Gay & Bisex
Alla scoperta di Marco - Capitoli 1 e 2
di aramis2
16.04.2020 |
10.042 |
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"Io respirai profondamente, lo avvolsi con le mie gambe, lo tirai verso di me e lo baciai sulle labbra..."
Capitolo 1 - L’incontroLe mie mani scivolarono in giù lungo le cosce lisce di Marco ed alzai le sue gambe sopra le mie spalle. Feci passare una mano sul buco del culo e l’inguine rasato per prendere l’asta del cazzo senza peli, gli diedi alcuni colpi rapidi. Marco chiuse i vibranti occhi blu e gemette di piacere. L’altra mia mano posizionò il mio uccello contro il suo ano ben unto e mi piegai in avanti per baciargli rapidamente il torace. Quando sentii il suo ano rilassarsi leggermente, scivolai dentro di lui. I suoi occhi si spalancarono mentre grugniva di dolore.
Dannazione, pensai. Ancora troppo presto. Odiavo fargli male, l’amavo troppo. Marco odiava il dolore, specialmente mentre facevamo l’amore.
“Mi spiace amore mio”
Marco mi carezzò la guancia e mi fece passare una mano tra i lunghi capelli, scendendo al torace, al capezzolo sinistro. Sapevo quello che stava per accadere e mi fermai mentre lui mi prendeva il capezzolo e lo torceva bruscamente. Guaii piano (non puoi fare rumore quando sei nella stanza di una pensione) ed alzai una mano per strofinarmi la tetta.
“Ti ho fatto molto male?” Bisbigliai.
“Non moltissimo.” Bisbigliò lui strofinandomi il capezzolo offeso, poi prese la mia mano per baciarla.
Mi spinsi delicatamente un poco più dentro di lui e lo sentii tendersi e poi rilassarsi. Vidi i suoi occhi chiudersi per il piacere mentre continuavo a carezzargli l’uccello. Marco amava fare l’amore lentamente e delicatamente, così io non avevo fretta mentre facevo scivolare altri due centimetri nel suo culo. Sembrava rilassato, così presi delicatamente la sua vita e lo tirai ulteriormente sopra di me.
Lui abbassò le gambe, avvolse le caviglie dietro la mia schiena ed io capii che era pronto.
Le sue gambe mi tirarono dentro di lui mentre io tiravo indietro la sua vita e seppellivo improvvisamente il mio cazzo sino alle palle nel suo ano. Agevolmente e lentamente cominciai a pompare.
Ero al liceo quando avevo scoperto, quasi improvvisamente, di essere gay.
Questa è la storia di quella scoperta. Ma prima è necessario mettere lo sfondo al palcoscenico.
Mio padre era un pilota dell’Aeronautica militare ed eravamo all’estero quando mia madre morì ed io avevo appena compiuto 12 anni.
Mio padre scoprì improvvisamente che ora era madre e padre di un adolescente e non solo un pilota.
Come in tutto quello che faceva si gettò a peso morto nelle sue responsabilità. Passammo molto tempo a giocare a calcio ed a pallacanestro finché non iniziai ad essere insubordinato.
Papà sopportò il mio atteggiamento per circa sei mesi e poi decise che avevo bisogno di più disciplina così mi portò dal parrucchiere a radermi la testa. Passai in un minuto dai capelli lunghi sino alle spalle, che mia madre ed io amavamo, ad una testa rasata . Ero così arrabbiato che smisi di parlargli.
Le cose cambiarono tra noi il giorno che la moglie del comandante di squadriglia venne a prendermi a scuola a mezzogiorno. La cattiva sensazione peggiorò quando andammo a casa sua ed incontrai il comandante di squadriglia, un cappellano ed una infermiera.
Non sentii quello che mi dicevano, che l’aereo di papà era caduto in mare e che lo stavano cercando, tutto quello che potevo pensare era che non gli avevo detto una parola per un mese, eccetto un ciao quella mattina.
Per tre giorni fui la creatura più misera del pianeta. La colpa che sentivo per non aver parlato a papà, combatteva col dolore. La sera del terzo giorno il telefono trillò ed il mio cuore sprofondò.
La moglie del comandante di squadriglia rispose al telefono ed io la guardai per comprendere di cosa si trattava prima che parlasse.
Un enorme sorriso si disegnò sul suo viso e fu come se il sole sorgesse.
Sbattè giù la cornetta e mentre correva alla porta mi disse che un elicottero stava portando papà all’ospedale.
