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Mia moglie Valeria - Capitolo 15


di Marta-trav
31.07.2024    |    5.548    |    3 9.2
"Grazie a te per avermi accompagnata..."
Elena era entusiasta. Come me, del resto.
Quel pomeriggio andai da lei, con la smania di raccontarle cosa mi fosse successo durante quella folle serata al Twist della settimana precedente.
Lei sapeva già tutto, però.
Matteo le aveva già riferito i dettagli. Proprio tutti.
Tuttavia non poteva conoscere le mie sensazioni, i miei stati d’animo e le mie aspettative.
E fu proprio quello che le raccontai.
“Preparo il caffè”, mi disse, facendomi accomodare sul solito divano.
Sparì in cucina.
Ancora una volta Elena mi accolse in biancheria intima.
Il completino rosa che indossava quella volta (reggiseno e mutandine), sobrio e casto, la faceva apparire, ai mie occhi, come un’adolescente.
Tornò con un piccolo vassoio e due tazzine.
Bevemmo il caffè, in silenzio.
Poi, per prima, parlò lei.
“E brava Valeria. Matteo mi ha detto che sei stata fantastica l’altra sera”, disse.
“Ma tu che fine hai fatto?”, le domandai io, di rimando.
“Sono andata via un paio d’ore prima di voi. Sono mesi che vado in quel locale. Mi sono quasi stufata. Ho conosciuto uno e sono andata a casa sua”, mi rispose, con la chiara intenzione di non volermi raccontare altro.
Ed io non le chiesi di più.
“Allora, ti sei divertita?”, mi chiese.
Tutti volevano sapere se mi fossi divertita, tutti me lo avevano chiesto. Matteo, Stefano ed, ora, Elena.
“Si, mi sono divertita tantissimo”, le risposi, sincera.
“Te l’avevo detto di fidarti di Matteo. Lui è un professionista”.

Da quella sera non facevo altro che pensare a Matteo.
“Dove hai conosciuto quel ragazzo?”, mi chiese Stefano, appena varcata la soglia di casa, di rientro dal Twist. “Sul sito?”, proseguì.
“No. E’ un amico di Elena. Anzi, molto più di un amico. Tu non credo che l’abbia vista, ma stasera c’era anche lei in quel locale. Me l’ha presentato lei”.
“No, infatti, non l’ho vista”, mi disse.
Ero sicura che me lo avesse detto con rammarico. Ero certa che non gli sarebbe dispiaciuto vedere la mia amica all’opera.
Ci facemmo una doccia rigenerante e ce ne andammo a dormire, esausti
Io, indubbiamente, più di lui.
I trattamenti che mi erano stati riservati nelle ultime ore, sotto la sapiente regia di Matteo, avevano lasciato segni tangibili sul mio corpo.
La mia patata e il mio buchetto posteriore ardevano. Erano arrossati e indolenziti.
I capezzoli ancora doloranti.
Matteo ci sapeva proprio fare, però.
Matteo, Matteo e ancora Matteo.
Pensavo a lui in continuazione.
Ripercorrevo, con la memoria, ogni istante di quella serata memorabile. I ricordi degli innumerevoli orgasmi avuti in quelle ore mi tormentava. Ne assaporavo ancora il piacere. Il piacere crea dipendenza. Ed io stavo iniziando ad essere dipendente dal piacere, quello sessuale.
Nei giorni successivi mi sarei toccata, molto più spesso di quanto avessi mai fatto in passato.
Andavo in bagno, mi sedevo per fare la pipì e la mia mente partiva per la tangente.
Mi infilavo una mano in mezzo alle gambe e mi masturbavo.
Anche durante la cena, a volte.
Mi alzavo, andavo in bagno e tornavo accaldata, rossa in viso e con il respiro affannato.
Stefano capiva, ne ero certa. E la cosa non mi dispiaceva affatto.
I miei figli? Forse anche loro, ormai erano grandi. Amen, mi dicevo.
