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Gay & Bisex

Regalo di compleanno


di adad
30.09.2022    |    16.917    |    15 9.9
"“Vincenzì, - disse spazientito – ti serve qualcosa?” “Carmè, oggi faccio diciotto anni!”, annunciò il ragazzo, non riuscendo più a tenersi..."
Carmelo era appena uscito dalla doccia e si stava tamponando il bel corpo palestrato con un morbido telo da bagno, quando sentì suonare ripetutamente il campanello dell’appartamento. Non aspettava nessuno, non aveva appuntamenti: chi poteva essere a quell’ora del mattino?
Per la verità erano già le dieci, ma per un giovane come lui, abituato a fare le ore piccole per lavoro e altro, diciamo che era poco più dell’alba. Rimase un momento indeciso: non aveva voglia di ricevere visite e, oltretutto, non poteva certo andare ad aprire in quelle condizioni.
Il campanello tornò a squillare… a lungo… fragorosamente… Con uno sbuffo, allora, Carmelo si avvolse il telo umido attorno ai fianchi e si avviò alla porta: magari poteva essere per qualcosa di importante.
Sbloccò le serrature, dischiuse appena il battente, affacciandosi nello spiraglio, e si trovò di fronte il volto sorridente di un ragazzo, che lo fissava con un’espressione esultante.
“Vincenzì, - fece Carmelo, riconoscendo il figlio dell’impiegato di banca del quarto piano attico – che c’è, è successo qualcosa?”
“No, Carmè… - rispose il ragazzo, che si agitava tutto, come in preda alla frenesia – Posso entrare?”
“Certo”, rispose il giovane e sganciò la catena di sicurezza.
Una volta dentro, il ragazzo lo fissò con interesse ancora più acceso.
“Che muscolacci, Carmè…”, esclamò, facendo l’atto di tastargli i bicipiti.
Carmelo si tirò indietro.
“Vincenzì, - disse spazientito – ti serve qualcosa?”
“Carmè, oggi faccio diciotto anni!”, annunciò il ragazzo, non riuscendo più a tenersi.
“Auguri, Vincenzì. Adesso sei maggiorenne, adesso.”
“Sì… e mi devi fare un regalo…”
Carmelo scoppiò a ridere.
“Vincenzì, se me lo dicevi ieri, ti compravo qualcosa… Comunque, più tardi esco e vediamo.”
“Non serve che esci, Carmè… - disse il ragazzo, ormai in piena fibrillazione – il regalo me lo puoi fare adesso… mi piacerebbe questo…”, e allungò il braccio, afferrandogli una manata di cazzo da sopra il telo da bagno.
“Ehi, ma ti sei ammattito?”, esclamò Carmelo, facendo un balzo all’indietro.
Solo che Vincenzino non aveva mollato la presa, per cui il telo gli rimase stretto in mano e Carmelo gli si ritrovò davanti nudo come un verme e col biscione penzolante.
Diciamo subito che Madre Natura aveva benedetto il giovane con una sostanziosa dotazione, tanto che nell’ambiente era conosciuto col soprannome di Trapanatore… e non occorre spiegarne il motivo.
Vincenzino sbarrò gli occhi davanti al bigolone mezzo scappellato, e fece un passo indietro, come per osservarlo meglio, mentre si leccava involontariamente le labbra asciutte.
Carmelo lo fissò divertito.
“Vincenzì, - fece – ma niente niente saresti un poco recchione?”
Il ragazzo non rispose, ma continuando a fissare il cazzo moscio di Carmelo, si sporse avanti per prenderlo in mano.
“Che fai?”, disse allora, scostandogli la mano con una zampata.
“Dai, Carmè… fammelo toccare…”, lo pregò Vincenzino.
“Ma vai a farti una sega con gli amici tuoi e non rompermi il cazzo!”, sbottò Carmelo, afferrandolo per un braccio e spingendolo verso la porta.
“Lasciami stare! – protestò Vincenzino – Tanto lo so che ti scopi mio padre e pure Osvaldo, mio cognato.”
“Ma che cazzo dici, a stronzo? Vuoi che ti gonfi di botte?”
