Racconti Erotici > Gay & Bisex > Il cugino canoista - Parte 3
Gay & Bisex

Il cugino canoista - Parte 3


di LuogoCaldo
12.10.2022    |    12.582    |    14 9.8
"Mi feci coraggio e ripresi a parlare..."
“Ascolta Gabriele”. Esordii.
Mio cugino mi fissava come se fossi il depositario delle chiavi del cosmo.
“Io penso che questo tuo problema debba essere risolto … sul campo”.
Non sapevo come formulare meglio la proposta, ma m’era montata addosso una voglia incredibile di succhiargli la minchia.
Quel grosso uccello era straordinariamente eretto sotto al tessuto dei pantaloncini e tutte le molecole del mio corpo ne erano attratte come falene dalle fiamme.
“Eh …”. Si limitò a dire lui, dando prova di non aver afferrato il senso del mio discorso.
Mi feci coraggio e ripresi a parlare.
“Intendo dire”. Proseguii facendo scivolare la mano verso il centro del suo bacino. “Che hai bisogno di qualcuno di cui ti puoi fidare … di qualcuno con cui puoi anche sbagliare”. Aggiunsi. “Qualcuno che non ti giudicherà per il modo in cui ti comporti e che magari ti aiuterà a frenare questa tua … veemenza”.

“O la va o la spacca”. Mi dissi. E, deglutendo rumorosamente, serrai il palmo della mano sulla verga di mio cugino.
I nostri respiri rimasero sospesi per un tempo che non saprei quantificare.
La casa piombò in un silenzio irreale e perfino la plafoniera parve smettere di ronzare per seguire la scena che si stava compiendo accanto al tavolo della cucina.
“Quell’erezione non era mica per te …”. Mi avrebbe detto più tardi Gabriele.
Eppure, posso giurare che, quando lo ebbi in mano, il bastone iniziò a pulsare.
Divenne acciaio tra le dita, la sua forma nervosa si irrigidì e la base della cappella, in uno slancio improvviso, si appiattì contro il palmo.

Mio cugino mi fissava inebetito.
“Ma … Cosa stai facendo …?”. Mi chiese con una voce debolissima.
“Ascolta Gabri …Io credo …”. Cercai di scegliere le parole più giuste senza smettere di toccarlo. “Credo che dovresti approfittare del fatto che sono qui quest’estate per … allenarti”.
Lui sgranò gli occhi come se fosse stato improvvisamente folgorato.
“Intendi dire …?”. E fece oscillare il pugno della mano destra.
Mi limitai a rispondere con un cenno della testa.
“Se ti va …”. Aggiunsi. “Anche solo per provare …”.
Un lampo di stupore gli attraversò lo sguardo.

Iniziai ad accarezzargli l’asta.
Quel cilindro era così largo che, pur volendo, non sarei riuscito ad afferrarlo per intero.
“Aspetta …”. Sussurrò lui. “Non lo so … Io non sono mica così …”
Ma non si mosse e mi lasciò continuare.
Vidi chiaramente che l’eccitazione prevaleva sulla sorpresa.
Allargò le cosce, fece scivolare i piedi in avanti rispetto alla sedia e mi offrì lo spettacolo del cazzo completamente teso.
“È il momento”. Mi dissi.
Mi disposi in ginocchio tra le sue gambe e gli sfilai i calzoni da ciclista.
“Finalmente”.
L’enorme uccello si trovava proprio davanti alla mia faccia.
Era così vicino che non riuscivo ad averne la visuale intera.
I coglioni cadevano gonfi, coperti da un cespuglio di peli chiari.
Dovetti arretrare per inquadrare la trave che svettava larga e mi fermai solo quando intravidi il grosso fungo viola oscillare sulla sommità.
Deglutii rumorosamente, allungai la mano e abbassai quel totem fino a che il glande non puntò contro la mia faccia.