Il sesso era entrato violentemente dentro di me, quel sesso sconosciuto fino a poco tempo prima e che tanto mi aveva fatto godere ultimamente.
E non si può non voler godere, non sarebbe normale.
Ed io volevo godere. Ancora.
Non era più Stefano ad incitarmi e a spronarmi.
Ero piuttosto io che lo stimolavo a cercare, lo incoraggiavo a navigare sul sito, lo esortavo a riprendere i giochi.
Il pensiero di Matteo mi torturava.
Vedevo in lui la persona a cui non potevo e volevo rinunciare per vivere completamente il sesso.
Cercai di non far trasparire troppo questa mia impazienza con mio marito.
Stefano era l’uomo della mia vita. Non volevo assolutamente rinunciare a lui, per nessun motivo.
Ma non potevo neppure far finta che mi fosse indifferente Matteo, quello che aveva da offrirmi e quello che, ne ero certa, mi avrebbe ancora proposto.
I primi giorni dopo la serata al Twist passarono, più o meno, serenamente.
Stefano, in realtà, mi aveva rimproverata più volte. Lui era dell’idea che avrei dovuto parlargli prima della mia intenzione di andare in quel locale e non di lasciargli tracce che avrebbe potuto anche non trovare.
Mi scusai con lui. Aveva indubbiamente ragione.
Mi ero rivista anche con Marta.
Oltre a recuperare la mia borsa, le avevo chiesto come fosse andata la sua serata.
Si era scusata con me, per avermi abbandonata, per essersi concessa al primo che l’aveva approcciata.
Mi raccontò di cosa le aveva fatto fare quell’uomo. Le dissi che l’avevo vista.
“Chissà cosa penserai di me, adesso”, mi disse.
“Esattamente quello che penseresti tu di me se ti dicessi quello che ho fatto anche io”, le risposi.
E così le raccontai della mia serata.
“Ci torniamo?”, mi propose, con entusiasmo.
“Non lo so. Adesso devo riorganizzare le idee e la mia vita. Però mi sono divertita veramente tanto. Grazie per avermelo proposto”, le dissi.
“Ma figurati. Grazie a te per avermi accompagnata. Da sola non ci sarei mai andata. E ti confesso che speravo di poter giocare anche un po’ con te durante la serata. Ma poi la situazione mi è sfuggita un po’ di mano…”, disse Marta, sorridendo.
Le sorrisi anche io.
Ci salutammo, con la promessa di rimanere in contatto e di organizzare nuovamente qualcosa insieme.
“Anche se tu, ora, puoi contare anche su tuo marito”, mi disse lei, un po’ dispiaciuta. E un po’ invidiosa.

Elena mi disse che, ormai, con o senza Stefano, ero pronta per andare oltre.
Facevo fatica ad immaginare un oltre, dopo quello che avevo già combinato.
“L’importante è non abituarcisi mai”, mi disse. “Nel sesso non c’è mai un punto di arrivo, una meta, un fine corsa. Ogni volta è una nuova volta, l’ennesima prima volta. E’ una magia che si ripete, sempre in modo diverso, facendoti provare sempre sensazioni ed emozioni nuove”, continuò lei.
Ora ne ero convinta anche io.
Se avevo capito una cosa, dopo l’incontro con Tony e, soprattutto, dopo quella pazza esperienza al Twist, era che non volevo assolutamente rinunciare a quelle sensazioni che avevo provato.
Sensazioni fisiche, di completo appagamento sessuale. E sensazioni mentali, di volontà di osare.
Ed io volevo continuare ad osare, di questo ne ero convinta.
Con o senza Stefano, proprio come mi aveva detto Elena.

Quella volta, però, lo feci con Stefano.
Era un sabato pomeriggio.
Esattamente quello della settimana successiva a quell’esperienza, unica, in quel locale di Milano.