Da quel momento papà ed io affrontammo seriamente i problemi padre-figlio, io cambiai il mio atteggiamento ed anche lui, da allora non litigammo più, discutemmo molte volte ma litigato mai. Lui sorvolò sui piccoli problemi, fu presente quando mi forai l’orecchio, anche se potevo vedere che digrignava i denti e non commentò mai il fatto che non mi tagliassi i capelli.
Si fece assegnare un servizio a terra in modo da non essere trasferito frequentemente ed io potessi frequentare lo stesso liceo dall’inizio alla fine.
Selezionò attentamente il liceo che voleva che frequentassi, doveva avere anche una squadra di calcio ed una di basket.
Mentre mia mamma era malata avevo smesso per un po’ di andare a scuola ed ero stato costretto a ripetere la classe. Questo, insieme ad un altro anno ripetuto, mi facevano essere di conseguenza più alto e più sviluppato della maggior parte dei miei compagni.
Speravo che la maturità e la dimensione avrebbero giocato a mio vantaggio. Mia mamma era stata molto alta, mio papà tendeva ad essere tarchiato ed io ero una via di mezzo.
Prima ero aumentato in altezza, mi avevano poi riempito di cibo per tentare di riempire la cornice e la cosa funzionò notevolmente bene. Quando iniziarono le lezioni ero un ragazzo ben piantato.
Ci presentammo a scuola in settembre, quando cominciava la stagione di calcio così fui in grado di provare per la squadra. La mia altezza e gli insegnamenti di calcio di mio papà mi permisero di entrare facilmente in squadra come riserva del centrale.
Dopo il primo trimestre il titolare andò in un’altra scuola ed io entrai in prima squadra, papà quasi scoppiava dalla gioia.
Il primo giorno di scuola non fu male, mi presentai, fui presentato come centrale di riserva della squadra di calcio e a pranzo per la prima volta vidi Marco.
Andai a prendere il mio cibo e poi guardai in mensa, non conoscevo un’anima così mi sedetti ad un tavolo quasi vuoto per lavorare la montagna di cibo che le signore di servizio avevano accumulato nel mio piatto. Mentre mangiavo avevo la sensazione di essere osservato e furtivamente mi guardai intorno per vedere chi lo stava facendo.
Sorpresi gli occhi di un ragazzo con capelli rossi e brillanti occhi blu che mi guardavano. Lui abbassò rapidamente lo sguardo al piatto. Ero abituato ad essere guardato, in un’epoca di capelli a spazzola e teste rasate completamente o parzialmente, io ero un’eccezione con i capelli castani che arrivavano cinque centimetri sotto le scapole. Non li tagliavo da anni e sembravano sempre piuttosto arruffati. Papà lo tollerava ma lo vedevo farsi piccolo ogni volta che li raccoglievo in una coda di cavallo. Lo facevo, fortunatamente per lui, solamente quando giocavo a calcio o a basket, il resto del tempo li lasciavo sciolti.
Ritornai al mio cibo ma poi tornai rapidamente a guardarlo. Lui mi stava fissando e stava toccando la treccia più lunga che avessi mai visto in un maschio. L’aveva tirata sulla spalla e la stava carezzando delicatamente. Era così lunga che non ne potevo vedere la fine perché la tavola la nascondeva.
Il ragazzo arrossì quando capì che lo avevo sorpreso, finì e se ne andò con la treccia ondeggiante. Io tornai rapidamente al mio cibo mentre cose strane stavano succedendo sotto la mia cintura.
Giocherellai col cibo finché tutto ritornò alle sue dimensioni normali e poi andai alla lezione seguente stordito e confuso per la mia reazione.
Il giorno seguente lo cercai dopo aver preso il cibo, ma appena lui incontrò i miei occhi, si alzò e se ne andò.
Non lo vidi per due settimane perché la scuola ed il calcio mi stavano occupando.
Vincemmo comodamente la prima partita, all’inizio del secondo tempo stavamo vincendo 4 a zero ed io entrai e segnai. Papà aveva perso gran parte della partita ma fu sufficiente quello che vide e penso di non averlo mai visto così orgoglioso di me, non aggrottò le ciglia neanche quando entrai in macchina dopo la partita coi capelli raccolti in una coda di cavallo bagnata e passando metà del tempo del viaggio verso casa tentando di mettermi gli orecchini al buio. Parlava solo di calcio.
A scuola la considerazione per me aumentò immediatamente e la maggior parte delle ragazze mi parlavano. Io naturalmente ero disponibile, avevo un po’ di notorietà ed avevo un bell’aspetto, ma ero uno nuovo. Nessuna ragazza della scuola, specialmente nessuna della mia classe, osava essere vista con qualcuno che non fosse più grande. La soluzione ovvia per ogni donna della scuola era ignorare la mia esistenza. Fui sorpreso nello scoprire che la cosa non mi preoccupava ed ero un po’ deluso dal fatto che nonostante ogni giorno a pranzo cercassi il ragazzo con la treccia, non lo vedevo mai.
