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Il nuovo lavoro: escort di lusso!


di LuogoCaldo
26.12.2021    |    16.404    |    14 9.5
"Risposi splendido, sollevandomi il cappuccio..."
Erano già passati sei mesi da quando avevo perso il lavoro.
Ugo, il proprietario del negozio, mi aveva scoperto nel retrobottega mentre mi inchiodavo la moglie alla parete.
Quella vecchia m’aveva ossessionato per settimane.
L’idea di farsi scopare da un maschione di vent’anni l’aveva trasformata in una vera e propria puttana.
Era sempre un quanto-sei-alto-Andrea-e-che-spalle-larghe-che-hai-ma-chissà-quante-ragazzine-ti-fanno-il-filo.
Poi un giorno, in pausa pranzo, s’era fatta trovare in magazzino a cosce aperte con le dita nella fica e m’aveva implorato di sbatterla con forza.
Ero stato un coglione.
“Mi svuoto la minchia e chissenefotte!”. M’ero detto e così l’avevo presa in groppa e avevo cominciato a pomparglielo dentro, tutto nudo con le scarpe da ginnastica, come m’avevo chiesto lei.
“Ti desidero da quando ti ho visto”. Mi diceva. “Mio marito con quello stuzzicadenti non m’ha mai fatta venire”.
E, mentre la martellavo come se volessi sfondare il muro, lei aveva iniziato a gridare come un’assatanata e m’aveva squirtato sul pesce.
Ugo era entrato proprio in quel momento e aveva dato di matto.
M’aveva buttato fuori dal locale ancora nudo, con tutti i ventidue centimetri in erezione.
“Sei licenziato”. M’aveva urlato davanti ai passanti increduli e se ne era tornato dentro, a regolare i conti con la zoccola.

M’arrangiavo.
L’affitto non lo pagavo e rifilavo dei gran sorrisoni alle vicine, che, nella speranza di farselo mettere in mano, mi riempivano di dolci e timballi.
Quello stile di vita cominciava a diventare veramente insostenibile, ma la voglia di non fare un cazzo prevaleva sempre e, dentro di me, rimandavo di giorno in giorno il momento in cui mi sarei messo a cercare un’occupazione.
Il punto di svolta arrivò quando la receptionist non mi fece più entrare in palestra.
Fuori pioveva a dirotto.
“Andrea aspetta un momento”. Mi disse non appena mi vide varcare i tornelli. “Sei in ritardo di quattro mensilità, non possiamo più concederti dilazioni”.
Provai a sbattere gli occhioni verdi e, mentre discutevamo, arrivai persino a sistemarmi l’uccello davanti a lei per suggerirle l’esigenza di tenermi vicino a sé, ma quella puttana fu irremovibile.
“Mi dispiace. Non dipende da me”. Provò a scusarsi. “Sai che se potessi chiuderei entrambi gli occhi …”.
Non mi ero mai sentito così frustrato.
Imboccai l’uscita e mi piantai sotto lo spiovente, aspettando che il temporale diminuisse d’intensità.

Una bella donna avvolta in una nuvola di profumo mi si avvicinò.
“Fumi?” Mi chiese con un forte accento francese mentre mi allungava un pacchetto di Malboro.
“Un’altra zoccola con la piena in mezzo alle cosce”. Pensai. “No, grazie”. Risposi splendido, sollevandomi il cappuccio.
“Molto bene!”. Commentò lei con voce squillante mentre si accendeva una sigaretta.
“Senti”. Proseguì. “Non ho potuto fare a meno di assistere a quella scena incresciosa … dentro alla palestra, dico”.
“Già”. Risposi imbarazzato. “Un disguido, solo un disguido … sistemerò tutto”.
“Certamente”. M’incoraggiò lei.
Poi, dopo una piccola pausa, fece un tiro e liberò nell’aria una grande quantità di fumo.
“La vita in città è così cara per voi ragazzi …” Riprese sospirando. “Anch’io ho un figlio, sai”. Mi disse, facendosi più vicina. “Il denaro alla vostra età è così importante!”.
La guardai interrogativo.
“Ascolta”. Aggiunse civettuola. “Si vede che sei un ragazzo in gamba … Un bel ragazzo! Sono sicura che troverai un lavoro! Ad ogni modo, se ti dovesse servire una mano, io sono la signora Luisa … semplicemente La Signora, per quelli come te … Gestisco un’agenzia …”. La sua voce divenne un sussurro. “Un’agenzia particolare”. Specificò.
“Offro servizi a gente sola per cui il denaro non è nul-la …”. Sillabò. “I miei ragazzi guadagnano davvero molto … anche dieci, quindicimila euro al mese ...”
Poi apri la borsetta, ne estrasse un biglietto da visita e me lo porse. “Pensaci, ti lascio il mio numero”. Concluse.
E s’incamminò sotto la pioggia.
La chiamai quella sera stessa.
“Tanto sto sempre col cazzo in mano”. Pensai. “Mi sfondo qualche milf, tengo l’uccello in allenamento per le passere serie e faccio la bella vita”.
“Sono proprio contenta di sentirti, Andrea”. Mi disse lei. “Fatti trovare domani alle otto dove ci siamo conosciuti, ti mando una macchina!”.