Il cancello si aprì automaticamente, giusto cinque secondi dopo aver inviato un messaggio sul suo cellulare, con scritto, molto semplicemente, “Siamo qui fuori”.
Alla nostra sinistra, il lago, enorme, placido. In fondo, l’altra sponda, quella di un’altra regione, con le sue case e le montagne, riflesse nell’acqua.
Percorremmo il viale alberato che conduceva alla casa.
Un bellissimo parco, con fontane e statue, circondava tutta la villa, una casa dell’ottocento completamente ristrutturata ed egregiamente mantenuta.
Nel parcheggio con ghiaia in fondo al viale alberato c’erano un decina di macchine parcheggiate.
Tutte macchine di un certo livello.
Parcheggiai anche la mia. Sfigurava un po’ in mezzo alle altre.
Valeria, anche stavolta, era visibilmente nervosa.
Ed anche esageratamente sexy, in quel vestitino mozzafiato giallo, con quelle autoreggenti color carne e con quelle scarpe, dello stesso colore del vestitino, acquistate per l’occasione, con quel tacco altissimo e seducente.
Le tette di Valeria, strizzate in un provocante push-up, erano già sufficientemente esibite nella generosa scollatura del vestito. Poco era lasciato all’immaginazione.
Quella sarebbe stata la sua terza esperienza trasgressiva, dopo l’incontro con Tony e la serata al Twist. La prima con me.
Prima di uscire di casa, mia moglie, che non conosceva esattamente i dettagli di quella serata che avevo organizzato un po’ a sorpresa per lei (per noi) ma della quale, tuttavia, ne immaginava i risvolti e che, mi aveva confidato, era entusiasta di poter condividere con me fin dall’inizio (finalmente!), mi sorprese facendo la stessa cosa che, più o meno volontariamente e liberamente, aveva fatto in occasione delle sue due precedenti serate trasgressive.
Non indossò, cioè, le mutandine.
E lo fece fin da casa, senza neppure infilarsene un paio nella borsetta, per sicurezza.
“Tanto vale essere chiare fin da subito”, mi aveva detto mentre me lo comunicava.
Mia moglie stava assumendo atteggiamenti sempre più spregiudicati e libertini.
Mi piaceva sempre di più.
“Sono già tutta bagnata”, mi sussurrò all’orecchio, mentre iniziammo a salire i gradini della rampa che conduceva al portone di ingresso della villa.
“Sei diventata proprio una porca, allora”, le dissi.
“Tu mi hai fatto diventare così”, lei, di rimando.
Finimmo di salire le scale.
Valeria, ormai, era completamente a suo agio sui tacchi altissimi.
Spesso, quando eravamo soli, li indossava anche in casa. “Per abituarmi”, mi diceva.
Qualche volta, tornando dal lavoro, la trovavo completamente nuda e con i tacchi a spillo.
Cucinava così.
Se allungavo una mano, la trovavo sempre bagnata, sempre pronta, sempre disponibile.
Andammo a fare altri acquisti.
Si comprò scarpe, lingerie, vestitini. Tutte cose ostentatamente sexy. Fin troppo, in alcuni casi.
Ora Valeria indossava proprio le ultime cose comprate. Ed era bellissima.
La porta si aprì e ci trovammo di fronte un signore di una certa età, elegantemente vestito.
“Benvenuti”, ci disse, soffermando un po’ più del dovuto il suo sguardo sulle tette di mia moglie.
“Prego, da questa parte”, continuò, indicandoci una porta che immetteva nel salone.
Un uomo ci venne incontro.
“Stefano, giusto?”, disse rivolto a me, con espressione gioviale.
“E lei deve essere tua moglie Valeria”, disse, prima che io potessi confermargli la mia identità.
Valeria, che non sospettava minimamente di trovarsi di fronte all’uomo che lei conosceva con il nickname di Drill, confermò le parole dell’uomo, allungandogli una mano, smaltata di rosso, come segno di presentazione.
