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Gay & Bisex

Prova d'orchestra - Seconda parte


di aramis2
05.11.2019    |    4.268    |    12 9.3
"Ma forse non ero sicuro che fosse lui a piangere perché io ero in lacrime, stavo piangendo di felicità, non di tristezza..."
E lui non aveva telefonato, nessuna chiamata, nulla; e il mio cervello rimuginava. Non potevo vedere il suo viso ma potevo sentire i suoi occhi che mi guardavano nell'anima; potevo sentire il suo dolce respiro sul mio viso ed il tocco leggero delle sue labbra sulle mie. Potevo sentire l'insistenza e la passione nel suo bacio e potevo sentire me stesso renderglielo. Ma non potevo capire. Non avevo mai pensato alle ragazze, questo non voleva dire che non mi andava di pensare a loro, penso, ma che ero troppo occupato. Avevo una borsa di studio e così a scuola dovevo lavorare duro ed inoltre esercitarmi nella musica. Tutto questo non lasciava molto tempo per la vita sociale, inoltre ci eravamo appena trasferiti in città ed i miei amici erano a duecento chilometri di distanza. Era una scuola mista ma tutte le ragazze nel mio corso inseguivano ragazzi più vecchi di tre anni e le ragazze di dodici anni non sono esattamente mature! Così non ho mai avuto delle vere occasioni, e comunque non pensavo neppure ai ragazzi. Sì, ci guardavamo l'un l'altro sotto la doccia, suppongo, dubito che ci sia un ragazzo che non l'abbia mai fatto, anche se non l'ammette. Ma non c'era stata alcuna attrazione, era solo un confronto, solo cose del genere ‘il mio è normale?’ A proposito lo era, anzi lo è, normale intendo.
Non avevo mai, mai sentito quella sensazione strana prima d'allora, quella quasi vibrazione causata dalla vicinanza di qualcuno. E non sapevo chi fosse, cosa facesse, dove vivesse, neppure quanti anni avesse. Sapevo solo che aveva un aspetto divino e che suonava la tromba così dolcemente che mi faceva sciogliere. Ma che cosa sentivo? Non potevo domandarlo a nessuno; immaginate la conversazione? ‘Mamma, l’altra sera ho avuto il mio primo bacio’ ‘Che bello caro’ ‘Mamma!’ ‘Cosa c’è, caro?’ ‘Sono stato baciato l'altra sera.’ ‘Che bello, da una ragazza, chi è?’ ‘Non è una ragazza, mamma, è stato Aldo e mi ha lasciato dentro una sensazione di rivoluzione.’ ‘Aldo, ti ha accompagnato a casa l'altra sera?’ ‘Sì mamma.’ ‘Aldo è un nome divertente per una ragazza, caro, ma al giorno d'oggi succede di tutto.’ ‘Aldo è un ragazzo, mamma.’ Urlo!!!!!
Sì, sarebbe andata esattamente così ed era fuori questione affrontare un simile spettacolo. Ma io non ero una checca, non sapevo cosa fossi realmente. Sesso e roba del genere non avevano voluto dire molto per me, per lo meno non ancora; voglio dire che non mi masturbavo quasi mai, non avevo sogni che provocavano pulluzioni e comunque fare quelle cose non mi divertiva, farle da solo, almeno. E non le avevo mai fatte con altri ragazzi. Penso di essere stato in attesa di qualcosa, di qualcuno. Così quella settimana fu un inferno, cercai di pensare ad altro ma non potevo, perché sentivo lui, là, di fronte a me, che mi teneva, là nel parco nel crepuscolo, solo noi due, quasi le ultime persone al mondo. Ed era bello. Una cosa che avevo ottenuto era stato il permesso di stare fuori un po’ più a lungo alla prova d'orchestra seguente. Non avevo idea se Aldo ci sarebbe stato ed ero un po’ sconvolto per il fatto che non mi avesse telefonato, ma volevo essere sicuro di non cacciarmi nei pasticci coi miei genitori; ma la cosa filò liscia e papà mi prestò di nuovo il cellulare per potergli dire dove andavo e quando sarei tornato. Veramente carino. Sono arrivato sin troppo presto, ho preparato leggio e strumenti e sono stato tranquillo senza perdere d'occhio la porta in attesa che Aldo apparisse. Stavo disperando che accadesse quando l'ho visto, finalmente. Proprio poco prima che il maestro ci richiamasse all'attenzione e quindi senza la possibilità di dirgli qualche cosa. Durante un intervallo tra due pezzi ho incrociato il suo sguardo e non potevo credere a quello che i suoi occhi mi dicevano. Nell'intervallo mi sono avvicinato.