Un forte odore di maschio mi colpì le narici.
Gabriele mi guardava spaventato.
Il contrasto tra la mole imponente e l’espressione di terrore che aveva disegnata sul volto mi eccitò.
Avvicinai le labbra alla mazza e cominciai a far roteare la lingua attorno alla cappella.
“Porca puttana …” Sussurrò lui.
Gli feci scivolare le mani dietro ai polpacci e trattenni il cazzo con la bocca.
Lo ingoiavo, risalivo fin quasi alla punta, e me lo ricacciavo in gola, aspirandolo come un’idrovora.
“Cristo santo …”. Gemeva. “ Mi stai succhiando l’anima …”.
Quando il pesce fu completamente insalivato presi a segarglielo e affondai la faccia sotto l’asta, all’altezza dei coglioni.
Gli leccai le palle con ingordigia e continuai a lisciargli il bastone.
Mi ricordai di quello che mi aveva confessato e scesi fino al perineo.
Gabriele parve capire.
Spostò il culo sudato dalla sedia e lo avvicinò all’estremità della sedia.
Allargò completamente le cosce e incrociò i talloni dietro alla mia nuca.
Mi guardava interrogativo, mentre gli avvolgevo lo scroto nella saliva e acceleravo il ritmo della sega.
“Scendi!”. Mi ordinò con voce tremante.
Feci il gesto di esitare per esasperarlo.
“Scendi ho detto …”. Ripetè. E mi spinse il capo in basso fino a quando non sentì la punta della lingua che guizzava attorno allo sfintere.
“Diavolo …”. Esclamò gemendo. “Così divento matto … Entra dentro, bravo, entra … Cristooooo lavami il culo cagna di merda …. Mmmmmmmh …”.

La sua voce misurata e allo stesso tempo stravolta dal piacere mi fece quasi schizzare.
Riuscivo a sentire il sapore del retto nella bocca.
Mi abbassai i calzoni con l’unica mano che m’era rimasta libera e restai seminudo, col sedere completamente esposto.
La reazione di Gabriele non si fece attendere.
“Flavio …”. Esordì incerto.
Mugolai senza interrompere il lavoro al quale mi stavo dedicando.
“Se ti metti così mi viene voglia …”. Disse. “Dai …”.
“Voglia di che?” Lo provocai.
“Voglia di fottere …”.
Pronunciò quella confessione con un filo di voce.
Si spinse in avanti, mi rificcò il bastone in gola, e allungò la mano fino a toccare il culo nudo.
Affondò il dito medio dentro allo sfintere e iniziò a muovere il bacino, sobbalzando sulla sedia.
Avvertii il bisogno d’ ossigeno e fui quasi sul punto di vomitare, mentre mio cugino inseriva un secondo e un terzo dito dentro al retto.
Poi, quando il rumore dei conati si fece più forte e le lacrime cominciarono a cadermi dagli occhi, Gabriele mi stappò la bocca e si alzò in piedi.

“Appoggiati al tavolo non ce la faccio più”. Mi disse.
Sollevai lo sguardo verso di lui.
La figura imponente mi fece paura per la determinazione che lessi in fondo ai suoi occhi.
“Muoviti sto scoppiando …” Insistette con urgenza mentre si infilava il preservativo.
Obbedii e mi pentii subito di averlo fatto.
Mi alzai lentamente, mi tolsi i vestiti ed appoggiai il busto sulla superficie lignea, offrendogli lo spettacolo delle natiche spalancate.
“Mi hai messo una voglia di ficcare, Flavio …” Disse lui avvicinando l’ariete alla rosetta.
Mi spinse la mano sulla guancia, schiacciandomela contro il piano.
Rivolsi le pupille ai lati degli occhi e fissai la danza dei moscerini intorno alla plafoniera mentre quel palo enorme provava a farsi strada dentro allo sfintere.
“Lubrificalo”. Suggerii. “ Con la saliva … Sputaci sopra”.
Mio cugino fece cadere una grossa quantità di saliva sul buco, ci appoggiò il glande e, con un unico colpo di reni, mi piantò tutto il cazzo in culo.
Vidi le stelle.
La stanza intorno a me iniziò a girare e fui quasi sul punto di perdere i sensi per il calore che mi avvampò in viso.
Gabriele attivò la pompa.
Me lo sbatteva dentro con violenza e, ad ogni colpo, mi faceva sentire l’ingombro dei coglioni.
A poco a poco, il dolore lasciò il posto al piacere.
Feci per portare il braccio sotto al tavolo per masturbarmi ma lui me lo impedì.
“Appoggia le mani sul tavolo puttana … Mi stai servendo …”. Disse. “Guarda che hai fatto male a darmelo perché me lo prenderò tutti i giorni … Ti conviene prenotare già da adesso la visita dal medico …”.
E mentre lui parlava sentii che il cazzo aveva cominciava a ruotare.
Gabriele tenne una gamba ben inchiodata al pavimento e, sollevata l’altra coscia, mi sbatté il piede sul volto, s’aggrappò con le dita al lato lungo del tavolo e prese a fottermi in quella posizione.

