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Ritorno al noccioleto - Parte 4


di LuogoCaldo
02.12.2021    |    8.251    |    1 9.8
"Le urla si fecero più forti “scopami, scopami, ti prego continua, scopami” gridava, completamente fuori di sé..."
Alfonso stava per sposarsi.
Avrei dovuto immaginare un risvolto di questo tipo.
Nel nostro paese, finita la scuola, per chi non parte le uniche prospettive sono il lavoro e la famiglia.
Eppure io avevo conosciuto il desiderio di quel ragazzo di uscire fuori dal seminato e avevo sentito, nella mia bocca, l’insofferenza dei suoi lombi, la rabbia che quella condizione gli provocava.
Mentre guidavo verso casa di zio Gaetano non sapevo come avrei dovuto comportarmi al noccioleto.
Avrei potuto far finta che nulla fosse successo, certo, ma la verità è che avevo bisogno di andare fino in fondo. Avevo bisogno che l’animale che a scuola mi dava la caccia finisse nella trappola delle mie gambe, si rendesse innocuo dentro di me, e scaricasse tutta la sua furia sul mio corpo.
Ero troppo eccitato. Sentivo che il buco del culo pulsava come se fosse vivo.

Arrivai alla villetta degli zii molto prima dell’orario previsto.
Avevo passato la notte in bianco e non riuscivo più a restare a letto.
Ovviamente zio Gaetano non c’era ancora.
Avevo bisogno di un caffè, altrimenti non sarei riuscito a lavorare.
Sapevo che gli zii tenevano una chiave per le emergenze nascosta dentro un vaso in giardino.
Decisi di prenderla e di aspettare giù in cucina, come avevo fatto in passato molte altre volte.
Quando entrai la casa era immersa nella penombra.
Stavo per chiudere la porta del corridoio che separava la zona giorno dalla zona notte quando sentii dei forti gemiti provenire dalla camera da letto.
Stavolta compresi benissimo quello che stava accadendo lì dentro.
Per un po' rimasi ad ascoltare le urla di soddisfazione di zia Marzia, tirandomi fuori il cazzo duro e cominciando a segarlo.
Poi decisi che non mi bastava. Avevo bisogno di vedere quello che LUI le stava facendo.
Mi avvicinai alla camera da letto e, quando fui quasi sulla porta, riuscii a spiare dallo specchio che era appoggiato sulla parete laterale.
La zia era prona sul letto, la bocca socchiusa, gli occhi stravolti dall’eccitazione e lui incombeva su di lei e la prendeva da dietro.
La coscia taurina era completamente piegata in avanti e il piede enorme era piantato accanto al volto della donna che, tra un gemito e l’altro, leccava l’alluce del marito con veracità.
Gli affondi dello zio erano durissimi, molto più decisi di quelli ai quali avevo assistito nel capanno.
Era evidente che in quel momento lui stava scaricando dentro di lei una grossa quantità di rabbia.
La trattava come un buco da distruggere “sei una troia” lo sentii sussurrare “devi fare quello che ti dico io, qua dentro comando io, ti è chiaro? ti spacco, non ti faccio più camminare se non obbedisci”.
Il piede si spostò dal lenzuolo al volto di lei e lo pestò con forza.
Nelle intenzioni di quel toro la violenza che stava usando alla sua donna era evidentemente una punizione, eppure il volto di lei era stravolto dal piacere. Le urla si fecero più forti “scopami, scopami, ti prego continua, scopami” gridava, completamente fuori di sé.
Il mio cazzo era sul punto di esplodere. Volevo solo essere lei, volevo sentire quei colpi selvaggi dentro al mio buco del culo e volevo quel piede enorme piantato con forza sulla mia faccia.
Mi resi conto che il ritmo della pompata stava diventando più veloce quando lei cominciò a guaire senza ritegno e quando capii che quel maiale le stava venendo dentro non riuscii più a trattenermi e finii per sborrarmi in mano, ripiegato su me stesso.

Rimasi immobile pregando solo di non aver fatto troppo rumore.
Cercai di indovinare il momento esatto nel quale avrei potuto strisciare via.
Lo zio sovrastava ancora la sua donna, schiacciandola con tutto il suo peso.
Le accarezzava i seni e le baciava la bocca teneramente, intrecciando la sua lingua a quella di lei.
Ormai scarico il suo cazzo era ancora dentro la fica, ma i suoi occhi sbarrati guardavano dritti verso lo specchio.

In un lampo corsi fuori di casa, cercando di fare più piano possibile.
Mi precipitai in macchina e in preda al panico rimasi ad aspettare lo zio.
Mi aveva visto?
Cosa diamine mi avrebbe detto?
Dovevo negare. Negare a tutti i costi.
“Cazzo non ho rimesso a posto la chiave!” esclamai ad alta voce.
E in quel momento il portone di casa si aprì.
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