“Vi ho visti! La settimana scorsa… - disse in fretta Vincenzino – Tu sei venuto su e poco dopo è arrivato pure Osvaldo… Credevate che non c’era nessuno e invece io stavo in camera mia… E ho visto quello che facevate… Che tu l’hai messo nel culo a Osvaldo, mentre mio padre gli faceva un bocchino e poi avete fatto il trenino, che mio padre stava in mezzo e tu dietro, che lo scopavi…”
Carmelo rimase come allocchito a quelle parole.
“Chi altro lo sa?”, chiese alla fine.
“Nessuno… per il momento…”, rispose Vincenzino, ritrovando tutta la sua baldanza, adesso che sapeva di avere in mano una carta vincente.
“Guarda che se lo dici a qualcuno…”, lo minacciò l’altro.
Vincenzino fece spallucce:
“Se mi fai un regalino…”, disse sornione.
Carmelo scoppiò a ridere.
“Vincenzì, ma quelli mi pagano.”, disse.
“Lo so… ma io soldi non ce l’ho… per questo devi farmi un regalo per il compleanno…”
“Mi stai ricattando, lo sai?”, disse Carmelo adesso quasi divertito, sedendosi sul divano con le gambe ben aperte, in modo da esporre tutta la sua notevole mercanzia, consistente anche in due coglioni penzolanti, grossi come uova di piccione.
Del resto, era proprio grazie a questi strumenti che aveva tanto successo nel lavoro, in cui era richiesto dalle personalità più in vista.
“Non ti sto ricattando, - disse Vincenzino con voce melliflua avvicinandosi e sedendoglisi accanto – ti sto solo chiedendo un regalino… Diciotto anni è un traguardo importante nella vita di una ragazzo…”, e gli fece scivolare una mano sulla coscia, traendone un brivido di piacere.
“Certo, - disse ironicamente Carmelo – e bisogna festeggiarlo a dovere…”
“E quando li compio più diciotto anni?”, ghignò Vincenzino, afferrandogli spudoratamente l’uccello.
“E come no? Diciotto anni si compiono una volta sola… Dai, togliti i pantaloni, così ti scopo e la facciamo finita.”
“Ehi, vacci piano, - disse Vincenzino, accarezzando il grosso cazzo, che stava reagendo con prontezza alle sue sollecitazioni– sono ancora vergine…”
“No! Ma allora il regalo lo stai facendo tu a me, Vincenzì! – si ringalluzzì Carmelo – E chi se la ricorda l’ultima volta che mi sono fatto un culo vergine? Allora, per Vincenzino nostro e i suoi diciotto anni, facciamo un trattamento speciale… un trattamento da principe ereditario!”
“E sarebbe?”
“Adesso vedrai. Vieni qua. - e se lo fece mettere, in piedi, davanti – Togliti la maglietta.”
Vincenzino si tolse la maglietta, restando a torso nudo.
“Azz!... – fece Carmelo, ammirando il petto per alcuni versi ancora acerbo, ma già velato da una corta peluria castana – Sei cresciuto bene…”, e gli passò delicatamente le mani sui pettorali, dandogli una strizzatina ai capezzoli.
“Ahi!”, gridolinò estasiato Vincenzino, raccucciandosi in difesa.
“Ti piace, eh, troietta?… - ghignò Carmelo – E adesso vediamo che ci tieni qui per me.”, e lo prese per i fianchi, avvicinandolo a sé.
Gli slacciò i pantaloni; poi infilando le mani sotto la cintura, gli smanacciò le chiappe sode, prima di farglieli scivolare giù, lasciandolo solo con gli slip.
Carmelo annuì soddisfatto, ammirando le belle gambe tornite del ragazzo e il consistente rigonfio sul davanti delle mutande, a cui diede una vigorosa palpata con un mugolio di apprezzamento.
Ma non era quello che gli premeva al momento, come attestava il suo organo ormai dritto come un palo. Fece girare Vincenzino, lo fece chinare in avanti e, afferratole per la cintura, gli calò le mutande sotto le natiche, prendendo poi a baciarle e leccarle come un forsennato: l’idea di sverginare quel culetto fresco lo riempiva di un entusiasmo libidinoso, che si trasmetteva in Vincenzino come scariche elettriche di goduriosa aspettativa. Infine, Carmelo aprì con le sue mani quelle due montagnole carnose, fissando il bottone grinzoso al centro dello spacco, appena contornato da una coroncina di peletti castani.
“Mamma mia, Vincenzì…”, sospirò con cupida bramosia, prima di avventarcisi sopra con la bocca e infilarci tutta quanta la lingua.
Il buchetto cedette subito alla pressione e la lingua di Carmelo si allungò nel condotto caldo e stretto svegliando e stimolando ogni possibile terminazione nervosa.
“Wow… - squittì Vincenzino, incredulo che Carmelo gli avesse infilato la lingua nel culo e che lui ne traesse un piacere così incontenibile – Non ci credo… non ci credo…”
Il giovane lo leccò a lungo dentro e fuori, poi gli sputò nel buco e per un po’ lo lavorò col dito, lentamente, per cominciare ad aprilo e abituarlo ad accogliere un corpo estraneo: sapeva per esperienza che non è facile per un novellino prendere una bestia scalpitante come la sua, figurarsi un culo vergine. E lui non voleva che la prima volta di Vincenzino fosse un’esperienza dolorosa o traumatica: era un regalo di compleanno, dopo tutto.
Sputò ancora diverse volte nell’orifizio, che si andava aprendo, e ancora tornò a lavorarlo con le dita, prima uno, poi due, poi tre. Quando lo sentì abbastanza ammorbidito, decise di passare all’azione. Certo, avrebbe potuto continuare ancora, ma se era una prima volta, doveva pur esserci un po’ di dolore,
altrimenti che sverginamento sarebbe stato?
Allora, Carmelo si alzò e, sempre tenendolo chinato, gli si avvicinò e appoggiò il cazzo nello spacco del culo, facendolo scivolare avanti e indietro sul buco scivoloso di saliva, in modo da fargliene venire ancora più voglia. E infatti:
“Dai, scopami, Carmè… - sospirò dopo un po’ Vincenzino – dai, ficcamelo dentro…”
“Vincenzì, guarda che ti farò un po’ male.”, lo avvertì l’altro.
“Lo so, ma non fa niente… Dai, Carmè, fammi torcere, come ho visto che fai torcere mio padre…”
Allora, Carmelo andò ad un mobiletto, prese un profilattico e fece per aprirlo.
“No, Carmè. – lo fermò però Vincenzino – facciamo senza… se me lo dai incartato, che regalo è?”
“Vuoi sentire la carne, Vincenzì? E carne sia, tanto siamo sicuri tutti e due.” Prese dal cassetto un flacone di lubrificante, tornò a sedersi sul divano e iniziò a spalmarsi il liquido denso lungo tutta l’asta, tranne la cappella, che era già abbondantemente sbavata di suo.
Vincenzino assisteva affascinato a quella preparazione.
“Che grosso!...”, mormorò ad un tratto.
“Lo sai come mi chiamano, Vincenzì ?”, ridacchiò Carmelo.
“Lo so, Trapanatore…”
“Già, e mi chiamano pure Sfrantumaculi! Ma non ti preoccupare, con te sarò solo Trapanatore… e non vedo l’ora di trapanarti, Vincenzì… Che bello che sei. Sai che non me n’ero mai accorto prima? Forse perché t’ho visto crescere da ragazzino e oggi ti scopro uomo. Vieni qua.”
Vincenzino si avvicinò e Carmelo si riempì il palmo della mano di gel lubrificante e, passatogli in mezzo alle gambe, cominciò a spalmarglielo lungo tutto il solco e in special modo attorno al buchetto.
“Vincenzì, - gli disse poi – adesso voglio che ti siedi sul mio cazzo e ti lasci andare. Voglio che sia tu a controllare la penetrazione, proprio perché è la prima volta e non voglio farti male. Quando senti che non ce la fai, ti fermi e aspetta, d’accordo? Non avere fretta, aspetta che il tuo buchetto si apra a sufficienza e poi procedi. Vieni.”
Vincenzino salì coi ginocchi sul divano, rivolto verso l’amico, si posizionò la punta del glande sul buchetto e rimase un momento sospeso, mentre allungava la mano a tastare il resto della mazza. Poi si lasciò andare, facendo sgusciare dentro la cappella affusolata, e si irrigidì, gemendo.
“Vuoi continuare?”, gli chiese Carmelo.
Vincenzino fece segno di sì con la testa e cercò di allentare la morsa dello sfintere, permettendo al cazzo di Carmelo di scivolare dentro di un altro centimetro.
“Bravo, ragazzo…”, mormorò allora questi, carezzandogli la schiena e ogni tanto dando una slargata alle natiche, così che il suo paletto potesse piantarsi un altro po’ nelle sue carni dolorante.