“Sei bellissima”, le disse Luca, fregandosene della mia presenza. “Piacerai a tutti e a tutte, vedrai”, continuò a dirle. “Ma prego, venite nel giardino, dove ci sono anche gli altri ospiti”, ci disse il padrone di casa.
“Scusaci solo un momento”, gli disse, di rimando, Valeria.
“Prego, fate pure con comodo. Noi siamo lì fuori. Vi aspettiamo”, ci disse Luca, allontanandosi.
Rimanemmo soli.
“Ma chi è questo qui?”, mi chiese Valeria.
Le spiegai chi fosse.
“Ma dai? E come lo hai conosciuto?”, mi chiese.
Le dissi delle mie ricerche sul sito, quelle effettuate la stessa sera nella quale, poi, l’avevo raggiunta al Twist.

“Domani sera usciamo”, le dissi la sera prima.
“Dove andiamo?”, mi chiese Valeria, incuriosita.
“E’ una sorpresa. Di quelle che, ormai, dovrebbero piacerti. Vestiti in un certo modo”, le dissi.
Mi sorrise, senza aggiungere altro.
Valeria sapeva che morivo dalla voglia di partecipare attivamente alle sue trasgressioni.
Immagino che capì al volo cosa le stessi proponendo.
“Saranno in molti?”, mi domandò.
“Chi?”, le risposi.
“Gli uomini che mi scoperanno”, disse lei.
La guardai negli occhi. Lei, ormai consapevole del suo ruolo, mantenne il suo sguardo fisso nel mio.
“Probabile”, le risposi.
“Ok”, disse lei, tutt’altro che dispiaciuta.

Chiarito il fatto che ci trovassimo a casa di Drill, al secolo Luca, Valeria mi sorprese ancora una volta.
“In realtà quest’uomo mi intrigava molto più di Tony e di Vortex. Ci siamo scritti molto. Ci siamo confidati tutte le nostre voglie e le nostre fantasie. Spesso coincidenti. E poi, anche lui, ha un cazzo stupendo, come avrai visto”, mi disse mia moglie. “Però lo ritenevo, come dire, troppo per me. Mi ha sempre proposto cose particolari. Io cercavo una scopata, lui voleva molto di più. Ma ora che sono qui, insieme a te, sono proprio contenta e spero di scopare anche con lui stasera. Sono bagnatissima”, concluse.
Ormai Valeria era perfettamente a suo agio anche nel ruolo di troia.
Mai e poi mai avrei potuto immaginare che, in così breve tempo, si potesse trasformare nella più spregiudicata delle zoccole.
Quel micro vestitino giallo che indossava, quelle bellissime tette meravigliosamente esibite (finalmente!), quelle autoreggenti color carne che le facevano sembrare le gambe nude, quelle scarpe gialle con il tacco altissimo, il trucco, gli accessori, tutto rendeva mia moglie appetibile. Il suo atteggiamento contribuiva poi a far capire, a chiunque la guardasse, che fosse anche disponibile.
“Ho voglia di scopare. Andiamo”, mi disse Valeria, prendendomi per mano, conducendomi verso il giardino.
Decisa, sicura e determinata. Così mi appariva Valeria.
Assolutamente consapevole delle sue qualità.
Amavo alla follia quella donna, ogni giorno di più.
Tuttavia temevo anche di perderla. E, se mai fosse successo, sarei stato io il solo responsabile.
L’avevo spinta io a fare quelle cose. L’avevo convinta io ad essere così spregiudicata.
Lei era stata brava e ci era riuscita perfettamente.
Ora era davanti a me, sexy da morire e pronta a fare sesso con chiunque.
“Ah, eccovi qui”, ci disse Luca, venendoci incontro.
“Loro sono Stefano e Valeria”, disse, ad alta voce, rivolto ai suoi ospiti, una ventina di persone in tutto, uomini e donne, tutti elegantemente vestiti.
Le donne, in particolare, erano tutte in abito corto, tacchi alti ed atteggiamento discinto. Proprio come mia moglie.