“Aldo?” Si è girato e mi ha guardato: Oh, quegli occhi, ma che sguardo triste.
“Aldo, cosa succede?”
“Nulla...”
“Non ti ho mai visto così, non sembri lo stesso.” L'avevo detto? Wow!
“Dunque, io...”
“Non hai telefonato.”
“No. Perché io, oh merda… non voglio… beh non posso… oh… ma… oh, io... mentre me ne andavo da te...”
“Hai detto 'Io ti amo, Giorgio'”
“Sì.”
Sembrava così spaventato, ma nemmeno la metà di quanto ero spaventato io. Se questa sensazione era amore, ebbene io l'amavo. Diamine, se era solo il bisogno di essere con lui e toccarlo, allora l'amavo!
“Allora mi hai sentito. Avevo una mezza speranza che tu non avessi udito.”
“Anch'io avevo una mezza speranza che tu non l'avessi detto, ma sono felice che tu l'abbia fatto.”
“Non sei arrabbiato con me?”
“Per il fatto che tu non mi abbia telefonato, sono dannatamente arrabbiato. Per l'altro? Non ne ho idea. Debbo parlarne con te, stasera, dopo.”
“Allora ok.”
“Aldo, smetti di essere spaventato, è tutto ok… penso.”
“Avrei voluto telefonare; ho fatto il tuo numero cinquanta volte, e quasi ti ho telefonato. Ma poi mi sono fermato prima di fare l'ultima cifra.”
Mi ha guardato timidamente; begli occhi, capelli morbidi e timido: “Sono passato davanti alla tua casa tutte le sere. Molto lentamente, sperando di vederti.”
“Idiota!”
“Sì. Ne parliamo dopo, ho portato la macchina.”
“Va bene.”
La seconda parte della prova si è trascinata, in attesa di parlare con Aldo, la musica mi sembrava una cosa noiosa, e non potevamo farci niente, proprio niente, e la prova si trascinava; erano i tromboni il vero problema, le note c'erano ma intervenivano tardi e troppo forte, ogni volta. Quando siamo usciti cadeva una leggera pioggerellina; quasi senza parlare siamo andati alla sua macchina, abbiamo messo gli strumenti nel baule e siamo entrati.
“Affamato?” ha domandato.
“Non proprio.”
Sembravo imbarazzato.
“Mi dispiace, se tu...”
“No, neanch'io”
Ha cominciato a guidare lentamente lungo il bordo della strada fino al solito parco, il tergicristallo intermittente puliva il parabrezza.
“Giorgio, ho dovuto dirlo.”
“Quando te ne sei andato la settimana scorsa?”
“Sì.”
“Come lo sai?”
“Non so, so solo che dovevo farlo. Sono nervoso ora, per te, per quello che dirai, per quello che pensi di me.”
“Sono qui, in macchina con te.” Gli ho ricordato: “Non dovrei essere qui, ma penso di voler essere qui.”
“Pensi?”
“Beh, io mai..., beh, io… beh, io... Aldo, non so, ma voglio essere qui.”
Siamo andati allo stesso parcheggio, vicino alle transenne dell'ippodromo. Era divertente pensare che lì correvano i cavalli più famosi del mondo; la mia mente pensava a cose frivole, una sorta di difesa, suppongo, anche se non mi sembrava di aver bisogno di difesa, non con Aldo, non da Aldo.
“Se mi baci ancora, lo farò anch'io” Ha detto.
Ma non si può in una mini, non facilmente almeno. Tuttavia mi sono girato verso di lui e quasi mi sono impalato tra la leva del cambio ed il freno a mano; ho incontrato i suoi occhi, così tristi oggi.
“Aldo, se questo è amore, allora penso di amarti anch'io.” E gli ho baciato le labbra, delicatamente, poi con più forza, ho forzato la mia lingua nella sua bocca come se avessi voluto berlo, avvolgendola come un gatto.
“Ow!” ha strillato lui: “Ow! Odio leve del cambio; usciamo?”
“Piove.”
“Sì. Bagnamoci? Per favore…”
Non faceva freddo, c'era solo la pioggia. Siamo usciti; lui si è ricordato di chiudere a chiave la macchina, io mi sono ricordato di telefonare casa.
Ci fissavamo mentre camminavamo, siamo usciti dalla strada, ci siamo avvicinati alle ringhiere della pista d'addestramento; e ci tenevamo per mano.
“Giorgio, sono più vecchio di te.”
“Ho già diciotto anni.”
“Quello che voglio dire, devo essere onesto con te?”
“Io...”
