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Gay & Bisex

L'autostoppista - 1


di adad
09.10.2022    |    11.577    |    7 9.6
"“Non c’è bisogno che mi ripaghi..."
[N.B. Quello che segue è la mia traduzione di un racconto americano di autore
sconosciuto.]

Avevo lavorato fino a tardi ed ero pronto a staccare e tornare a casa. Mentre
guidavo lungo il ritorno, cominciò a piovere e ben presto stava venendo giù a
secchiate.
Vidi un ragazzo che faceva l’autostop: mi fece pena e così mi fermai. Lui saltò in macchina, era fradicio di pioggia.
Disse:
“Ti ringrazio, mi dispiace che sono tutto bagnato.”
Allora allungai il braccio al sedile posteriore e presi il borsone da ginnastica.
“Vedi cosa c’è dentro, - gli dissi – dovrebbe esserci un asciugamano.”
In un lampo lui si liberò dei vestiti. Lo guardai, mentre si asciugava: aveva un fisi-co magro, ma davvero ben fatto. Si era rasato del tutto i peli del pube, il che gli faceva apparire il cazzo ancora più grosso. Era circonciso e pur così molle doveva essere perlomeno sui dodici centimetri. Aveva due coglioni davvero voluminosi per un ragazzo della sua taglia. Anche lo scroto era rasato.
Il ragazzo si mise il mio sospensorio e si avvolse il telo attorno alla testa per asciugarsi i capelli. Allora gli dissi che abitavo dietro l’angolo e che potevamo
andare a casa mia, così avrebbe asciugato i vestiti nel mio essiccatore. Accettò.
Una volta arrivati, misi le sue cose nell’essiccatore e gli preparai un drink.
“Grazie”, disse lui e prese a fare il giro del soggiorno, ammirando i miei quadri.
Con addosso solo il sospensorio, avevo un’ottima visuale del suo culo: le chiappe erano tonde e sode.
Si volse verso di me e chiese:
“Come posso ripagarti?”
Ma prima che avessi tempo di rispondere, il temporale raggiunse il suo culmine e la corrente andò via. Allora, accesi un paio di candele e guardammo fuori dalla
finestra, arrivando alla conclusione che la cosa migliore sarebbe stato aspettare che quella bufera cessasse.
Ci sedemmo sul divano e io decisi di fare la mia mossa.
“Non c’è bisogno che mi ripaghi.”, gli dissi.
“Posso farti un massaggino, - rispose però lui – Dai, togliti i vestiti e lascia che te lo mostri.”
Allora mi spogliai fino alle mutande e lui mi si mise a cavalcioni, iniziando a farmi uno dei migliori massaggi che abbia mai ricevuto. Non solo era piacevole, ma mi eccitava sapere che il suo uccellone premeva giusto dietro di me. Gli dissi che avevo bisogno di farmi massaggiare anche più in basso. Lui aveva delle dita
magiche: la mia schiena non era mai stata così bene.
D’un tratto, cominciò a muovere a cerchio le dita, infilandomele sotto la cintura delle mutande. I cerchi andavano sempre più a fondo, finché me lo ritrovai
praticamente con le mani che mi impastavano le chiappe. Mi sentivo il cazzo che aveva bisogno di liberarsi dalla prigionia degli slip. Allora sollevai il bacino e mi raddrizzai l’uccello, che scattò turgido in tutti i suoi centimetri.
Solo che nel farlo, il ragazzo mi prese saldamente per i fianchi e mi tenne
sollevato. Mi sentii il suo cazzo premuto contro il culo.
“Fottimi, dai.”, gli dissi.
Lui mi strappò le mutande di dosso, gettandole a terra e io le vidi atterrare sul pavimento, subito seguite dal sospensorio che indossava lui. Lo sentii sputare e lubrificarmi il culo; poi mi infilò dentro un dito e sputò di nuovo. Fu la volta del suo cazzo a penetrarmi: era lungo ben oltre venti centimetri.
Gridai, mentre me lo ficcava dentro. Era un selvaggio: mi sbatté nel culo tutto il suo nerchione e subito dopo lo tirò fuori: mi sollevò le gambe e mi penetrò nuovamente, facendomi gemere di piacere.
I suoi coglioni mi sbattevano contro ogni volta che dava un affondo, spingendomi il cazzo in profondità. D’un tratto afferrò il mio e iniziò a masturbarmi. Ero così ec-citato che venni in un lampo, spiaccicandomi la sborra su tutto il petto.
Lui mi collassò accanto e mentre giacevamo vicino, allungai lo sguardo al suo cazzo: era un bisteccone fantastico, lungo oltre venti centimetri, e la cappella
appariva estremamente gustosa.
“Chissà se ce la faccio a sbocchinarlo?”, mi chiesi.
Quando ci svegliammo, scoprii che il temporale era passato e l’elettricità era
tornata. Mi alzai dal divano, cercando di non svegliarlo. Avevo bisogno di lavarmi dal petto la sborra ingrommata; così, saltai sotto la doccia. L’acqua calda mi dava delle sensazioni meravigliose.
Senza che me ne accorgessi, pure lui era entrato nella doccia e sentii le sue
braccia che mi avvolgevano: mi stava abbracciando. Al che, mi girai verso di lui e lo baciai sulle labbra. Sentii il suo cazzo premermi contro. Era in piena erezione.
Prima mi ero chiesto se ce l’avrei fatta a succhiargli quel bisteccone: ok, stavo per scoprirlo. Ci baciammo, poi mi feci scivolare lentamente lungo il suo corpo, fino a trovarmi faccia a faccia col suo biscione: lo tirai verso di me e glielo presi in bocca. Adoro la sensazione dei genitali rasati: sentivo il suo cazzo e i coglioni levigatissimi al contatto. La doccia ci scrosciava addosso, mentre ingoiavo il suo
nerchio fino alla radice. La sua pelle era liscia. Me lo tirai fuori per una buona metà, poi tornai a ingoiarlo. La cappella mi sbatté contro il fondo della bocca e poi mi scivolò in gola. Iniziai a pompare. Lui mi piazzò le mani sulla testa e seguì il mio ritmo indietro e avanti, dentro e fuori.
Allora gli agguantai le palle e gli tirai lo scroto. Trovammo il ritmo giusto e lui prese ad affondarmi l’uccello in fondo alla gola. Allungai allora la mano dietro il suo culo e gliela piazzai su quelle belle chiappe sode, e più lui spingeva forte, più io premevo ancora più forte. Mi sentii in bocca il suo primo sbrodolo di sborra e lo ingoiai rapidamente, in previsione dell’altra che sarebbe arrivata; e infatti il
ragazzo continuò a schizzare fiotto dopo fiotto, fino a riempirmi interamente il
cavo orale. Deglutivo più velocemente che potevo, ma ciononostante un po’ di su-go mi colò fuori dagli angoli della bocca.
L’acqua della doccia mi lavò via la sborra dalla faccia.
Via via che l’eiaculazione si esauriva, anche il suo stantuffare rallentava, finché rimase fermo e io iniziai a tirarmi il suo cazzo fuori dalla bocca, pur senza
smettere di popparne fuori le ultime gocce di seme lattiginoso.
Alla fine, mi rialzai e ci stringemmo l’uno all’altro sotto il getto di acqua
caldissima. Se prima mi ero chiesto se ce l’avrei fatta a succhiargli quel po’ po’ di bisteccone, adesso sapevo di farcela. Uscimmo fuori dalla vasca e ci asciugammo reciprocamente.
Decidemmo di dormire un altro poco, prima di portarlo a casa: ci gettammo sul letto e ci abbracciammo. Averlo così vicino mi eccitò un’altra volta. Allora allungai il braccio e presi a giocare con il suo culo. Pian piano mi inoltrai nel solco delle sue chiappe fino a trovare il buco del culo.
Gli vellicai esternamente lo sfintere. Lo sentii sguaiolare. Poi si mise in una
posizione migliore per permettermi di giocare col suo bocciolo, lasciandosi
sfuggire frequenti gemiti dal fondo della gola. Ci girammo e lui si ritrovò disteso sulla schiena con le gambe per aria: mi afferrò la mano e si spinse il mio dito nel buco del culo.
I suoi gemiti si fecero più profondi. Poi si sputò nel palmo della mano l’allungò al mio cazzo e me lo unse di saliva. A quel punto, mi piazzai in ginocchio, aggiunsi altra saliva e mi apprestai a penetrarlo. Aveva il buco strettissimo, allora allungai la mano al tavolino da notte, presi il tubetto del mio lubrificante e me ne
spremetti un po’ sull’uccello.
Questa volta gli scivolai dentro senza difficoltà. Iniziai a fotterlo e i suoi gemiti si fecero più rauchi; il lubrificante faceva scorrere il mio cazzo avanti e indietro. Poi, d’un tratto, mi spinse via e io ricaddi di schiena sul letto: rapido, lui mi si mise a cavalcioni, facendomi rientrare nel suo culo, e prese a cavalcare il mio nerchio, mentre il suo era puntato verso di me e ballonzava su e giù.
“Più forte.”, disse.
Allora lo ribaltai, stendendolo nuovamente sulla schiena e me lo sbattei come un coniglio impazzito. Lui venne per primo e questa volta fu sul suo petto che si spiaccicò la sborra. Vedere il suo cannello eruttare fu troppo per me: esplosi pure io e gli riempii il sedere di sbroda. Quindi, lo tirai fuori e ricaddi sul letto senza re-spiro.
Sentimmo un tuono e la pioggia che tornava a cadere. Ne concludemmo che non era il caso di metterci in strada sotto quella bufera: avremmo dovuto aspettare ancora per quel giorno. Mi chiesi che pretesto avrei potuto tirar fuori per
trattenerlo, quando il tempo fosse migliorato: oh, beh, me ne sarei preoccupato il giorno dopo.
Il tempo alla fine si rasserenò e arrivò per l’autostoppista il momento di riprende-re il suo viaggio. Salimmo in macchina. Mi sentivo triste, mentre lo portavo alla stazione dei treni. Comunque, lui era venuto in città per iscriversi ai corsi
universitari del semestre successivo, per cui mi eccitava sapere che sarebbe
tornato.
Gli dissi che avrei sentito la sua mancanza e siccome viveva abbastanza lontano, mi sarebbe piaciuto farlo ancora una volta.
Allora, mentre io continuavo a guidare, lui sgusciò velocemente fuori dai vestiti e sedette in macchina nudo. Mi sorrise: giocava col suo nerchione eretto, muovendo piano l’asta su e giù.
La presborra gli colava fuori dal taglietto luccicando alla luce del sole. Gli dissi che era un diavolo tentatore; al che, lui allungò il braccio e mi infilò la mano
dentro i pantaloni, prendendo a giocare con il mio cazzo. Averlo seduto nudo
vicino a me, me lo fece drizzare in un lampo. Il ragazzo mi sbottonò i pantaloni, mi tirò fuori l’uccello e iniziò a giocare con la cappella, facendoci scorrere tutt’attorno le dita: era così delicato con quella mano… Stavo andando fuori di testa. Mi fermai nello stretto margine della superstrada, mentre lui mi si allungava sopra e me lo prendeva in bocca.
Allora mi appoggiai all’indietro e abbassai lo schienale del sedile per dargli più spazio. Lui me lo lavorò, ingoiando buona parte dei suoi diciotto centimetri; poi mi fece scorrere le dita fra i peli del pube e ci sentii sopra il suo respiro caldo, mentre si calava lungo l’asta del mio nerchio.
Il suo pompaggio aumentò il ritmo, così decisi di toglierglielo dalla bocca, prima che ci venisse un accidente, a me e a lui. Ma non feci in tempo a sfilarglielo dalla gola, che si fiondò a prendermi in bocca le palle, cominciando a succhiarmele. Quindi mi passò la mano destra sotto il culo, vellicandomi il buco con le dita, e in-tanto con la sinistra mi impugnava stretto il paletto, smanettandolo su e giù.
Io mi protesi e riuscii a raggiungere il suo culo. Dopo aver lasciato che glielo
sditolassi per un po’, si tirò a sedere sul sedile passeggero della macchina. Allora, mi tolsi i vestiti pure io, mi gli misi a cavalcioni e cavalcai il suo cazzo, tenendomi abbracciato a lui. Continuai a tenerlo stretto anche dopo che avemmo finito, per-ché non avrei voluto mai lasciarlo andare.
Ma lui aprì lo sportello della macchina e disse: “Scopami pure tu un’ultima volta.”
Lo baciai e lui si sdraiò sul sedile con il busto dentro e le gambe fuori dalla vettura. Allora gliele sollevai e gli ficcai il cazzo nel culo.
Il sole picchiava forte e io sentivo il suo calore sulla pelle. Ci baciammo, mentre facevamo l’amore. Come tutte le cose, anche questa finì troppo presto: eiaculai e collassai su di lui. Ero felice, ma triste allo stesso tempo, perché si stava
avvicinando il momento del distacco: lo lasciai alla stazione, sperando di rivederlo il trimestre successivo.
Mentre il treno si allontanava, io tornai alla macchina e guidai verso casa.

(continua)
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