Ci fu rivolto un saluto silenzioso, fatto di sguardi e di sorrisi.
Poi ciascuno tornò alle proprie attività, fatte di degustazione di vini, di chiacchiere e di approcci.
“Girate pure tranquillamente, fate come se foste a casa vostra. Al primo piano troverete camere con letti matrimoniali a disposizione, qualora voleste riposarvi. Ogni camera ha un bagno. E’ tutto a vostra disposizione. Se avete qualche necessità particolare non esitate a chiedere a me o al personale di servizio”, ci disse ancora Luca, con gentilezza e cordialità.
“Riposarci?”, gli fece eco Valeria. “Anche no. Magari il letto potrebbe esserci utile per fare altro…”, gli disse ancora mia moglie, facendogli l’occhietto.
“Come volete. Siete liberi di girare tutta la casa, non fatevi nessun problema. Nel parco, più avanti, c’è anche una piscina, qualora possa interessarvi”, ci disse ancora Luca, lasciandoci poi soli.
“Che troia che sei”, dissi a mia moglie, a bassa voce, sussurrandoglielo all’orecchio.
“E se sentissi quanto sono bagnata”, mi rispose lei.
“Troia”, le dissi ancora.
Ci avvicinammo ad un tavolo. Un cameriere nero ci servì due bicchieri di champagne.
“E’ la prima volta che venite qui da Luca?”, ci chiese una donna, molto provocante nell’abbigliamento e nelle forme del corpo, più o meno della nostra età.
“Si”, le rispose Valeria.
“Posso farti scoprire i segreti della casa?”, disse quella donna, con aria cospiratoria, a mia moglie.
“Certo, volentieri”, le rispose lei.
“Te la rubo un attimo”, mi disse quella donna.
“Prego, fate pure”, le risposi.
E le vidi allontanarsi. Due splendide donne fasciate in vestitini attillatissimi. Giallo quello di mia moglie, nero quello dell’altra donna. Tutte e due in precario equilibrio su quei tacchi vertiginosi e sulla ghiaia del giardino. Tutte e due sculettando vistosamente, sottobraccio, come due vecchie amiche.
Il mio cazzo iniziò a dare segni di vita.
“Stai attento a Veronica. E’ una mangiatrice di uomini…e di donne”, disse una voce femminile alle mie spalle.
Mi voltai ed incrociai lo sguardo con una ragazza, molto giovane e bellissima.
Avrà avuto venticinque anni, non di più.
Bionda, vestita di azzurro, senza collant e scarpe dello stesso colore del vestito, rigorosamente con tacco altissimo.
“Piacere, Luna”, mi disse, allungandomi una mano.
“Stefano”, le dissi io, abbozzando un baciamano.
“E’ tua moglie?”, mi chiese.
“Si, perché?”.
“Niente. E’ in buone mani. Veronica ci sa fare”.
“La conosci?”, le domandai.
“Certo che la conosco. Tutti la conoscono qui. E tutti, credo, hanno fatto sesso con lei, uomini e donne”, mi disse, con naturalezza.
“Anche tu?”, le chiesi.
“Si, anche io, in un certo senso”, mi rispose.
“E secondo te dove sta portando mia moglie?”, le chiesi ancora.
“E chi lo sa. Magari su un letto a fare sesso con lei. Oppure da qualche suo amico per fare una cosa a tre. Veronica è imprevedibile”, disse lei.
“Interessante”, dissi io.
“E tu?”, mi chiese.
“Io, cosa?”, le risposi.
“Tu non cerchi qualche partner per fare sesso?”, mi chiese, sempre con sfrontatezza.
“Sono appena arrivato. Non conosco ancora nessuno”, le risposi, molto più in imbarazzo di lei.
“Beh, adesso conosci me”, mi disse.
Quella ragazza riuscì a mettermi in soggezione. Aveva la metà dei miei anni, ma anche una forza ed una carica energetica e magnetica travolgenti.
