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Prime Esperienze

Mia moglie Valeria - Dopo i 40 anni - Cambiamenti - Capitolo 7 - La scelta


di Marta-trav
11.09.2020    |    14.751    |    8 9.2
"Mentre guidavo verso casa, rischiai di andare a sbattere un paio di volte..."
Ringrazio chi, in qualche modo, si è appassionato a quello che ho deciso di raccontare.
E, soprattutto, chi ha voluto farmelo sapere, lasciando un commento o scrivendomi in privato.
La storia, fondamentalmente, si basa su fatti realmente accaduti, seppur volutamente rivisitati e distorti per evidenti motivi di riservatezza. Ed, in taluni casi, per necessità di narrazione.
Per la curiosità di alcuni, Stefano e Valeria esistono realmente, seppur con nomi diversi. Ed io li conosco molto, ma molto bene.
Il loro percorso di coppia, in più punti, coincide esattamente con quello che descrivo in questo racconto.
Anche Elena esiste realmente. La conosco altrettanto bene, anche se non benissimo.
Alcuni aspetti riferiti a lei, in particolare, li ho soltanto immaginati. Ma non credo di essere andata/o, con la fantasia, molto lontano dalla realtà.
La storia sarebbe ancora molto lunga.
Spero di non annoiare nessuno. In tal caso, vi invito a non leggere il seguito.

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Presi il caffè, sorseggiandolo molto lentamente.
Volevo amplificare e dilatare l’attesa di mio marito.
Ero certa che moriva dalla voglia di sapere, pur se mascherava benissimo la sua impazienza.
Il mio pensiero tornava prepotentemente alla sera precedente.
Era stata proprio una bella scopata. Una delle migliori fatte con mio marito.
Mi sentivo audace e spregiudicata.
Ricordavo, quasi con tenerezza, quando Stefano mi ha ripulito il culetto, tamponandolo con un fazzoletto di carta, da dove fuoriusciva tutto lo sperma che aveva riversato dentro di me.
Ma ricordo anche la forza e la brutalità con le quali, poco prima, mi aveva scopata. Mi ha afferrato per le spalle e, ad ogni colpo del suo bacino per entrare nelle mie profondità, mi tirava verso di se, spingendomelo sempre più dentro.
Avevo ancora il culo indolenzito.
Sorridevo ad immaginare lo stupore di Stefano quando, la sera prima, ad un certo punto, gli ho chiesto di scoparmi anche nel culo.
Poche volte glielo avevo dato. Mai su mia richiesta.
L’ultima volta, poi, era successo dopo che aveva visto, per la prima volta, la pagina di Valehot.
Quella sera era stato brutale, cattivo, quasi violento.
Ora sentivo che, invece, quel tipo di rapporto iniziava a piacere anche a me.
Bevvi il caffè e presi lo smartphone.
Stefano poggiò il vassoio con le tazzine sul comodino e venne accanto me.
I nostri figli dormivano ancora.
Accesi il cellulare. Entrai nell’app. C’erano 18 messaggi non letti. Le solite cose. Uomini che volevano infilarmelo di qua e di là, sopra e sotto, davanti e dietro.
Tra i tanti messaggi ce n’era anche uno di una donna. Tale Marta. Mi ripromisi di leggerlo con calma, più tardi.
Entrai nella sezione delle chat e selezionai quella intrattenuta con Vortex.
Vortex, al secolo Gianni, almeno così mi aveva detto di chiamarsi, era un uomo di 48 anni.
Siciliano di origine. Al nord per motivi di lavoro. In provincia di Messina c’erano una moglie e tre figli che l’aspettavano. Viveva da solo, in un piccolo appartamento in un paesino distante pochi chilometri da casa nostra.
“Aspetta”, mi disse Stefano improvvisamente, interrompendo le mie ricerche.
Mi bloccai. Lo guardai con aria interrogativa.
“Ascolta”, proseguì mio marito. “Tu non hai idea di quanto io sia felice che sia successo quello che è successo. Io ti amo e non posso immaginare la mia vita senza di te. Sei mia moglie, la madre dei miei figli, l’unica donna che voglio. Credimi, in questi ultimi anni ho pensato molto ad una vita sessualmente spregiudicata, trasgressiva. Ma sono state solo fantasie. Perché mi sarebbe piaciuto viverla con te, quella vita. Ma non ho mai avuto il coraggio di parlartene. Temevo di rovinare e distruggere tutto. E non voglio assolutamente che accada. Ma ora è tutto diverso. Ora so che posso parlartene. So che posso realizzare quelle mie fantasie. So che non ho bisogno di un’altra donna per farlo. E so anche che le stesse fantasie ce le hai anche tu. Tu ti immagini al centro dell’attenzione di altri uomini. Io mi eccito all’idea di pensarti tra le braccia di un altro uomo. Si, Valeria, è proprio così. Voglio vederti mentre scopi con un altro. Voglio esserci. Voglio vederti e sentirti godere per merito di un altro uomo. Ecco, ora te l’ho detto”, mi disse, tutto d’un fiato, mio marito.
“Che maiale che sei!”, dissi di rimando a Stefano, facendogli la linguaccia, proprio come avevo visto fare a Elena.
