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Chiacchiere condominiali


di adad
25.09.2022    |    14.279    |    16 9.7
"”, rispose la moglie distrattamente..."
“Hai sentito la novità?”, disse la signora Emilia all’amica Stefania.
“Quale novità?”
“Quella dell’inquilino del primo piano.”, rispose la signora Emilia accostandosi all’orecchio dell’amica e abbassando notevolmente il tono di voce.
“Quello nuovo, che ha traslocato da poco? – fece la signora Stefania, adeguandosi al tono di voce dell’amica – È un bell’uomo, mi sembra. Quanti anni avrà?”
“Una trentina si direbbe a vederlo… Ma non è questo il punto: ho saputo dalla moglie dell’amministratore che questo qui… insomma, se la fa con gli uomini!”
“Ecco perché ha tutti quei fiori sul balcone!”, esclamò la signora Stefania.
“Che c’entra?”
“Beh, si sa… questi uomini femminili… fiori, ninnoli in casa… La mia donna delle pulizie, la Silina, sai, la filippina che viene a farmi le ore, lavora anche per uno di questi e mi racconta delle cose che quello ha in casa: da morire dal ridere, a sentirla!”, concluse ridacchiando la signora Stefania.
“In casa propria ognuno ci tiene quello che vuole, - disse un po’ seccamente la signora Emilia, che conosceva bene la tendenza pettegola dell’amica – ma non è questo il punto: la signora Giovanna, che abita nell’appartamento di fronte, mi ha detto che ogni tanto qualcuno va a trovarlo… ma solo uomini!”
“Ma scusa, Emilia, a noi cosa interessa? In casa propria ognuno riceve chi vuole.”, replicò un po’ seccamente la signora Stefania, volendosi prendere una rivincita.
“Come, cosa ci interessa? – sbottò l’altra – Ci sono famiglie con bambini nel condominio! Non dobbiamo permettere che assistano a certe cose.”
In quel momento, si trovò a scendere il signor Amelio, che, viste le due donne parlottare fitto fitto in fondo alle scale:
“A Emì, ancora qua stai?”, fece, rivolgendosi alla moglie, la signora Emilia, che era uscita di casa dieci minuti prima.
“Ciao, Amè.”, rispose la moglie distrattamente.
“A chi state cucendo i panni addosso, voi due?”
“Quali panni?”, si urtò la moglie.
“Vi conosco, voi due, - disse l’uomo con un sorriso – e quando vi vedo parlottare così… Cosa state tramando?”
“Ma che tramando!...”, fece la signora Emilia, seccata per quell’arrivo inopportuno.
“No, signor Amelio, - si intromise l’altra – sua moglie mi stava informando delle ultime novità del condominio.”
“Posso immaginarlo. E qual era stavolta l’oggetto del pettegolezzo?... se non è troppo riservato…”
“Sua moglie mi stava parlando dell’inquilino del primo piano…”
“Quello arrivato da poco? Accidenti, la gossippaia non ha perso tempo! - ghignò l’uomo divertito – E cosa si dice, cosa si dice…”
“Ma di cosa vuoi impicciarti tu?”, sbottò la moglie.
“Sembra, che l’inquilino del primo piano…”, continuò la signora Stefania, che forse aveva una simpatia segreta per il signor Amelio.
“Il signor Brunelli…”, la interruppe Amelio.
“Lui. Sembra che non sia molto interessato alle signore…”
“Meglio! – scoppiò a ridere il signor Amelio – Così me le lascia tutte a me!”
“Ma va, va! Vai a lavorare che è meglio!”, disse la moglie, che si vedeva rovinata la ricca colazione di pettegolezzi, che stava accingendosi a gustare.
“Simpatico suo marito, signora Emilia!”, fece la signora Stefania, accingendosi a salire le scale con la borsa del supermercato, mentre l’amica scendeva nel seminterrato, per andare ai garage.
***
Le cose procedevano nel condominio con il solito tran tran e i soliti malumori per le spese troppo care, le scale troppo sporche, la lampadina fulminata da un mese, l’ascensore sempre rotto ecc. ecc. chi abita in un condominio, queste cose le conosce a menadito.
Ma le chiacchiere sentite quella mattina avevano messo una certa pulce nell’orecchio del signor Amelio. Non che fosse interessato al soggetto in questione, per carità, lui si professava etero integerrimo e convinto: l’esistenza di queste persone e le loro tematiche, le conosceva solo dalla stampa e dalla televisione. Tutto sommato, gli erano indifferenti. Solo, gli davano fastidio certi atteggiamenti, che considerava troppo plateali e inutilmente appariscenti.