“Mi stai proponendo di fare sesso con te?”, le domandai, ingenuamente. Ed anche stupito da tanta spudoratezza.
“Qui da Luca si viene solo per quel motivo. Il problema è che, ormai, ci conosciamo quasi tutti. Voi, invece, siete nuovi. E, proprio per questo, molto appetibili e ricercati. Non so se mi spiego”, disse Luna.
“Si, ti sei spiegata benissimo. Insomma, siamo la novità della serata e, per voi habitué, rappresentiamo un diversivo, giusto?”.
“Si, più o meno”.
“Tu sei molto più giovane della maggior parte degli altri ospiti”, le dissi.
“Non credere. Ci sono coppie anche più giovani di noi. Dico noi perché io sarei in compagnia del mio ragazzo. Che, però, non vedo più da una mezz’oretta, ormai. Si starà scopando qualcuna chissà dove”, mi disse ancora Luna, sempre come se mi stesse parlando del tempo o di viaggi.
Ma dove sono finito? Mi chiedevo in continuazione…
Non che mi scandalizzassi più di tanto. Luca mi aveva spiegato molto bene cosa avrei trovato ed a cosa sarei andato incontro accettando il suo invito.
“Voglio però che tu sappia che farò di tutto per scoparmi tua moglie”, mi aveva anche confidato durante una delle tante telefonate.
“Certo, nessun problema”, gli risposi, senza sapere, ancora, che anche Valeria moriva dalla voglia di farsi scopare da quell’uomo.
E quindi l’impertinenza di quella ragazza non mi sorprese più di tanto.
Mi sorprese, invece, che lei mi afferrò una mano e se la mise velocemente tra le sue gambe, sollevando un po’ troppo il vestitino azzurro.
Era senza mutandine anche lei e, come mia moglie, completamente bagnata.
Non potei non infilarle un dito dentro, ed avere così conferma di quanto fosse eccitata quella ragazza.
Nessuno faceva caso a noi, come se stessimo facendo una cosa normalissima, tipo parlare o ballare.
Ed invece avevo appena infilato un dito, che presto diventarono due, nella figa grondante di umori di una bellissima ragazza di venticinque anni, disponibile e seducente.
Luna, affascinante ed incantevole nella sua giovane età, mi afferrò il polso ed iniziò ad imporre il movimento ed il ritmo delle mie dita dentro di lei. Si stava scopando da sola con la mia mano.
“Andiamo di sopra”, mi disse, impaziente.
La seguii, ubbidiente, come un cagnolino.
Mi prese per mano e mi trascinò letteralmente dentro la casa. Iniziammo a salire le scale.
Lei si sollevò la parte inferiore del vestitino che indossava, scoprendo un culo meraviglioso ed invitante.
Fece strada come se conoscesse perfettamente quel posto.
Afferrò una maniglia ed aprì una porta.
“Vieni, entra”, mi disse.
Richiuse la porta e girò la serratura.
“Così nessuno ci disturba”, disse.
Si sfilò il vestito afferrandolo dalla parte bassa e facendoselo uscire da sopra la testa.
Quella ragazza non indossava neppure il reggiseno.
In un attimo me la ritrovai davanti, completamente nuda.
Una figa pazzesca! Ecco cos’era Luna.
“Dai, spogliati e scopami”, mi disse, sempre più impaziente.
Mi avvicinai al letto ed iniziai a spogliarmi.
In un attimo mi ritrovai davanti a lei indossando solo i boxer.
“Beh, perché non li togli quelli?”, mi chiese.
“Fallo tu”, le ordinai,
Afferrò l’elastico e me li abbassò, liberando il mio cazzo, già sufficientemente duro, che svettò fiero appena liberato dal contenimento dei boxer.
“Non male”, disse lei.
Luna era più bassa di Valeria, aveva un paio di tette più piccole di quelle di mia moglie, ma decisamente proporzionate rispetto al corpo di quella ragazza, una patatina completamente depilata ed un culo straordinario, decisamente la parte migliore di quella ragazza.
