Gay & Bisex

La Serva


di SalBsx
23.06.2023    |    250    |    0 8.7
"«Serva, da bere!» è stato il mantra per più di un ora ma quando dopo l’ennesimo brindisi il Boss ha ruotato la sedia e cominciato a far sventolare su e giù la..."
La Serva
Sono mesi che non ne prendo uno e sono talmente voglioso che ne il surrogato ne tantomeno il gran sesso con la mia dolce Semilesboputtanella, Messalina e le loro giovani prede, riescono a togliermi quella necessità, quel chiodo fisso dal cervello. Sono infoiato a tal punto che ogni volta che lo metto in culo a una di loro muoio di invidia, mi distraggo e spesso mi capita pure che mi si ammosci. Dato che non ci dormo più la notte, ho deciso di mettere da parte l'orgoglio e chiamare quello stronzo del mio ex compagno del liceo, che per inciso non si è più fatto vivo dalla famosa festa di Ognissanti ed ormai siamo a fine aprile, per implorarlo di scoparmi. Per fortuna però, giusto un istante prima di aprire la rubrica lo smartphone ha vibrato e quando ho visto chi era ho sorriso perché ho capito che il mio orgoglio era salvo. Non era lo stronzo, che come spesso succede annusa ed anticipa le mie necessità, ma bensì quel mio famoso Cliente al quale, senza esitazioni e senza nemmeno dire pronto, ho detto semplicemente: «Voglio il tuo cazzo!» e lui, altrettanto semplicemente, mi ha risposto: «Vieni che te lo do!». Voleva solo parlarmi ma visto il mio exploit, ha pensato che con una bella scopata sarebbe stato tutto più facile e va da sé che gli ho subito chiesto a che ora avessi dovuto suonargli il citofono. Avevo appena finito di leccarmi i baffi ma già ricominciato a lucidargli la cappella, quando mi ha raccontato di cosa avesse bisogno e anche se la mia testa, che diceva di sì lungo tutta la lunghezza del suo uccello fin da quando aveva iniziato a parlare, aveva già dato una risposta palese, gli ho fatto capire con i classici ed eloquenti gesti del dito che gira più volte su se stesso e del braccio che spinge dall’alto verso il basso la mano chiusa a pugno, che se quel favore lo voleva davvero avrebbe dovuto sbattermi almeno un altra volta ancora perciò, cedendo facilmente al ricatto, mi ha messo a novanta e accontentato ben più di quanto gli avessi appena chiesto. Mentre glielo succhiavo si è preoccupato di informarmi che la persona che avrei contattato era un importante imprenditore; solo vagamente eccentrico, che sarebbe potuto diventare cliente di entrambi, mentre me lo dava alla missionaria mi ha chiesto di incontrarlo al più presto, quando mi ha girato sul fianco e sollevato la gamba per avere più spazio di manovra, mi ha pregato di assecondarlo il più possibile ed infine, mentre mi gustavo i frutti del mio purtroppo ultimo lavorio di labbra e lingua, mi ha promesso che se gli sviluppi fossero stati quelli che lui pensava, mi avrebbe ripagato facendo sesso con me tutte le volte che ne avessi avuto voglia o bisogno. Mentre tornavo a casa col morale alto, le chiappe contente, lo stomaco pieno, l’immagine del suo cazzo fissa nel cervello e a dirla tutta, con la sensazione di sentirlo ancora percorrermi il culo avanti e indietro che mi faceva venire voglia di fare inversione, ho fatto la telefonata al numero che mi aveva detto di contattare e ho fissato un incontro per la mattina del lunedi successivo. Definire però questo tizio «solo vagamente eccentrico» è un grosso eufemismo: si è presentato con sandali col tacco, minigonna giallo canarino a coste larghe, orrenda camicia hawaiana con altrettanto orrenda cravatta di velluto, giacca color carta da zucchero e tocco di classe finale, occhiali senza lenti e Borsalino di paglia. Dopo brevissimi convenevoli mi ha fatto accompagnare al piano di sopra dove di lì a breve avremmo