E adesso ne avevano uno sotto il proprio tetto… Diciamo che la curiosità cominciò a farsi strada dentro di lui.
Salendo e scendendo le scale, lanciava sempre un’occhiata alla porta, leggeva il nome sulla targhetta: GHEPPIO BRUNELLI… Gheppio, che cazzo di nome era quello? Entrando e uscendo dal palazzo, non mancava di lanciare un’occhiata al balconcino pieno di fiori, come aveva malignato la moglie, o coi panni stesi… ma del Gheppio mai nessuna traccia.
Una volta addirittura si avvicinò zitto zitto alla porta, ma non sentì niente di particolare, a parte, forse, un lontano parlottio… ma poteva essere il televisore o chissà cosa.
Dopo un po’, il pover’uomo non ne poteva più: Gheppio Brunelli era diventato la sua ossessione. E finalmente arrivò l’occasione per soddisfare la sua curiosità: arrivò nelle vesti di una lettera dell’amministratore con la convocazione dell’assemblea condominiale.
Una sera, allora, dopo cenato disse alla moglie, la signora Emilia, che usciva per una birra con gli amici, si infilò in tasca la lettera dell’amministratore e uscì, ripetendosi mentalmente per l’ennesima volta quello che avrebbe dovuto dire. Arrivato al primo piano, col cuore che gli batteva a mille all’ora, schiacciò il campanello del signor Gheppio. Nel momento stesso in cui il trillo sonoro si diffondeva nell’appartamento, Amelio si pentì d’averlo fatto e avrebbe voluto darsela a gambe; ma era troppo tardi: già la chiave girava nella toppa, già l’uscio si apriva e il volto di un giovane compariva nello spiraglio.
“Sì?”, fece.
Amelio rimase un momento imbambolato, dimenticandosi del tutto la scena preparata.
“Posso fare qualcosa per lei?”, ripeté l’altro con la sua voce morbida e calda.
“Mi scusi, - balbettò allora, come riscuotendosi – forse ho fatto male a disturbarla.”
“Beh, adesso è qui, mi dica.”
“Ecco… Io sono… mi chiamo Amelio Zatteroni, abito al quinto piano, - esordì Amelio, ricordandosi qualcosa del copione che aveva preparato – siccome la settimana prossima abbiamo l’assemblea condominiale, mi sono permesso… ho pensato… siccome sono previsti dei lavori che abbiamo discusso nell’assemblea dello scorso anno… ho pensato che le sarebbe stato utile saperne qualcosa… senza influenzare le sue decisioni… certo…”
Il bel volto del signor Gheppio si illuminò di un cordiale sorriso.
“Davvero gentile da parte sua. – disse, aprendo di più e facendosi da parte – Prego si accomodi.”
“Spero di non disturbarla…”
“Nessun disturbo. In effetti, ho letto i punti all’ordine del giorno e non avevo idea di cosa si trattasse. Venga.”, e lo precedette verso il soggiorno.
Amelio rimase un po’ interdetto: non ritrovava nulla di quanto, secondo le chiacchiere della moglie, avrebbe dovuto esserci nell’appartamento di uno di quelli… Niente ninnoli, né piume di struzzo composte sulle pareti: quello che vide erano invece stampe di buon gusto in belle cornici, mobili semplici, ma di buona fattura, e libri e dischi dappertutto.
“Mi perdoni, sono Gheppio Brunelli, - disse tendendogli la mano – si accomodi.” E gli indicò il divano.
“Gradisce qualcosa da bere?”
“Una birra, se non la disturba…”
“E birra sia.”, sorrise Gheppio, scomparendo in cucina, da dove tornò poco dopo con due bottiglie.
“Gheppio… un nome insolito.”, disse Amelio, tanto per stemperare il residuo di imbarazzo, mentre l’altro si accomodava nella poltrona di fronte.
Il giovane sorrise:
“Immaginò di sì. – rispose – E’ in omaggio a mio nonno, che era appassionato di falconeria e possedeva appunto un gheppio… è un uccello rapace della famiglia dei falchi.”, spiegò.
Mentre parlava, illustrandogli i vari punti dell’ordine del giorno dell’assemblea, la portata degli interventi, i vari schieramenti tra i condomini, Amelio ebbe modo di esaminarlo per bene: affabile nei modi e decisamente bello di personale, per quanto indossasse un tuta informale, che avrebbe fatto chiedere ad un pervertito cosa indossasse sotto… ma è ovvio che Amelio non fu neppure sfiorato da un pensiero del genere. Anche se ad un tratto gli incespicò la voce, mentre spiegava le varie proposte per il rifacimento del tetto: un pensiero, infatti, gli attraversò il cervello veloce come un fulmine: come sarà fare sesso con uno come lui? ma talmente veloce che quasi non se ne rese conto.
“La ringrazio, signor Amelio…”, prese a dire Gheppio alla fine della dissertazione.
“Solo Amelio, la prego.”, lo interruppe l’uomo.
“Che ne dici di darci del tu, allora?”
“Certo… grazie…”
“Sei stato molto esaustivo: adesso verrò all’assemblea con le idee chiare.
Ma dimmi… - e lo fissò con un sorriso divertito negli occhi – sei venuto solo per darmi delle spiegazioni o anche per dare un’occhiata al nuovo condomino?”
Andrea avvampò e non seppe cosa rispondere.
“Lo immaginavo. – disse Gheppio, ma senza acredine, accomodandosi meglio sulla poltrona – Giusto per curiosità, cosa dice di me il vicinato?”
“Ecco…”
“Hanno già scoperto i miei gusti in fatto di sesso?”
“In effetti, ho sentito mia moglie che ne parlava con una sua amica… - disse Amelio, cercando di vincere il disagio con un sorriso – ma sai com’è la gossippaia condominiale: lavora senza tregua.”
“Quindi, sei venuto in esplorazione…”, ridacchiò Gheppio.
“No!... cioè, ero curioso, lo ammetto… Non ho mai avuto modo di conoscere un…”
“Capisco... E come mi hai trovato? simpatico, attraente… affascinante?”
“Gheppio. Io…”
“Non ti sto rimproverando, amico mio… spero di non correre troppo, chiamandoti amico.”, e si alzò dalla poltrona, andandoglisi a sedere accanto sul divano.
“No, certo… anzi, mi fa piacere…”
“Non ti sto rimproverando: capisco la tua curiosità e, da parte mia, mi fa piacere ricevere la visita di un bell’uomo come te.”
“Un bell’uomo come me?”, si stupì Amelio.
“Certo. Non te l’hanno mai detto che sei un bell’uomo? Quanti anni hai… Aspetta, non dirmelo… Quaranta… quarantuno?”
“Quarantadue…”
“Magnifico! Complimenti, davvero…”
“Wow! Grazie… neanche mia moglie me l’ha mai detto.”
“Alle donne, e alle mogli in particolare, bisogna sempre dire che sono belle loro.”
“Hai ragione…”
“Ma fra noi… possiamo dircelo: io ti trovo affascinante. - e gli passò un braccio sopra la spalla – E tu come mi trovi?”
Il povero Amelio non rispose, non sapeva che dire: questi discorsi erano nuovi per lui. E tanto tanto più si sentì confuso, quando Gheppio gli sfiorò il ginocchio con la mano.
“Ma… non saprei… non so giudicare gli uomini…”, se la cavò col dire.
“Ho visto che ti toccavi ogni tanto, mentre mi spiegavi i punti dell’assemblea… - disse Gheppio con tono insinuante, mentre la sua mano gli si poggiava leggera sulla coscia – Ti piace toccarti, vero?”
“E a chi non piace?”, arrossì Amelio.
“Hai ragione… Io mi tocco spesso. Ti piace farti toccare da un altro?”
“Non è mai successo…”, boccheggiò Amelio, mentre la mano di Gheppio, scivolava leggera verso l’alto.
“E se dovesse succedere… ti piacerebbe?”
“Non s…aprei… dipende…”
“Da cosa?”
“Da chi…”
“Da una donna ti piacerebbe, immagino.”
“Altroché!”, ghignò Amelio, che stava cominciando a districarsi in questo gioco del gatto col topo.
“E da me?”, disse Gheppio, poggiandogli decisamente la mano sul malloppo.
Si fissarono negli occhi.
“Ci stai provando per caso?”, chiese, tornato ormai padrone di sé e allontanando con garbo la mano di Gheppio dal suo pacco.
“Sei venuto tu a cacciarti nella tana del lupo, pensavi davvero che non ne approfittassi?”
“Francamente, no.”
“No? davvero sei così ingenuo?”, disse Gheppio.
“Non sono ingenuo, è che non l’avevo considerato… non mi sono mai visto come oggetto sessuale.”
“Male… - gli sussurrò Gheppio quasi all’orecchio, tornando a sfiorargli il malloppo con mano vogliosa – Sei un maschio davvero notevole…”
Mentirei, se dicessi che Amelio non cominciava a sentirsi preso da quelle lusinghe, e infatti:
“Cosa… cosa vuoi?”, mormorò ma stavolta senza allontanare la mano importuna.
“Voglio farti un pompino.”
“Cosa?”, fece Amelio, scoppiando a ridere, più che altro per l’imbarazzo, all’idea che l’altro volesse succhiarglielo.
“Non c’è nulla da ridere, - disse Gheppio, tastandogli spudoratamente la mazza dura sotto i pantaloni – mi sembra che il tuo pisello la pensi diversamente.”
“No… dai… smettila. - protestò l’altro, ma molto blandamente e senza sottrarsi, ancora una volta, alle carezze, adesso decisamente lascive di Gheppio – Devo rientrare…”
“Non ci vorrà molto… sono bravo a fare i pompini… lo sanno tutti che ci sappiamo fare con il cazzo…”
“No… per favore… - disse Amelio, alzandosi con decisione – Devo andare.”
“Ok”, disse Gheppio con una punta di rammarico, restando seduto.
Ma invece di avviarsi alla porta, Amelio gli rimase in piedi davanti, le braccia penzoloni lungo i fianchi, come indeciso sul da farsi. Il rilievo del cazzo duro gli si allungava di traverso sotto i pantaloni. Sembrava consistente… molto consistente.
Gheppio sollevò il volto e lo fissò negli occhi… Si fissarono negli occhi, a lungo. Poi Gheppio allungò la mano e gliela passò sotto l’inguine… Amelio stavolta non reagì, non si mosse… Prendendolo per un assenso, Gheppio gli slacciò i pantaloni, tirò giù la zip e glieli fece scivolare a mezza coscia. Amelio non fece alcuna mossa. Gli slip candidi erano sollevati trasversalmente dal grosso profilo dell’uccello, la cui estremità mostrava una consistente macchia di umido.
Gheppio fece un lungo respiro, mentre ci passava sopra la punta delle dita, provocando un brivido in Amelio e un allargamento della macchia umida.
A quel punto, non c’erano più dubbi e Gheppio, afferrato l’elastico della cintura, gli abbassò il davanti degli slip fin sotto i coglioni.
Il cazzo scattò in avanti, e quasi gli sbatté sulla guancia; ma Gheppio fu lesto ad afferrarlo e, quando l’ebbe saldamente in pugno, lo scappellò e si fece scivolare in bocca il glande sbavato. Amelio fremette e fece un sorrisetto imbarazzato, mentre la lingua dell’amico mulinava attorno alla capocchia, ripulendola dal sugo acidulo che la ricopriva. Poi, tenendo sollevata l’asta con due dita, Gheppio la leccò a tutta lingua lungo la grossa vena, partendo dalle palle fino al filetto, che picchiettava e mordicchiava delicatamente, e ogni volta era un guaito e uno spurgo copioso, che lui si affrettava a leccare golosamente.
Amelio era strabiliato: non era certo il primo pompino che gli facevano, ma mai glielo avevano succhiato con tanta passione e tanta perizia. E quando Gheppio tornò a ingoiarlo per una buona meta, lui gli afferrò la testa con le mani e cominciò a pompargli nella bocca.
Non andarono avanti a lungo, l’eccitazione era montata troppo: ad un tratto, Amelio si sentì prendere da una febbre, da un calore, da un tremolio inarrestabile, mentre il cazzo gli si gonfiava, gli si incordava e subito dopo prendeva a scattare ripetutamente, riversando ad ogni conato un fiotto di sperma nella gola di Gheppio. Il quale, allora, gli abbrancò le chiappe, e si lasciò riempire la bocca, deglutendo quel ricco seme un po’ alla volta.
Quando ebbe finito di sborrare, Gheppio si tolse dalla bocca il cazzo ormai moscio, lo ripulì bene con la lingua, strizzandolo perfino per far uscire le ultime gocce, e poi glielo rimise nelle mutande, leccandosi le labbra.
Tirandosi su i pantaloni:
“Alla fine ci sei riuscito. – gli disse Amelio – Non immaginavo che avresti pure ingoiato…”
“E’ quella la parte migliore… - ghignò l’altro. E poi – Senti, Amelio…”
Ma quello gli mise un dito sulle labbra per farlo tacere.
“Nessun problema, Gheppio, non preoccuparti… nessun trauma psicologico: te l’ho fatto fare perché ne avevo voglia. Sono adulto ed ero consenziente. Discorso chiuso. Importante è che non lo venga a sapere mia moglie!”, aggiunse con un ghigno, avviandosi alla porta.
“Siamo in due a saperlo, Amelio, e se non parli tu, da me non lo saprà certo.”
“Bene. Allora, vado.”, e Amelio abbassò la maniglia, aprendo la porta.
“Buonanotte”, disse piano Gheppio.
“Ciao, Ghé…Magari ci vediamo, ok?…”, bisbigliò Amelio, facendogli l’occhiolino, prima di sparire nel buio delle scale, mentre Gheppio chiudeva silenziosamente la porta.
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