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Il tormento di un padre (Montami il culo papà) - 4


di LuogoCaldo
27.04.2022    |    22.750    |    27 9.8
"“Ahhhh … Come si chiama? Dimmi come si chiama?” Lo incitò Annibale..."
“Cazzo, cazzo, cazzo …! Ma che ho combinato? … L’ho lasciato lì, morto a terra”. Continuavo a ripetere a voce alta mentre l’auto sfrecciava sull’asfalto in direzione di casa.
“Ma che dici!”. Mi rassicurava Iryl. “Gli hai dato si e no due schiaffi, non gli avrai neppure fatto male …”.
“E ti sembro uno che prende a schiaffi la gente? Porca puttana …! Sono una persona per bene io”. Sussurrai. “Mica come te …”. Aggiunsi.
Mi morsi la lingua in un moto di pentimento.
Il ragazzo sembrava contrariato. Gli occhi grandi si erano riempiti di lacrime.
Non mi curai di aver urtato la sua sensibilità. Mi concentrai piuttosto sul rumore del motore e mi abbandonai al flusso dei pensieri.
“Chi sono diventato?” Domandai a me stesso. “Dov’è stato questo demone fino ad oggi? … Ha il cazzo in fiamme quando pensa al culo di Annibale. Paga una troia per svuotarsi i coglioni prima di tornare a casa. Ha appena spaccato la faccia ad uno sconosciuto …”.
Mi guardai le nocche delle mani. Erano doloranti e cosparse di sangue.
Accostai l’auto sotto casa e mi sentii travolto dalla gravità degli avvenimenti di quella notte.
Stavo portando un ragazzo di strada nel luogo in cui viveva mio figlio.
Come mi era venuto in mente di farlo?
“Avrei dovuto lasciarlo nella piazza, alla mercé del suo aggressore”. Pensai.
Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
“Avanti smonta”. Mi limitai a dire arrabbiato con me stesso. “Io abito qui …” Precisai.
Iryl guardò nella direzione che gli avevo indicato e si mise a fissare il palazzo attraverso il finestrino.
Non sembrava particolarmente interessato al contesto.
Aveva la testa da tutt’altra parte.
“Ascolta però”. Aggiunsi con enfasi. “Non sono solo, c’è mio figlio in casa …”.
Mi sentii ridicolo a pronunciare quelle parole.“A quest’ora sta dormendo … Ma in ogni caso per me è un rischio. Capisci?”
Tagliai corto: “Medico la mano e poi ti riaccompagno dove vuoi, non puoi restare.”
Il ragazzo annuì deluso e mi seguì nell’androne del palazzo come un’ombra lunga e funesta.

L’abitazione era immersa in una coltre di tenebra.
Appoggiai la mano sulle spalle del piccolo e lo guidai in salone. “Accomodati, faccio subito”.
Spalancai la porta a persiana che mia moglie aveva voluto istallare e mi intrufolai nel retro, alla ricerca del kit di medicazione.
“È comodissimo, sembra un armadio invece è un’altra stanza … E poi da qui si vede tutto quello che succede di là!” Diceva sempre Anna.
Lanciai uno sguardo al mio ospite, per essere sicuro che non si muovesse dal divano.
“Se solo potessi vedere cosa sono diventato …” Pensai.
La luce del corridoio si accese improvvisamente.
Spalancai l’anta e guardai Iryl terrorizzato. “Vieni qui cazzo…! Qui …! Muoviti!”.
La porta d’ingresso si aprì rumorosamente.
“Non fiatare”. Gli intimai con un tono che più che come una minaccia suonò come una supplica.
Il cuore cominciò a battermi forte mentre il volto opalescente del piccolo si muoveva nel buio in un gesto di assenso.
“Ma cosa cazzo ti è successo? Che hai fatto?” La voce di Annibale si fece sempre più vicina.
“Niente … Stavo tornando a casa e un matto mi ha aggredito … In pieno centro pensa!”
“Ma come ti ha aggredito? Chi era? … E non c’era nessuno? Perché non sei andato alla polizia?”
“Ma che ne so chi era … Un matto … Che gli dicevo alla polizia? Che uno con un loden e un cappello da bambino mi ha preso a pugni …? Ma dai … Era buio, mi ha colto di sorpresa … Manco l’ho visto in faccia …!”
“Che città di merda!”. Sbottò Annibale. “Siediti qui ti prendo del ghiaccio”
La luce del salotto filtrò attraverso le fessure della porta.
Dentro lo sgabuzzo Iryl si era fatto vicino e mi stringeva forte.
Riuscivo a sentire il suo respiro di vaniglia.
“Chissà che vita hai avuto tu …” Pensai.
Lo abbracciai a mia volta e, intanto, accostai lo sguardo alle ante della persiana.
Alessandro si muoveva tra le mie cose con una disinvoltura che mi infastidiva. Si accomodò sul divano, sistemandosi con le cosce allargate e col il viso rivolto verso il soffitto.
Il piccolo ucraino sbirciò fuori e cominciò a tremare. “Che ci fa lui qui? Ma lo conosci …?”
“Shhh …” Lo guardai con gli occhi spalancati. “Non devi fiatare”