Avvertii una fitta fortissima dentro al retto e lo pregai di fermarsi.
Ma lui non mi ascoltò.
Continuò a sbattermi in quella posizione imprecando come un animale.
“Sei una cagna …”. Mi diceva. “ Delle troie che mi sono fatto sei quella più schifosa … Prenditi tutto il cazzo e non ti lamentare, tanto lo so che ti piace … Erano due ore che provavi a farmelo intostare … Mi hai fatto raccontare tutta la storia di quella vacca di Claudia … Quell’erezione non era mica per te …. Frocio … Mmmmmh ….”.
Pensai che aveva ragione. Me l’ero cercata e avrei semplicemente dovuto vivere quel momento come una missione. Portarlo all’orgasmo.
Ma il dolore era troppo forte.
“Per favore sborra … Non ce la faccio più … Sborra …”. Dissi.
Lui aumentò il ritmo della chiavata.
Il suo enorme bacino si abbatteva contro le mie natiche come una ruspa.
Avevo male ovunque.
Sapevo che mi stava riempendo di lividi.
Provai a fasciargli la minchia con i muscoli anali ma mi resi conto di aver perso il controllo.
“Basta”. Urlai. “Basta”.
Il tono con cui avevo pronunciato quelle parole lo allarmò perché estrasse immediatamente la minchia dalle mie viscere.
Il preservativo era sfasciato e il glande esibiva ampie striature di sangue.
“Sei pazzo”. Mi disse. “Così ci beccano”.
“Scusa …”. Provai a dire. “Mi stavo sentendo male … Scusami …”.
Ma lui m’ afferrò per i capelli e mi mise in ginocchio.
“Caccia la lingua!”. Ordinò.
E continuò a segarsi direttamente davanti alla mia faccia fino a quando, mugolando come una bestia, non mi schizzò in faccia tutta la sborra che aveva nei coglioni.

Quella notte non riuscii a chiudere occhio.
“Ehi Flavio …”. Gabriele mi cercò che fuori stava albeggiando. “Sei sveglio?”.
Esitai.
“Forse è meglio che faccia finta di dormire”. Pensai.
“Ehi …”.
“Si …”. Risposi con un filo di voce “Si, sono sveglio … Non ho dormito”.
“Nemmeno io”. Disse lui. “Senti, scusa … T’avevo detto che non avremmo dovuto … Succede sempre così …”.
Non sapevo cosa rispondere.
Pensai che avesse ragione ma volevo solo essere sicuro che non mi toccasse in quel momento.
“Non ti preoccupare …”. Esclamai. “Ti va di uscire? Andiamo a correre?”. Chiesi per cambiare argomento.
“Si …”. Sussurrò. “Va bene”. Avvertii una punta di delusione nella sua voce.

I giorni trascorsero e divennero settimane.
Io e mio cugino non parlammo di quello che era successo, fino a quando una sera, durante l’ennesima pedalata, Gabriele imboccò la viuzza che conduceva giù per la collina.
Sfrecciai sul selciato contemplando il tramonto che, al lato, incendiava il cielo.
Ero così rilassato che non riconobbi la strada e non mi accorsi che mio cugino frenò proprio dinanzi al rudere dove l’avevo seguito alcune notti prima.
Appoggiò la gamba sulla ghiaia e si voltò verso di me con lo sguardo molto serio.
“Ascolta Flavio …”. Mi disse.
Riconobbi un forte imbarazzo nel tono della voce. “Lo so che l’altra volta non sei stato bene … Però, forse, ho capito cosa abbiamo sbagliato …”
Lo guardai interrogativo.
“Ma … Che intendi?”
Lui smontò e abbassò il cavalletto.
“Il problema è che non potevi essere tu il maestro …”. Mi disse. “C’era bisogno di qualcuno che mi facesse vedere come si fa”.
Annuii, ma non capivo dove volesse arrivare.
Mio cugino si avvicinò a me e mi cinse il fianco con la mano.
“Forse ho trovato la persona giusta”. Disse straordinariamente serio.
E, dopo aver parlato, volse lo sguardo verso l’ingresso del fabbricato dove, in controluce, vidi comparire la sagoma del ragazzone che rispondeva al nome di Ettore.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.8
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Il cugino canoista - Parte 3:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni