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Gay & Bisex

Nei panni di mia madre - 5


di LuogoCaldo
16.01.2022    |    8.603    |    7 9.5
"“Leccami i piedi e risali lentamente … sto per farti una sorpresa”..."
Sdraiato sul letto della camera del motel fissavo il soffitto.
Timoteo era sotto la doccia e lo scroscio dell’acqua scandiva il ritmo del mio respiro, come una nenia.
Manila era ancora sconvolta quando eravamo andati via: aveva urlato e lanciato le mie cose fuori dalla roulotte.
“Sei un mostro … un mostro!” Mi aveva detto. “Non voglio vederti mai più”.
Mi ero sentito come se la parte più importante di me mi fosse stata strappata via.
Per tutta la durata della mia breve esistenza avevo vissuto come un’emanazione di mia madre: avevo contemplato il mondo con i suoi occhi e lo avevo percepito attraverso il filtro delle sue emozioni.
Ed ora, improvvisamente, ero stato espulso dalla sua luce.
Mi sentivo smarrito: non sapevo chi fossi e né dove stessi andando.
Sapevo solo che avrei dovuto trovare una nuova direzione e non riuscivo ad immaginarmi su nessun altro sentiero che non fosse quello già battuto dalla mia mamma.

“Ehi piccolo”.
Timoteo interruppe il flusso dei mei pensieri.
Era nudo. I lunghi capelli biondi cadevano bagnati sui pettorali gonfi ed ogni muscolo del corpo era scolpito come dentro a un blocco di marmo.
Sembrava una statua greca.
“Non fare quella faccia … Manila ha solo bisogno di dormirci su, domani capirà che non è accaduto nulla di irreparabile … Torneremo a stare bene, tutti e tre ...”
“È proprio quello che vorrei”. Mi dissi.
“Senti”. Proseguì lui. “Hai pensato a quello che ti ho chiesto poco fa?”
“Intendi …”
“Si, entrare a far parte della mia scuderia … saresti l’esemplare più pregiato, potresti avere tutto quello che vuoi e io sarei sempre con te …”.
“Quello che voglio è la mamma”. Pensai.
“Cos’è che ti frena Leo?” Proseguì. “Quel bambolotto che ti sei trovato? Lo sai che lui non accetterà mai la tua vera natura … puoi avere tutti gli uomini che vuoi”. Mi disse. “Lascialo perdere”.
“Fabrizio …”. Quasi non ci pensavo più. Eppure, di lì a poche ore, avrei dovuto parlargli … avrei dovuto confessargli la verità.
Avevo paura: avrei voluto che quella notte non finisse mai.
“E poi posso assicurarti che lui non è in grado di darti quello di cui hai bisogno …” Proseguì Timoteo e, montando sul letto, si posizionò sopra di me.
Il suo corpo gigantesco sovrastava il mio esile ed emaciato.
Mi infilò il cazzo molle sotto la gonna.
“Chiudi le gambe”.
Obbedii e, mentre dimenava il bacino, sentii che il bastone si intostava, ingrossandosi all’inverosimile.
“Sei un bel maiale lo sai”. Mi disse. “Stanotte hai svuotato più palle tu che molte donne in tutta la loro vita … Accarezzami le spalle ora … bravo, così … scendi … ancora più giù, scendi … ecco …” Avevo le mani sui suoi glutei e il cuore mi batteva fortissimo.
“Lo senti quanto è duro il mio cazzo piccolo?” Sussurrò mentre sbatteva con vigore la minchia contro il tamburo.
Lo baciai, come avevo visto fare alla mamma, lui si rigirò sul lato e spalancò le cosce.
“Servimi” Mi disse. “Leccami i piedi e risali lentamente … sto per farti una sorpresa”.
Senza farmelo ripetere scesi all’altezza dei suoi piedi e cominciai a lavarglieli con la lingua. Gli ciucciavo gli alluci e prendevo in bocca le altre dita.
Lui si godeva il servizio con la mazza ben tesa tra le cosce e i coglioni gonfi come palle da tennis, trafficava col cellulare e mentre mi soffermavo su un piede mi spingeva la pianta dell’altro sul volto.
“A chi stai scrivendo?” Domandai mentre gli baciavo i talloni.
“È una sorpresa” Mi disse. “ Sei proprio bravo come leccapiedi lo sai? Perché non vieni su ora? Così … ecco … in mezzo alle gambe …”.
Gli passai la lingua sulle palle mentre lui, flettendo le ginocchia, iniziò a segarsi con forza.
Sostituii la mia mano alla sua e senza smettere di masturbarlo presi in bocca la cappella e leccai i suoi umori.
Indugiai sul glande, picchiettando il frenulo e stringendo la base tra le labbra e poi cominciai ad aspirare, centimetro dopo centimetro, fino a che tutto il pesce non fu ben piantato dentro la mia gola.
Succhiavo con dedizione e mi impegnavo affinchè i suoi gemiti aumentassero.
Lui si dimenava, piegava le cosce, le stendeva per il piacere e si portava le mani dietro la nuca, tendendo i grossi pettorali.
Feci scorrere le dita su quel corpo perfetto, lungo i quadricipiti duri, sugli addominali e infine gli presi i capezzoli tra il pollice e l’indice.
“Ahhh … bravo … che succhiacazzi che sei”.
Mi afferrò per i capelli, mi staccò la testa dal suo cazzo e mi mantenne sospeso.
“Quanto ti piace la minchia?” Mi domandò mentre mi prendeva a schiaffi sulla guancia. “Quanto ti piace, troia?”.
“Tanto … tantissimo …” Risposi e, mentre lo guardavo con le labbra socchiuse mi sputò in faccia.
“Puttana” Mi disse e mi tirò verso di sè, facendomi sedere a cavalcioni su di lui.
Mi strinse le natiche tra le mani, scostò la stoffa del perizoma e, in quella posizione, piantò l’uccello nel solco spingendolo contro lo sfintere.
“Ora prendilo in culo” Disse mentre affondava.
Stavo impazzendo.
Finalmente le mie natiche potevano stringere l’uccello che mia madre aveva venerato negli ultimi mesi.
Era spesso e, mentre avanzava nel retto, pulsava per il desiderio.
Cominciai a muovermi con indolenza.
Facevo dondolare la minigonna e, cavalcando il palo, lasciavo che uscisse dal buco fino all’altezza del glande e poi, con un colpo, lo facevo sparire dentro.
“Aaaah che fica che hai”. Mugolava il maiale. “Bravo … adesso voglio che ti copri gli occhi con questo”. Mi propose mentre, allungandosi verso il comodino, afferrava il fazzoletto di stoffa che vi era appoggiato e me lo porgeva.
Lo guardai interrogativo.
“Fai come dico … ti faccio divertire”.
Obbedii.