“Metti questo sull’occhio”.
Annibale doveva essere stato buttato giù dal letto. Indossava gli slip e, per il resto, era completamente nudo.
Il suo corpo era perfetto e la pelle candida lo fasciava come una guaina di latte.
Si sistemò sulle ginocchia del suo amante e gli appoggiò un canovaccio pieno di ghiaccio sulla tempia.
“Guarda che ti ha fatto …!” Gli sussurrò con premura.
E, intanto, gli stampava piccoli baci sulla fronte.
“Ora che ci sei tu va già meglio”. Gli rispose l’uomo.
Gli accarezzava la schiena liscia e faceva scivolare la mano dentro alle mutande.
“Sei sicuro che non torna?”
“Chi?”
“Tuo padre dico … Sei sicuro?”
“Si, si … È a lavoro … Quand’è così torna la mattina a cambiarsi prima di andare in tribunale …”
L’uomo sospirò profondamente.
Annibale avvicinò con passione il volto di velluto alla barba ispida dell’amante e lasciò cadere il fagotto di ghiaccio sul bracciolo del divano.
Gli leccò la guancia, le labbra e, quando fu arrivato al collo, cominciò a sbottonargli la camicia.
Si inginocchiò sul tappeto, tra le gambe del marcantonio, e, slacciatagli la cintura, gli abbassò i calzoni fino alle caviglie.
“Quanto mi piace quando dorme …”. Disse con gli occhi colmi di desiderio.
E si avventò come un’idrovora sul cazzo barzotto dello stallone.
“Ahhh … Proprio di questo avevo bisogno stanotte … Come succhi bene tu … mmmh …”
“Ma quello è tuo figlio?” Sussurrò Iryl stupito.
“Si …”. Risposi con un filo di voce.
Non sapevo come comportarmi.
Per la seconda volta, proprio dinanzi ai miei occhi, il frutto dei miei lombi faceva scorrere la lingua sull’ariete di quel maiale.
Lo faceva con devozione, come se stesse adempiendo ad una missione.
Mi sentivo messo all’angolo. Avrei voluto irrompere nella stanza e spaccare tutto, ma non potevo intervenire. Come avrei spiegato la presenza del mio ospite?
“Perché non l’ho ammazzato?”. Pensai.

“Guarda come me l’hai fatto diventare duro!” Continuava Alessandro. “Bravo …! Lucidami la minchia … Sei bravissimo …Mmmmh!”
Iniziai a sentirmi strano.
Avvertii un calore inaspettato tra le cosce e la bocca mi si riempì di saliva.
Il piccolo ucraino dovette percepire il richiamo dei miei ferormoni.
Mi posò una mano sul pacco e mi fissò con le enormi pupille verdi colme di sorpresa.
“Che cazzo stai facendo?” Obiettai.
“Io proprio niente …”. Mi rispose sfacciato. “Sei già duro …!”
Mi sentii scoperto.
La creatura che avevo raccolto in strada, ai margini della società, aveva intuito che l’uomo integerrimo che aveva difronte seppelliva dentro di sé la più disonorevole delle bestie.
Eppure la cosa non lo fermava.
“Senti …" Insistette stringendo la presa. "Non è che per caso ti eccita guardare tuo figlio …?”
Non riuscii a proferire una parola. Provai a muovere il capo in un cenno di diniego.
“E invece secondo me ti eccita …” Sorrise lui. “E pure tanto …”.
Lo fissai atterrito, provai ad allontanarlo ma non ci fu verso di fermarlo.
“Non ti distrarre”. Sussurrò. “Guardalo”.
E, scendendo sulle ginocchia, liberò il mio tormento dalla morsa delle mutande e cominciò a succhiare lentamente, come se volesse lasciarmi il tempo di pensare a quello che stava accadendo.

