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Il Passaggio (capitoli 6 e 7)


di Federossetta
08.11.2018    |    3.978    |    2 9.2
"Gennaro se ne andò subito, invece prima che Roberto se ne andasse gli diedi una leccata al culo che lo fece godere ancora sulla mia faccia..."
Capitolo 6: Gennaro e Roberto
Ci rimettemmo in cammino, lui con lo sguardo serio e io impegnato a ripassarmi il rossetto. Apparentemente sembrava non fosse successo niente, ma gli altri lo avrebbero scoperto non appena avrebbero visto il mio culetto bello rosso. Meglio così, uno in meno da sopportare.
Arrivati alla “base” mi accolsero con fischi di approvazione. Mi sedetti in mezzo a loro a mangiare e bere, alcuni mi domandarono per tutta la cena come facevo a nascondere delle tettine così graziose. Dimitri nel mentre era rimasto in disparte, mi ero accorto che Giacomo lo aveva ripreso per averci messo tanto, e ora era giù di corda. Cazzi suoi, pensai.
Eh già, perché ora io avevo i miei cazzi a cui pensare. Erano in tutto cinque escluso Dimitri: Giacomo (il mio Edoardo cresciutello), Carlo (il proprietario della tenda), Gennaro (un napoletano da un ottimo fisico), Roberto (doveva essere un vero secchione ma era il più vecchio della compagnia) e infine Kevin (era dello stesso paese di Giacomo e aveva un non so che di misterioso).
Ad un certo punto prese la parola Gennaro: “Io proporrei di intitolare questa serata a Federico...” era mezzo intontito dall’alcol “… anzi Federica.” Io sorrisi e sollevai la birra in segno di ringraziamento. “Mio amore vuole ballare con me?” senza ombra di dubbio alludeva al letto. Era giunto il mio momento e non vedevo l’ora di godere come non mi capitava da giorni. “Ci sto! Un brindisi al cazzo!” urlai. “Alla fica! E a te, che per noi non sei altro che una bella gnocca!” inneggiò Giacomo. Gli feci l’occhiolino prima che Gennaro mi trascinasse dentro la tenda. Giacomo però urlò: “Aspetta! Portati anche Roberto, dobbiamo sverginarlo per bene con una troia come Federica.”
Roberto senza farselo ripetere ci seguì a ruota. Dovevano essere le 23, avevo bevuto poco ma in ogni caso la sbornia sarebbe passata in tempo per il piatto principale della serata: Giacomo. La tenda era accogliente, c’erano due stanze da tre materassi l’una con tanto di coperte e lenzuola. Per me erano dettagli importanti, ciò voleva dire che i genitori di Carlo erano premurosi e la mattina dopo sarebbero venuti ad aiutarci a ritirare. Dunque dovevo addormentarmi già nei miei vestiti.
Entrammo tutti e tre in uno scomparto ove i materassi erano attaccati come un enorme letto matrimoniale. Gennaro, che mi teneva ancora la mano, mi buttò di peso sui materassini e mi intimò di implorarlo. Allora cominciai a fare finta di piagnucolare e a venerare sia lui che Roberto, che era al suo fianco con una vistosa erezione. “Se i padroni alla fine del mio lavoro vogliono valutarlo con una piccola mancia allora io mi impegnerei ancora di più” chiesi con tutta umiltà. “Certo” ringhiò Gennaro, che però non mise mano al portafoglio, anzi si calò i pantaloni e i boxer. Il suo compare impacciato sussultò e venne subito ripreso: “Allora vuoi imparare o no? Svestiti imbranato che ora lo trapaniamo per bene.”
Mi ero affezionato ai vestiti che avevo addosso, per la prima volta mi ero sentito sicuro come non mai ad acquistarli in panni maschili, dunque anch’io feci in fretta e me li tolsi riponendoli in un angolo al sicuro.
Ero solo in biancheria intima e coricato all’insù, quando Gennaro si lasciò cadere sul letto. Il materassino sobbalzò dandomi un leggero senso di nausea. Ma lui non sembrava avere apprensione verso la mia nausea. Come immaginavo, il suo era un fisico scolpito, un bell’esempio per Roberto che invece aveva pochi muscoli e diversi peli. Con le mani mi trattenne coricato, mentre con la bocca iniziò a scendere verso il mio seno fasullo. Come ebbi modo di constatare alla fine, non cercò mai il contatto diretto con la mia bocca, forse perché convinto eterosessuale. Mi palpò a lungo e prepotentemente, tanto che una donna si sarebbe indispettita, ma io provavo solo piacere non volevo che si fermasse. Quando raggiunse con la bocca il mio ano, il mio pisello si destò in un’erezione carina ma non imponente. Allora di mia iniziativa presi Roberto che sembrava essere con le mani in mano, e lo indirizzai verso l’omosessualità, facendogli ingoiare il mio cazzo. Per niente contrariati i due continuarono finché Roberto non arrivò a reclamare la sua parte. Mi salì sul petto e cominciai a succhiare rumorosamente il suo cazzo peloso. Il mio lato B intanto venne violato da Gennaro, le mie gambe si attorcigliarono a lui e in questa posizione entrambi vennero nel mio corpo. Gennaro se ne andò subito, invece prima che Roberto se ne andasse gli diedi una leccata al culo che lo fece godere ancora sulla mia faccia.
