tolse le sue décolleté rosse con tacco 6 e me le fece indossare. Calzavano a pennello.
Mi alzai in piedi, mi fece fare un giro e mi disse che ero splendida.
“Dai andiamo Josh. Henrietta ti starà aspettando. Anche se dobbiamo trovarti un nome da ragazza. Vestito così non puoi essere Josh.”
“Signora Jones, se non le dispiace…può chiamarmi Mallory?” Le dissi.
Lei scoppiò in lacrime e mi abbracciò.
Solo molti anni dopo avrei capito che in questa maniera non stavano affrontando il lutto ma stavano solo proiettando su di me l’illusione di una figlia morta.
Lei mi prese per la mano, mi baciò sulle labbra e mi disse: “Bacio sempre i miei figli sulla bocca. Tu da oggi sei mia figlia, chiamami mamma quando sei qui.”
Mi portò da Henrietta che mi guardò sgranando gli occhi.
“Mamma quello è il vestito di Mallory” disse lei quasi in lacrime.
“Tesoro” disse la mia mamma adottiva “Quando sarà qui, Josh sarà Mallory”.
“Ciao Henrietta” le dissi, e le diedi un bacio sulla bocca come aveva fatto lei.”

Mallory sorrideva ancora, mentre mi guardava e raccontava.

“Quindi, Henry è stato il tuo primo fidanzato?”
“Henrietta.” mi corresse “E comunque no. Diventammo amiche. A casa sua io ero libera di esprimermi come volessi. Sua madre divenne sempre più accondiscendente nei miei confronti. Avevo l’armadio di Mallory a mia completa disposizione. La mia prima volta fu con Henrietta, se te lo stai chiedendo.
Crescendo capii che vestirmi da donna non solo mi faceva stare bene, ma mi eccitava anche in quel senso. Un giorno che la signora Jones non era in casa, dissi che avrei voluto farle una sorpresa.
Lei mi aspettava alla scrivania, ricordo che aveva da studiare. Aveva diciotto anni, io sedici. Andai in camera di sua madre e aprii dei cassetti. Trovai un perizoma, molto diverso dalle mutande che potevo indossare di solito, delle autoreggenti ed un corpetto. Più o meno come sei vestita tu adesso.
La signora Jones nella stanza conservava delle scarpe completamente diverse da quelle che mi permetteva di indossare. Quel giorno scelsi delle scarpe di vernice nera, con delle fibbie e tacco 16. Le indossai. Ormai ero bravissima a camminare sui tacchi.
Arrivai sulla soglia della stanza dove Henrietta ed io studiavamo. La chiamai.
Lei rimase completamente basita. Iniziammo a baciarci, lo facevamo spesso in realtà. Io mi distesi sul letto e aprii le natiche. Lei mi seguì come incantata ed iniziammo così. Prima infilò la lingua, poi le dita ed iniziammo così.
Quando sua madre rientrò ci trovò nel letto, abbracciate che ci eravamo addormentate. Io avevo ancora addosso i suoi vestiti e nessuna di noi due aveva più le mutande. Ricordo che lei mi svegliò con un bacio delicatissimo e svegliò anche Henrietta allo stesso modo.
Si sedette vicino a noi e iniziò a farci un discorso sulla crescita, sul fatto che non dovessimo aver paura e che lei ci sarebbe stata vicino.
Da allora avemmo accesso anche al suo armadio.
Andammo avanti per circa tre mesi. Ogni giorno io ero a casa di Henrietta.
Facevamo sesso, anche con la signora Jones in casa, poi continuavamo a vivere la nostra vita normale. Ormai tra noi non c’erano più segreti. Più di una volta, mentre Henrietta oberata dai compiti studiava, mi fermavo senza mutande a chiacchierare con quella che a tutti gli effetti era diventata una seconda mamma.