Mi godetti i suoi colpi di lingua e tornai alla scena che maggiormente aveva attirato la mia attenzione.
Alessandro era in piedi dietro ad Annibale e brandiva un’erezione poderosa.
“Mettiti a pecora …”. Ordinò. “Sono pienissimo …”
Il ragazzo non si fece pregare.
Si sfilò gli slip ed obbedì al suo padrone, offrendogli le grosse natiche spalancate.
Vidi negli occhi del marcantonio la stessa febbre che mi aveva turbato negli ultimi giorni.
Sospirai profondamente e cercai di sincronizzare i miei movimenti con i suoi.
Con più forza lui spingeva le dita nel culo di mio figlio con più forza io sbattevo la nerchia nella bocca di Iryl.
Ero sul punto di scoppiare.
Il porco afferrò un cubetto di ghiaccio e lo passò sulla schiena di Annibale, fino a raggiungere il solco dei glutei.
Una vertigine di piacere mi costrinse ad appoggiarmi allo stipite.
La troia mugolava come un’assatanata. “Fottimi ti prego ho bisogno che mi monti il buco”.
Lo stallone inumidì la cappella con la saliva e la avvicinò allo sfintere.
“È questo il divano?” Chiese ansimante mentre spingeva il glande sulla rosetta del mio bambino.
“Che divano?” Annibale riusciva a malapena a parlare per il dolore.
“Quello su cui tuo padre si fa le seghe”. Chiese lui mentre, con un colpo di reni, affondava l’asta dentro al retto.
“Cristooooo! …. Siii ... Siiii ..”
Mio figlio si portò la mano tra le gambe e cominciò a masturbarsi ossessivamente. “Si, si … è questo … Fottimi … Fottimi forte … Aaaah”.
Il toro doveva essere abituato alle reazioni scomposte suscitate dalla sua circonferenza.
Mantenne la calma e continuò a ficcare, assestando colpi sempre più violenti.
“Ci ho pensato sai”. Proseguì laconico.
“A cosa? …” Il ragazzo era troppo sconvolto per riuscire a seguire quel discorso. “Ce l’hai durissimo … Cristo! Mi stai sventrando …”
“A quello che mi hai detto l’altro giorno. Al fatto che ti piacerebbe farti scopare da tuo padre”.
Annibale sorrise.
“Stavi scherzando?”.
“Si e no …”. Rispose serio. “Forse un po' mi piacerebbe veramente …”.
Mi sentii gelare il sangue nelle vene.
“Sei veramente una troia …!” Sbottò il porco mentre montava sul divano e serrava le cosce attorno ai glutei del ragazzo. “Chiudi gli occhi … Fai finta che te lo stia buttando al culo quel cornuto di tuo padre”
“Aaaaah …. AAAAH”
“Che gli diresti?”
“Così mi fai diventare una puttana cristo …”.
“Già lo sei … Che gli diresti? Rispondi!”
“Che lo voglio più forte … Più forte … Aaaaah”
“E poi? Che gli diresti?”
“Montami il culo papà … Ti prego … Montami … Voglio che la notte mi usi per sborrare … Si, si così … aaaaah … AAAAH”
Iniziai a tremare come una corda di violino.
Strinsi le dita sulla nuca di Iryl e cominciai a pompargli il cazzo in gola come se volessi perforargli il cranio.
“Montami il culo papà … Voglio che la notte mi usi per sborrare …”. La bestia non riusciva più a pensare ad altro.
La cagna che avevo tra le gambe mi guardava cogli occhi colmi di lacrime per lo sforzo al quale la stavo sottoponendo le sue tonsille.
“Mi stai facendo schizzare … Continua!” Incalzò Alessandro.
“Fottimi papà … Fammi sentire il cazzone … Mmmm … È larghissimo domani non cammino se continui così … aaaah … ”
“Che troiaaaa … AHHHH … Siiii ... Siii …! Papà sta per innaffiarti il culo …. Siiiii….”
Spinsi il cazzo nella gola di Iryl finchè non riuscii a mettergli in bocca anche le palle.
Il piccolo divenne quasi cianotico per il bisogno di ossigeno e cominciò ad emettere grosse quantità di saliva dai lati della bocca.
“Resisti”. Sussurrai. “Ci sono quasi”.
Annibale era fuori di sé. Afferrò il canovaccio pieno di ghiaccio, se lo mise tra le cosce e sborrò urlando come una vacca.
“Cazzò sei un porco … Sei un porco … Ti piace fotterti tuo figlio?” Chiese ancora esaltato provando a ribaltare il gioco.
Alessandro sembrava restio ma il ragazzo insistette. “Ti piace?”
“Si …” Rispose lui con un filo di voce. “Mi piace … Mi piace moltissimo … Mi fa impazzire”.
“Come si chiama?”
Il ragazzino spinse il palmo delle mani sui quadricipiti tesi e affondò le unghie nella mia carne per implorarmi di dargli tregua.
Pensai che fosse sul punto di vomitare ma non mi fermai.
“Mettimi incinta papà, ti prego … Svuotati dentro di me …” Proseguì Annibale. “Come si chiama? Come si chiama tuo figlio?”
Sentii che i miei coglioni si riempivano di sborra nello stesso momento in cui anche quelli di Alessandro erano in procinto di scoppiare.
Riuscivo a percepire la sua eccitazione, l’estasi di ritrovarsi dentro alle viscere del proprio bambino.
Il più osceno tra i peccati.
Il nostro piacere s’era sublimato, s’era sparso nell’aria ed era diventato qualcosa di atmosferico.
“Papà ti sta sborrando in culo …” Sussurrammo nello stesso momento.
“Ahhhh … Come si chiama? Dimmi come si chiama?” Lo incitò Annibale.
“Iryl”. Sbottò Alessandro. “Si chiama Iryl …. Papà ti sta sborrando in culo Iryl …”
E mentre lui esplodeva dentro al retto di mio figlio io mi scaricavo i coglioni in fondo alla gola del suo, mordendomi le nocche delle mani per soffocare il rumore di quel piacere scomposto.
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