La notte dormii male. L’idea di farmi pagare per allargare le cosce alle vecchie mi faceva arrapare non poco.
Mi svegliai con largo anticipo e, quando arrivai sul luogo dell’appuntamento, vi trovai parcheggiata una Mercedes.
“Buongiorno”. Mi salutò l’autista.
Era molto magro e vestiva con grande cura. Doveva aver superato i sessanta da un pezzo. Aveva il viso solcato da rughe profonde, i capelli completamente incanutiti e due occhi talmente blu che mi sembrarono finti.
“Io sono Vittorio”. Mi disse smontando dalla vettura. “Ho l’incarico di scortarla dalla Signora”.
Mi aprì la portiera, mi invitò a salire e mi porse una benda per la notte. “Le chiedo la cortesia di voler indossare questa per la riservatezza”.
“Può stare tranquillo”. Mi incitò con gentilezza. “Angelica le farà compagnia durante tutto il viaggio”. E indicò una gran fica che mi aspettava sul sedile posteriore.
“Addirittura …!”. Pensai e, senza fare storie, mi coprii gli occhi e mi accomodai nell’ abitacolo.

Lungo il tragitto quella gran troia che mi sedeva accanto si fece vicina, mi prese la mano e se la portò sul petto.
Aveva due tette grosse e dure che mi risvegliarono immediatamente l’uccello.
“Questa è la prima prova”. Mi disse. “Dobbiamo capire se puoi fare questo lavoro … se hai gli attributi insomma …”.
E, abbassandomi i pantaloni della tuta, strinse la mano sopra al cazzo e cominciò la sua valutazione.
Quando ebbe studiato a sufficienza la dote fece scivolare le dita all’interno delle cosce e me le allargò.
Capii che doveva controllarmi i coglioni perché prese a palparmeli, li posò su un palmo e li fece oscillare, per soppesarli.
“Fin qui tutto bene”. Mi disse. “Ora giudico il gusto”. E, infilatasi la nerchia in gola, iniziò ad aspirarla per consentirmi di produrre i liquidi seminali.
L’impulso fu quello di spingerglielo dentro con violenza.
Contrassi con forza i quadricipiti e trattenni il bacino, fino a che lei, finalmente, si staccò dalla mazza e comunicò il verdetto.
“Ok”. Mi disse svogliatamente. “Può andare! Ora devi toglierti tutti i vestiti”.
Mentre obbedivo la sentivo trafficare dentro la borsetta.
“Adesso ti faccio prendere il Sildenafil. È un eccitante”. Precisò. “Sei giovane e probabilmente non ne hai bisogno, ma la precauzione non è mai troppa! La prima regola del lavoro è che la prestazione deve essere SEMPRE garantita. Non esistono fallimenti!”
“Va bene …” Risposi titubante e, buttando giù la pillola, pensai che, se il cazzo mi s’era intostato con la moglie di Ugo, avrei potuto scoparmi senza problemi qualsiasi scrofa.

L’auto rallentò la corsa per imboccare l’ingresso di un garage.
Riconobbi il rumore della saracinesca che prima si sollevava e poi si richiudeva dietro di noi.
“Siamo arrivati”. Mi informò Angelica. “Puoi scendere dalla macchina e togliere la benda”.
Le pupille impiegarono alcuni secondi prima di mettere a fuoco gli spazi.
L’ambiente consisteva in un grande locale industriale. Le mura perimetrali erano molto alte e, tutt’intorno, appena sotto al soffitto, la luce filtrava da piccole finestre in vetro e acciaio.
Al centro della stanza, in evidente contrasto con l’arredamento circostante, si stagliava un grande materasso, sopraelevato rispetto al pavimento, sul quale un ragazzo di colore giaceva completamente nudo.
“Benvenuto Andrea”. La voce della Signora rimbombò a causa dell’eco.
Il rumore del tacco sul pavimento si fece sempre più vicino.
“Ti domando scusa per i modi carbonari, ma, come potrai immaginare, la discrezione è tutto in questo mestiere”.
Indossava un abito rosso che lasciava intravedere buona parte del seno e scendeva lungo sulle gambe aprendosi sul lato in uno spacco quasi inguinale.
“Buongiorno”. Risposi, pensando che me la sarei pompata anche su quel pavimento lercio.
Doveva essere l’effetto del farmaco che Angelica m’aveva rifilato.
“La prima prova è stata superata”. Mi informò lei asciutta. “Ora però non perdiamo tempo e parliamo subito di affari! Oggi hai la possibilità di guadagnarti mille euro”. Mi disse.
“Immagino che tu li consideri una grossa somma”. Proseguì, decifrando la mia espressione sorpresa. “Ma fidati: se dimostrerai le qualità richieste potrai averne molti di più … dico bene Fausto?”.
Il ragazzo di colore sollevò il busto e le rispose con un cenno della testa.
Avvertii molto caldo e una forte eccitazione cominciò a montare dentro ai coglioni.
“Fausto sarà il tuo istruttore. Ti guiderà durante la seconda prova e ti insegnerà come comportarti”. Mi disse.
Annuii. Volevo solo scopare.
“Devi sapere che chi si rivolge a noi è alla ricerca del piacere assoluto”. Continuò lei sibillina. “Fa molta attenzione, Andrea: la tua soddisfazione non conta … tu sei solo uno strumento …l’unica cosa che deve preoccuparti è che il tuo partner si senta appagato”.
“Ho capito …”. Dissi pensando che stava caricando un po' troppo la situazione.
“Vediamo come va”. Continuò lei avvicinandosi all’automobile e spalancò la portiera dal lato del conducente.
“Hai già conosciuto Vittorio. È un appassionato di conversioni. Un divoratore di vergini”. Aggiunse ridendo. “Lui sarà il tuo primo cliente … e il tuo primo uomo”.

La fronte mi si imperlò di sudore.
Il vecchio che mi aveva scortato fino a quel luogo smontò dalla vettura sorridendo.
Aveva tolto i vestiti ed indossava solo un sospensorio nero.
La muscolatura era cadente come l’avevo immaginata e la pelle liscissima e priva di peli.
“Sei molto bello, Andrea”. Mi disse, puntandomi lo sguardo addosso. E si accomodò sul materasso, accanto a Fausto.
“Ma che ca …”. Provai ad eccepire mordendomi subito la lingua.
Non sapevo come comportarmi. Avevo gli occhi sbarrati. Non sarei mai riuscito a fottermi quel vecchio.
La Signora si avvicinò e, decifrando l’espressione di stupore sul mio viso, mi sussurrò seria: “È solo lavoro. Mille euro per trenta minuti del tuo tempo”. Disse, esibendo una busta piena di banconote. “Vittorio è la tua seconda prova. A te la decisione finale”.
“Solo lavoro”. Ripetei a me stesso.
Pensai all’affitto arretrato, all’abbonamento della palestra e mi feci coraggio montando sopra al materasso.