Mi afferrò il cazzo ed inizio a masturbarmi, inizialmente con delicatezza.
Il mio cazzo rispose con vigore ai movimenti della mano di quella ragazza, diventando di marmo.
Luna si sedette sul letto e me lo prese in bocca, iniziando a regalarmi un pompino coi fiocchi.
Sarà pure stata giovane, ma ci sapeva proprio fare quella ragazza.
Mi succhiava solo con la bocca.
Una sua mano era sul mio culo. Un po’ mi tirava verso di lei quando il mio cazzo le entrava in gola, un po’ si insinuava nel solco del mio sedere e mi stuzzicava il buchetto posteriore, giocandoci e massaggiandomelo. Temevo che potesse infilarci un dito dentro. Non sapevo se lo volevo. O forse si, lo sapevo benissimo.
Con l’altra mano, invece, mi massaggiava i testicoli, talvolta con delicatezza, talvolta strizzandomeli con forza.
E con la bocca succhiava divinamente.
Il mio cazzo era duro come raramente mi era capitato in passato.
Fiumi di saliva uscivano dalla bocca di quella ragazza.
Il mio cazzo veniva completamente fagocitato dalla bocca di quella giovane donna. I miei testicoli le sbattevano violentemente contro la mascella e contro il mento.
Sentivo l’eccitazione raggiungere livelli altissimi.
Ero certo che non avrei resistito ancora molto a quel trattamento.
Luna dovette leggermi nel pensiero, perché interruppe il pompino e mi disse “Dai, mettimelo dentro”.
Si mise sul letto a pancia in su, a gambe aperte.
I miei occhi vedevano il copro nudo, stupendo, di una ragazza di venticinque anni, affascinante e disponibile, che indossava solo un paio di scarpe con i tacchi altissimi, in attesa che io le entrassi dentro.
Ed io lo feci.
Mi avvicinai a lei, le leccai la figa, già tutta bagnata di suo, le puntai la cappella sull’apertura e le entrai dentro con una spinta decisa e vigorosa.
Gemette, di piacere.
“Dai, scopami”, mi disse.
La accontentai.
Iniziai a scoparla con forza, fin da subito.
Lei intreccio le gambe dietro la mia schiena, mise le sue mani sul mio culo e, ad ogni mio affondo, mi tirava dentro di sé con le mani.
“Dai…dai…dai…”, diceva.
Le infilai la lingua in bocca. Lei la accolse immediatamente e, a sua volta, infilò la sua nella mia bocca.
Le mie mani mulinavano sulle sue tette.
Sentivo che stavo per esplodere.
Lei gemeva ad alta voce, senza porsi il problema che qualcuno potesse sentirci.
Io affondavo i miei colpi con possenti spinte di reni.
“Sto per venire”, mi disse.
“Anche io”, le dissi io.
“Non uscire…vienimi dentro…sono protetta, stai tranquillo…ahhhh”, disse ancora Luna.
Spinsi con ancora più forza.
Le sue ultime parole aumentarono ulteriormente il livello della mia eccitazione.
Sentivo un fiume in piena muoversi, da qualche parte dentro di me, a velocità impressionante.
“Ahhhhh…Siiii…ahhhhh”, gridava intanto Luna, evidentemente alle prese con gli spasmi del suo orgasmo.
Sentivo le contrazioni della sua figa mungere il mio cazzo.
Lei tremava di piacere. Il suo corpo sussultava sotto il peso del mio.
La mia lingua si infilava avidamente nella sua bocca.
Lei si dimenava, come in preda alle convulsioni.
Io la tenevo saldamente schiacciata sotto di me, continuando a penetrarla, quasi con violenza.
“Ahhhhh…”, continuava a gridare lei, in preda ad un interminabile orgasmo.
“Vengo…ahhhhh…vengo!”, gridai.