Vincenzino, a sua volta, carezzava con foga i pettorali di Carmelo, gli strizzava i capezzoli e ansimava, in preda ad un vero delirio erotico:
“Ah… cazzo… lo sento che entra … Ah, mi stai sverginando… Carmè… mi piace il tuo cazzo… il tuo cazzo dentro il culo mio… Ah, Carmè… scopami, come ti scopi quella puttana di mio padre… fammi sentire pure a me una puttana… Carmè, la tua puttana… ficcalo tutto dentro… Cazzo, entra… entra!....”
E si contorceva, Vincenzino, mentre stringeva i denti per sopportare il dolore e pastrugnava i pettorali di Carmelo… Si contorceva, e piano piano l’enorme cazzo continuava a penetrargli nel culo.
“Bravo, Vincenzino… - gemeva e sospirava Carmelo, che per la morsa convulsa dello sfintere si sentiva sbucciare l’uccello come una banana – Che culo bono che c’hai… che culo bono, Vincenzì…”
E in quel momento, lo sfintere cedette di schianto e con un tonfo Vincenzino si trovò seduto sul grembo di Carmelo.
“Ah!”, gridò e, senza rendersene conto, si avvinghiò al collo di Carmelo e lo baciò sulla bocca.
“No… non …”, cercò di protestate quello, ma già la lingua di Vincenzino gli era scivolata nel cavo orale e con la testa bloccata dalle braccia del ragazzo, non poté fare altro che subire quel bacio strappato, a cui comunque si adattò e poco dopo ricambiò con altrettanta passione.
“Io non bacio, te lo sei scordato?”, protestò Carmelo, quando finalmente le due bocche si staccarono.
“Oggi è il mio compleanno, - disse Vincenzino con gli occhi brillanti, per quanto stremato dalla penetrazione – e con me le tue regole non valgono.”, e tornò a baciarlo, stavolta senza incontrare opposizione.
Approfittando del breve spazio che aveva, dopo un po’, Carmelo provò ad accennare un affondo.
“No, Carmè, aspetta!”, gemette, però, Vincenzino con una smorfia di dolore sul volto.
“Ti fa molto male?”
“Abbastanza… aspetta un po’, sta già passando.”
“Mi dispiace… Dimmi tu, quando sei pronto.”
Vincenzino non disse niente, aveva il volto visibilmente devastato dal dolore per il grosso cazzo che gli stava stirando lo sfintere: si limitò a gettargli nuovamente le braccia al collo e a stringerlo convulsamente. Finalmente, il dolore cominciò ad attenuarsi, diventando un sordo martellio, ma sempre più fievole.
Allora Vincenzino sollevò leggermente il bacino e gli bisbigliò all’orecchio:
“Dai. Carmè…”
E Carmelo diede una leggera spinta col bacino.
“Ti fa ancora male?”, gli chiese.
“Meno…”
Il giovane diede ancora qualche piccola spinta, facendolo gemere, ma non solo di dolore stavolta: in effetti, tutti i terminali nervosi stavano uscendo dalla paralisi del dolore e cominciavano a scoprire nuovi piaceri.
Resosi conto che era tutto a posto:
“Vincenzì, facciamolo per bene…”, disse Carmelo e, strettolo fra le braccia, si alzò
col pestello tuttora infilato nel culo di Vincenzino, che da parte sua gli avvinghiò le braccia attorno al collo e le caviglie dietro la schiena.
Così connessi, Carmelo raggiunse la camera e lo adagiò sul letto, cominciando subito a fotterlo alla missionaria.
“Quanto sei bello, Vincenzì.”, gli diceva, mentre gli pompava nel culo i suoi venticinque centimetri di nerchia, prima con affondi brevi, per dargli modo di abituarsi, e poi con affondi a tutto cazzo, via via che il testosterone gli montava la testa.
Sentiva attraverso l’organo i fremiti che sconvolgevano il ragazzo, ne sentiva i gemiti, vedeva nei suoi occhi i lampi di sofferenza alternarsi a quelli di piacere… un piacere sempre più sfrenato.
“Vincenzì, ti piace?”, gli diceva ansimante.
“Sì…”, rispondeva l’altro, sollevando il bacino, come a venirgli incontro, e avvinghiandogli ancora più forte le caviglie dietro la schiena.