Avevo l’uccello ben piantato tra le chiappe.
Montavo Timoteo e desideravo solo che lui scoppiasse dentro al culo.
Posai le mani sui pettorali e mi piegai sopra di lui, alla ricerca delle sue labbra.
Mentre gli leccavo le dita gemendo come una cagna sentii che due mani fredde si posavano sulla mia schiena, mi afferavano i fianchi e scivolavano sopra ai glutei, allargandoli.
“Avevi ragione cristo … che culo che ha”. Disse una voce maschile.
“Ma che …?”
“Sta buono … è un amico …” Sussurrò Timoteo mentre mi tirava verso di sè e faceva oscillare il bacino.
“Mai visto niente del genere … che spettacolo … e guarda che puttana … gonnellino, perizoma e il minchione dentro al culo”
Sentii il corpo dell’uomo contro il mio.
Era grosso ed aveva un pelo ispido che mi graffiava la pelle.
Si piegò sopra di me e avvicinò le labbra al mio orecchio.
“Li vuoi due cazzoni troia?”. Mi disse. E prima che potessi rispondere mi prese la mano e se la guidò in mezzo alle cosce.
Il pesce era molle e così grosso che non riuscii a stringerlo dentro la mano.
Cominciai a masturbarlo e dopo qualche colpo mi accorsi che iniziava ad indurirsi.
“Cristo che cazzone”.
“Vacca … è grosso vero? Lo vuoi nel culo? Lo vuoi?”. Mi domando mentre mi infilava la lingua nell’orecchio.
“Dai mettiglielo”. Lo incitò Timoteo. “Glie lo rompiamo”.
“Ti mando all’ospedale scrofa” Mi disse il maiale e cominciò a spingere l’asta dentro allo sfintere.
“AAAAAH AAAAAH mi fai male … aspetta … aspetta”.
Provai a divincolarmi ma Timoteo mi tenne il busto fermo contro il suo.
Ero completamente bloccato mentre il porco dietro di me continuava a spingere.
Riuscì a far entrare il glande e avvertii una fitta dolorosissima.
“AAAAAAAAAH no no ti prego nooooo”. Provai ad obiettare.
Ma l’uomo, incurante, continuò a infilarlo fino a che non mi ritrovai con due mazze piantate dentro al sedere.
Non riuscivo a respirare, ero schiacciato tra i corpi di quei due montoni.
Timoteo muoveva lentamente il bacino mentre l’uomo mi scopava con forza.
“Puttana … che puttana”. Mi dicevano, mentre il dolore lasciava il posto a una sensazione di grande soddisfazione.
“Ho due cazzi in culo … due cazzi in culo …” Mi dissi mentre loro continuavano a gemere.
“Ah si… siiii … scopatemi, vi prego, scopatemi forte”.
“Cagna … sei una lurida cagna …” Mi diceva l’uomo.
“Lo stai facendo impazzire piccolo …”. Sussurrò Timoteo. “E tra un po' se continui farai venire anche me”.
“Riempitemi il buco, vi prego, insieme … insieme” Urlai, in preda ad un’eccitazione che non avevo mai provato prima.
L’uomo mi posò la mano sulle labbra.
“Adesso ti facciamo vedere le stelle … Vai Timo, daglielo tutto forza …”
Cominciarono a spingere con violenza, ansimando rumorosamente.
“AAAAH CHE CHIAVATA … CHE CHIAVATONA … AAAAH”.
Il mio sedere era ormai una voragine e le pareti erano tese tra quelle due aste dure.
Mi godevo gli affondi e con gli occhi spalancati e la lingua che mi penzolava fuori dalla bocca e mi sentivo già in estasi.
“Sei pronto?” Chiese Timoteo con voce affaticata.
“Un secondo”. Rispose l’uomo mentre mi stringeva i fianchi tra le dita. “Ecco, ci sono … ci sono … AAAAH AAAAAH”
Mi sbatterono contemporaneamente le nerchie in fondo al culo, urlando come pazzi.
“Troia … sto sborrando … AAAAH aaaaaah SIIIII aaaaah”.
Ed infine mi spararono dentro tutto il loro seme, mentre io ansimavo senza ritegno con la guancia appoggiata sul petto di Timoteo e la lingua scomposta sul suo capezzolo.

Rimasero in quella posizione per riprendere fiato, mentre i cazzi diventavano molli dentro al mio sedere e la sborra mi colava abbondante tra le cosce.
“È stata fantastica”. Disse Timoteo.
“Un sogno”. Rispose l’uomo mentre mi tirava verso di sè, mi infilava la lingua in gola e mi toglieva la benda.
Mi godetti quel lungo bacio con gli occhi chiusi e solo quando il mio amante si staccò li spalancai per ringraziarlo con lo sguardo da troia.
Mi sentii mancare il terreno da sotto i piedi.
“No … no …” Pensai.
“Eccolo qua”. Disse Timoteo decifrando la mia espressione di sorpresa. “Il papà del tuo fidanzatino”.
“Perché Fabrizio se lo scopa?”. Domandò Gerardo allarmato. “Oh … mi raccomando, non voglio casini …”.
“Tranquillo”. Disse Timoteo. “Tranquillo … Sai che le mie puttane sono tutte discrete e poi, comunque, dubito che dopo quello che è successo oggi i ragazzi continueranno a vedersi … Giusto Leo?”
“Hai capito quel bacchettone … Rompono tanto il cazzo lui e la madre …” Mormorò l’uomo mentre usciva dal mio culo.
Timoteo mi guardò fisso negli occhi. Le sue labbra erano arricciate in un ghigno malvagio.
“Giusto Leo?”
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