“Non ho finito”, continuò Stefano, serio. “Non so dove ci porterà questa strada che stiamo intraprendendo. Spero che ci conduca in qualche bel posto. Spero che ci faccia divertire. Però voglio stabilire alcune regole, fin da adesso”.
“Quali?”, gli domandai.
“La prima, dovremo sempre salvaguardare l’integrità della nostra famiglia. I nostri figli non dovranno mai sapere niente di quello che faremo, né i nostri amici. La seconda, dobbiamo stare attenti a chi incontriamo, alle malattie, ad un’eventuale gravidanza. Ed infine la terza, la più importante, non dovrai mai fare nulla di nascosto da me, dovrai dirmi sempre tutto, io mi fido ciecamente di te, se vorrai scopare con qualcuno in particolare dovrai dirmelo, non te lo impedirò, ma devo saperlo. Tutto chiaro?”, disse ancora Stefano.
“Tutto chiarissimo”, risposi io. “Ma anche io ho le mie regole”, dissi poi.
“Dimmele”.
“Dunque, non dovrai mai forzarmi a fare una cosa che non voglio fare o per la quale non mi sento pronta, ok?”.
“Ok”.
“Non dovrai mai permettere a nessuno di trattarmi male. Sono e rimango tua moglie, anche nel gioco più perverso, ok?”.
“Ok”.
“E poi, ecco, non so come dirtelo, cioè, si…ecco, la prima volta, se e quando capiterà, vorrei che tu non ci fossi. Cioè, dovrai esserci, altrimenti non mi sentirò tranquilla e sicura. Ma non dovrai essere, insomma, nella stessa stanza dove lo faremo”, dissi.
Stefano mi guardava con espressione inebetita.
Ero dispiaciuta di avergli detto quelle parole. Ma, in cuor mio, sentivo che non ci sarei mai riuscita, non sarei mai riuscita, almeno non la prima volta, a fare sesso con un altro uomo davanti a mio marito.
“Potrai, anzi, dovrai essere nella stanza accanto, ascoltare, sbirciare, ma non essere presente…insomma, non ci riuscirei con te davanti”.
Credo che la voglia di mio marito di vedermi tra le braccia di un altro uomo fosse così tanta che Stefano, dopo dieci secondi, mi disse “Ok, va bene”.
“E poi ci sarebbe ancora un’altra cosa”, dissi io.
“Cosa?”.
“In questi mesi ho chattato con molti uomini. Beh, ecco, mi piace credere che chi mi ha contattata lo abbia fatto perché colpito dalle mie foto, perché attratto da me, dal mio seno, dalle mie gambe, dal mio culo. Insomma, da chi mi abbia ritenuto una bella figa. Sono convinta che se tu o qualunque altro uomo aveste fatto altrettanto con le donne, avreste selezionato, tra le tante, quelle che vi piacevano di più. Credo che funzioni così, giusto?”.
“Si, giusto. E allora?”.
“E allora anche io, tra tutti quelli che mi hanno scritto, ho selezionato quelli che mi piacevano di più. Ed il primo criterio di selezione è stato l’aspetto fisico”.
“Mi sembra giusto, ma non capisco dove vuoi arrivare”.
“Lasciami parlare. Dopo aver scremato, ho iniziato a chattare con loro. Ho così valutato anche altre caratteristiche oltre al solo aspetto fisico”.
“Certo, e allora?”.
“Beh, ecco, questi uomini sono tutti accomunati da un’unica caratteristica”.
“Quale, dimmela!”.
“Sono tutti superdotati. Cioè, hanno tutti un cazzo enorme, almeno quello che si vede nelle foto del loro profilo. Come a voi uomini piace vedere un bel paio di tette, un bel culo, una bella passerina depilata, a noi donne, a me in particolare, piace vedere un bel cazzo. E loro ce l’hanno”.
Lo avevo detto.
Stefano rimase un’altra volta immobile. I suoi occhi nei miei. La bocca leggermente aperta.
“Cioè, mi stai dicendo che vuoi farti scopare solo da chi ha un cazzo enorme?”, mi chiese.
“E che sia una bella persona”, puntualizzai io. “Insomma, Ste, non è facile. Ma se proprio dobbiamo fare questa cosa, che allora ne possa trovare completa soddisfazione, nel fisico, nella mente e, perché no, anche alla vista”.
Stefano, a bocca aperta, mi guardava incredulo.

Stavolta Elena venne ad aprirmi in tuta da ginnastica. Maglia a maniche lunghe e pantaloni lunghi. Scalza, come sempre.
Credo che la mia espressione abbia tradito il mio disappunto.
In quell’interminabile intervallo che intercorreva tra il suono del campanello e l’apertura della porta di casa, la mia testa partiva per la tangente e le mie emozioni si concentravano tutte in un unico punto dentro di me, pronte ad esplodere non appena mi fossi trovata davanti Elena in reggiseno e mutandine. O anche meno.
Ma Elena, chissà perché, quel giorno pensò bene di non darmi quella soddisfazione.
Lo fece apposta?
In ogni caso rimasi delusa e non fui così brava a nasconderlo.
“Vieni, entra”, disse Elena. “Guarda, sono incazzata nera oggi”, proseguì la mia amica.
“Cosa ti è successo?”, le domandai, poggiando nell’ingresso di casa la busta in tessuto con tutto quello che Elena mi aveva prestato per fare le foto.
“Giulio mi ha detto che il nostro viaggio a Dubai della prossima settimana è saltato. Gli è stata fissata un’udienza improvvisa di un suo cliente importante e non può proprio partire!”, gridò quasi.
“Capisco, mi dispiace”.
“No, non capisci. Da qualche giorno sto chattando con un ricco industriale del posto. Avevamo già pianificato come impiegare le nostre giornate e, soprattutto le nostre serate. Ed ora niente!”.
“Ma Elena! E Giulio?”.
“Che me ne frega di Giulio. Si sarebbe fatto fare qualche pompino da qualche ragazzina del posto e poi sarebbe sceso in piscina a leggere e a lavorare. Lui lavora sempre, anche quando è in vacanza”.
“E allora vai da sola, no?”, dissi io.
“Dove, a Dubai? Magari. Ma la nostra è una relazione che si basa su complicati equilibri. Per lui sarebbe scorretto se io partissi da sola. Sarebbe un tradimento”.
“Ed invece farti scopare dal primo che passa non è un tradimento?”.
“No, è diverso. Lo so, è difficile da spiegare e da capire. Ma tra di noi funziona così. Un conto è fare quello che faccio qui. Un altro sarebbe andarmene via, da qualche parte, con la consapevolezza di entrambi che andrei principalmente per fare sesso. Non credo che tu possa capire esattamente cosa intendo”.
“No, infatti, proprio non capisco. E Matteo?”.
“E che c’entra Matteo? Lui è qui, mica a Dubai. Quando sono qui, sono di Matteo. Almeno per il momento. A Dubai sarei stata del ricco industriale, almeno per una settimana”.
“Giusto, che scema che sono. Come ho fatto a non arrivarci da sola”, dissi ad alta voce, tra me e me.
Elena sorrise. L’espressione del suo viso si era addolcita un po’.
“Ma veniamo a noi due, amica mia”, mi disse. “Dai, sediamoci e fammi vedere cosa hai combinato”.
Ci sedemmo sul solito divano.
Estrassi il mio smartphone ed aprii la galleria.
In una cartella, che avevo protetto con password (non si sa mai), c’erano una cinquantina di foto e tre video.
Elena aprì la prima foto ed iniziò a scorrerle tutte, strusciando il suo delizioso indice smaltato di rosso sullo schermo, da destra verso sinistra.
“Ma sono solo particolari. Siamo sicuri che sono foto tue e che non le hai scaricate dalla rete?”, mi disse.
“Vuoi controllare?”, le domandai.
Elena si fermò. Alzò lo sguardo e lo puntò dritto nei miei occhi. Mi fissò un po’ troppo a lungo. Mi mise in soggezione. Mi maledissi per aver fatto quella stupida domanda.
“Magari dopo”, disse lei, tornando a guardare lo schermo dello smartphone.
Finì di scorrere tutte le foto. Giunta all’ultima, rimase a bocca aperta.
“Questa è veramente bella, brava!”, disse. “La useremo come esca. Sarà l’immagine del tuo profilo”.
“Ci avevo pensato anche io”, confermai.
Elena chiuse le foto ed aprì i tre video.
Li guardò uno dopo l’altro.
“Non male”, disse.
“Solo ‘non male’?”, la incalzai.
“No, sono belli. Le foto non sono particolarmente hot. Una figa spalancata si trova ovunque su internet. Ma i video sono accattivanti. Saranno quelli, secondo me, a far impazzire gli uomini. E non solo loro”, disse Elena, guardandomi in faccia.
“Però, tesoro, depilati la passerina. Ormai tutte ce l’abbiamo liscia”.
Non proprie tutte, mi dissi, ripensando alle mie amiche di palestra.
“Ci penserò”, le dissi.
“Ok, dai, iniziamo”. Elena era più entusiasta di me.
Iniziò la procedura di registrazione di un nuovo utente, direttamente dal mio smartphone.
Mi chiese una serie di dati. Come concordato, le diedi tutti dati di fantasia, tranne la casella di posta elettronica (che, tuttavia, avevo creato ad hoc per la circostanza) ed il numero di cellulare.
Ero un po’ perplessa nell’inserirlo.
Ma Elena mi disse che era obbligatorio e che comunque, mai e poi mai, sarebbe stato utilizzato dai gestori del sito o da chiunque altro per contattarmi.
Mi tranquillizzò e lo inserì.
“Ora devi dirmi come vuoi chiamarti in questo universo parallelo”.
“Valehot”, risposi di getto.
“Ok”, disse lei.
Scrisse il mio nickname e completò la registrazione. Mi passò lo smartphone affinché potessi inserire la password, caricò alcune foto e i video nella mia pagina personale direttamente dalla galleria del telefono e cliccò sul pulsante “pubblica”.
“Ora sei in vetrina, amica mia”, mi disse Elena.
Speriamo che qualcuno si fermi a guardarla quella vetrina, pensai.
“Grazie Ele”, dissi invece.
“Figurati. Già da stasera ti arriveranno i primi messaggi, vedrai. Ci vuole qualche ora affinché la redazione possa verificare che è tutto a posto e poi sarai sul mercato”.
Ero emozionata, nervosa e combattuta. Ma non pentita.
Il motivo principale per il quale ero andata a casa della mia amica era quello della registrazione sul sito. E l’avevamo fatta.