potuto parlare di lavoro e dove un suo dipendente, dopo avermi offerto un caffè e fatto fare il giro dei locali, mi ha chiuso a chiave in una saletta che sgabello a parte, era la più spoglia dell’intero appartamento/ufficio. Dato che il mio Cliente mi aveva pregato di assecondare il più possibile non sono stato a farmi domande, mi sono seduto e mi sono messo a giocare col telefono ma appena vinta la seconda partita a…scopa, ho sentito rumore di tacchi in arrivo. «Mi han parlato benissimo di Lei, come anche degli altri…legga e firmi il foglio che Le sto per passare e poi possiamo anche iniziare». Quello che stavo per firmare era un contratto di lavoro della durata di sette giorni, che prevedeva un impegno da parte mia a non violare in alcun modo la Privacy di nessuno, a non divulgare notizie, a rispondere ed eseguire adeguatamente e prontamente ogni incarico affidatomi e un altro da parte sua di accettare la collaborazione col mio Cliente qualora i risultati dei prossimi giorni fossero stati confacenti alle aspettative della sua Azienda e visto che mi stava bene: ho firmato. «Ora che sei un mio dipendente posso darti del tu e anche il primo incarico: togliti le scarpe quindi spogliati e passami tutti i vestiti da quella fessura». Dovevo assecondarlo? perciò: assecondato! «Eh no, ho detto tutti i vestiti, qui manca qualcosa!». Quando gli ho detto che le mutande non ci sono semplicemente perchè non le ho, ha emesso una sorta di grugnito e mi ha chiesto se per caso mi piacessero gli uomini, ottenendo come risposta che: «No, gli uomini non mi piacciono, però mi piace tanto il loro cazzo!» e a quel punto ha grugnito di nuovo e poi ha girato la chiave. Ammetto che non appena ha aperto la porta ho faticato a trattenere l’istinto di infilare la testa sotto a quella minigonna che in corrispondenza di una decisa sporgenza aveva una freschissima macchia che si stava allargando a vista d’occhio, sicuramente frutto dei grugniti di cui sopra ma anche di quanto stava guardando in quel momento cioè me nudo, liscio e con l’uccello in lento ma evidente movimento. «Seguimi, di là troverai la tua divisa da lavoro, indossala e aspetta». Appoggiati su un divanetto ho trovato: un papillon, due polsini con gemelli, un grembiulino di pizzo da allacciare in vita, due copricapezzoli con pendenti a frange e uno striminzito perizoma il cui elastico era collegato tramite un anello di metallo dorato e un filo interchiappe sottilissimo, ad una stretta striscia di morbido tessuto elasticizzato, più adatta a coprire una passera che un merlo, dentro la quale faticavo a farci stare tutto: per indossarlo ho dovuto mandare la cappella a curiosarmi tra le chiappe spingendo il più giù possibile l’intero uccello che però, a furia di essere maneggiato, dava inequivocabili segni di ribellione rendendo ancora più complicato il sistemare da qualche parte i testicoli che inevitabilmente saltavano fuori rimanendo così esclusi da qualsiasi tipo di copertura. Alla fine però, tira di qua e spingi di là, sono riuscito a sistemare tutti quanti. «Bravo Serva! Ricordati che Serva è tutto quel che sei e quel che sarai per i prossimi sette giorni, ora resta lì, quando avrò bisogno di te, ti chiamerò io». Confesso che mentre aspettavo ho dovuto impegnarmi parecchio per non crearmi da solo problematiche e distruttive modifiche allo status quo faticosamente raggiunto poc’anzi ma poi, mentre consideravo che ero scalzo e che forse alla mia divisa mancava qualcosa, ad esempio: una cuffietta magari di pizzo, il mio nuovo Capo ha chiamato. Appena entrato in sala riunioni ho visto quattro eleganti uomini in giacca e cravatta e ho notato che la minigonna era passata dal giallo canarino al rosa shocking. Al di là di una