Nella terza settimana di scuola avevamo la prova di educazione fisica obbligatoria. Non fu un problema per me finché non arrivammo alla piscina, dovevamo nuotare solo quattro vasche per superare la prova. Sfortunatamente finii nella parte più profonda, riuscii a tirarmi fuori ansimando e mi trovai gocciolante davanti all’insegnante che mi chiedeva perché ero saltato in piscina quando sapevo di non saper nuotare.
Decise che avrei terminato l’allenamento di calcio 15 minuti prima e sarei andato a lezione di nuoto. Mi dissero che uno dei nuotatori più veloci della regione sarebbe stato il mio insegnante.
La squadra di nuoto stava finendo quando entrai, stavo guardando un paio di ragazze che facevano tuffi quando una voce dietro di me disse: “Tu sei Luca?”
Mi voltai e vidi un ragazzo alto con profondi occhi blu, sapevo di averlo già visto in qualche luogo, ma non riuscivo a ricordare finché lui non si tolse la cuffia dalla testa ed i brillanti capelli rossi precipitarono bagnati sino alla vita.
“Io sono Marco, il tuo insegnante di nuoto. Cominciamo dalle basi.” E mi rivolse un rapido sorriso. Il mio cuore sembrò mettersi a correre, ma riuscii a dire qualche cosa senza balbettare.
“Mmm... Pronto quando tu lo sei.”
Marco era un nuotatore veloce, avrebbe potuto essere anche più veloce ma tutti quei capelli piegati sotto la cuffia probabilmente lo rallentavano un po’. Mi disse che raggiungere il vertice voleva dire lavorare e lavorare sodo non faceva male a nessuno.
Come me, lui era più vecchio dei nostri compagni di classe.
A quattro anni era stato coinvolto in un incidente automobilistico che quasi l’aveva ucciso. I dottori avevano giurato che non sarebbe più riuscito a camminare. Non sapevano come spiegarlo ad un bambino di quattro anni, i suoi genitori l’avevano avviato al nuoto come parte della terapia. Lui strisciava dalla sedia a rotelle alla piscina e nuotava finché qualcuno non lo trascinava fuori ore più tardi. Aveva otto anni quando i dottori gli permisero di frequentare la prima elementare. Il suo recupero proseguiva e quando cominciò ad frequentare la scuola riuscì ad attraversare la porta. Non camminava bene, ma camminava. Ma nuotare era divenuto la sua vita. Sulla terra era goffo, nell’acqua era troppo aggraziato.
La mia prima lezione di nuoto fu quella che mi diede la prima indicazione di essere gay. Lui doveva sostenermi nell’acqua mentre mi insegnava come stare a galla ed il tocco delle sue mani spediva brividi lungo la mia spina dorsale. Mi teneva le mani mentre imparavo a muovere i piedi e mi trascinava intorno al lato poco profondo della piscina. Ebbi un’erezione per la maggior parte della lezione ed ero così imbarazzato che rimasi in piscina anche nell’intervallo. Poco prima che finisse il primo giorno, mi fece saltare nell’acqua profonda per vedere come me la cavavo. Saltai il più vicino possibile a lui e mentre affondavo stesi la mano per sostenermi. La mano strisciò lungo il suo torace e, passato il suo inguine, sentii la sua erezione attraverso il costume sottile.
Mi tirò in superficie e mentre ansimavo e mi sostenevo a lui, feci correre di nuovo la mano sul suo inguine (come se fosse una cosa accidentale).
Marco mi fece girare e mi trascinò verso il bordo della piscina dove mi fece fare alcuni altri esercizi. Ancora una volta mi aiutò sostenendomi e questa volta la sua mano strisciò contro la mia erezione.
Mi rivolse un rapido sorriso colpevole, poi arrossì di un brillante cremisi.
“Per oggi la lezione è finita.” Balbettò: “Ci vediamo domani.”
Uscì dalla vasca e si diresse verso lo spogliatoio. Mi ci volle un po’ di tempo per riprendere il controllo e seguirlo.
Per quel trimestre non avevamo lezioni in comune e quindi lo vidi solo durante le lezioni di nuoto. C’erano sempre molte persone intorno così io non ebbi mai molte opportunità di conoscerlo meglio.