Ed ora? Mi sarei dovuta alzare, ringraziare Elena ed andarmene.
Invece Elena mi si avvicinò, velocemente.
La sua espressione si illanguidì. I suoi occhi da cerbiatta mi stavano guardando con un’espressione carica di sensualità.
Allungò repentinamente una mano e me la poggiò su una tetta.
Un po’ me l’aspettavo.
Non reagii. Avrei dovuto, ma non volevo. Lasciai che fosse lei a decidere cosa fare.
Avvicinò il suo viso al mio.
Il suo respiro si mescolava al mio.
Eravamo a pochissimi centimetri di distanza.
Nessuna delle due parlava. Ma le parole che ciascuna di noi due aveva nella propria testa dicevano già tutto.
I nasi si sfiorarono.
La mano destra di Elena massaggiava la mia tetta sinistra.
Allungai di colpo il mio braccio destro, lo misi dietro le spalle della mia amica e la tirai verso di me.
Le bocche si toccarono, le labbra si aprirono, le lingue, stavolta, uscirono subito e si intrecciarono.
Ci baciammo, appassionatamente.
Un bacio vero, carico di pathos.
I nostri respiri si fecero affannosi. Le mani audaci.
La sua mano destra si infilò sotto la mia maglietta e mi afferrò sempre la tetta sinistra, stavolta direttamente dal reggiseno.
La mia mano sinistra si insinuò sotto la maglia della tuta di Elena e afferrò la sua tetta destra.
Elena non indossava il reggiseno.
Il suo capezzolo, fiero e sfacciato, pungeva, duro come il marmo, contro il palmo della mia mano.
Ci toccavamo le tette a vicenda mentre le nostre lingue esploravano le bocche.
La saliva si mescolava.
Elena aveva un ottimo sapore.
Queste cose avrei dovuto farle con Elena trent’anni prima, quando eravamo adolescenti.
Ed invece le stavamo facendo a 45 anni, con la maturità della donna fatta, con l’esperienza dell’età e, soprattutto, con la voglia di farlo.
Succhiavo la sua lingua. Mi infilavo prepotentemente con la mia nella sua bocca. Accoglievo la sua più in profondità che potevo.
Le mani mulinavano sui nostri seni.
Elena riuscì a slacciarmi il reggiseno.
Poté così avvolgere la mia tetta con tutta la sua mano, senza nessun tessuto ad ostacolarne la presa.
Sentivo i capezzoli farmi male.
Elena dovette percepirlo. Afferrò quello della tetta che stava sotto la sua mano ed iniziò a strizzarlo.
Un grido partì dalla mia bocca.
Elena dovette capire che non fu di dolore. Perché continuò a strizzare il capezzolo.
Ciascuna di noi due aveva una tetta dell’altra nella propria mano.
Elena mollò improvvisamente la mia. E si sfilò rapidamente la maglia della tutta.
Le sue tette apparvero finalmente alla mia vista, sode e sfacciate come sempre.
Afferrò la mia t-shirt e me la sfilò. Il reggiseno, già slacciato, venne via insieme alla maglietta.
Eravamo tutte e due a tette scoperte.
Ci guardavamo negli occhi, respirando rumorosamente.
“Oddio, Elena, che cosa stiamo facendo?”, le chiesi.
Per risposta, mi rimise la lingua in bocca.
Quella presenza nella mia bocca iniziava a piacermi più del lecito.
Baciare una donna, baciare Elena, mi dava sensazioni nuove, violente e libidinose.
Il mio corpo era tutto un tremore.
Vibravo come uno strumento a corde sotto le sapienti mani di Elena.
La mia eccitazione era quasi dolorosa.
La mia patatina era un lago. Sentivo le mutandine inzuppate.
Elena dovette leggere ancora una volta nei miei pensieri.
La sua mano si andò a posizionare proprio lì, sulla mia intimità.
“Vale, sei bollente”, mi sussurrò all’orecchio.
Iniziò a leccarmi l’orecchio, a mordicchiarmi il lobo.
La sua mano stava combattendo con il bottone dei miei pantaloni. La sua lingua esplorava la mia bocca.
Io ero su un altro pianeta. Inarcavo al schiena, cercavo di agevolare Elena come potevo.
Slacciò il bottone ed abbassò la zip.
Io ripresi a toccarle le tette. Iniziai a stringerle i capezzoli, come lei aveva fatto con me.
Aveva i capezzoli durissimi. L’areola era scurissima, il capezzolo quasi violaceo.
Le ghiandole areolari erano in rilievo, chiaro segnale di evidente eccitazione.
Elena combatteva con i miei pantaloni. Cercava di sfilarmeli.
Io ero sicura che sotto i pantaloni della tuta la mia amica non indossasse niente.
Le nostre tette si toccarono, capezzolo contro capezzolo.
Gocce di sudore imperlavano i nostri corpi.
“Oddio, Elena, basta, ti prego”, le dissi, quasi rantolando.
Lei non mi ascoltò. O fece finta di non ascoltarmi. E cercava insistentemente di sfilarmi i pantaloni.
Riuscì comunque ad infilare una mano dentro gli slip.
La sentì farsi strada tra la mia peluria, percepii il suo dito sul mio clitoride.
Stavo impazzendo.
Un fuoco violento stava risalendo da qualche parte dentro di me.
