trans
L'ultima fantasia
di Marta-trav
31.03.2020 |
9.240 |
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"“Grazie, ma anche voi siete stati bravissimi” ho concluso io..."
“Dai, scendi” mi disse.“Ascolta, ci ho ripensato, non me la sento più” dissi io.
“Come non te la senti più! Cosa vuol dire?” continuò lui, alzando un po’ troppo la voce.
“Vuol dire che non sono più così sicura di volerlo fare. Credo che sia una cazzata” risposi io.
“Me se me lo stai chiedendo da tantissimo tempo! Ormai siamo qui e lo fai. Dai, scendi” concluse lui, con voce ferma e autoritaria.
Lui è Francesco. Lo conosco da un paio di anni ed, in questo periodo, l’avrò incontrato una decina di volte in tutto, non di più. Sempre e solo a casa sua. Sempre di sera. Solo per fare sesso.
Tuttavia ci siamo scambiati fiumi di parole. Un’infinità di messaggi di posta elettronica nei quali, ciascuno di noi, raccontava all’altro le proprie fantasie, le trasgressioni da mettere in pratica e la voglia di oltrepassare i propri limiti. Almeno quelli che la decenza comune qualifica come tali.
Io, invece, sono Marta. Biologicamente uomo, ma intimamente donna, nell’animo, nell’abbigliamento e nel modo di vivere il sesso.
Quelle come me vengono definite, per comodità, trav. O sorelline, se preferite.
Ho una vita normalissima, con moglie e figli da accudire. Svolgo una professione che mi permette di essere una persona molto conosciuta nell’ambiente in cui vivo e lavoro e, credo, anche molto apprezzata.
Però, ogni tanto, mi piace indossare autoreggenti e tacchi a spillo, un mini abito, mettere lo smalto sulle unghie, truccarmi, indossare una parrucca e concedermi ad un uomo. Meglio se due. Meglio ancora se tre o più.
In questi momenti mi trasformo nella peggiore delle troie. Perdo ogni inibizione.
Ogni volta mi chiedo cosa succederebbe se si venisse a sapere che quello stimato professionista che di giorno lavora sodo, aiuta le persone, sprona i collaboratori ed è, indubbiamente, un bravo marito ed un buon padre, di notte, ogni tanto, si trasforma nella peggiore delle puttane e si fa sbattere da tutti gli uomini che riesce a trovare. Speriamo che non accada mai.
Frequento assiduamente un sito di incontri. Ho un profilo inserito nella categoria trans/trav. Non condivido la scelta degli amministratori del sito di accomunare, in un’unica categoria, questi due mondi e questi due modi di essere e di vivere la propria sessualità molto distanti, a mio modo di vedere, tra di loro.
Ma tant’è.
Ho deciso di creare un mio profilo su quel sito soltanto alcuni anni dopo che ho iniziato a frequentare uomini a scopo sessuale.
Tuttavia ho sempre sfruttato la rete per conoscere partner occasionali e per organizzare incontri.
Lo facevo su altri siti dove, tra le altre cose, si vendevano macchine usate, televisori e animali domestici e, lì in fondo, nella sezione “relazioni personali”, era possibile trovare anche la sottosezione “uomo cerca uomo”.
Navigando in rete ho poi trovato siti più interessanti ed espliciti. Fino ad arrivare a quello, l’unico peraltro, che frequento oggi e che mi ha permesso, tra gli altri, di conoscere anche Francesco.
Mi ha agganciata lui. Mi ha inviato un messaggio dicendomi che gli sarebbe piaciuto molto conoscermi e scoparmi. Poche parole, chiare e senza fronzoli.
Per mia abitudine rispondo a tutti. L’ho fatto anche con Francesco, evidentemente.
E’ quindi iniziata una chiacchierata virtuale, assolutamente utile, a mio avviso, per conoscersi un po’.
Anche se, a onor del vero, non sono state le parole di Francesco ad intrigarmi. Intendiamoci, scriveva bene. Ma, credetemi, le foto sul suo profilo valevano molto di più di un vassoio di congiuntivi sbagliati.
Dubito sempre della bontà delle foto che ritraggono solo alcuni dettagli del corpo di un uomo. Troppo facile trovarne in rete.