“Si…dai…”, urlava lei.
Esplosi dentro di lei.
La inondai di sperma. Le riversai dentro una quantità tale di sborra che, nelle mie precedenti scopate, non ricordavo di aver mai prodotto.
Sentivo i suoi muscoli pelvici contrarsi, il suo corpo vibrare.
Le tette, decisamente sode, anche per la giovane età di Luna, mi guardavano sfacciatamente.
Le succhiai prima un capezzolo, poi l’altro, mentre le ultime gocce di sperma mi uscivano dal cazzo.
Le infilai ancora una volta la lingua in bocca.
Il sapore di quella ragazza era inebriante.
Mi lasciò fare, finché il mio cazzo, ormai svuotato e molle, non si sfilò da solo dalla sua figa.
La ragione tornò a far capolino nella mia testa, dando una vigorosa spallata all’eccitazione, assoluta padrona delle mie azioni fino a qualche attimo prima.
“Cazzo, le ho sborrato dentro. Che imbecille che sono stato. E se non è protetta come mi ha detto? Non avrei dovuto farlo, stronzo che sono! Ho rotto le scatole a Valeria, le ho detto di stare attenta, di farsi scopare sempre con il preservativo…e poi, la prima che me la offre, me la scopo a pelle. Che coglione”. Questo pensavo di me…
“Bella scopata, grazie”, mi disse invece Luna. “Tutto bene?”, disse ancora, vedendomi adombrato.
“Grazie a te”, le dissi io. “Spero veramente che non abbiamo fatto una cazzata”, continuai.
“Quale cazzata?”, mi chiese.
“No, niente, lascia perdere”, le dissi.
“Sei pentito di aver fatto sesso con me?”, mi domandò.
“Ma figurati! Sono lusingato di aver fatto sesso con te. Sono solo stato un po’ sprovveduto, tutto qua”, le dissi.
“Ti riferisci al fatto di non aver usato il preservativo? O al fatto di essermi venuto dentro?”, lei.
“Un po’ a tutte e due le cose”, le confessai.
“Stai tranquillo. Ho la spirale. E sono sanissima. Se è per questo anche io potrei avere i tuoi stessi dubbi, non credi?”, disse.
“Si, certo, giusto”, io.
“Dai, sistemiamoci e torniamo di sotto”, mi disse Luna, alzandosi dal letto e mettendosi una mano sulla patata a tamponare il mio sperma che le fuoriusciva.
“Guarda quanta ne hai fatta”, mi disse, sorridendo, mostrandomi la sua mano, tutta impiastricciata del mio sperma.
Le sorrisi di rimando.
Si infilò in bagno.
Dieci minuti dopo uscì, impeccabilmente truccata e pettinata.
Si infilò il vestito, sempre senza indossare biancheria intima.
“Io inizio ad andare di sotto. Tu fai pure con comodo. Ci vediamo dopo”, mi disse Luna, aprendo la porta della stanza nella quale si era appena consumato quel veloce rapporto occasionale tra due perfetti sconosciuti.
“Ok”, le dissi.
Chiusi a chiave la porta e mi infilai in bagno a mia volta.
Un quarto d’ora dopo ero di nuovo in giardino, a bere un’altra coppa di champagne.
Di Valeria nessuna traccia.
Luna stava amabilmente parlando con Luca e con un altro uomo della stessa età di Luca.
Rideva alle parole di quei due uomini, civettuolamente.
Luna, molto probabilmente, stava gettando un altro amo. Forse la nostra scopata di poco prima non l’aveva soddisfatta abbastanza. Mi sentii in imbarazzo per questo.
Lei si voltò dalla mia parte e mi sorrise.
Sorseggiando lo champagne mi avvicinai a quel gruppetto.
E rimasi sbalordito quando quella bellissima ragazza bionda, che mezz’ora prima era completamente nuda, sotto di me, con il mio cazzo ben piantato nella sua figa, si rivolse a Luca chiamandolo papà.
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