“Basta!”, le dissi, quasi gridando.
Mi allontanai da lei, retrocedendo sul divano.
Elena mi fissava con occhi supplicanti.
Residui delle nostre salive le inumidivano le labbra.
Le sue tette mi imploravano di essere toccate, succhiate, palpeggiate.
“No, Elena, non possiamo”, le dissi, giustificandomi.
Mi ricomposi. Tirai su la zip dei pantaloni e allacciai il bottone.
Recuperai il reggiseno e me lo rimisi.
Presi la maglietta e me la infilai.
Elena non la smetteva di guardarmi, in silenzio. I suoi occhi erano lucidi. Una lacrima uscì da uno dei suoi meravigliosi occhi verdi. Se la asciugò con il dorso della mano.
Mi alzai.
Recuperai le mie cose e camminai all’indietro, fino alla porta di casa.
Senza dirle altro, uscii di corsa e sbattei la porta.
Mi poggiai con le spalle allo stesso muro della volta precedente.
Il sapore di Elena, nella mia bocca, mi riportava a quanto successo pochi istanti prima oltre quella porta.
Non sono lesbica. Eppure stavo per fare l’amore con Elena.
Scesi rapidamente le scale e mi infilai in macchina.
Un quarto d’ora dopo ero a casa.

“Se è quello che desideri…”, dissi.
“Ti dispiace?”.
“No, cioè si, anzi…insomma no, non mi dispiace. Mi hai solo spiazzato. Non me l’aspettavo”.
“Oh Ste, ho cercato di farti capire in tutti i modi che ero disposta ad interrompere tutto. Ma tu hai insistito, mi hai messa con le spalle al muro. Ed allora voglio fare a modo mio. Me ne hai data la possibilità. Hai deciso che fossi io a scegliere. Ed io ho scelto”.
“Ok”.
“Allora, vuoi vedere quei due profili?”, mi chiese infine.
Certo che volevo vederli, ovvio.
Valeria non attese la mia risposta. Afferrò il suo smartphone ed entro nella chat intrattenuta con l’uomo che si faceva chiamare Vortex.
“Vortex? Che cavolo di nome è?”, chiesi, quando mi passò lo smartphone.
In realtà conoscevo bene il significato di quella parola.
Mi ricordava un luogo particolare, un momento bellissimo della mia vita. Il mio viaggio di nozze.
“Dai, sai benissimo cosa significa”, mi disse, infatti, mia moglie.
Vortex, il vortice energetico in grado di migliorare il nostro lato interiore.
Valeria mi ha confidato che, prima ancora di visionare la foto del profilo di Vortex, era stata attratta proprio dal suo nickname.
Mi ha poi detto che Gianni (Vortex) le aveva detto che, con sua moglie, avevano fatto il viaggio di nozze “on the road”, nel sud-ovest degli Stati Uniti. E che, mentre erano a Sedona, in Arizona, aveva chiaramente percepito uno di quei vortici energetici, per i quali Sedona è nota nel mondo, entrargli dentro. Questo vortice spinse Gianni, a detta sua, a rivedere alcune sue certezze ed alcuni suoi principi, che, solo qualche giorno prima, lo avevano portato a sposarsi.
Questa nuova spinta interiore, tanto misteriosa quanto dirompente, spinse Gianni, una volta tornato in Italia, a lasciare la sua terra d’origine (e la sua famiglia) e cercarsi un lavoro al nord, con la motivazione ufficiale di guadagnare di più, ma con la reale prospettiva di potersi dedicare ad una vita libertina e lussuriosa.
E così fece. Tre mesi dopo essersi sposato, partì in cerca di fortuna, lasciando la moglie in Sicilia. Dove tornava di tanto in tanto.
Tutto ciò aveva affascinato Valeria. Anche perché noi stessi avevamo fatto lo stesso viaggio. Ed anche noi eravamo passati da Sedona. Dove, forse allora inconsapevolmente, quegli stessi vortici che avevano colpito Gianni erano entrati anche dentro di noi. E solo anni dopo erano riemersi, impossessandosi di me e di Valeria.
E poi Gianni aveva un cazzo enorme.
Me ne resi conto quando entrai nel suo profilo.
La sua foto di presentazione era, come nella stragrande maggioranza dei profili degli uomini iscritti al sito, un cazzo in piena erezione.
E se ne percepivano chiaramente le dimensioni poiché Gianni, nella foto, se lo teneva con due mani, non sovrapposte.
La mia mente partì subito per la tangente. E mi immaginai quell’asta nelle cavità di mia moglie. In tutte.
E provai una punta di fastidio al cuore. Ma anche un principio di eccitazione.
Valeria, fra i tanti, lo aveva scelto. E dovevo rispettare la sua decisione.
“Bello, vero?”, mi disse mia moglie.
“Cosa?”, dissi stupidamente io.
“Come cosa, il cazzo, no?”.
Non c’è niente da fare. Noi uomini siamo essere semplici. Anziché pensare a cosa rispondere a quella impertinente domanda, iniziai a fare paragoni. E ne uscii sconfitto.
Vortex, Gianni o come diavolo si chiamasse quel tizio mi surclassava sia in lunghezza, sia in larghezza.
Ammesso che fosse veramente il suo (e, intimamente, nutrivo qualche speranza sul fatto che non lo fosse), avrebbe fatto scempio dell’intimità di mia moglie.