Venerdì sera c’era la partita di calcio, io non giocai nel primo tempo e diedi un’occhiata alle tribune per vedere se c’era Marco. Lo vidi e lui mi fece segno con una mano ma la partita stava entrando nel vivo ed era necessaria tutta la mia attenzione. Le cose non andavano benissimo comunque entrai nel secondo tempo e feci una prestazione abbastanza buona. Finita la partita, poiché papà era fuori città, persi un po’ di tempo, prima di andare sotto la doccia, nel tentativo di stirarmi i capelli, poi ci volle un’altra mezz’ora per asciugarli e pettinarli. Ero solo quando lasciai lo spogliatoio. Gettai uno sguardo fuori, pioveva a dirotto e stavo pensando alla camminata di un chilometro sotto il diluvio quando una macchina si fermò davanti alla porta.
Marco abbassò il vetro del finestrino e disse: “Hai bisogno di un passaggio, marinaio?”
Mentre entravo in macchina mi chiese se volevo fermarmi per una pizza prima di andare a casa.
Dissi che ero stanchissimo e mi faceva male un colpo che avevo ricevuto.
Arrivati davanti a casa mi disse che gli sembrava molto buia, gli dissi che papà era fuori città per alcuni giorni ed ero solo: gli raccontai anche che i miei grandi progetti per il fine settimana erano di passare dal letto al soggiorno fino a lunedì pregando che il dolore mi passasse.
Mi guardò e disse timidamente con voce roca che anche i suoi genitori erano fuori città ad una convention medica e che anche lui era solo, disse anche che aveva una piscina coperta a casa sua ed una vasca calda.
Sentii che mi diventava duro e mi chiesi se lui stesse sentendo lo stesso quando disse: “Ho passato molto tempo ricoverato in ospedale e so come ci si sente bene in una vasca calda quando si ha male ai muscoli. Ho imparato anche come massaggiare i muscoli doloranti e cacciare via il male.”
Non mi guardava mentre lo diceva, la sua voce aveva un che di ansioso ed una nota di speranza.
Capii che ero arrivato ad un bivio e dovevo decidere da che parte andare. Sapevo che presa una strada non vi sarebbe stato ritorno. Mi chiesi se anche Marco si trovava allo stesso bivio.
“Vasca calda e massaggio, mi sembra grande.”
Lui mi sorrise e fece un’inversione con la macchina.
Lui viveva circa a tre chilometri da casa mia in quella che era nota come la “parte ricca” della città. Quando ci passammo di fianco per andare in garage vidi che la casa era enorme.
La stanza di Marco era appena fuori dal garage in un’ala privata che includeva la sua stanza, uno studio, una piccola stanza di allenamento, il suo bagno, la piscina coperta e la vasca calda.
Mi portò in piscina ed indicò la vasca calda.
“Entra, io vado a cambiarmi” Mi disse dirigendosi verso la sua stanza.
Io mi tolsi velocemente i vestiti e li appesi su un gancio. Pensai di tenermi le mutande ma così avrei dovuto indossarle bagnate per tornare a casa. Me le tolsi ed entrai nella vasca. L’acqua calda era eccezionale sui miei muscoli stanchi quando mi ci sdraiai. C’erano un paio di pulsanti al mio fianco e li pigia finché non feci partire il getto.
I getti di acqua calda stavano cominciando a diminuire l’indolenzimento della mia schiena quando Marco rientrò con un accappatoio. In mano aveva una bottiglia di brandy e due bicchieri. Riempì un bicchiere e me lo diede, si mise sul bordo della vasca e lasciò cadere l’accappatoio.
Quasi il brandy mi soffocò.
La brillante treccia rossa e la sua rossastra e rada barbetta a punta erano gli unici peli sul suo corpo. Era raso dal collo in giù. Sapevo che si radeva il torace e le gambe come la maggior parte dei nuotatori, ma l’inguine raso ed il culo liscio riportarono alla massima estensione la mia erezione.
Feci correre una mano nel cespuglio che mi copriva l’uccello e tra la massa di peli del torace. Un vero contrasto ho pensato tra di me mentre lui entrava nella vasca e si sedeva accanto a me.
Centellinò il suo brandy per alcuni minuti poi mi disse di sedermi di fronte a lui, lo feci ed il getto d’acqua mi massaggiò la schiena, lui mi prese una gamba e cominciò a massaggiare i muscoli del polpaccio.
“I muscoli delle gambe fanno sempre maledettamente male dopo un allenamento.” Spiegò mentre mi modellava i muscoli. Massaggiò il polpaccio e poi mi tirò vicino per cominciare con le cosce.
Chiacchierammo del calcio e di quello che stava succedendo a scuola mentre io tentavo di evitare di pensare a quello che stavo provando.