Francesco, ad esempio, era uno di questi. Cinque o sei foto sul profilo, tutte con un unico soggetto, un cazzo con proporzioni perfette e dimensioni di rilievo assoluto. Una scultura in marmo in stile rinascimentale. Un’opera d’arte degna di essere esposta al Louvre.
Gli ho detto che, se fosse stato vero, mi sarei trovata di fronte, in caso di un futuro incontro, al cazzo più bello del mondo, almeno del mio mondo. E che, comunque, non mi fidavo della genuinità delle foto.
Un quarto d’ora e mi sono ritrovata, sulla mia casella di posta elettronica, quella che ho abbinato al mio profilo sul sito di incontri, le stesse cinque o sei foto che erano sul profilo personale di Francesco. Ma, stavolta, a corpo intero e con il viso perfettamente visibile. E che corpo! Possente ma non grasso. Non mi piacciono gli uomini magrolini…
Ho ringraziato Francesco della fiducia. E gli ho detto chiaramente che, per me, compatibilmente con gli impegni di entrambi, si poteva organizzare un incontro.
Il martedì sera della settimana successiva ero a casa sua.
Gli accordi erano i soliti, quelli che, bene o male, sfruttiamo tutte noi quando siamo ospitate a casa dell’uomo di turno.
Sono arrivata sotto casa sua, gli ho inviato un messaggio per avvisarlo, mi ha aperto il portone, ho raggiunto la porta del suo appartamento seguendo attentamente le indicazioni che mi aveva fornito e, come d’accordo, l’ho trovata socchiusa.
Sono entrata e ho trovato tutto in penombra, tranne il bagno, che invece aveva la luce accesa.
Mi sono infilata lì ed ho iniziato la mia trasformazione.
Venti minuti dopo sono uscita dal bagno e, in abbigliamento decisamente da troia e camminando su un eccitantissimo tacco 15, ho raggiunto la vicina camera da letto dove Francesco mi stava aspettando sul letto, completamente nudo, come concordato.
Era la prima volta che lo vedevo dal vivo. Era proprio l’uomo che avevo già visto nelle foto che mi aveva inviato. Ed anche il suo cazzo, seppur ancora a riposo, era quello lì, con enormi promesse di appagamento sessuale.
Non l’ho salutato neppure. Ho poggiato la borsetta, dove conservo solo qualche preservativo (non si sa mai), sul comò lì sulla sinistra e mi sono lanciata su di lui.
Mi stava aspettando sdraiato sul letto, in posizione supina, toccandosi il cazzo con la mano destra.
Ho sostituito la sua mano con la mia.
Ho intuito immediatamente che ero di fronte al cazzo più grosso che avessi visto fino a quel momento.
Ho iniziato a masturbarlo dolcemente, guardando Francesco dritto negli occhi, senza avergli ancora detto una sola parola.
Con una mano lo masturbavo e con l’altra gli massaggiavo i testicoli. Enormi anche loro. Perfettamente proporzionati al cazzo che, grazie alle mie carezze, stava diventando sempre più grande e sempre più duro.
Francesco mi fissava negli occhi, senza parlare, ma con grandi aspettative.
Io, ripromettendomi di provare ad essere all’altezza delle sue aspettative, mi sono impegnata molto per aumentare la sua eccitazione, all’inizio solo utilizzando le mani.
Ma non ho resistito molto.
E, quando ho ritenuto che il cazzo di Francesco avesse raggiunto la sufficiente rigidità, mi sono avvicinata con la bocca.
Uno, due, tre casti baci sulla punta. E poi me lo sono infilato repentinamente in bocca.
Ho iniziato il mio primo pompino a Francesco, peraltro la mia specialità.
“Brava, così” sono state le prime parole tra noi.
La circonferenza di quel pezzo di carne, peraltro in continuo aumento sotto i sapienti movimenti della mia lingua, mi riempiva tutta la bocca, sigillandola.
Riuscivo a respirare solo dal naso.
Alternavo il classico movimento verticale, su e giù, del pompino a momenti di pausa nei quali cercavo di spingere quel cazzo il più possibile in profondità nella mia gola.