“Shh, lasciami finire. Non ho telefonato perché ero spaventato dal fatto di sedurti. Volevo sedurti ma non volevo farti male, metterti in una posizione da cui mi avresti odiato. Ho guardato nei tuoi occhi la settimana scorsa e ho pensato che avevo visto... beh, penso di aver visto quello che tu hai visto nei miei. Ma ho passato i diciotto anni e può essere un errore, a meno che tu non sia sicuro, Giorgio, a meno che tu non sia sicuro. Mi sono innamorato non appena ti ho visto, non potevo distogliere gli occhi da te e ancora non posso. Non voglio fare nulla per cui tu mi possa odiare, non potrei sopportarlo, così voglio che tu sia sicuro di voler stare con me. Io voglio conoscerti, sapere chi sei, i tuoi sentimenti, perché penso di voler passare la mia vita con te. Oh, merda, ora ti avrò spaventato.” E ha cercato di allontanarsi da me, ma gli tenevo ambedue le mani perché durante il discorso aveva smesso di camminare, e quindi non poteva allontanarsi.
“Aldo, tocca a me.”
“Sei ancora qui?”
“Tocca a me, e tocca a te stare zitto. Guarda, non so quello che sento. Niente shh! Non so quello che sento, non ho mai avuto sensazioni come queste prima d’ora. So che sei bello, non riesco a togliere gli occhi da te, so che voglio stare con te, essere approvato da te, essere nei tuoi pensieri più di qualsiasi altra cosa al mondo. Se questo è amore, Aldo, allora penso di amarti, ma voglio anche saperlo, e penso di voler essere sedotto, perché non so cosa fare e mi sento spaventato, e voglio tenerti con me e non lasciarti più andare. Come passare la vita con te non ho idea, non finché non so chi sei, chi sono io. Non sono una checca, Aldo, ma non so quello che sono, chi sono. E voglio che tu mi tocchi, dovunque, dappertutto!”
“Oh Giorgio.”
Ed era tra le mie braccia, ed io ero tra le sue. Ho pensato stesse piangendo, o forse era la pioggia sulle sue guance, ma il suo viso era bagnato quando ha appoggiato la sua guancia alla mia e sono sicuro di averlo sentito singhiozzare. Ma forse non ero sicuro che fosse lui a piangere perché io ero in lacrime, stavo piangendo di felicità, non di tristezza.
“Non avevo mai pensato che potesse accadere, Giorgio, mai pensato che sarebbe accaduto, che potesse accadere. Non ho mai sognato di trovare qualcuno come te, non ho mai sognato di trovarlo, di trovarti.”
Si può stare abbracciati sotto la pioggia? Non ne ho idea, ma noi lo siamo stati, e ci bagnavamo sempre più. Non era tempo ne di parole ne di azioni, era tempo di stare insieme; conoscerci; di stancarci insieme; sentirci vivi insieme.
Abbracciati abbiamo camminato nell'oscurità, fianco a fianco, e abbiamo parlato, delle nostre speranze e paure, delle nostre ambizioni, delle nostre case, dei nostri genitori. Ci siamo detti l'un l'altro i nostri sentimenti. E mentre camminavamo, ci tenevamo le mani. Qualche volta ci siamo fermati a baciarci ed abbracciarci, qualche volta il silenzio è caduto fra di noi. Mentre camminavamo le nubi si sono aperte, la pioggia si è fermata, le stelle sono comparse seguite dalla mezzaluna.
“Giorgio, l'ora!” Aldo improvvisamente mi ha afferrato il braccio: “Guarda l'orologio, è quasi mezzanotte! I tuoi genitori?”
“Succede che stia con gli amici sino a mezzanotte.”
“Mancano dieci minuti a mezzanotte, devo portarti a casa; non voglio che tu abbia guai.”
“Penso che mi piacerebbe che tu mi procuri dei guai.”Ho detto sognante.
“Non intendevo quel genere di guai, idiota.”
Aldo, il mio Aldo, mi aveva preso in giro.
“Devo portarti a casa, dannazione, dov’è la macchina?”
“A due chilometri da qui, non ce la faremo per mezzanotte.”
“Potrei risolvere la cosa” Mi ha sorriso, anche al debole chiarore della luna potevo vedere lo scintillio dei suoi occhi.
“Dimmi”
“Se vuoi, solo se vuoi, puoi venire a dormire a casa mia. Ho due letti nella mia stanza, ma...”
“Ma?”
“Ma sono spaventato di avertelo domandato, perché...”
“Perché...?”
“Ti amo, Giorgio, non sono sicuro di voler dormire in letti diversi. Non sono sicuro di voler dormire mentre sono in camera con te. E non vorrei averti sconvolto.”