Massaggiò risalendo la coscia verso l’inguine ed il membro gonfio. Più le mani si avvicinavano e più la mia erezione diventava dura ed il mio torace si contraeva.
La sua mano alla fine strisciò sul mio pene duro e lui la spostò velocemente; arrossì ed esitò per vedere la mia reazione.
Io ero confuso ed impaurito. Avrei potuto uscire dalla vasca ed incamminarmi sotto la pioggia o avrei potuto seguire il corso dei miei sentimenti.
Esitai, Marco mi stava mettendo alla prova? Se avevo ragione e non avessi fatto niente probabilmente avrei perso un’opportunità unica.
Con lo stomaco in tumulto allungai una mano a toccare la sua coscia, avrei potuto dire che era stato un incidente se si fosse lagnato.
Lui chiuse gli occhi e respirò profondamente,quando li riaprì erano pieni di speranza e paura ed io mi chiesi se fosse quello che mi sembrava di vedere.
I suoi occhi assunsero un’espressione improvvisa di determinazione, tolse delicatamente la mia mano dalla sua coscia, la spostò al suo inguine e la mise sulla sua erezione. Allungò l’altra mano sott’acqua per toccare piano il mio uccello e questa volta si fermò.
Io respirai profondamente,lo avvolsi con le mie gambe, lo tirai verso di me e lo baciai sulle labbra.
Dopo un momento di esitazione lui aprì la bocca e lo baciai profondamente come non avevo mai baciato una ragazza.
Lui rispose immediatamente schiacciando la bocca sulla mia e strisciando il suo inguine contro il mio cazzo.
Lo feci sdraiare e sempre baciandolo portai la mano al suo inguine, lo strofinai e mi sembrò di carta smerigliata. Mi tirai via e risi.
“Cosa c’è? Cosa c’è?” Balbettò imbarazzato.
“Nulla, ho solo notato che il tuo inguine sembra una guancia alle 5 del pomeriggio.”
Rise e poi riprese a spingere le labbra sulla mia faccia.
Rotolammo nella vasca facendo traboccare l’acqua finché lui non fu sopra di me con le braccio intorno al mio corpo e muovendo il torso in modo che i nostri uccelli strofinassero l’uno contro l’altro e contro le nostre pance.
Si abbassò per baciarmi i capezzoli ed io spinsi una mano tra di noi per afferrare i nostri cazzi e cominciare ad accarezzarli.
L’attività divenne più frenetica quando afferrai il suo culo e schiacciai la sua pelvi contro la mia.
Ci prosciugammo (per così dire) mentre ci baciavamo ognuno sulla bocca dell’altro ed esploravamo l’altro con la lingua e le mani.
Sentii il mio stomaco contrarsi mentre il mio corpo reagiva alla nostra libidine.
Il mio respiro divenne un rantolo e la ferocia del mio movimento contro Marco divenne selvaggio.
Lui rispose accelerando i suoi movimenti e sbattendo la lingua nella mia gola.
La mia schiena si inarcò mentre l’orgasmo mi prendeva.
Mi agitai violentemente mentre lo sperma caldo saliva come un razzo dal mio uccello nell’acqua tra di noi, spasmo dopo spasmo.
L’anelito di Marco si trasformò in un lamento mentre il mio movimento contro il suo corpo provocò la sua liberazione. Lo strinsi ermeticamente mentre lui pulsava contro di me. Sentii il suo pene gonfiarsi e sentii il suo sperma sprizzare contro il mio addome.
Dopo molti altri spasmi crollò contro di me con un enorme sospiro. Io continuai a tenerlo stretto a me, la mia mente e mio corpo barcollavano nella forza dell’orgasmo, non ne avevo mai avuto uno così forte.
Ci stringemmo l’uno all’altro per un altro minuto senza dire o fare niente, assaporando solo l’essere uno nelle braccia dell’altro. Alla fine Marco si tirò su e mi guardò.
“Wow!” disse e crollò di nuovo tra le mie braccia.
Capitolo 2 - Il giorno seguente
Il telefono mi svegliò alle 6 di mattina. Quando era via papà mi chiamava sempre alle 6. Il nostro accordo era che lui non mi avrebbe chiamato di sera perché pensava che avessi bisogno di un po’ di libertà. Quindi erano le sei. Se non fossi stato a casa avrebbe saputo che qualche cosa non andava. Voleva assicurarsi anche fossi sveglio per non far tardi a scuola.
Quel sabato mattina chiese come era andata la partita ed io gli dissi che avevo avuto uno scontro e che mi faceva male dalla testa alle dita dei piedi.