Mia madre naturalmente si insospettì. Trovava strano che io le dicessi di andare da Henry ogni giorno. Mi pedinò per più di un mese, finché, un giorno, mentre io ed Henrietta scopavamo e sua madre preparava il thé, bussò alla porta di casa.
Chiese alla signora Jones se io fossi lì, che era preoccupata per me, temeva fossi finito in qualcosa di losco.
Lei ci coprì, dicendo che eravamo appena usciti a fare due tiri a basket nel parco.
Non ci accorgemmo di nulla, continuammo a scopare come sempre. Ricordo che io ero sopra Henrietta, le davo la schiena mentre mi penetrava. Avevo i soliti tacchi ai piedi, una giarrettiera con delle calze di seta e un reggiseno.
Avevo anche delle mutande, ma Henrietta le aveva fatte volare chissà dove.
Venni fortissimo e urlai.
Mia madre mi sentii e corse a vedere cosa stesse succedendo.
Aprii la porta e vide suo figlio, vestito da donna, con un pene di oltre venti centimetri completamente eretto, con un altro ragazzo, vestito da donna, che le infilava un cazzo molto grosso nel culo.
Mia madre urlò. Io rimasi basito, non sapevo come reagire. Lei mi tirò via da Henrietta e iniziò a schiaffeggiarmi.
Ricordo la signora Jones che provò a fermarla, ma mia madre fece del male anche a lei.
Le diede della puttana, che stava facendo di tutto per far diventare me e suo figlio come lei.”

“Come scusa?” chiesi.

“L’ho scoperto solo dopo quel momento.
Tutti quei vestiti succinti che io indossavo con piacere, quelle uscite per ore che la signora Jones faceva, il suo essere molto aperta sessualmente con noi, per lei era quotidianità.
Lavorava come cassiera in un Tesco, ma per riuscire a viziare suo figlio e non fargli mancare nulla, si prostituiva.
Non la giudico. Probabilmente se mi fossi trovata nella sua situazione avrei fatto lo stesso.
Mia madre però non la pensava come me. Iniziò ad odiarla a morte.
Ricordo che mi ordinò di rimettermi le mutande. Mi trascinò via di casa ancora in intimo. Mi strattonava, io urlavo. Ma il vero problema fu rientrare a casa. All’epoca abitavamo a Chelsea, nella casa che lei e papà avevano comprato con tanti sacrifici. Immagina la scena. Una ragazza, che urlava, gridava, piangeva, trascinata da un’altra donna in casa. Che onta deve essere stata per mia madre.

In casa ricordo che iniziò ad urlarmi contro ancora più forte.
Mi diede della puttana. Mi disse che non era quella la vita che meritavo, che la mamma di Henry mi aveva traviato.

“Josh, sei diventato una troia”
“Non ti ho cresciuto così Josh”
“Tuo padre non vorrebbe questo per te, Josh”

Io ormai ero a terra, mentre lei continuava a gettarmi contro ogni oggetto che trovava in giro per casa.
Iniziai a piangere. Riuscii solo a dire una cosa.
“Io sono Mallory”.
Quelle parole furono troppo per lei. Mi schiaffeggiò. Non l’aveva mai fatto prima.
Mi mandò lacrimante in camera mia.

Non riuscii a sedermi sul letto. Mi vergognavo, volevo nascondermi. Mi rannicchiai in un angolo della stanza, ancora vestita, e piansi finché non finii le lacrime.
Non so esattamente quanto tempo passò, so solo che sentii il campanello suonare.
Mia madre aprì la porta e vide la signora Jones.
Le chiuse la porta in faccia. La mattina dopo mi ricordo che mamma aprì la porta per portare fuori la spazzatura e la signora Jones era ancora lì.
Mamma fece qualcosa di disgustoso.
Sentii l’immondizia rovesciarsi sul pavimento, capì che gliel’aveva rovesciata addosso.
Lei la incolpava per tutto quello che era successo e ciò che ero diventata, senza rendersi conto che in realtà io ero semplicemente così e mi piaceva essere libera di esprimermi come più volevo.
Mi alzai. Andai verso l’ingresso. Avevo ancora addosso i vestiti della signora Jones. Guardai mia madre negli occhi con lo sguardo di chi avrebbe preferito morire piuttosto che essere lì.
Uscii dalla porta. Aiutai la signora Jones ad alzarsi. La guardai e le dissi: “Lei ha già perso una figlia, non ne perderà un’altra.”. Poi guardai mia madre e le dissi: “Non sei disposta ad accettarmi. Non l’hai mai fatto. Ero sempre solo e la signora Jones ed Henrietta hanno scelto di stare con me. Loro mi hanno aiutato quando i bulli mi pestavano. Lei mi ha consolato e coccolato. Tu dov’eri?”. Mi girai verso la signora Jones e le dissi: “Mamma, per favore. Andiamo.”