Solo soletto in quella tenda per una decina di minuti, mi sistemai e guardai l’ora: 23.30. Avevano fatto in fretta, per contro non mi avevano lasciato nessun bigliettone.

Capitolo 7: Carlo e Kevin
Ero pronto alla seconda ondata, ma a quanto pareva mi volevano in acqua. Era arrivato dunque il momento di utilizzare il costoso bikini comprato coi loro soldi. Mi svestii e lasciai solo i gioielli e il rossetto ad abbellire il mio esile corpo maschile. In tenda c’era diverso calore anche perché si era appena consumato un rapporto sessuale con un doppio dispendio di energie, eppure avevo la sensazione che fuori la temperatura fosse nettamente diversa. Purtroppo non avevo nessun soprabito da donna o qualsiasi cosa che potesse fare arrapare ancora di più i miei bei maschioni che aspettavano, ma mi ideai e devo dire che trovai la soluzione più erotica. Indossai la camicia di almeno due taglie maggiore della mia di Gennaro che aveva lasciato come ricordo e uscii. Sembravo l’amante che nei film si svegliava dopo una notte di fuoco con la camicia del maschio come ricordo. Essendo molto lunga, la legai con un nodo lasciando scoperto l’ombelico e ampliando la protuberanza delle mie tettine. Effettivamente la temperatura era molto bassa, riuscivo a malapena a resistere con la camicia, ma almeno ero una bella visione. Ero sicuro i miei ciondoli riflettessero la luce morente del falò, avevo lasciato apposta sbottonata la camicia a livello del petto, cosicché il mio seno fosse al centro dell’attenzione. Camminando scalzo, arrivai al falò. Mi sedetti tra Kevin e Carlo, davanti a me Giacomo che si fumava una sigaretta tranquillo. Ci accarezzammo a lungo, studiando ciascuno il corpo del proprio obiettivo (nel mio caso obiettivi), e constatai che Carlo doveva essere il solito figlio di papà: vestiti firmati, mani ben curate, in alcuni punti depilato e inoltre sembrava parecchio insicuro. Aveva una protuberanza facile da prevedere, sui 16 centimetri, normale insomma.
Quando cominciai a conoscere meglio Kevin invece, mi accorsi essere un uomo molto singolare. Era massiccio ma non grasso, muscoli poco definiti ma presenti, aveva depilato il petto e probabilmente anche l’inguine solo per l’estate, le sue mani erano ruvide, segno che lavorava molto manualmente.
Sperai dunque che le mie previsioni fossero azzeccate e che dunque una volta venuto in fretta il figlio di papà mi sarei goduto l’altro maschiaccio. Fu quest’ultimo ad interrompere un periodo di studio durato anche fin troppo. Mi sollevò in braccio e scambiando battute con me e i suoi amici entrammo in acqua, dove mi buttò con leggerezza però. Mi accorsi di stare ridendo anche io, una serie di gridolini fermarono la mia risata in quanto l’acqua era proprio bella fredda. Saltellai fradicio da Kevin al quale mi abbracciai. Mi strappò la camicia da dosso chiedendo scusa al legittimo proprietario che probabilmente stava godendosi lo spettacolo al caldo dalla riva. Poi ridendo Kevin mi spintonò e inciampai andando a finire completamente sott’acqua. Quando riaffiorai vidi solo più Carlo, mi stavo quasi dimenticando di lui, ora era con il rigonfiamento a due centimetri dalla mia bocca. A gattoni lo presi di forza e lo succhiai malamente. Al ché urlò pregandomi di staccarmi. “Succhia con voglia la cagna” disse Kevin alle mie spalle. Poi mi prese con forza da dietro, il suo pene premeva contro la stoffa della culotte, era completamente nudo. Mi fece inginocchiare e mi girai verso il suo cazzo, subito dopo arrivò Carlo. Allora presi una grande boccata d’aria e iniziai il mio primo bocchino sott’acqua. A Carlo facevo più il bastardo, gli premevo le palle e gli riservavo più favori. Quando ebbi già ripreso più volte il fiato e più volte mi fossi inabissato per prelevare il loro umore, notai in Carlo un cedimento. Allora lo spostai in modo da avere il cazzo suo fuori dall’acqua e gli sparai una spagnola che doveva essere davvero memorabile: il suo glande si incuneava nel mio reggiseno, lambiva le mie tette e arrivava in bocca. E fu proprio nella bocca dove mi ringraziò profondamente. Ingoiai il quarto seme della serata con piacere, a quanto pare la voglia non era ancora sparita. Mi alzai e aspettai Kevin. “Amore mi sto sentendo veramente porca, ora ho una tremenda voglia di te, del tuo corpo. Vieni” cercai di intimorirlo con la malizia di una predatrice, lui arrivò da me muovendo l’acqua intorno. Il suo pisello venne alla luce. Oh merda, pensai. Lo avevo succhiato poco tempo prima ma la foga mi aveva fatto percepire una cosa che non rispecchiava la realtà. Era un cazzo di 25 centimetri buoni che si addiceva per dirla tutta ad uno di colore. Ciò voleva dire che ne avevo ingoiato appena metà e il resto me lo dovevo aspettare nel culo, anzi nell’intestino. Arrivato da me, mi baciò con passione il collo, per prendere un grosso respiro e sollevarmi all’altezza del suo bacino. Sempre silenziosamente mi sfilò le mutandine, che appallottolò e lanciò a Carlo poco lontano intento a pulirsi del tutto dall’orgasmo. Questo di quello che mi venne raccontato dopo perché nel mentre io ero intento a contemplare l’ormone a pochi centimetri da me. Le mie braccia si allungarono a cingergli il collo e trovarono un cordino, impugnai il ciondolo finché trovai ad un’estremità un dente di squalo. “Sei forte amico” gli sussurrai, chinandomi verso un suo orecchio. “Voglio il tuo bastone tutto dentro, voglio sentire pulsare l’amore nel mio corpo. Ho bisogno di carne” gli sussurrai ancora. Stavolta l’assatanato ero io, mi ero reso conto di avere davanti un esemplare unico. Infatti cazzi come quello avevo letto capitavano una, massimo due volte nella vita, perché trovarli in un Europeo era cosa rara, figuriamoci se poi l’europeo in questione era anche figo e sexy.
Con un sorriso agghiacciante mugugnò di riposta. Era il mio fantastico animale. Poi sentii bussare, prima con timidezza, poi sempre con più rabbia, finché non gli dissi “entra!” e dilatai i muscoli dell’ano più che riuscii. Il suo serpente entrò. Io chiusi gli occhi sperando che lì dentro niente si rompesse e aiutai l’entrata scendendo col bacino. Le mie gambe si avvinghiarono ancora più strette al culo del mio diavoletto aspettando l’inculata, che arrivò più esplosiva che mai nel momento che meno me lo aspettavo. Urlai allora come non avevo mai urlato. Il dolore era acuto, il mio amore per il cazzo non riusciva a nascondere il dolore, per cui mi trovai ad urlare da femminuccia ad ogni stantuffata, su e giù. Per fortuna il mare intorno a noi serviva da lubrificante: entrava ad occupare il posto lasciato vuoto dal suo cazzo quando caricava l’inculata, per poi affievolire il colpo durante l’atto.
Kevin non venne mai, non che io sappia. Mi staccarono da lui i suoi amici, probabilmente infastiditi dalle mie urla acute che potevano svegliare qualcuno. Nel momento che venne estratta l’asta completamente assorbita dal mio culo, percepii il vuoto lasciato e come reazione afferrai il suo cazzo con la mano ributtandomelo in culo, a dispetto di quelli che mi avevano staccato da lui. Quando finalmente riaprii gli occhi lo guardai diritto in faccia e lo baciai prima che mi posassero a terra e sentissi di nuovo il bruttissimo senso di vuoto. Lui si girò e tornò al falò, sulla schiena i segni delle mie unghie.
Nel mentre mi accorsi che Giacomo mi stava parlando. Ero un po’ intontito, per cui sentii solo la fine del discorso. “…altrimenti finiamo qui, non puoi farci scoprire perché urli da femminuccia, ok?” aveva le mani sulle mie spalle e doveva avermi anche scrollato con forza. Mi passò le mie mutandine ed uscii dal mare insieme a lui. Finalmente presi la parola. “Ok ci sono. Mi sono ristabilito, per prima cosa devo finire un lavoro” senza attendere risposta mi incamminai velocemente verso Kevin, coricato a guardare le stelle. Gli tirai giù i pantaloni senza resistenza e iniziai leccargli prima l’asta e infine la cappella. Lui per tutto il tempo lasciò fare come se niente fosse, sentivo gli sguardi di tutti puntati su di me ma continuai, perché era diventata una questione di onore. Dopo una ventina di minuti passati a inumidirgli la verga (pazzesco!), finalmente Kevin iniziò ad agitarsi. “Ti dispiace se ingoio, sto mantenendo il record, finora ho mandato giù la sborra di tutti.” Gli dissi.
“Certo troia, vai ti prego, prendilo in boccaah!” allora me lo appoggiai sulla lingua finché il suo copioso fiotto non uscì tutto. Addirittura avevo schizzi sulla schiena, proprio vero che un’esperienza così capita poco spesso nella vita. Ancora una volta sentii la mancanza di quel cazzo stratosferico quando mi rialzai lasciandolo ansimante a terra. Avevo conquistato un altro uomo, ora sarei andato a reclamare il premio: una notte d’amore con l’oggetto dei miei desideri di quella vacanza in famiglia.
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