E in effetti, quel grosso paletto, che poco prima sembrava volesse squartarlo, era diventato adesso uno sconvolgente strumento di piacere che lo pervadeva, svegliando una marea di sensazioni nuove, che in certi momenti sembravano sommergerlo fino a fargli perdere il contatto con la realtà.
“Stai godendo, eh, Vincenzì… - gli disse Carmelo con perfida lussuria – Non immaginavi che fosse così bello farti fottere il culo, non è vero?”
“Sì…”, gemette il ragazzo tenendo gli occhi chiusi, quasi volesse godere meglio quello che stava provando.
Ma per quanto fosse resistente, giunse il momento, in cui anche lui dovette arrendersi all’inevitabile.
“Vengo… Vincenzì… - ansimò ad un tratto Carmelo, cominciando a pompare con movimenti più convulsi e scomposti – Vuoi che ti vengo dentro?”
“Vienimi dentro, Carmè, sborrami in culo… come fai con quella zoccola di mio padre…”
Carmelo non fece in tempo a rispondere, perché in quel momento fu come se gli esplodessero le palle e il flusso di sperma prese a scorrere, a ondate, nella grossa vena, per riversarsi nelle profondità del culo di Vincenzino. Il quale avvertì quegli scatti come tante esplosioni contro il buco stirato e:
“Ti sento… - cominciò a esultare – Carmè, ti sento… stai sborrando…. Oh… oh… cazzo… mi fai sborrare pure a me!”
Il forsennato pulsare del cazzo di Carmelo sulla sua prostata, infatti, aveva innescato in lui uno sconvolgente orgasmo anale, le cui contrazioni stritolarono spasmodicamente il cazzo di Carmelo, accrescendone il piacere.
Finito di eiaculare, Carmelo non si mosse: si sentiva talmente inzeppato nell’ano di Vincenzino, da temere quasi di portarsi tutto dietro, uscendo adesso. Né, dal canto suo, Vincenzino allentò la stretta delle braccia e delle gambe attorno a Carmelo, intenzionato a protrarre quel momento il più possibile; così, abbracciati e ansimanti, i due si rovesciarono sul fianco e rimasero immobili, finché il respiro non tornò regolare e il cazzo di Carmelo, smollandosi, non sgusciò fuori con un plop bagnato, lasciando nel culo di Vincenzino la sensazione di un vuoto incolmabile.
“Ti è piaciuto?”, chiese Carmelo, sciogliendosi dall’abbraccio.
“M’hai sfrantumato il culo…- rispose estasiato il ragazzo – m’hai fatto venire pure a me!. - e si toccò in mezzo alle gambe – Ma… ho sborrato pure io!”. esclamò, sorpreso nel trovarsi asciutto.
“Sei venuto col culo, Vincenzì… E’ l’orgasmo più bello!”
“Col culo?”, si stupì il ragazzo, che effettivamente aveva ancora molto da imparare.
“Eh, col culo, sì. A volte succede, quando ti chiavano bene… e tu sei stato fortunato. Una festa di compleanno proprio coi fiocchi, Vincenzì: sverginamento con orgasmo anale! Cosa vuoi di più dalla vita?”
“Magari rifarlo?...”, azzardò, allungando una mano a tastare il cazzo stremato dell’amico.
Carmelo scoppiò a ridere.
“Sei proprio una puttanella ninfomane… - disse – Magari il prossimo compleanno lo rifacciamo…”, lo stuzzicò.
“Il prossimo compleanno? e dovrei aspettare un altro anno?”
“Nel frattempo, posso presentarti qualche amico mio…”
“Ma quale amico, Carmè?… a me piaci tu… Siamo di famiglia, visto che ti scopi pure mio padre e mio cognato… E, poi, sei stato tu il primo cazzo della mia vita… e il primo cazzo non si scorda mai.”
“Il mio non te lo scorderai di certo!”, rise Carmelo, allungandogli una mano in mezzo alle chiappe, a tastargli il buco ancora frollo, da cui continuava a scolare un filo di bava untuosa.
Stette un po’ a rovistargli nell’apertura, mentre il respiro gli si faceva sempre più pesante e il cazzo sempre più duro. Poi:
“Vincenzì, - fece – che ne dici se approfittiamo che sei ancora bello largo?”
“Approfittiamo, Carmè, approfittiamo…”, ronfò il ragazzo, posizionandosi a pancia in giù e lasciando che Carmelo gli montasse sopra.
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