Me le dimensioni di quell’arnese mi procuravano conati di vomito e, di tanto in tanto, dovevo allontanarlo e riprendere fiato.
La mano destra, nel frattempo, lo masturbava, su e giù. La sinistra era incollata ai testicoli.
Due palline da golf. Enormi e contenute in uno scroto perfettamente depilato. Mai visti, fino a quel momento, testicoli più grandi di quelli. E se tanto mi dà tanto, mi domandavo, cosa sarebbe successo quando sarebbe venuto? Tra poco, evidentemente, lo avrei scoperto.
Lui gemeva ed io succhiavo. Non c’era spazio per i dialoghi.
La mia mancanza di freni, in momenti come quello, mi ha portato a spostare la mano sinistra dai testicoli al culo di Francesco.
Non sempre agli uomini piace essere toccati lì. Tantomeno gli piace essere violati in quel punto.
“Leccamelo” mi ha invece detto Francesco. “Bagnalo bene, sputaci sopra e poi infilaci un dito dentro. Se fai piano anche due” ha continuato.
Ovviamente ho raccolto l’invito.
Mi sono sfilata quel meraviglioso cazzo, ormai completamente in tiro, dalla bocca e, dopo aver fatto distendere il mio uomo a pancia sotto, ho iniziato ad allargargli le chiappe ed a leccargli il buco del culo.
Mi è sempre piaciuto leccare il culo ad una donna. Ho scoperto che, invece, mi piace ancora di più farlo ad un uomo.
Francesco, si percepiva chiaramente, gradiva il mio trattamento di lingua.
Leccavo e cercavo di infilare la lingua dentro quel buco, perfettamente depilato e profumato.
Francesco era impeccabilmente pulito.
Dieci punti suo favore. Dovrebbe essere scontato, ma non sempre è così, purtroppo.
La lingua, per quanto la irrigidissi, non entrava più di tanto.
Ed allora ho fatto come mi aveva chiesto. Ho sputato sul suo buco e, dolcemente, gli ho infilato il dito medio dentro.
“Ahhh…si…così…fai piano, però…dai…” diceva lui.
Ho cercato di essere dolce e decisa allo stesso tempo. Scopavo Francesco con un dito ed, intanto, mi masturbavo.
Gli ho chiesto di mettersi in ginocchio. Ho mollato il mio ed ho preso il suo. Lo scopavo con il dito di una mano e lo masturbavo con l’altra.
Gli piaceva, si vedeva chiaramente.
“Infila il secondo dito, ma fai piano…”.
L’ho accontentato. Ho aggiunto l’indice. E, una volta dentro, ho girato le dita, dilatandogli il buco. “Ahhh…che bello…mi piace troppo…brava” mi incitava.
Il gioco è proseguito ancora per qualche minuto.
“Basta, ora voglio scoparti, togliti il perizoma e mettiti alla pecorina” mi ha ordinato.
Docile e ubbidiente, ho fatto quello che mi aveva detto.
Lo vedevo rovistare in un cassetto. L’ho visto infilarsi un preservativo. Notavo come, mentre faceva tutto ciò, fissava il mio culo, oscenamente aperto e a sua completa disposizione. Pronto ad essere profanato.
L’ho visto afferrare un tubetto di lubrificante. L’ho sentito quando me ne ha versato un bel po’ sul mio buchino, infilando anche un dito dentro. Ho visto mentre, con la mano ancora sporca di lubrificante, ne spalmava anche sul suo cazzone avvolto nel preservativo.
L’ho visto mentre si avvicinava a me, mentre poggiava il suo arnese sul mio buchino.
E, senza tanti riguardi, me lo ha infilato subito dentro, con forza.
E’ entrato facilmente. E’ scivolato senza alcuna resistenza. E’ stato inghiottito dal mio intestino ed è affondato dentro di me.
Non mi ha chiesto niente, se mi facesse male o se mi piacesse.
Non gliene fregava niente. Ha iniziato a spingere con colpi di reni sempre più forti.
I suoi testicoli sbattevano contro i miei ad ogni affondo.
Le sue mani, enormi anche quelle, mi afferravano per i fianchi e, ad ogni spinta, mi tirava versò di sé.
Credevo di sentirlo uscire dalla gola da un momento all’altro.
“Vengo…vengo…”.
“Dai, sfondami”. Sono state queste le mie prime parole, quella sera. “Spingi forte, aprimi!” le seconde.
L’ha fatto ancora per qualche istante. Poi è esploso. Con un grido soffocato per non farsi sentire da tutto il condominio.
E’ rimasto dentro di me ancora per un po’, giusto il tempo di recuperare la normale respirazione.
Sentivo il suo cazzone perdere consistenza, fino a uscire dal mio buchino.
“Scusami, avrei voluto durare di più. Ma sei troppo troia e non ce l’ho fatta”.
Gli ho sorriso, con la certezza che avremmo avuto altre occasioni per recuperare.
“Vado a cambiarmi” le terze ed ultime mie parole di quella sera.
Sono entrata in bagno, mi sono masturbata, sono venuta dentro fogli di carta igienica, mi sono svestita e struccata ed ho ripreso le mie sembianze di tutti i giorni.
Sono uscita da casa di Francesco soddisfatta e con il buchino dolorante.
Sono salita in macchina e sono tornata a casa.
Prima di mettermi a dormire ho inviato un messaggio a Francesco “Grazie per la bella serata, a presto”.
Solo una settimana dopo ero nuovamente a casa sua.
Questo è il racconto della mia prima volta con Francesco.
Da quel momento abbiamo iniziato a raccontarci prima e realizzare subito dopo le nostre più bizzarre fantasie a sfondo sessuale.
Il secondo incontro a casa di Francesco è stato un incontro a tre. Gli ho chiesto di invitare un mio caro amico, un uomo che conoscevo ormai da qualche anno e con il quale avevo già fatto sesso tante volte, soprattutto all’aperto, nei campi. Una persona fidata, insomma.
L’ultimo incontro con quest’uomo, peraltro molto dotato anche lui, era stato circa un mese prima.
A lui piacciono le donne poco vestite.
Mi aveva chiesto di aspettarlo, in quel prato dove lo avevo già incontrato più volte e dove avevo già incontrato molti altri uomini, indossando solo i tacchi a spillo e nient’altro.
A me, però, piace esprimere femminilità. E quindi, oltre agli immancabili tacchi a spillo, quella sera ho indossato anche le autoreggenti e una mini canottiera a rete che potesse trattenere il reggiseno con le mie bellissime tette finte.
L’accordo era che lo aspettassi già a novanta gradi, poggiata al cofano della mia macchina.
Quando ero pronta gli ho telefonato per avvisarlo.
Lui, che evidentemente era già nei paraggi, è arrivato dopo meno di cinque minuti.
E’ sceso dalla macchina senza pantaloni e senza mutande e con il cazzo già duro.
Mi si è avvicinato, mi ha allargato le chiappe, mi ha sputato sul buchino e me lo ha infilato dentro quasi con violenza.
Il tutto senza neppure salutarci o dirci qualcosa.
Ma questa è un’altra storia. Magari la racconterò un’altra volta.
Torniamo all’’incontro a tre a casa di Francesco.
Sono arrivata e, come al solito, mi sono infilata in bagno per prepararmi.
Mentre ero in bagno ho sentito Carlo, il mio amico, citofonare.
Francesco gli ha aperto.
Io ero in bagno a trasformarmi nella troia che mi piace essere e che loro volevano che io fossi e lì, a pochi metri da me, oltre la porta del bagno, i due uomini che da lì a poco mi avrebbero sfondata si stavano conoscendo, scambiandosi le prime parole.
Li sentivo parlare, fare conoscenza. Forse erano entrambi in imbarazzo. Forse no, da porci navigati quali sono.
Io lì, ad infilarmi le autoreggenti, a ultimare il trucco, ad allacciarmi il cinturino alla caviglia delle mie scarpe da zoccola e, a pochi passi da me, i miei due uomini a far finta di essere amici piuttosto che due perfetti sconosciuti con in testa una sola cosa, farmi il culo e la bocca e godere.
La cosa mi eccitava un casino…
Li ho sentiti spostarsi in camera da letto.
Li ho immaginati mentre si spogliavano e mi aspettavano sul letto, completamente nudi, come gli avevo chiesto io.
Mi avevano chiesto di vestirmi poco e di non indossare le mutandine.
Sono uscita dal bagno vestita veramente poco. Un mini abito mezzo trasparente che arrivava giusto al sedere, trucco pesante, rossa di capelli, autoreggenti, smalto rosso fuoco sulle dita dei piedi e delle mani, tacchi altissimi e niente mutandine.
Ho percorso i pochi metri tra il bagno e la camera da letto con le farfalle nella pancia. Il solito mix di eccitazione e paura. Quel cocktail di sensazioni difficile da descrivere. Bisogna provarlo per capire.
Mettersi in tiro, curare ogni dettaglio, esprimere femminilità. E fare tutto questo per un uomo. Due, nel mio caso. Quella sera ho cercato di farmi bella per loro. Anzi, l’ho fatto per me. A me piace vedermi femmina. A loro, agli uomini, in genere, interessa solo svuotarsi.
Sono arrivata in camera da letto e li ho trovati nudi, come da accordi.
Loro vedevano in me la preda da sbranare. Io vedevo in loro i lupi dai quali farmi sbranare.
Volevamo tutti la stessa cosa.
Loro scoparmi ed io farmi scopare da loro.
E’ stata una serata meravigliosa, ovviamente.
Francesco, da perfetto padrone di casa, aveva creato un’atmosfera di luci soffuse e di buona musica di sottofondo.
Mi sono fermata nel riquadro della porta, cercando di esaltare la mia prorompente femminilità e, soprattutto, la mia troiaggine.
Non volevo far trasparire che morivo dalla voglia di saltargli addosso.
Fissavo i loro cazzi, ancora mosci.
Sapevo bene che, di lì a poco, soprattutto per merito mio, avrebbero svettato come due spade, duri come il marmo, pronti ad infilzarmi.
Si sono alzati. Francesco mi ha infilato subito una mano in mezzo al sedere. “Brava, non hai messo le mutandine…che troia che sei!” mi ha detto.
Carlo mi ha infilato subito la lingua in bocca.
Mi è sempre piaciuto baciare in bocca il mio partner.
Francesco si è sputato su un dito e me lo ha infilato con forza nel culo. Mi ha colta di sorpresa. Non me l’aspettavo. Mi ha anche fatto un po’ male. Ma non gli ho detto niente, mi piace l’uomo rude.
Hanno iniziato a toccarmi ovunque, a leccarmi ovunque. Sentivo le loro mani dappertutto.
Non so chi dei due mi ha afferrato i testicoli ed ha iniziato a strizzarli, con una discreta forza.
Un dito nel culo, i testicoli stretti nella mano di uno dei due, la lingua di Carlo in gola…la serata stava iniziando proprio bene.
Poi ho preso io in mano il gioco.
Mi sono sfilata dalla loro morsa, li ho spinti sul letto e mi sono buttata nelle loro grinfie.
Francesco si è messo seduto, con la schiena poggiata alla testiera del letto. So che è un po’ feticista.
Mi sono seduta davanti a lui. Gli ho poggiato una scarpa sui testicoli ed ho iniziato a schiacciarli. Il tacco si avvicinava al suo buco del culo. Il mio piede, con le unghie laccate di rosso fuoco, spingeva sempre di più quelle meravigliose palle, enormi.
Carlo, in piedi sul letto, mi ha infilato immediatamente il suo cazzone, ormai durissimo, in bocca.
Mi stavo proprio divertendo.
E, credo, anche loro.
Ho smesso di torturare il meraviglioso cazzone di Francesco. Ho allungato una mano sul comodino, ho preso un preservativo e glielo ho infilato, mi sono spalmata un po’ di lubrificante sul culo e mi sono impalata su quel bastone che, anche lui, aveva raggiunto il massimo del suo splendore.
L’ho sentito entrare, inizialmente con fatica, ma poi farsi strada con forza dentro di me, dilatandomi ed aprendomi come meritavo.
Carlo, da parte sua, è tornato ad infilarmelo nuovamente in bocca.
Stavo godendo, stavano godendo.
Un cazzo enorme, forse il più grande che avessi mai visto, ben piantato nel culo ed un altro, altrettanto grande, infilato in gola. Cosa potevo chiedere di meglio?
Francesco affondava i suoi colpi.
Le sue mani erano sui miei fianchi. Ad ogni spinta verso l’alto del suo bacino corrispondeva una spinta verso il basso del mio. Sentivo quell’enorme bastone risalirmi dentro e farso largo.
L’altro, di bastone, mi stava togliendo il respiro.
“Secondo me ora si toccano nel mio stomaco” pensavo mentre mi scopavano sopra e sotto.
Il gioco è durato ancora un bel po’. Nessuno voleva interrompere quel momento bellissimo, per ciascuno di noi.
“Ora invertiamoci” ha poi detto Carlo.
“Si, però mettiti il preservativo”, gli ho detto.
Ci siamo sistemati in una posizione diversa.
Io alla pecorina. Carlo dietro e dentro di me. Francesco davanti a me, sdraiato e con il suo cazzone nella mia bocca.
Quanto mi sarebbe piaciuto poter rivedere quella scena, ma non c’erano telecamere a riprendere, purtroppo.
Carlo spingeva il suo arnese nelle mie profondità. Francesco godeva del sapiente lavoro della mia bocca e della mia lingua.
La mia parte maschile sballonzolava sotto le possenti spinte dei miei due maschi. Come mi capita sempre in questi casi, la mia eccitazione era a livelli altissimi, anche se la mia parte maschile non lo dimostrava affatto.
Ancora una posizione diversa.
Carlo mi ha fatta sdraiare sul letto, a pancia in su. Mi ha fatta uscire solo con la testa oltre il bordo del letto. Francesco, da parte sua, mi ha alzato le gambe, se le è poggiate sulle spalle e me lo ha infilato dentro. In quella posizione sentivo distintamente mentre mi dilatava l’intestino. Carlo, invece, ha divaricato le sue gambe, ha messo la mia testa in mezzo, si è girato di spalle a Francesco e me lo schiaffato in bocca. In quella posizione lo sentivo distintamente mentre si faceva strada nella mia gola, sempre più giù.
Mi sentivo una troia. Questi sono i momenti che più mi piacciono, quando capisco che il mio corpo ed i miei buchi sono gli strumenti di piacere dell’uomo, o degli uomini in questo caso, che hanno deciso di usarli per il loro godimento. Ed anche per il mio, ovvio.
“Io sto per venire…” la voce di Carlo.
“Anche io…” gli fa eco Francesco.
Ancora due spinte e Carlo si è sfilato dalla mia bocca. Ho sentito il suo sperma inondarmi la faccia. Uno, due, tre schizzi abbondanti e caldi. Lo sentivo colare ovunque. Qualche goccia, come era inevitabile, mi è finita anche sulle labbra. Non sono stata certo lì a farmi tanti problemi e ho leccato quello che riuscivo a leccare.
Francesco mi pompava ancora. L’ho sentito uscire dal mio intestino. Ho capito che si stava sfilando il preservativo. L’ho sentito gemere e poi ho sentito la sua sborra che, calda anche lei, finiva sul mio pisello e sulla mia pancia.
Loro erano visibilmente soddisfatti. Io ero tutta sporca di sperma e con i buchi dilatati, ma soddisfatta anche io.
“Brava, sei stata proprio brava” mi ha detto Francesco.
“Proprio una brava troietta, golosa e vorace” ha proseguito Carlo.
“Grazie, ma anche voi siete stati bravissimi” ho concluso io.
Abbiamo scambiato ancora due parole come vecchi amici e poi mi sono chiusa in bagno per ripulirmi e cambiarmi. Anche stavolta masturbandomi, ripensando alle sensazioni appena vissute.
Mentre ero in bagno ho sentito Carlo che salutava Francesco e che, a voce alta, mi ha detto “Ciao troia, la prossima volta te ne infiliamo due insieme”.
Tlac. La porta si è chiusa. Ripensavo alle ultime parole di Carlo. E mi sono eccitata di nuovo…
E questa è la storia del secondo incontro a casa di Francesco.
Dopo ogni incontro ci scrivevamo sul sito. Commentavamo le porcate fatte ed immaginavamo quelle che avremmo fatto al prossimo incontro.
Di incontri ce ne sono stati ancora. E di porcate ne abbiamo fatte veramente tante.
Quello con Carlo, però, è stato l’unico incontro a tre.
Tutte le altre volte ci siamo incontrati solo io e Francesco. Mi voleva solo per lui.
Mi ha chiesto di penetrarlo con le dita e, poi, con oggetti sempre più grandi (gli piacevano le zucchine). Mi ha chiesto di venirgli in bocca. Gli ho chiesto di fare altrettanto. Abbiamo giocato con le corde, con le manette, con le bende. Abbiamo usato lo zenzero e la cera delle candele. Abbiamo usato un dilatatore anale e perfino un sondino uretrale. Ci siamo leccati ovunque. Abbiamo fatto alcune foto e numerose riprese. Abbiamo scopato in ogni angolo della casa. E abbiamo goduto un casino, entrambi.
Ora non ci rimaneva che mettere in pratica un’ultima fantasia, condivisa da tutti e due, quella che mi avrebbe resa, agli occhi di tutti quelli che mi avrebbero vista, una vera zoccola: battere!
Ne parlavamo da molto. Sono stata io a tirare fuori l’argomento.
Francesco, sempre sicuro di sé, mi ha detto “Certo, si può fare. Proprio qui vicino ci sarebbe un posto adatto”.
Ed eccoci qui.
Ma faccio un passo indietro.
Quella sera sono arrivata a casa sua e, come sempre, mi sono chiusa in bagno.
Sono uscita tutta in tiro e mi sentivo particolarmente troia.
“Ora facciamo così” mi disse Francesco che, a differenza della altre volte, mi stava aspettando nel soggiorno e, per la prima volta, completamente vestito.
“Io esco e vado a prendere la macchina. Quando arrivo davanti al portone do un colpo di clacson. Tu esci, sbatti la porta e mi raggiungi, ok?”.
“Ok” rispondo.
“Vado, allora”. E’ uscito di casa. Sono rimasta sola. I dubbi sono tornati a galla. L’eccitazione li ha respinti sul fondo.
E’ passato giusto qualche minuto e ho sentito un colpo di clacson.
Ho preso coraggio, ho respirato profondamente, sono uscita sul pianerottolo e ho chiuso la porta alle mie spalle.
Francesco abita a piano terra. Dalla porta di casa sua dovevo percorrere una ventina di metri, non di più, per raggiungerlo in macchina.
Il rumore dei tacchi a spillo sul marmo dell’androne era tanto inconfondibile quanto eccitante.
Per l’occasione ho indossato un decolleté tacco 15 nero e lucido, con plateau e aperto davanti. Il rosso fuoco della smalto sulle unghie dei piedi era eccitante da morire.
Un paio di autoreggenti velate 15 denari, un micro perizoma che nulla riusciva a contenere davanti e che spariva nel solco del sedere dietro, un vestitino scollato e cortissimo che non riusciva a coprire il bordo di pizzo delle autoreggenti, le mie bellissime tette finte, capelli di media lunghezza biondi, trucco pesante, un collare di pelle al quale si poteva attaccare un guinzaglio, bracciali, anelli e unghie delle mani laccate di rosso fuoco completavano la mise.
Sono arrivata al portone, ho fatto scattare la serratura e mi sono ritrovata in strada.
Ho guardato a destra e a sinistra. Nessuno in arrivo, per fortuna. O purtroppo…
Ho attraversato il marciapiede, sono passata in mezzo a due macchine regolarmente parcheggiate e ho raggiunto quella di Francesco, ferma in mezzo alla strada, con lui che mi ha aperto la portiera.
“Dai, andiamo” mi ha detto. “Solo a vederti venire verso la macchina mi è venuto duro. Sei proprio figa stasera! Vorrei scoparti adesso. Ma non posso. Stasera saranno altri a godere di te. Beati loro” mi disse.
“Dai, magari alla fine c’è posto anche per te” risposi io.
“Tranquilla, stasera non tornerai a casa prima che ti avrò scopata anche io”.
Un quarto d’ora di guida e ha fermato la macchina.
Mi sono guardata intorno. Eravamo su una strada non particolarmente illuminata ma sufficientemente illuminata per fare quello per cui eravamo lì.