fugace occhiata e di alcuni schiaffi sul culo tesi solo a farmi velocizzare il riempire i bicchieri che si svuotavano a vista d’occhio neanche fossero bucati, non succedeva altro percui ho cominciato a pensare che forse il Capo è davvero soltanto un tizio eccentrico, uno a cui piace vestirsi; malissimo per altro, metà da uomo e metà da donna e avere una Serva maschio, obbediente e poco vestita da esibire a chiunque siano gli ospiti del momento. «Serva, da bere!» è stato il mantra per più di un ora ma quando dopo l’ennesimo brindisi il Boss ha ruotato la sedia e cominciato a far sventolare su e giù la gonna mostrando a tutti il suo liscissimo e rilassato basso ventre, le giacche e le cravatte sono volate via e per mia fortuna, dato che mi ero stancato di fare solo la cameriera, la situazione è finalmente cambiata. «Qui Serva! La testa tra le mie cosce, tienimelo al caldo!». Mentre passavo il mio tempo inginocchiato sotto una gonna a fare un pompino senza farlo; dovevo infatti solo star lì fermo col suo cazzo in bocca; ho avuto modo di ascoltare bene e capire che ciò di cui stavano discutendo lui e i suoi Soci erano ottime notizie per il mio cliente ed inoltre, essendo palese che erano volati via anche camicie e pantaloni, ho avuto la certezza che di ottime notizie ne stavano per arrivare anche per me. «Serva alzati, sistema gli abiti, porta ancora da bere e torna qui sotto». Mentre riempivo bicchieri un Socio ha azzardato una strizzata di chiappe, un altro me le ha schiaffeggiate rischiando di farmi versare il vino direttamente sull’uccello di quello a fianco e un altro ancora ha tentato insistentemente una carezza tra le mie cosce che però tenevo apposta ben strette al solo scopo di infastidirlo ed eccitarlo ancora di più di quanto già non fosse. Appena tornato sotto la gonna un piede, che immaginavo fosse parente stretto di quella mano che aveva fallito poco prima, si è insinuato e ha iniziato ad accarezzarmi il perizoma tentando anche più volte di infilarmi l’alluce nel culo, riuscendo presto con la sua insistenza a rompere il debole filo interchiappe e a farmi scattare l'uccello come fosse una molla proprio nel momento in cui mi veniva ordinato di far andare lingua e testa. Non ho avuto neanche il tempo di cominciare a fare sul serio che sono stato costretto ad indietreggiare per non soffocare e mentre quel piede si divertiva a massaggiarmi i coglioni ormai liberi e penzolanti e quell’alluce, facilitato dal mio inarcare la schiena, riusciva a poco a poco ad ottenere il suo scopo, ho sentito chiaramente il Boss grugnire, concedermi un assaggio e poi spingere la sedia lontana da me. «Basta Serva! Tocca a loro, fammi vedere come pompi i cazzi dei miei Soci, fammi vedere come usi la lingua sulle loro cappelle, le labbra sulla loro carne e come aspiri e risucchi i loro coglioni mentre glielo meni!». Muovendomi a gattoni ho leccato e succhiato per bene ciascuno di loro e dopo averne quasi costretti un paio a cedere prima del dovuto sono stato fatto uscire da sotto al tavolo, spogliato del poco che avevo addosso cioè del grembiule, mi è stato strappato il residuo di perizoma e finalmente sono stato inculato a turni serrati, in tutte le posizioni che il Capo desiderava vedere. Quanto gli piace il rumore della carne che sbatte contro altra carne accompagnato dallo sbuffare del godimento e dallo svolazzare delle frange dei miei copricapezzoli e quanto gli diventa vibrante la voce quando mi impone di cambiare Socio o quando ordina loro dove dirigere i getti di sperma e quindi, appiccicoso e grondante, sono stato sollevato di peso e infilato sopra al cazzo turgido del Capo che mi aspettava impettito ed ansioso, appena al di sotto di quell’orribile camicia a fiori. Dopo