L’avrebbe aperta come mai prima.
Solo io, finora, ero entrato dentro Valeria, dilatando i suoi due canali.
Ed ora si presentava questo Gianni che voleva sostituirsi a me e profanare i buchi di Valeria.
Tuttavia il mio cazzo si stava indurendo a quei pensieri.
“Si, bello”, le risposi, senza parlarle di quello che mi passava per la testa.
“E l’altro?”, le domandai poi.
“Dammi, te lo faccio vedere”.
Le passai lo smartphone.
Me lo ridiede subito dopo. Sul display c’era la pagina personale di un utente che si faceva chiamare Tony22.
Ingenuamente andai a pensare che a mia moglie piacessero i ragazzi giovani.
Ma solo quando i miei occhi videro la sua immagine del profilo, capii che quel 22, molto probabilmente, non era riferito all’età.
Anche in questo caso la mia mente andò subito ad immaginarsi le condizioni delle parti intime di Valeria dopo un ipotetico incontro con quel Tony.
Orifizi aperti, slabbrati e arrossati è tutto quello che mi passò per la testa.
“Bello anche questo, eh?”, disse Valeria, un po’ troppo entusiasta.
“Ha 30 anni, è di Milano, è single, gestisce un bar a Milano e mi vuole assolutamente incontrare”, continuò lei.
“Ho capito”, dissi io, rassegnato. “E tu, per chi hai deciso?”, le chiesi.
“Non lo so ancora. Ma sarei orientata più per Tony”, mi disse serenamente.
Aprii la chat privata tra Valeria e Tony.
I due si erano scambiati un’infinità di messaggi, l’ultimo dei quali la sera del giorno prima. In quell’ultimo messaggio Tony chiedeva a mia moglie cosa avesse deciso con riferimento alla sua proposta. La sua proposta, contenuta in un precedente messaggio sempre del giorno prima, era quella di incontrare mia moglie la settimana successiva. Tony suggeriva un aperitivo nel suo bar, alla luce del sole. Lo scopo era quello di conoscersi, di approfondire alcuni argomenti. Per poi decidere se e come sviluppare quel rapporto.
Valeria non aveva ancora risposto.
“Rispondigli”, le dissi.
“E cosa gli rispondo?”, mi disse.
“Quello che desideri realmente”.

Pensavo e ripensavo a quanto era appena successo. E, soprattutto, a quanto non era successo.
Mentre guidavo verso casa, rischiai di andare a sbattere un paio di volte.
Attraversai un incrocio con il semaforo rosso. Gli accidenti degli altri automobilisti li percepii distintamente.
E per poco non investii una vecchietta che stava attraversando la strada sulle strisce.
Avevo i pensieri in totale confusione.
Mezz’ora prima ero ad un passo dal fare sesso con la mia migliore amica.
L’espressione sul viso di Elena quando sono scappata da lei mi tormentava.
Perché ero scappata?
“Ho fatto una cazzata. Ora torno indietro”, pensai ad alta voce.
Ed invece mi ritrovai improvvisamente sotto casa.
Parcheggiai la macchina e salii.
Mi infilai subito in doccia per lavare dal mio corpo tutti i sensi di colpa.
Mi strofinai con forza con la spugna, fino ad arrossare tutta la pelle.
Ma non riuscii a placare quel fuoco che mi ardeva dentro.
Le mura amiche della mia camera da letto mi protessero dai pensieri impuri che bombardavano il mio cervello.
Presi lo smartphone ed inviai un messaggio a Elena.
“Scusami”, c’era semplicemente scritto.
“Scusami tu”, mi rispose la mia amica dopo un minuto.
Le inviai una decina di emoticon, tutte faccine che lanciavano baci.
Mi rispose allo stesso modo.
Molto meglio il bacio che ci siamo date veramente, pensai. E non me ne vergognai.
Stefano, durante la cena, mi chiese più volte se fosse successo qualcosa.
Ero visibilmente nervosa, assente, infastidita.
Me ne andai a dormire subito.
Non prima di aver fatto il mio primo accesso al profilo di Valehot.
Almeno una ventina di uomini si dichiaravano pronti a tutto per me.

Una rapida colazione insieme ai nostri figli e via.
Shopping.
In altre circostanze, la sola idea di trascorrere la giornata in giro per negozi con Valeria mi avrebbe fatto nascere un robusto mal di testa.
Ma quel giorno si trattava di andare a comprare qualcosa che esaltasse la femminilità di mia moglie, che la rendesse ancora più appetibile, che ne facesse una preda ambita.
Prendemmo la macchina e ci recammo in un centro commerciale.
Accompagnai Valeria per tutta la mattinata, come un fedele cagnolino.
Mangiammo un panino veloce e tornammo a fare acquisti, recandoci in un altro centro commerciale.
Alla fine della giornata spesi una fortuna.
Ma Valeria tornò a casa con tre paia di scarpe, cinque paia di completini intimi molto sexy, svariate confezioni di autoreggenti, sia a rete, sia velate, reggicalze e qualche vestitino particolarmente corto e sensuale.
Tornammo a casa a fine pomeriggio.
Lei era euforica.
La sua euforia mi stava contagiando.
Ciò che avevo sempre desiderato era lì, a portata di mano.