Rise e mi disse di andare a correre, il male sarebbe sparito. Mi chiese poi cosa avrei fatto quel giorno.
Gli dissi solo parzialmente la verità, dissi che dopo la corsa sarei andato da Marco per l’allenamento di nuoto e poi “avrei girellato.”
Mi disse di stare fuori dai guai, che sarebbe tornato a casa lunedì come progettato ed appese.
Ero stanco, erano le due di mattina passate quando Marco mi aveva lasciato tornare a casa. Dopo che la passione del mio primo “incontro gay” nella vasca calda si era affievolita, i mali ed i dolori della partita erano ritornati.
Lui mi aveva suggerito di passare la notte da lui, ma a quel punto volevo solo andare a casa e cercare di guarire, inoltre non ero sicuro che fossimo pronti per una relazione più profonda.
Ci asciugammo l’un l’altro (e la cosa fu divertente) e poi lui mi accompagnò a casa con una sosta alla pizzeria notturna per uno spuntino.
Quando finalmente fui a letto, ero esaurito.
Dopo la telefonata di papà, strisciai letteralmente fuori dal letto. Ero rigido in ogni giuntura. Avevo promesso che sarei passato da Marco dopo la corsa per allenarmi a nuoto, come avevo detto a papà. Quello che non gli avevo detto era che speravo di “conoscere” meglio Marco dopo il nuoto.
Gettai un cambio in un zaino, mi misi la tenuta da corsa e zoppicai fuori per i miei 5 chilometri di corsa del sabato. Il primo chilometro fu un incubo ma poi verso la fine le cose migliorarono; avevo progettato il percorso in modo di finire davanti alla casa di Marco.
Attraverso il cancello del cortiletto arrivai alla sua piscina coperta. Le luci erano accese e vidi qualcuno nella vasca. Bussai ed entrai. Marco stava nuotando, mi salutò con una mano e gridò che aveva ancora 15 minuti impegnati, di entrare e prepararmi. Mi fermai all’orlo della vasca per guardarlo nuotare. Tagliava disinvoltamente l’acqua ed ad una velocità che io non avrei mai potuto sperare di raggiungere. I muscoli nella sua struttura magra risaltavano nella luce fredda ed i suoi brillanti capelli rossi galleggiavano dietro di lui, un brillante contrasto col suo corpo pallido. Notai anche che era nudo, così mi tolsi i pantaloncini ed entrai.
Per i 10 minuti seguenti nuotai su e giù mentre Marco gridava istruzioni. Dopo una terza sosta per prendere fiato decisi che il troppo era troppo.
Respiravo affannosamente ed i miei muscoli rigidi che inizialmente si erano sciolti con l’esercizio del nuoto ora dolevano per la fatica.
Mi stavo avviando alla scaletta quando qualche cosa afferrò la mia caviglia. Marco stava scalando il mio corpo come fosse un albero. A poco a poco mi salì sulla schiena col corpo pigiato contro il mio il più possibile. Sentii la sua durezza muoversi verso l’alto dal retro delle mie cosce, sulle mie natiche per fermarsi nella fessura del mio culo. Il mio uccello balzò sull’attenti mentre lui mi girava la testa per baciarmi sulle labbra.
“Buon giorno, amico” Disse quando riprese fiato.
Mi voltai, gli afferrai il culo e lo tirai bruscamente contro di me, grandi amici pigiati uno contro l’altro.
“Buon giorno a te!” Risposi. “Cosa succede? Cosa vuoi!”
“Te” Rispose lui. “Andiamo a lavarci e poi a fare colazione.”
Andammo nel suo bagno e vidi la più grande doccia che avessi mai visto. C’erano due docce alle estremità del box ed abbastanza spazio per tre o quattro persone.
“Vai a farti la tua doccia, io prima voglio radermi l’inguine, comincia a prudere”, Disse lui.
‘La cosa può essere anche più divertente della doccia.’ Pensai e gli dissi: “Dov’è la tua attrezzatura da rasatura? So che non puoi arrivare di dietro, se vuoi ti raderò io.”
La mia voce mi sembrava roca, lui sorrise e mi disse che c’era uno sgabello vicino alla piscina, l’avremmo fatto là.
Mentre lui cercava il rasoio io chiusi a chiave la porta del cortile e le tende. Presi un piccolo secchio e lo riempii con l’acqua calda della vasca.
Nel frattempo Marco si era seduto sullo sgabello. Usai un asciugamano per bagnargli la pelle e poi gli insaponai la faccia.
“Oh, pensavo che tu stessi per radermi in qualche altro posto” Disse con voce triste.