averlo cavalcato e aver replicato con lui tutte le posizioni che mi aveva fatto sperimentare coi suoi Soci, ha scelto la sua preferita: mi ha messo a pecora e mi ha ordinato di scoparmi da solo. Peccato che dopo avergli dato giusto un paio di colpi di natiche contro lo stomaco, ha iniziato subito a grugnire obbligandomi a sfilarmi alla svelta e ad aspettare; forse non più di cinque secondi, che il suo fiotto mi facesse passare del tutto sia la fame che la sete. «Bravo Serva! Continua a lavorare così e avrai di sicuro l’aumento. Siamo d’accordo?». Ovviamente nessuno era contrario e infatti l’aumento me lo han dato già durante il brunch scopandomi più e più volte ciascuno; pochi colpi alla volta e tutti di breve durata, ma in tutti i modi, situazioni e posizioni possibili. In piedi a gambe spalancate; cosa che incideva molto sul mio equilibrio e mi rendeva parecchio complicato il compito di non rovesciarlo, mentre cercavo di versare il vino, sempre in piedi ma a chiappe strette mentre brindavano, a smorzacandela mentre mangiavano, di schiena sul tavolo tra un piatto e l’altro, con una gamba sollevata quando provavo a sparecchiare, spesso mi capitava di venir fermato e messo a novanta, sia a gambe aperte che chiuse, quando andavo e venivo con pietanze e bottiglie varie e altrettanto spesso mi montavano alla pecora mentre a quatro zampe, cercavo di ripulire il pavimento dai disastri che producevano continuamente. Dopo il caffè mi sono trovato schiena a terra e culo per aria, con un Socio che mi teneva le caviglie, uno che mi scopava il culo facendo serie su serie di squat manco fosse in palestra e un altro che per farsi spompinare rischiava di rompersi tutti i menischi. Dopo gli amari il Capo mi ha ordinato di mettermi in ginocchio, di tenere ben aperta la bocca, mandare giù tutto ciò che centrava l’obiettivo, raccogliere ed ingoiare quello che invece finiva altrove, leccarmi le mani e succhiarmi le dita, ripulire cappelle aspirando tutte le gocce residue ed infine di accomodarmi al centro del tavolo e far vedere a tutti quanto ero bravo a menarmelo, venirmi in mano ed ingollare tutto d’un fiato il mio stesso sperma. Ad eseguire non ci ho messo molto, ci ho messo invece molto di più a sistemare la sala riunioni e quando ho finito mi sono accorto che il Capo era li, che mi aspettava appoggiato al muro con le mani intrecciate dietro al collo e gli occhi socchiusi, talmente eccitato dal solo avermi visto fare le pulizie nudo, sudato e profumato di sperma che non c’è stato nemmeno bisogno che glielo succhiassi. Ho dovuto solo andare in retromarcia per farmi facilmente finire il suo cazzo nel culo e gli sono bastati non più di dieci colpi per sentirsi costretto ad ordinarmi di prenderglielo in bocca, tenere ben serrate le labbra, deglutire ed esclamare con enorme soddisfazione quanto fosse tanta, dolce e gustosa la sua crema. «Meno male che gli uomini non ti piacciono ma per fortuna che invece ti piace tanto il loro cazzo!» è stato il suo commento finale. Il secondo giorno di lavoro è stato meno impegnativo e sia il mio incarico che la mia divisa, che conservava i polsini ma prevedeva un colletto al posto del papillon e il nulla a sostituzione di grembiule e perizoma, erano del tutto diversi. Alla riunione infatti, erano presenti solo il Ragioniere addetto al rapporto coi fornitori e l’Avvocato incaricato di verificare la correttezza legale del potenziale accordo col mio cliente: entrambi soggetti pedanti, pignoli e talmente fastidiosi che per tutta la durata dell’incontro hanno costretto il Capo ad usarmi le chiappe e i coglioni come utili palline antistress, a stemperare la tensione tirandomi l’uccello in tutte le direzioni ma sopratutto verso il basso, ad allontanare