Avevo finalmente trovato la compagna ideale per realizzare le mie fantasie, anche quelle più trasgressive.
Ed il fatto che questa compagna fosse anche mia moglie, iniziava a piacermi. Molto.
Lei era impaziente. Di dirmi qualcosa.
Voleva iniziare questa nuova vita.
“Ho deciso”, mi disse finalmente.
Brividi di freddo, nel mio cuore e sulla mia schiena.
“Accetterò l’invito di Tony”, continuò.
Prese lo smartphone, anticipando ogni mia eventuale osservazione o domanda ed entrò nel suo profilo.
Entrò nella chat con Tony22 e scrisse qualcosa.
La vidi premere invio.
Un minuto dopo arrivò la risposta di Tony. Un pollice all’insù, due labbra che stampavano un bacio e qualcosa di scritto.
“Cosa ti dice?”, le domandai.
“Di andare nel suo bar venerdì sera, verso le 19. Si trova non lontano da Porta Ticinese”.
“Ci andrai?”.
“Si. E tu mi accompagnerai”.
“Ok”.
Domenica, lunedì, martedì e mercoledì trascorsero senza parlare più dell’incontro tra Valeria e Tony.
Mi ero quasi convinto che Valeria ci avesse ripensato. Che le fosse passata l’onda emotiva che l’aveva spinta ad accettare la proposta di un perfetto sconosciuto.
Ma il giovedì Valeria tornò sull’argomento.
“Stefano, siamo ancora in tempo. Sono preoccupata ed anche impaurita da questa cosa. Ma se so che lo vuoi anche tu, allora sono più tranquilla. Tony mi sembra una bella persona. Spero di non sbagliarmi. Ma dobbiamo esserne convinti tutti e due”, mi disse.
Sarai anche impaurita, ma secondo me non vedi l’ora di farti scopare da Tony. Lo pensai, ma non glielo dissi.
“Domani sera sarai bellissima. Lo farai impazzire, lo so. Gli basterà vederti per capire quanto è stato fortunato. Ed io sarò lì con te, anche se non potrò tenerti la mano. Vai e fagli vedere chi sei”, le dissi invece io.
Mi baciò.
Il giorno dopo Valeria non andò al lavoro.
A pranzo mi confidò che non aveva dormito molto, che era nervosa e che voleva sentirmi vicino.
L’abbracciai e la coccolai.
Subito dopo pranzo lei uscì.
Andò da Barbara, la sua amica che gestisce un centro estetico. Tornò che erano le 17.
Mancavano due ore all’appuntamento con Tony.
Da casa nostra al bar di Tony ci voleva un’oretta di macchina, o poco meno.
Valeria andò in camera da letto.
Io ero sul divano di casa. Forse più nervoso di lei. La sentivo indaffarata. Si spostava in continuazione tra la camera da letto ed il bagno.
Ad un certo punto sentii l’inconfondibile rumore dei tacchi a spillo.
Mi voltai verso la porta e vidi apparire Valeria.
“Come sto?”, mi chiese.
Il mio cuore perse un battito. Forse più di uno. Gocce di sudore freddo iniziarono a bagnarmi la fronte. I miei occhi stentavano a credere a ciò che stavano vedendo.
“Non vorrai mica uscire così?”, le domandai.
“Ma no, certo. Devo ancora mettere il vestito, ovvio. Ma volevo farmi vedere prima da te. Allora, come sto?”.
“Sei uno schianto!”, le dissi, maledicendola di non essersi mai agghindata per me in quel modo. Finora.
Valeria si era truccata. Nulla di particolarmente vistoso o volgare. I suoi occhi scuri erano luminosi, contornati di nero. L’ombretto, scuro anch’esso, esaltava il bianco della sclera. Il suo iride sembrava alimentato da una luce interna. Le ciglia erano inspiegabilmente lunghe. Il lavoro certosino di Barbara si vedeva benissimo, soprattutto sulle sopracciglia, perfette.
Le guance avevano il giusto colorito roseo.
Le labbra, di un rosso lucido, esaltavano il bianco dei denti.
Il tutto avvolto nel color corvino dei suoi capelli.
Scendendo verso il basso notai che Valeria indossava una semplice, ma elegante, collana di perle.
La lingerie? Da togliere il respiro.
Un reggiseno nero le strizzava il seno, esaltandone le forme e proiettandolo verso l’alto. Non che ne avesse bisogno. Ma in quel modo i suoi seni apparivano molto più prorompenti di quanto lo fossero veramente. Quasi si toccavano da quanto erano compressi. Insomma, un decolleté da urlo.
Il ventre piatto. Qualche bracciale ai polsi.
Il perizoma, coordinato con il reggiseno. Nero, un po’ troppo striminzito rispetto a quello a cui mi aveva abituato.
Da lì in giù iniziavano le lunghissime gambe di mia moglie. Meravigliosamente fasciate in un paio di autoreggenti nere e velate, molto trasparenti, con un bordo in pizzo molto elegante e molto eccitante.
Ai piedi un paio di decolleté nere e lucide, con tacco altissimo.
Unghie delle mani smaltate di rosso, altro lavoro di Barbara.
Valeria fece due cose che mi stupirono.
La prima.
Fece un giro su se stessa, facendomi vedere il suo culo.