La signora Jones aveva gli occhi pieni di lacrime.
Si tolse il suo cappotto lungo fino alle caviglie e mi disse di indossarlo.
Mia madre, quella vera, mi guardò e disse solo: “Che schifo”.
Mi misi in macchina con la signora Jones e tornai a casa da Henrietta.
Da allora la relazione divenne sempre più forte.”

“Che intendi?” Le dissi io curioso. Mi ero completamente dimenticato fossimo entrambe seminude.

“Vedi, la signora Jones è l’unica donna con cui io sia stata.
Fu dopo essere tornate a casa.
Henrietta mi abbracciò e mi baciò. Mi disse che temeva di avermi persa per sempre. Era così bella quel giorno.
Mia madre però aveva rivelato il segreto della signora Jones quindi lei ci prese da parte. Ci sedemmo tutte e tre sul suo letto ed iniziò a raccontarci di ciò che faceva.
Henrietta tremava ma le strinsi la mano. Le dissi che io le volevo bene per tutto quello che aveva fatto per me e che grazie a ciò che ha fatto ero libero di essere chi davvero desideravo.
Lei iniziò a piangere, io le raccolsi le lacrime e la baciai.
Non fu il solito bacio tenero e gentile. Fu appassionato, ricco, intenso.
Henrietta se ne accorse. Baciai anche lei alla stessa maniera.
“Vi amo” le dissi. “Ad entrambe. Siete la famiglia che vorrei.”
Ci abbracciammo. Io ed Henrietta avevamo i cazzi completamente eretti.
Lei se ne accorse e li afferrò.
“Ragazze, che ne dite di divertirvi un po’? Vi preparo la cena nel frattempo. Poi forse potrebbe esserci una sorpresa.”
Lei si alzò e uscì dalla stanza. Spense la luce ma lasciò la porta aperta.
Io mi avvicinai al cazzo di Henrietta e iniziai a spompinarla ben bene.
Lei venne subito, mi ricoprì tutto il volto di sborra.
Io la feci girare e le iniziai a leccare il culo. La mia lingua penetrò il suo buco e iniziai a girarla a ripetizione.
Sentii il suo cazzo indurirsi di nuovo. Mi tolse le mutande e iniziò a ricambiare il favore con la lingua. Subito mi infilò il cazzo e iniziò a scoparmi con violenza.
“Baciami come hai baciato la mamma” mi disse. Lo feci. Continuò a spingere per dieci minuti abbondanti. 
“Ragazze a tavola” sentimmo mamma chiamarci dall’altra stanza.
Venni sul letto e Henrietta mi riempì il culo. Con lo sperma che mi fuoriusciva ancora dal culo, ci dirigemmo verso la cucina.
Trovammo solo due piatti in tavola. “Mangiate” ci disse. “Vi aspetto di lì.”

Mangiammo velocemente il piatto di insalata che ci aveva fatto e tornammo in camera.
Trovammo mamma seduta completamente nuda al bordo del letto, aveva solo un paio di autoreggenti e delle décolleté ai piedi.
“Avvicinatevi” disse.
Iniziò a leccare entrambi i nostri cazzi contemporaneamente. Sentivo la cappella di Henrietta sfregare contro la mia mentre la sua lingua la bagnava in ogni punto.
“Perché non scopi quella bella puttanella di tua sorella?” mi disse.
Io ed Henrietta riprendemmo a farlo come stavamo facendo prima.
Mamma si allontanò da noi. Poi all’improvviso sentii qualcosa pulsare sul mio ano.
Aveva preso un dildo di circa trenta centimetri e dal diametro di sei e aveva iniziato a spingere.
Mentre io scopavo sua figlia, lei scopava me.
Henrietta venne copiosamente e si sfilò il mio cazzo dal culo.
Nel frattempo mamma continuava a spingere. Henrietta scese dal letto. Mi girai e vidi una scena incredibile.
Mamma in piedi a gambe divaricate e sua figlia che le leccava la figa ormai fradicia.
La guardai, le tolsi la mano dal dildo che lasciai per metà nel mio ano.
La tirai verso di me.
Lei subito si mise a cavalcioni e iniziò a cavalcare il mio cazzo con impeto. 
Henrietta subito le riempì il culo con il suo bel bastone di carne. 
Venimmo ripetutamente tutte e tre e ci addormentammo subito dopo.”

Io avevo di nuovo il cazzo duro e Mallory se ne accorse.
“Vedo che non ti è dispiaciuto il racconto.” mi disse lei.
“No, affatto.”
La presi per mano e la portai in camera da letto.
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