il nervoso che gli saliva ad ogni loro mezza parola o specifica, infilandomi la penna dove invece avrebbe preferito infilare qualcos’altro e finalmente a rilassarsi, cavalcandomi e montandomi per una buona cinquantina di minuti, non appena quei due si sono tolti dalle palle. Nel pomeriggio, in veste formale ma comunque sempre senza mutande, ho incontrato di nuovo il Ragioniere per discutere l’eventuale accordo tra l’Azienda e la mia Agenzia e devo dire che quel piccolo fastidioso, a livello di rapporti coi fornitori, ci sa davvero fare infatti gli piace averne uno prima ancora di sentire la proposta che gli si vuole fare, un altro mentre gliela si spiega nei dettagli e alla fine adora suggellare la collaborazione mentre si rapporta con loro sbattendoseli, adagiati sulla sua scrivania immersi tra carte e documenti vari, davanti alle foto di sua madre e di sua moglie con le cinque figlie: sette donne in mezzo alle palle ti fan di sicuro venir voglia di sfogarti con un culo maschile. Nei tre giorni successivi ho fatto il mio lavoro durante le riunioni con i Direttori delle numerose sedi distaccate, assistendo alla nomina di quattro di loro a rappresentanti delle macroaree territoriali e diventando prima il premio personale di ognuno dei prescelti per il ruolo e poi, a titolo di festeggiamento per il buon esito delle votazioni, quello di tutti gli altri. Ho assecondato ogni richiesta, soddisfatto ogni esigenza, ho obbedito ad ogni direttiva ed eseguito ogni ordine del Capo che a fine giornata, compreso quella in cui aveva preferito dedicarsi quasi interamente ad un poco più che ventenne sbarbato che si è lasciato sbattere con maestria, abilità e foga tali da far apparire chiaro a tutti i colleghi perché mai a quella età ricoprisse già quel ruolo, premiava la sua fedele Serva con il sempre piacevole ed apprezzato aumento. Nel weekend, tra il necessario riposo e l’intenso e finalmente ben riuscito sesso con quell’infernale coppia di Peccatrici Bibliche; Messalina infatti fa ormai gradita parte dell’arredamento di casa; ho preparato i miei preventivi che ho poi sottoposto al vaglio del Ragioniere ottenendo l’accordo al termine di una accesa discussione che si è conclusa positivamente solo quando ho accettato di calare i pantaloni e di mettermi a novanta; lavorativamente ma sopratutto letteralmente parlando, proprio al centro del suo ufficio. Nel pomeriggio invece mi sono dedicato totalmente al Capo; c’era infatti da preparare la sala e organizzare il catering, scegliere l'abito adatto e chiaramente, distendergli i nervi in previsione del grande sforzo psicofisico che avrebbe sostenuto il giorno successivo quando alla riunione finale oltre ai Soci, ai Direttori delegati, al Ragioniere e all’Avvocato, sarebbero stati presenti anche il mio Cliente con Segretario e Responsabile Commerciale: tutti soggetti, specialmente gli ultimi due, che avevo piacere a rivedere e dei quali avevo già avuto modo di apprezzare caratterische, preferenze, capacità, propensioni, durevolezza, resistenza e dimensioni. Non voglio farla troppo lunga perciò mi limiterò a dire che per l’occasione il Capo aveva scelto una mise, di un acceso rosso fuoco, che comprendeva una pessima giacca stile seventies, sotto la quale aveva deciso di non indossare nessuna orribile camicia ma di annodarsi direttamente al collo una altrettanto pessima cravatta viola lugubre come unica concessione al colore imperante, una corta ed elasticizzata microgonna copriniente ottima però per far risaltare la quantità di cose, una delle quali ci stava a malapena semiarrotolata mentre le altre due erano costrette a penzolare separate, che un sottodimensionato e del tutto inadatto triangolino di tessuto trasparente avrebbe