“Ho fiducia in te, Aldo, ho fiducia in te. Non so fino in fondo quello che voglio, ma ho fiducia in te. E ti voglio anche.” E preso il cellulare di papà ho composto il numero di casa. Al quinto squillo ha risposto la segreteria telefonica, ho aspettato il bip e poi... “Mamma, sono Giorgio. Ho sperato che foste tornati per potervelo chiedere. Aldo mi ha invitato a dormire da lui, domani non c'è scuola, ho pensato non ci fossero problemi. Non ho il suo numero, ma lascerò il cellulare acceso nel caso ci fosse qualche problema. Ti voglio bene!” E ho riattaccato.
“OK, Aldo, dovrebbe andare tutto bene.”
Mi ha baciato sulla guancia.
“Sei sempre così fiducioso?”
“Sono terrorizzato, sono spaventatissimo.”
“Di me?”
“Di me. Vieni, andiamo in macchina, sono tutto bagnato!”
“Io anche. Corriamo?”
Così abbiamo corso, non erano due chilometri, saranno stati trecento metri ed abbiamo raggiunto la macchina in pochi secondi, col fiatone, schizzando nelle pozze, come bambini! Ho fatto appena caso alla strada per raggiungere casa sua ma una volta arrivati ho notato i cancelli, il viale, la casa grande, imponente.
“No, non di lì.”
Mi stavo dirigendo verso la porta.
“Da quando il nonno è morto mi sono trasferito nella dependance; è tutta mia. Privata e separata dalla casa principale.”
E mi ha condotto a una porta di quello che sembrava un garage. Era grandioso; ha chiuso la porta delicatamente dietro di noi.
“Hai ancora freddo?” Ha domandato; sembrava così nervoso.
“Solo bagnato.”
“Io, ehmm, penso che dovremmo toglierci queste cose bagnate, ma, ehmm, è il peggiore discorso che abbia mai sentito.”
“Non ci faccio caso.” Gli sorridevo ma ero ancora spaventato; mi sentivo dannatamente eccitato, ma ancora spaventato.
“Devo toglierli ma anche asciugarli.”
“Se trovo un accappatoio, va bene? Voglio dire aiuta? Voglio dire, oh Giorgio, voglio spogliarti, ma nella maniera giusta, lentamente, non di furia.”
“Un accappatoio. Sì, ehm, per favore?”
“È appeso dietro la porta del bagno, entra e mettitelo. Metti i vestiti sulla sbarra dell'asciugamano ad asciugare. Prenditi tutto il tempo che ti serve, ho una vestaglia nella mia stanza, farò lo stesso. Mi sento così nervoso...”
I vestiti bagnati non venivano via facilmente, era una lotta togliermi i pantaloni, una lotta togliermi ogni cosa, una lotta tale che il mio corpo ha dimenticato di essere eccitato, per un po' almeno. Ci sono riuscito alla fine, ero nudo a parte un sontuoso, bianco, morbido, spesso, accappatoio che mi avvolgeva tutto, eccitantemente morbido. Così sono uscito dal bagno e mi sono guardato intorno. Una musica morbida; classica; non ero sicuro cosa fosse, e sul sofà, Aldo, in una vestaglia rossa, tradizionale, con uno di quei cordoni azzurri come cintura.
“Non ho mai fatto niente del genere prima d'ora.” Mi ha bisbigliato: “Mai.”
Ha fatto una pausa.
“Giorgio, sei sempre in tempo a dire no, se vuoi, quando vuoi.”
“Non penso di voler dire no.” Ero sicuro dentro di me, ma ancora spaventato: “Ho fiducia in te, Aldo.”
“Vieni e baciami, subito.”
Ed io l'ho fatto. Il suoi capelli erano ancora bagnati, sebbene li avesse asciugati con l'asciugamano, e vi ho passato dentro le mani. Ha messo un braccio intorno a me e ha strofinato le labbra contro le mie, mi ha mordicchiato un orecchio. Ho sentito come se mille formiche mi strisciassero lungo la spina dorsale, non volevo che smettesse. Mi sono sciolto nelle sue braccia, nelle sue labbra e mi sentivo galleggiare mentre mi baciava, mi mordicchiava.
“Tutto bene?” Ha mormorato.
“Meraviglioso, non fermarti, meraviglioso!”
Ha tirato delicatamente la cintura dell'accappatoio e l'ha aperto, l'ha sollevato sopra le mie spalle e lasciato cadere sul pavimento.
“Sei bello, proprio bello.”
Ho fatto lo stesso con lui e là, teso verso il soffitto, era il suo uccello meraviglioso, duro, pulsante ad ogni battito del suo cuore.
“Non ho mai pensato che potesse essere così bello.” Ho mormorato: “Non l'ho mai saputo.”
Istintivamente ho allungato una mano per toccarlo, mentre guardavo non la sua virilità ma i suoi occhi, l'amore per me che ne fluiva, e l'ho sentito tendersi mentre le mie dita venivano in contatto con la sua asta, l'ho sentito tirarsi indietro e spingere in avanti.
“Nessuno mi ha mai toccato lì, nessuno. È per te se lo vuoi.”
“Mi aiuti? Non so che fare.”
“Non faccio caso a quello che fai, fallo finché vuoi.” Mi ha detto nell'orecchio, tirandomi a sé, strofinando insieme i nostri due cazzi: “Fai qualunque cosa ti sembri giusto ed io farò lo stesso con te.”
La sua schiena era così liscia, così soda, ed il suo torace mostrava solo alcuni ciuffi di peli che scendevano con una striscia ad un perfetto triangolo scuro ed un meraviglioso, abbronzato, quasi eretto, luccicante pene. Ho preso la punta nella mano e piano piano, guardando sia quello che i suoi occhi, ho spostato la pelle sopra la testa. Ha inspirato con forza ed è rabbrividito. Ho sentito la sua mano sul mio fare lo stesso ed anch'io sono rabbrividivo. Avrei voluto che quel momento non finisse mai, mai, e ho mosso la mano su e giù, lentamente, poi velocemente, e lui faceva lo stesso. Poi l'ho sentito di nuovo: “Aspetta.”
“Aspetta?”
“Voglio che duri e ho un'idea. Vieni a letto.”
Mi ha preso per mano e mi ha condotto nella sua stanza. C'era la stessa musica, ma non avevo bisogno di musica e luci morbide.
“Ti voglio nella mia bocca.” E mi ha fatto sdraiare, ha preso il mio cazzo nella bocca, ha mosso le labbra e la lingua sulla testa e la mano sull'asta. Ho sentito un gran caldo, e bagnato, e bello. Avrei voluto rendergli il favore. Niente mi aveva provocato qualcosa del genere in diciotto anni.
“Voglio il tuo, allo stesso tempo.”
“Mumf?”
“Non.. (rantolo) parlare con la bocca... (rantolo) piena!” Ho rantolato: “Voglio il tuo.”
Mentre ci giravamo ho visto la punta del suo bel cazzo avvicinarsi; era così grosso, così bello e la punta brillava dove il suo prepuzio si richiudeva sopra la testa. Ho toccato la punta con le labbra, sapeva di sale e pre eiaculazione appiccicosa, scivolosa, amara e dolce. Con le labbra ho sollevato la pelle e poi ci siamo mossi in coppia, bacio per bacio, carezza per carezza, carezza per carezza. Quando la sua mano, la sua mano libera, è scivolata tra le mie gambe e mi ha sfiorato il buco con la punta del dito, mi sono ritirato e quasi gliel'ho spinto in gola, soffocandolo a metà. Ma mi ha trattenuto nella sua bocca e ha continuato a stuzzicarmi il buco. Era così bello che mi sono arreso alle sensazioni e mi sono messo a fare lo stesso a lui. Proprio quando ho sentito che non poteva diventare più intenso, ha spinto il dito con forza contro di me ed è scivolato dentro. Ho sentito caldo, ancora più piacere e sono venuto quasi subito, inarcando la schiena, spingendo verso di lui, riempiendogli la bocca con la mia sborra, pulsando dentro di lui con tanta forza che sono stato ricompensato quasi immediatamente dalla sensazione del suo cazzo che si gonfiava, spingeva ed esplodeva nella mia bocca, in fondo alla mia gola. Il sapore era ancora più meraviglioso di quanto mi aspettassi perché era Aldo. Perché era Aldo ed io ero suo; da quel momento ero suo, se non da quando ci eravamo incontrati. Siamo rimasti così, diventando molli insieme, recuperando la calma, finché non si è girato e mi ha baciato sulla bocca, i nostri umori si sono mescolati. Il nostro sudore ed i nostri profumi si sono mescolati. Non mi ero mai sentito così realizzato prima di allora, mai.
“Giorgio?”
“Ti amo, Aldo.”
“Giorgio, sono così completamente innamorato di te che non so come dirlo.”
“Ti amo, Aldo.”
“Ti amo, Giorgio.”
E abbiamo dormito uno contro l'altro, nell'odore di sudore, sesso ed amore.

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