Da un lato macchine parcheggiate in fila indiana. Dall’altro un marciapiede oltre il quale si intravedeva un prato leggermente degradante verso il fiume.
Di macchine ne passavano a sufficienza.
“Più avanti, a circa due chilometri, battono i trans. Quindi chi passa di qui sta cercando una scopata facile. E’ il posto giusto, credimi”.
Ho immaginato che Francesco fosse passato tante volte su quella strada in cerca di una scopata facile con qualche trans.
“Lì, oltre il prato, ci sono tavoli e panchine in legno. Potresti andare lì a farti scopare. Oppure direttamente sul prato, decidi tu. Io parcheggio lì, in quel posto, e rimango qui, come concordato”.
Sono rimasta in silenzio. Un conto una fantasia, un conto metterla realmente in pratica.
Il cuore mi batteva all’impazzata. Credo che Francesco ne sentisse chiaramente i battiti.
“Dai, scendi” mi disse.
“Ascolta, ci ho ripensato, non me la sento più” dissi io.
“Come non te la senti più! Cosa vuol dire?” continuò lui, alzando un po’ troppo la voce.
“Vuol dire che non sono più così sicura di volerlo fare. Credo che sia una cazzata” risposi io.
“Me se me lo stai chiedendo da tantissimo tempo! Ormai siamo qui e lo fai. Dai, scendi” concluse lui.
“Ma non so nemmeno quanto devo chiedere!” dissi.
“Certo che lo sai, te l’ho detto un sacco di volte, 20 euro per un pompino e 40 euro per farti fare il culo. Ti fai pagare subito. Infili i soldi nella borsetta e andate lì sul prato. E non salire sulla loro macchina. Non riuscirei a seguirti. Invece qui, al minimo problema, tu gridi ed io arrivo immediatamente. Ma non ce ne sarà bisogno vedrai. Chi viene qui non cerca guai. Vuole solo svuotarsi i coglioni. E tu vuoi svuotarglieli, vero?”
Mi conosceva bene, ormai.
Feci di si con la testa.
“Dai, ora basta, scendi, vai a battere e realizza la tua fantasia. Io rimango qui per ogni evenienza”.
Mezza rincuorata da quelle ultime parole e, comunque, piena di dubbi e perplessità, ho aperto la portiera ed ho poggiato il piede a terra, sul mio eccitantissimo tacco 15.
Un ultimo, immenso, sforzo, e sono scesa dalla macchina. Mi sono sistemata il vestitino che, scendendo dalla macchina, aveva lasciato completamente scoperto il mio sedere, e ho chiuso la portiera.
Un secondo dopo Francesco è ripartito, ha percorso qualche decina di metri, ha invertito la marcia ed ha parcheggiato proprio dove mi aveva indicato.
Per un attimo ho temuto che se andasse via e mi lasciasse lì da sola.
Invece ha solo parcheggiato.
Ed io?
Beh, io mi sono ritrovata improvvisamente sola, su un marciapiede di una strada sconosciuta della periferia della città, mezza nuda, con mille dubbi nella testa e con un’eccitazione che, secondo dopo secondo, stava risalendo da un punto sconosciuto dentro di me e che, di lì a poco, ne ero certa, avrebbe travolto ogni mio freno inibitorio, rendendomi quella che volevo realmente essere, una puttana!
Ho raccolto il mio coraggio, un ultimo respiro profondo ed ho preso la decisione di godermi quei momenti.
Stavo realizzando finalmente una delle mie fantasie più estreme e trasgressive.
Avevo conosciuto un partner che condivideva questa mia trasgressione e che mi aveva permesso di realizzare molte altre fantasie peccaminose.
Ed allora al diavolo i miei dubbi e le mie perplessità.
Ero lì per fare la puttana e la puttana avrei fatto.
Pensavo queste cose mentre guardavo Francesco. La sua presenza mi dava comunque ulteriore coraggio.
Lui mi guardava e mi faceva il segno ok con la mano.
Presa da questi pensieri non mi accorsi, che, dalla direzione opposta, stavano arrivando alcune macchine, a velocità particolarmente ridotta…
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
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