dovuto contenere. Scarpe a punta con tacco dieci aperte sui talloni, una coppola alla mafiosa e ovviamente i suoi classici ed inutili occhiali, completavano l’orrore. Per quanto riguarda la mia divisa devo dire che il grembiule era sparito, che il perizoma era stato sostituito da una culotte a vita bassa con maglie a rete larghissime sul didietro, adattissima e funzionale alla rapida cattura sia di pesci che di uccelli e che ai polsini con gemelli si erano aggiunti il colletto e una corta cravattina, diventata presto un utile strumento che permetteva al Capo di condurmi facilmente ovunque volesse, agli ospiti di intercettarmi e tirarmi a sé per farsi servire qualsiasi cosa nécessitassero e che si trasformava in un perfetto supporto ed aiuto per il mio collo nei momenti in cui soddisfavo la necessità più gettonata. La dedizione e la serietà che avevo dimostrato durante l’intera settimana mi hanno fatto guadagnare una nuova e remunerativa collaborazione lavorativa, l’impegno profuso e la passione che avevo messo nello svolgere tutti i miei incarichi mi sono valsi un nuovo contratto; uno di quelli a chiamata ma che sarebbe più opportuno definire a chiavata, che ho firmato senza pensarci due volte con l’Avvocato davanti e il Ragioniere dietro ed inoltre, la mia propensione a servire ed assecondare mi ha fruttato tutta una serie di complimenti, i più graditi dei quali sono stati: quelli del mio Cliente che mentre mi scopava rinnovando l’impegno a farlo a mio piacimento, mi ha definito la miglior carta dell’intero suo mazzo e quello del Capo che mentre si godeva la scena di tutti i suoi collaboratori che svuotavano il sostanzioso contenuto delle proprie gonadi più o meno direttamente nella mia gola, mi ha elogiato dicendo che ero la miglior Serva che avesse mai avuto, ammettendo contestualmente che era stato sopratutto grazie ai miei servigi che gli accordi erano stati raggiunti e sottoscritti. Per concludere aggiungo che ormai, avendo anche il cazzo del mio Cliente a mia completa disposizione, quello stronzo del mio ex compagno del liceo non mi serve più perciò: può tranquillamente andarsene a fare in culo! e che mandasse pure Boccatrappola in negozio a spifferare che oltre alla passera, mi piace anche il cazzo. Quella gran pettegola di Messalina, che non c’è modo di far star zitta nemmeno quando le si svuota in bocca il contenuto di mille coglioni o si prova a tappargliela con una o più cappelle, che non fa silenzio neanche se gliela si riempie di testicoli o quando è impegnata ad affondare la lingua in una passera; figuriamoci perciò se è capace di tacere nel momento in cui le si allarga la vulva, le si stimolano le piccole labbra fino ad obbligarle ad inturgidirsi e a far fare capolino, per poi essere succhiato fuori morsicato e strapazzato, il sensibilissimo ed ipertrofico clitoride mentre le si stropicciano gli altrettanto sensibili, fuori misura e scurissimi capezzoli per ore e ore di fila, a furia di lusinghe baci e morsi, si era fatta facilmente estorcere una bagnatissima confessione di conferma, da quell’abile furbetta della mia dolce Semilesboputtanella la quale, mentre io sculacciavo la per niente ingenua chiaccherona, ha semplicemente detto che visto che io rubo sempre le sue passere, lei d’ora in avanti ruberà i miei merli e mentre la spiona continuava a spergiurare; ma piantala lingualunga che non sei altro; di non aver fatto per niente apposta a metterle la pulce nell’orecchio raccontandole giusto un paio di, secondo lei, piccoli ed innocenti particolari della famosa festa di fine ottobre, ha aggiunto che questa doppia passione vuol solo dire più sesso per tutti e…si Messalina: per tutti e tre!

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