“Tutto al momento giusto” Dissi cominciando a raderlo: “Non vorrai tenere la barba lunga e la guancia come carta vetrata, non è vero?”
Aveva una barba leggera così finii rapidamente.
Si toccò il mento ed io gli dissi che stava molto meglio senza quella barbetta rada. Presi un pettine e passai qualche minuto a pettinargli i capelli aggrovigliati, rimasi sorpreso nel vederli arrivare sotto l’abbronzatura del sedere. Gli lanciai i capelli sopra la spalla in modo che pendessero davanti, poi insaponai una striscia stretta intorno alle orecchie e giù lungo il lato del collo. Rasai attentamente intorno all’orecchio e giù all’attaccatura dei capelli del collo, tagliai i peli che gli erano cresciuti sul collo dopo l’ultima rasatura. Rasai una linea diritta attraverso la nuca alla base delle orecchie e poi finii con l’altro orecchio. Sbirciai oltre la sua spalla, vidi che si toccava l’uccello e gli schiaffeggiai via la mano.
“Non ancora. Me ne prenderò cura quando arriverò là.”
“Bene, affrettati allora” Disse con voce roca.
Non avevo alcuna intenzione di affrettarmi, specialmente ora che vedevo che lo stavo tormentando.
Non ci volle molto per scendere alla linea di abbronzatura ed alle braccia, erano quasi senza peli. Lo feci alzare dallo sgabello e lo misi a faccia in giù sulla stuoia. Impazzì quando gli strofinai della crema da barba sul culo e nella fessura.
La sua mano sparì sotto il suo corpo, allora diedi uno strattone tirandogli fuori la mano e dicendogli di aspettare.
Non c’era molto da radere sul culo ma feci comunque un lavoro completo, semplicemente perché Marco ne stava godendo.
Gli allargai le gambe e raggiunsi le palle,le coprii di sapone, le strinsi e le rasai il più delicatamente possibile.
Improvvisamente tutto il suo corpo rabbrividì e lui gridò: “Oh merda!”
Era un spettacolo interessante vedere come il suo corpo reagiva all’orgasmo, sembrava non sapere se alzarsi sulla stuoia, carezzarsi il cazzo o entrambe le cose. Di conseguenza si limitò a vibrare un po’ finché “l’attacco” non passò.
Rotolò su se stesso, vidi lo sperma sul suo stomaco, sul torace e la stuoia era completamente sporca.
L’asciugai e stavo per pulire la stuoia quando lui mi afferrò e mi baciò con forza.
“Continua e mi innamorerò di te.” Promise.
“Continuiamo così e non andremo mai a fare colazione.”
Questa volta il mio stomaco aggiunse una piccola enfasi al commento.
Lui rise, rotolò sulla schiena ed io ripresi a raderlo. Per radergli le gambe furono necessari solo alcuni minuti e vidi che gli stava diventando di nuovo duro. Mi spostai accanto a lui e gli rasi le ascelle ed il torace giù sino alla linea dell’abbronzatura.
Ricominciò a lamentarsi quando gli afferrai l’inguine.
Mi inginocchiai tra le sue gambe e rasi l’interno delle cosce. I suoi lamenti diventarono un po’ più forti. Spalmai la schiuma sull’inguine e sul cazzo dando all’uccello alcuni colpi supplementari per tenerglielo sull’attenti.
La vista del suo membro congestionato mi aveva lasciato senza fiato. Mi piegai per dare un’occhiata più da vicino a quello che stavo facendo, non volevo lasciare segni in quell’ area, poi rasai l’inguine il più lentamente possibile.
Più radevo, più mi eccitavo, finché sua verga rigida non ebbe più alcun pelo.
Pensai di essere sul punto di sparare il mio carico su di lui.
Non avevo mai fatto un pompino in vita mia, ma sapevo che ora avrei fatto il mio primo.
Gli rasi attentamente il pene e poi presi dal mio zaino un preservativo.
Lui stava guardando in intensa attesa mentre lo srotolavo sul suo cazzo.
Esitai per un momento chiedendomi se volevo fare quel passo successivo in una relazione con lui, ma la passione ebbe la meglio su di me e spinse la mia bocca giù sul suo uccello per iniziare a succhiare. Dapprima soffocai quando la sua erezione colpì il fondo della mia gola. Indietreggiai un po’ e tentai di nuovo.
I lamenti di Marco divennero più forti e cominciò a spingere le anche.
Io afferrai il mio cazzo palpitante e lo carezzai con forza.
Sono sicuro che non fu un grande pompino confrontato con gli standard, ma sicuramente a lui andò bene.