Quello che davanti classificai come “un po’ troppo striminzito”, dietro lo definii “quasi inesistente”.
Una strisciolina di tessuto le spariva in mezzo al sedere per riemergere sopra le chiappe e formare un piccolo triangolino di tessuto nero.
La seconda.
Mi si avvicinò e si abbassò il perizoma.
La sua patatina era completamente depilata.
Alzai gli occhi e la guardai. Poi tornai a guardare la sua figa.
“Barbara mi ha detto che ormai ce l’hanno tutte così”, disse, per rispondere alle mie domande silenziose.
Si ricoprì.
“Allora, vado bene così?”, mi domandò ancora.
Non risposi.
Se avessi risposto, le avrei detto cose di cui poi, molto probabilmente, mi sarei pentito. Ed allora preferii non dirle niente.
Ma una cosa gliela dissi.
“E quindi pensi di fare sesso con lui già stasera?”, le domandai.
“Non lo so, Ste. Però, se dovesse capitare, voglio essere pronta”, mi rispose, guardandomi dritto negli occhi.
Hai capito la mogliettina…
“Vai a vestirti, allora, che è tardi”, le dissi.
La vidi sparire verso la camera da letto. La vista di mia moglie da dietro me lo fece indurire ancora di più.
Tornò con un mini abito nero, a maniche corte, scollato, che lasciava in bella mostra le sue splendide tette strizzate e copriva a malapena il bordo in pizzo delle autoreggenti.
Prese uno spolverino, l’accessorio decisamente meno sexy della sua mise, e mi disse “Sono pronta”.
Uscimmo di casa e salimmo in macchina.
I nostri figli erano fuori con gli amici. Era un venerdì sera. Gli avevamo detto che, forse, avremmo fatto tardi.
In macchina parlammo poco. Eravamo nervosi, ciascuno perso dentro i propri pensieri.
All’improvviso, mentre guidavo, le afferrai la mano sinistra e me la misi sul cazzo, duro e gonfio come non mai.
“Sei un porco”, mi disse lei, sorridendo.
Fece altrettanto.
Prese la mia mano destra, se la infilò in mezzo alle gambe e se la poggiò sulla patata.
Era bagnata.
“Anche tu”, le dissi di rimando.
Dentro quella macchina, nonostante tutto, nonostante quello che ci passava per la testa e nonostante quello che stavamo per fare, nonostante i nostri mille dubbi e le nostre paure, si respirava eccitazione. Da parte di entrambi.
Arrivammo fuori dal bar di Tony alle sette meno dieci.

Da quella sera iniziai a consultare lo smartphone con maggiore regolarità.
Il mio profilo era molto gettonato.
Soprattutto da parte di uomini.
Valehot riscuoteva successo. E ne ero orgogliosa e fiera.
Inizialmente mi limitavo a leggere quello che mi scrivevano.
Poi presi coraggio e fiducia ed iniziai a rispondere.
Addirittura fui io a contattare alcuni utenti che mi intrigavano.
Insomma, Valehot era in pista e stava ballando.
Qualche giorno dopo, su suggerimento di un uomo (tal Flavioattivo), iniziai a consultare alcuni siti porno.
All’inizio mi vergognavo.
Poi ci presi gusto ed iniziai a divertirmi.
Appena ero sola in casa, mi collegavo e mi masturbavo.
Ed ogni volta cancellavo le tracce dei siti visitati.
Tranne una volta. Per pura dimenticanza.

“Allora, sei pronta?”, mi chiese Stefano.
“No che non lo sono”, risposi io.
“E quindi?”, mi domandò, un po’ speranzoso e un po’ deluso, mio marito.
“E quindi niente. Ora scendo e vado”, dissi.
Contai fino a dieci. Feci un respiro profondo. Aprii lo sportello ed uscii dalla macchina.
Abbassai il vestito che, da seduta, si era alzato, scoprendo anche il culo.
Indossai lo spolverino per coprirmi.
Feci il giro della macchina.
Stefano abbassò il finestrino.
“Sei bellissima”, mi disse.
“Spero di piacere anche a lui”, gli dissi.
Mi piegai e gli diedi un bacio, casto, stando attenta non rovinarmi il rossetto.
“Aspettami qui. Non te ne andare. Ti faccio sapere io qualcosa”, gli dissi ancora.
“Ok”.
“Mi tremano le gambe”.
“Dai, vai e sii la donna che realmente sei”, mi disse.
“Ok, vado”.
Mi allontanai da Stefano.
Lo immaginavo guardarmi di spalle mentre mi allontanavo da lui diretta verso l’ignoto.
Sentivo i miei umori colarmi in mezzo alle gambe.
Attraversai la strada con passo incerto sui quei tacchi vertiginosi.
Lo spolverino che avevo indossato e che mi arrivava all’altezza delle ginocchia restituiva, a chi mi avesse guardato, l’immagine di una donna elegante. Ma nulla di più.
Se invece avessero potuto guardare sotto lo spolverino, tra le mie gambe o dentro di me, avrebbero visto tutt’altro.
Nel locale c’erano sei clienti. Tutti giovani, sotto i trent’anni. Quattro ragazzi e due ragazze.
Si voltarono tutti dalla mia parte. Silenzio totale.
Dalla parte opposta mi stava venendo incontro un uomo, anche lui sulla trentina.
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