Vittorio cominciò a leccarmi i piedi.
Faceva scorrere la lingua tra le dita e mi accarezzava i polpacci.
L’uccello non mi si rizzava.
“Che devo fare?” Domandai allarmato all’istruttore.
“Hai preso il Sildenafil?”
Annuii.
“Devi pensare a qualcosa che te lo faccia venire bello duro”. Mi disse. “Funziona così: tu ti ecciti e il farmaco te lo mantiene in erezione”.
Poi mi incoraggiò. “Guarda La Signora! È molto sensuale. Te la scoperesti?”.
La bocca di Vittorio percorreva le gambe, mi baciava le ginocchia e si chiudeva sui quadricipiti rilassati. “Sei stupendo”. Ripeteva in adorazione.
“Si”. Risposi. “Anche adesso”.
“Come?” Mi chiese Fausto mentre faceva cenno al vecchio di rallentare la risalita.
I suoi occhi erano famelici. Voleva assaggiarmi la minchia più di qualsiasi altra cosa.
“La butterei sul cofano della macchina, le aprirei le cosce e la sfonderei”.
Il cazzo s’intostò all’istante.
“Continua a guardarla”. Mi ammonì e intanto diede il via libera al maiale.
Vittorio si lanciò sulla mazza e prese a succhiarmi la cappella come un indemoniato.
“È buonissimo … e sei così giovane”. Ripeteva, mentre stringeva il glande tra le labbra e lo insalivava.
Poi aspirò nella gola tutta l’asta e cominciò a pomparla.
Provai un senso di disgusto indescrivibile ma il cazzo rimase duro come la roccia.
“Ce l’hai di ferro”. Commentò lui, mentre serrava la mano sulla mia erezione e scendeva a leccarmi i coglioni.
Decisi di distogliere lo sguardo e, chiusi gli occhi, reclinai la testa sul materasso per godermi la succhiata.
“Non è il TUO pompino”. Mi ammonì subito l’istruttore. “È il SUO”.
“Partecipa. Fagli pensare che ti piace”. Mi disse, guidando le mani sulla nuca del cliente.
Gli afferrai la testa, affondai le dita tra i capelli argentati e mi piantai il cranio della scrofa tra le cosce.
“Spingi forte”. Mi incitò Fausto mentre facevo oscillare il bacino e mi scopavo la bocca.
Il vecchio aveva perso il senno.
Mentre io gli martellavo le tonsille, lui allungava le braccia, mi afferrava i pettorali e faceva scivolare le dita tremanti su tutto il corpo, lungo le gambe, fino allo spazio dietro alle ginocchia.
Fausto gli fece il cenno di fermarsi.
“Mettiti a pecora”. Gli disse.
Il maiale obbedì.
La luce del sole riluceva sulle natiche.
Mi sentivo incredibilmente potente.
Il culo del vecchio era flaccido e cadente eppure il palo tra le mie cosce restava duro come il marmo.
“Voglio che mi distruggi”. Disse mentre si passava la lingua sulle labbra con lascivia.
“Ora mettiti in piedi”. Mi suggerì Fausto. “Piega le ginocchia e fagli sentire la cappella sul buco. Bravo, spennellaglielo. La regola è che il cliente non deve MAI farsi male. Lubrificalo con la saliva. Molta saliva! Ed entra con molta delicatezza … così.”
“Aaaaah che toro!” Gemette Vittorio.
“Resta dentro per un po'. Schiaffeggiagli il sedere. Con forza ma senza esagerare. Bene”. Proseguì.
“E ora che il canale ha preso la forma del tuo uccello … lo senti che si è rilassato?”
Annuii.
“Ora scopalo con forza”.
Attivai la pompa.
Estraevo il bastone fino alla cappella e poi lo spingevo nuovamente dentro, con violenza.
Contemplavo la minchia che affondava dentro a quel culo di settant’ anni senza perdere vigore.
“Che portento!” Pensai.
“Aaaah siii … siii ….”. Mugolava la bagascia. “Che bello … hai una trave enorme … montami, montami …” E intanto si segava fortissimo.
“Sta venendo … lo vedi?” Disse Fausto. “Senti che lo sfintere ti sta risucchiando la nerchia?”.
Feci un cenno col capo.
“Chiedigli dove vuole che sborri”.
“Dove me lo devo svuotare vacca?”.
La guida sorrise compiaciuta.
“Nel culo … AAAAAH … vienimi nel culo ti prego”. E mentre gemeva in modo scomposto si venne in mano e voltando il capo verso di me piantò i suoi profondi occhi blu dentro ai miei.
“Questo è il momento più difficile”. Mi avvertì il compagno. “Devi essere veloce perché se dura troppo può fargli male o dargli fastidio”.
“Prenditi dieci secondi solo per te …”. Mi suggerì. “Chiudi gli occhi e pensa a quello che vuoi … pensa alla fica della Signora ad esempio … l’hai messa a novanta sul cofano … è tua, te la stai sbattendo … Vai! Sfogati”.
Feci come mi aveva detto lui, strinsi le dita sui fianchi di Vittorio e presi la rincorsa.
Immaginai la troia a quattro zampe e la sua conchiglia bagnata e completamente aperta.
Sentii i coglioni che mi si riempivano di sborra.
“Che gran puttana che sei … ti distruggo … ti distruggo!”. Urlai e, chiavandomelo come un dannato, scaricai le palle dentro al buco del vecchio, che mi guardava estasiato con la lingua di fuori.

Provai un gran caldo e sentii che il cuore accelerava dentro al petto prima di rallentare.
“Resta dentro fino a che non ti si ammoscia”. Mi pregò la troia.
“Bene”. Disse la Signora battendo le mani.
E poi, rivolgendosi a Fausto: “Tu cosa ne pensi?”. Domandò.
“Ha del potenziale”. Rispose lui dandomi una pacca sulle natiche.
Lei rimase a fissarmi con interesse. Tutto quel fantasticare sulla sua passera doveva averla fatta bagnare non poco.
“Allora siamo d’accordo”. Disse lanciando la busta sopra al materasso. “Da oggi fai finta che io sia la tua fidanzata … Non dovrai mai perderti una telefonata”.
Annuii e, dopo essermi rivestito, indossai la benda e montai in auto, mentre Angelica mi riaccompagnava lentamente verso casa.
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