Sentii il suo pene gonfiarsi nella mia bocca e la testa del preservativo espandersi rapidamente mentre Marco vi sparava dentro il suo carico.
Spingeva le anche verso l’alto, infilando l’uccello in fondo alla mia gola.
Cominciai di nuovo a soffocare così lo sputai fuori, mi alzai e carezzai con più forza la mia carne.
Questo preparò il mio pene a scaricarsi ed il mio sperma sprizzò dalla cappella a coprire il suo inguine e le palle. Guardai stupito mentre pompavo altra sborra sopra l’inguine rasato e la guardavo gocciolare sopra le sue palle e la stuoia.
Eravamo ambedue esausti e crollammo indietro con sospiri profondi. Allungai una mano per togliere il preservativo ma Marco la spostò dicendo che il suo uccello era troppo sensibile per essere toccato in quel momento, allora gli diedi un rapido bacio, poi presi un asciugamano caldo e cominciai a pulirci.
“Com’è stato? Fare un pompino voglio dire” Chiese tranquillo.
“Nel tuo caso era come succhiare un guanto chirurgico sul tuo mignolo. Una cosa antisettica e non molto gustosa.”
“Mi chiedo com’era prima che l’AIDS spaventasse tutti a morte, quando era possibile ingoiare senza la preoccupazione di bere la morte.”
“Pensieri piuttosto profondi per un ragazzo che ha appena ricevuto il suo primo pompino. Inoltre, l’ho fatto per te, il gusto del lattice era un piccolo prezzo da pagare per farti felice.”
Mi sdraiai accanto a lui e gli baciai un capezzolo per mostrargli che volevo ancora farlo felice.
Improvvisamente si sedette ed indicò lo sgabello.
“Tocca a te, sulla sedia!” Ordinò e prese il rasoio.
Non mi sedetti dato che eravamo stati d’accordo che avrei tenuto i peli sul corpo. Dopo tutto io ero quello che doveva fare la doccia con la squadra, presentarsi con gambe rase ed un inguine calvo era la strada giusta per farmi scoprire ed io non ero pronto al coming out.
Marco mi pettinò i capelli e poi prese l’attrezzatura da barbiere, io non mi tagliavo i capelli da almeno due anni ed una quantità impressionante se ne accumulò sulla stuoia mentre li aggiustava intorno alle orecchie e mi radeva il collo. Li accorciò anche di circa 4 centimetri. Quando fu soddisfatto, mi aggiustò le basette che erano cresciute eccessivamente e mi rase la faccia lasciando l’inizio di una barbetta.
“Aggiunge carattere ad una faccia piuttosto piatta.”
Poi provammo la sua doccia, io lo lavai fregandogli la schiena e poi lui la mia.
Mentre stavo lavandomi i capelli, si inginocchiò e cominciò a lavarmi il cazzo che crebbe rapidamente alla sua dimensione eccitata. Prese un preservativo (non so dove l’avesse nascosto!) lo srotolò su di me e seppellì la faccia nel mio inguine senza dire una parola.
Le sue mani insaponate afferrarono il mio culo e mi tirarono nella sua bocca. Una mano scivolò in giù per carezzarmi le palle mentre l’altra carezzava e sondava il mio ano.
Cominciai a spingere nella sua bocca e quasi gli feci sbattere la testa contro il muro quando mi seppellì un dito insaponato nel culo.
“Spero che ti sia tagliato le unghie.” Ansimai.
Lui non poteva o voleva rispondere, si limitò a succhiare più forte.
Non c’era molto che io potessi fare mentre lui era laggiù, così gli carezzavo la faccia e lo tirai una volta per un bacio rapido, prima di lasciarlo affondare di nuovo sul mio uccello.
La mia asta non ci stava completamente nella sua bocca, così Marco avvolse un po’ dei suoi capelli intorno ad una mano e mi carezzò il cazzo coi capelli. Proprio così. Non so come sentì che ero pronto a sborrare ma nel momento in cui iniziai seppellì di nuovo il dito nel mio culo e sondò con forza la mia prostata. Mi sembrò come se stessi pisciando, merda e sperma allo stesso tempo. Spinsi profondamente nella sua bocca ed ansimai rumorosamente mentre eruttavo nel preservativo. Lui tentò di tenere il pene nella sua bocca ma desistette e lo tirò fuori mentre continuava a pomparmi.
Quando finii ero esaurito, così mi appoggiai alla parete della doccia e scivolai sul pavimento. Marco mi guardò ansioso.
“Wow!” Fu tutto quello che ebbi la forza di dire.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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